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Fabio Landolfo

Parlando con un abitante di Bagnoli coglia- mo da subito la consapevolezza di chi sa di vivere in un posto unico al mondo e ha molte ragioni per crederlo: la bellezza del paesaggio, la grandezza de “La Fabbrica”che per quasi 100 anni lo ha sovrastato, gli ulti- mi 25 anni di pianificazione dagli esiti scarsi per rigenerarla e, in ultimo, un commissario alla bonifica che accentra le funzioni urbani- stiche degli enti locali in quest'area. Ovvia- mente questa scelta ha le sue ragioni e i suoi limiti, ma l'intento di questo articolo non è argomentarli. Quello che qui interessa è come questa forma di pianificazione per sua natura top-down abbia cercato di ricomporre i rapporti con il territorio, con quali limiti e quali risultati. C'è da dire che per ragioni do- vute all'inusualità del processo l'approccio di Invitalia - soggetto attuatore delegato a redi- gere piani e progetti - sembra essere del tutto incrementale e quindi carente di un disegno iniziale, ma sembra seguire piuttosto una logica step-by-step ripercorribile solo a poste- riori. In questa prima fase, che va dall'affida- mento alla redazione del piano di caratteriz- zazione, il soggetto attuatore ha costruito tre percorsi che si differenziano per strumenti e soggetti coinvolti: (i) le audizioni face-to-face con attori economici nella cabina di regia, (ii) gli incontri con gli stakeholder rivolti so- pratutto a istituzioni e soggetti economici di scala metropolitana e (iii) un percorso di consultazione pubblica rivolto agli abitanti, in forma singola o associata.

Trattare l'impossibile: il processo di consultazione pubblica

Il percorso di consultazione degli abitanti, che chi scrive ha avuto l'onere e l'onore di pensare e di realizzare - in team con Giuseppe Candela, Simona Colucci e Marco Traversi - è stato il più lungo e strutturato; probabilmen- te perché lo strappo formatosi con il contesto locale è stato il più profondo e il più difficile da ricostruire. Come ogni percorso di parte- cipazione il primo passo è stato la campagna di outreach per intercettare gli attori del ter-

ritorio a partire dai quali costruire la consul- tazione. Questa prima fase, durata circa due mesi, è composta da una mappatura delle realtà locali, fatto a partire dalla conoscenza accumulata nei percorsi partecipativi realiz- zati al tempo della stesura della variante e dall'incrocio con gli albi istituzionali. Tra i soggetti mappati sono stati individuati dodi- ci stakeholder di particolare rilievo a cui è sta- ta sottoposta un'intervista in profondità di circa di due ore. Il criterio di selezione degli intervistati non è la rappresentatività, non sono stati scelti i soggetti più grandi o rap- presentativi ma quelli in grado di contribuire con il maggior numero di punti di vista alla composizione della tematica generale. Sono stati intervistati imprenditori locali, scuole, istituzioni, Onlus e associazioni culturali, gruppi sportivi e comitati nati in opposizio- ne al processo in corso. Questa lavoro è servi- to per costruire una mappa delle posizioni in campo organizzandole da un lato per la ca- pacità progettuale del soggetto, dall'altro per l'apertura al dialogo con gli altri, valutando il grado di collaborazione con altri attori ter- ritoriali. Dalle interviste sono emersi quattro temi di interesse: aspetti ambientali e boni- fica, accessibilità e trasporti, welfare e servizi sociali, offerta culturali e turismo.

La seconda fase è iniziata con una giorna- ta di consultazione il 16 aprile 2016, a cui hanno partecipato circa 120 persone e 36 tra associazioni e imprese, nell'Istituto Nautico di Piazza Bagnoli. La scelta del luogo oltre a garantire facilità di accesso, è stata fatta a fa- vore di un luogo neutro rispetto al processo in corso e alle politiche che hanno coinvolto l'area negli ultimi 20 anni. L'inizio della gior- nata ha visto un primo momento svolto in un setting assembleare in cui il soggetto at- tuatore ha presentato la bozza di piano. Que- sto momento ha causato parecchie difficoltà dal punto di vista di un dialogo sereno e co- struttivo - e quindi dell'esito del lavoro - ma Invitalia intendeva tenere insieme momenti di ascolto e di comunicazione. A questo sono seguiti i tavoli di lavoro in cui si è discusso con la presenza di un facilitatore per novanta minuti per poi realizzare un report del tavolo e presentarlo nella plenaria finale. Lo scopo dei tavoli è stato di raccogliere proposte e progetti da sottoporre al vaglio di Invitalia per essere realizzate in contempo ai lavori di bonifica. A seguito del primo incontro, i tavo- li si sono trasferiti sul web dove hanno conti-

nuato a raccogliere proposte e commenti per i due mesi successivi per un totale di 104 post e 4470 interazioni (al 19 luglio 2016). Le proposte arricchite dai contributi raccolti sul web si sono discusse durante la seconda gior- nata di consultazione pubblica il 20 luglio 2016, in cui sono state invitate alcune figure esterne al territorio in qualità di esperti delle tematiche affrontate. Svolto con la stessa or- ganizzazione del primo incontro, al termine vengono presentate a Invitalia dieci propo- ste, discusse e approfondite nei tavoli, dando vita alla terza fase del percorso. Dopo le do- vute verifiche, il soggetto attuatore ha con- vocato i tavoli per comunicare gli esiti, in- formando innanzitutto della ricezione di tre proposte riguardanti i principi: design for all,

open data bonifica, integrazione tra imprese

del territorio e vincitori degli appalti. Comu- nicando quelle irricevibili perché non nella possibilità di decisione di Invitalia, come nel caso del “parco a mare” proposto dal centro commerciale naturale di Bagnoli o della pro- posta sul l'accessibilità avanzata dal tavolo ambiente e perorata su tutti da Arcimare. Per le restanti, essendo proposte che prevedono il coinvolgimento attivo dei proponenti, è stato avviato un percorso di accompagna- mento alla definizione del progetto che ha previsto due momenti di lavoro con i tecnici di Invitalia: uno sulla fattibilità tecnica e un altro sugli aspetti economici, contributi che hanno accresciuto non solo la proposta in di- scussione ma la capacità progettuale dei sog- getti coinvolti, contribuendo così a ottenere un primo risultato di micro-capacitazione che prescinde dall'esito finale del processo.

Co' Bagnoli: cosa ne è venuto fuori

Una delle più facili incomprensioni dei pro- cessi partecipativi è ritenerli solo un mo- mento di democrazia, un modo per (ri)dare voce ai cittadini coinvolgendoli direttamen- te nella decisione. Questo fraintendimento da vita a due questioni insolubili. La prima riguarda i numeri: quante persone possono partecipare a momenti di discussione e con- fronto? Cento, duecento, non di più; si finisce quindi per allargare i numeri a restringere i modi del confronto, il referendum è il caso estremo in cui per poter esprimerci in molti possiamo solo scegliere tra Sì e No: parteci- pando tutti molto poco. Il secondo equivoco riguarda le decisioni prese: come si può deci- dere qualcosa se non si è rappresentativi? E

se non possiamo decidere a cosa serve? Come sa chi si occupa di processi inclusivi o chi ha partecipato anche solo una volta a un pro- cesso partecipativo strutturato il vero tema non è decidere, ma mettere in campo una quantità e qualità di conoscenze in grado di far cambiare punto di vista ai partecipanti, ai facilitatori e alla committenza.

(i) Affrontare da questo punto di vista il pro- cesso di partecipazione ci porta a rintracciare diversi piccoli esiti. Aver proceduto secondo un piano strutturato, fatto da una diversità di momenti di confronto (interviste, tavoli di lavoro, plenarie) ha dato la possibilità a una serie di soggetti e di sensibilità di solito escluse dal discorso pubblico di emergere. È il caso di imprese locali abituate a dialogare one-to-one e in forma contrattuale o delle realtà più piccole o di settore che per il loro scarso impatto politico raramente sono parte di processi decisionali.

(ii) Altro cambiamento riguarda i temi di- scussi, alcuni erano così laceranti da sembra- re intrattabili come nel caso della questione ambientale. Niente ha diviso di più la comu- nità locale dagli amministratori pubblici che la mancata bonifica delle aree, con aspetti personali e delicati come l'incidenza dei ma- lati di tumore o delle morti per amianto. La possibilità di fare proposte, la presenza di esperti e la costruzione di un dialogo con regole e tempi certi ha invece istaurato una discussione calata all'interno di uno sguardo propositivo e non solo rivendicativo. Ne è emersa la proposta dell'Open Data della Boni- fica, ovvero la creazione di un portale in cui rendere accessibili tutti i dati relativi alla ca- ratterizzazione e alla bonifica sia sul web che attraverso a postazioni nel quartiere, fino ad ideare una nave che portasse a visitare la bo- nifica da mare.

(iii) Il tipo di percorso strutturato ha di fat- to creato un'auto-selezione dei partecipanti, limitando la presenza di posizioni più stret- tamente politiche e incoraggiando la parte- cipazione di soggetti più concreti, con una maggiore predisposizione alla proposta e all'attivazione più che alla rivendicazione. Questa caratteristica è evidente dal tipo di proposte ricevute in cui la disponibilità a fare era l'unica vera costante.

(iiii) Il cambiamento del modo di dialogare ha influito non solo sui temi e sulle proposte ma soprattutto sul modo di agire del soggetto attuatore che riconosciuto la capacità locale

di affrontare la complessità dei temi in cam- po e di proporre e gestire progetti concreti ha deciso di sperimentare un approccio aperto di implementazione del piano, esprimendo la volontà di iniziare a consegnare ai cittadi- ni le parti del parco immediatamente utiliz- zabili senza attendere la fine della bonifica anche attraverso usi temporanei promossi da gruppi locali.

A che punto siamo

Il percorso descritto è stato interrotto all'i- nizio del 2017 a seguito della perizia tecnica del tribunale che mettendo in discussione la bonifica effettuata nelle gestioni prece- denti ha suggerito una maggiore cautela nella riapertura delle aree. Questo lavoro rappresenta tuttavia una grande opportuni- tà per Invitalia per una sperimentazione in un contesto veramente particolare ma che rischia di ripetersi molto spesso. La discor- danza tra la necessità di rapidità di alcuni interventi pubblici, a volte effettivamente straordinari -terremoto- altre legati alla vi- sione politica-come nel caso di TAV, TAP...-, e la rivendicazione delle comunità locali di esprimersi e di incidere sulle decisioni ha fatto nascere in molti casi i commissari stra- ordinari di governo, ad oggi (maggio 2017) se ne contano otto. Sperimentare pratiche di interazione tra queste forme di governo, che travalicano anche la democrazia rappre- sentativa, e il coinvolgimento dei cittadini può essere una strada per mitigare gli esiti negativi di queste politiche. Non è un caso che il Commissario straordinario per la co- struzione del Terzo Valico della TAV sia una esperta di progettazione partecipata.

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