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Gilda Berruti, Giuseppe Bruno e Emanuela Coppola

Di Bagnoli e dell’area occidentale di Napoli si discute da anni in relazione al progetto di bonifica dell’area dell’impianto siderurgico Ilva-Italsider o, più recentemente, anche se in misura minore, dell’apertura alla città della ex area Nato, chiusa nel 2013, la più grande base americana italiana.

Eppure Bagnoli può essere descritto come un quartiere con una natura composita: tra fine Ottocento e inizio Novecento, prima della costruzione della fabbrica, il sito era una pianura agricola nell’area dei crateri flegrei, da poco bonificata, caratterizzato

dalla presenza delle terme1 e della spiaggia, che configuravano una vocazione turistica; con l’industrializzazione, avviata dopo la legge speciale “per il risorgimento econo- mico di Napoli” del 1904 e divenuta sempre più pervasiva, l’insediamento siderurgico diventa centrale per la vita dell’insediamen- to, con le sirene dell’ILVA che scandivano le ore della giornata, tanto da rendere noto il quartiere anche con il nome di Ferropoli2. Oramai sono trascorsi venticinque anni da quando la fabbrica è stata smantellata. Er- manno Rea nel suo romanzo “La dismissio- ne” ne racconta la chiusura e lo spaesamen- to che ne è derivato. Si sono susseguiti piani, visioni e progetti che non riescono ancora a vedere la luce: una situazione di immobili- smo, attesa e speranza che si trasforma in incredulità. Oggi Bagnoli è un territorio in continua attesa, in attesa di ripartire. Mentre il rilancio dell’area un tempo occu- pata dall’Italsider tarda a concretizzarsi, il

quartiere ha assunto i caratteri di degrado urbano tipici di un quartiere periferico. Ep- pure, pur essendo geograficamente l’ultimo quartiere ad ovest di Napoli, questo terri- torio non è mai stato considerato periferia proprio per quel dinamismo sociale e cul- turale che lo ha sempre caratterizzato, già prima dell’insediamento industriale.

La crisi economica iniziata nel 2008, che ha colpito soprattutto i paesi del sud dell’Europa, ha amplificato gli effetti di questo immobilismo. Una crisi che ha por- tato a una situazione di graduale perdita non solo di beni ma anche di diritti sociali e libertà. Si sono acuiti i fenomeni di im- poverimento sociale e culturale. Essi han- no prodotto come ovvia e naturale conse- guenza una sempre minore attenzione alla città pubblica. Il degrado urbano ed edili- zio è diventato progressivo e la comunità, tristemente, lo comincia a vivere quasi come un’abitudine.

Gli spazi pubblici si sono frammentati, la loro distribuzione è diventata più iniqua e si è esteso il numero delle aree negate. Se confrontiamo la dinamica demografica di Bagnoli dal 2001 al 2011, il quartiere perde oltre 5.000 abitanti, passando da 28.579 re- sidenti agli attuali 23.333, quasi un quinto della popolazione. Se consideriamo che tra il 2005 e il 2006, nel periodo della massima aspettativa di cambiamento che ha portato molte giovani coppie a risiedere nel quar- tiere Bagnoli ha raggiunto circa 33.000 abi- tanti, si comprendono ancor di più i numeri della crisi.

In questa palese situazione di degrado urba- no degli spazi pubblici del quartiere, come urbanisti e cittadini abbiamo proposto un laboratorio di ascolto presso una delle scuo- le storiche del quartiere, l’I.C. Michelangelo, basato su una logica maieutica di “dolciana” memoria.

Il progetto fonda le sue basi sull’idea dei bambini come soggetti di diritti oltre che di tutela (principio introdotto per la prima volta nel 1989 con la Convenzione sui Dirit- ti dell’infanzia), mettendo al centro il diritto alla città come riappropriazione dei luoghi. I bambini e gli adolescenti offrono un contri- buto alla conoscenza della città e alla imma- ginazione del suo assetto futuro, puntando sul valore del sapere contestuale, connesso all’esperienza della città e alla memoria di chi la vive.

Il laboratorio è stato strutturato in due fasi: dapprima, gli studenti della scuola media hanno risposto a un questionario sui luoghi del quartiere; in seguito, gli stessi, in un dia- logo intergenerazionale, hanno intervistato nonni e genitori sul quartiere nel passato e su come lo vedono nel futuro3.

L’obiettivo della prima fase è stato sensi- bilizzare gli studenti su “come guardare il proprio territorio” - rifacendosi al processo ontologico astenghiano (osservare, com- prendere, giudicare, intervenire) - provando ad insegnare come osservare e valutare gli spazi pubblici del quartiere.

Questa fase si è conclusa con la redazione di una “carta dei desideri e dei bisogni” che è stata rappresentata attraverso una correla- zione tra i luoghi sensibili (quelli che sono maggiormente evidenziati dai ragazzi) e una prefigurazione della proposta immaginata. Dai 138 questionari, oltre ad apprendere l’e- sistenza di un gergo comune di alcuni luo-

ghi del quartiere (per esempio: il campetto bruciato, lo stradone, i tre ponti4, è venuto fuori il dato più realistico e cioè che i ragaz- zi (ci si riferisce ad una fascia di età che non supera i 14 anni) non hanno a disposizione aree e spazi pubblici per vivere pienamente il quartiere e che il tessuto urbano versa in condizioni di degrado ed abbandono. Nella lettura dei questionari ricorre l’ele- mento lineare dei muri (il muro della ex- Italsider, quello della ex-Nato, ma anche quelli delle barriere cinematiche delle linee ferroviarie – la metropolitana a nord e la cumana a sud). Muri che vengono visti dai ragazzi come elementi di “bellezza” perché resi piacevoli da fantasiosi murales – defini- ti quasi ad unanimità “i luoghi più colora- ti”5. Muri che paradossalmente non portano questi giovanissimi a riflettere su cosa c’è oltre il muro (come ad esempio la straordi- naria vista metafisica dell’ex Italsider che si può avere dalla struttura più volte inaugu- rata ma tuttora chiusa denominata “Porta del Parco”).

I pochi spazi attrezzati (quelli che costituisco- no gli standard del quartiere) come piazzetta Seneca e parco Miseno sono abbandonati e segnalati come luoghi di spaccio. Altri spazi (come quello dove si tiene il mercato aperto di Bagnoli6, o quello denominato “campetto bruciato”) sono luoghi che i ragazzi frequen- tano ma che sono interdetti alla fruizione.

Spesso sono questi i luoghi (pericolosi) dove paradossalmente è possibile incontrare un bambino che gioca a palla.

Il mare è negato per l’inquinamento pro- dotto dall’ex Italsider e dagli scarichi fo- gnari. Nella lettura dei questionari, inoltre, meraviglia l’assenza quasi totale dei luoghi simbolo della memoria del quartiere: l’ex Italsider, la ex Nato, Città della Scienza, le sorgenti termali, la masseria Starza e San Laise, la collina adiacente all’area Nato in cui la Bagnoli rurale persiste e non si ar- rende alla città, ma che, poco accessibile e sconosciuta ai più, è ritenuta un luogo che fa paura.

Dalle interviste emerge un quartiere in cui mondi diversi, anche in contraddizione tra loro, coesistevano senza apparenti conflitti: è un “quartiere operaio con le ciminiere at- tive, con tanto fumo e inquinamento atmo- sferico”, “tranquillo, d’estate luogo di villeg- giatura”, “brulicante di vita, internazionale, per la presenza degli Americani nella base Nato”. Bagnoli è la spiaggia e il mare, la cam- pagna produttiva e i paesaggi vigorosi, ma contemporaneamente la fabbrica, fonte di lavoro per tutti e marcatempo, in cui l’espe- rienza di vita è composita e ricca.

Gran parte del tempo dei giovani si trascor- reva per strada, all’aria aperta, sotto casa, tra esplorazioni e campetti improvvisati, aven- do in sottofondol'odore della polvere degli

scarti e di tutte le sostanze dell’Italsider, che a volte rendeva l’aria irrespirabile, e i profu- mi degli orti e giardini che costellavano le strade del quartiere. Il mare faceva capolino molto di più tra un palazzo e l’altro, c’erano più spazi all’aperto e più campagna. Questo è il quadro del passato, che si scon- tra con la lettura del quartiere oggi come meno vivace, impoverito, degradato, isolato rispetto alla città, sempre più popolato di anziani e privo di attrazione per i giovani, dal quale spostarsi per svolgere quasi qual- siasi attività. Questa condizione di quartie- re quasi dormitorio, del tutto in contrasto con l’energia e l’operosità caratterizzante l’atmosfera del passato, emerge nonostante l’orgoglio di molti abitanti che rimarcano che a Bagnoli quasi tutto sia a portata di mano.

Rispetto all’immagine del futuro e alla per- cezione del cambiamento, se la posizione per cui nulla cambierà, data l’esperienza degli ultimi venticinque anni, pure va regi- strata e pone il problema di come incanalare e rendere produttivo il ragionevole scettici- smo per le trasformazioni in corso, prevale, tuttavia, l’idea che Bagnoli, tra venti anni di- venterà un luogo interessante, attrattore del territorio, che sia un quartiere turistico o un ecoquartiere che mette in pratica i principi di sostenibilità e resilienza.

È significativo che in parte il futuro venga declinato come un ritorno ad alcune qualità del passato (tra queste: balneabilità, luogo di vacanza, destinazione per i giovani, fon- te di lavoro), e comunque in forte contrasto con la percezione sociale del quartiere oggi. Fa un po’ impressione che oggi e soprattut- to guardando avanti nel tempo l’Italsider sia percepita come un’area a parte rispetto al quartiere, con una sua autonomia di de- stino (che si identifichi con lo sviluppo o la mancata trasformazione).

Sulla base di quanto emerso dal Laborato- rio, il prossimo settembre ci sarà un dibatti- to conclusivo con la X Municipalità del Co- mune di Napoli – in particolare con la VII Commissione che sta elaborando un moni- toraggio delle aree negate del quartiere- per proporre piccoli ma significativi progetti su alcune aree degradate segnalate dalla comu- nità di Bagnoli che, mentre resta in attesa di grandi trasformazioni, richiede un miglio- ramento della qualità degli spazi pubblici e dell’ordinaria vivibilità urbana.

1. La presenza delle acque termali, la cui storia segue le alterne vicende dell’area, è all’origine del nome del quartiere. Sui caratteri generali del sito e gli insediamenti prima dell’acciaieria cfr. Andriello V., Belli A., Lepore D. (1991, a cura di), Il luogo e la

fabbrica, Edizioni Graphotronic, Napoli.

2. Ferropoli era il nome del cinema teatro dello stabilimento siderurgico. Le sirene dell’Ilva Italsider suonavano di frequente: indicavano l’inizio e la fine del turno oltre che le pause. L’ilva lavorava su tre turni: 7-15; 15-23; 23- 7; c’era poi un turno unico 7,30-16,30. 3. In particolare sono stati somministrati

e decodificati 138 questionari e 67 interviste, con l’attiva partecipazione della scuola media Michelangelo, coordinata dalla professoressa Aurora Iuorio.

4. Il “campetto bruciato” è l’ex pista di pattinaggio sopra il viale Campi Flegrei, accanto alla stazione della metropolitana, “lo stradone” è il viale Giochi del Mediterraneo e “i tre ponti” sono le tre arcate del ponte su cui passa la metropolitana visti dal vallone che separa Bagnoli dal comune di Pozzuoli. 5. Molti sono stati finanziati dall’Assessorato

ai giovani del Comune di Napoli in

un’operazione di decoro urbano sul territorio fatta nel 2013. Alcuni murales hanno fatto da sfondo al lungometraggio “Bagnoli Jungle” di Antonio Capuano e sono stati oggetto anche di visite guidate al pubblico promosse dal Liceo scientifico Labriola con la X Municipalità e Città della Scienza nell’ambito del Maggio dei Monumenti 2017. 6. Il mercato aperto è stato recentemente

chiuso (giugno 2017) probabilmente proprio a causa di incidente avvenuto a un bambino mentre giocava. Ora è diventato un ulteriore spazio negato alla comunità