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Romano Fistola

Mobilità e città: una dicotomia generativa

La mobilità può essere identificata come la funzione urbana in grado di assicurare la vita e la trasformazione evolutiva del siste- ma città. La possibilità dello spostamento è strettamente connessa alla possibilità di strutturare un contesto antropico e di assi- curarne la sopravvivenza.

Molti sono gli studiosi che, a partire dai pri- mi anni di definizione disciplinare urbani- stica, hanno individuato il rapporto sodale e mutuamente generativo fra città e mobilità. Fra le diverse funzioni urbane la mobilità è l’unica che non ha una localizzazione pun- tuale “nello” spazio (come la residenza, la produzione, il commercio, etc.), ma si espe- risce “attraverso” lo spazio determinandone la morfologia, la trama, l’assetto (Fistola, 1995). La rete cinematica urbana, che con- sente il trasferimento di beni, persone ed in- formazioni, può essere, con buona approssi- mazione, ritenuta l’ossatura della struttura interazionale della città interpretata come un sistema dinamico e complesso. È questa considerazione olistica del sistema urbano che colloca la riflessione di Alberti fra quel- le di maggiore innovatività e interesse. La crescita urbana e connessa all’evoluzio- ne della rete del trasporto e numerosi sono i contributi in letteratura, anche recen- ti, che ne dimostrano la stretta relazione (Rainbault, 2015). Come posto in evidenza dall’autore, fin dalle prime parole del testo, la mobilità ha rappresentato l’elemento di evoluzione del sistema urbano nelle sue di- verse configurazioni attraverso la storia. In primis con lo spostamento individuale a piedi che consentiva la copertura di bre- vi distanze, ma la possibilità di definire, in intorni spaziali contenuti, una variega- ta struttura relazionale. La scoperta della locomozione con lo sviluppo delle strade ferrate che, nei diversi continenti, hanno consentito la conquista e la nuova stanzia- lità in territori remoti, normalmente consi- derati lontani ed inaccessibili. La diffusione dell’automobile come mezzo di spostamen- aspettative, analisi cartografiche tradizionali

e due tipi di questionari rivolti agli abitanti e ai fruitori. La volontà di configurare una valutazione analitica, individuando un nu- mero più possibilmente elevato di variabi- li, ponendo come obiettivo un prodotto di carattere progettuale, fanno del metodo un tentativo operativamente valido, utilizzabile in contesti differenti.

Il metodo, fortemente strutturato, si articola in otto fasi che partono da una fase zero di configurazione della griglia di analisi,per giungere alla formulazione di due mappe, una di carattere analitico e l’altra con speci- fiche indicazioni per il progetto. L’utilizzo di un software permette la messa a sistema di tutti i dati con la possibilità di aggiorna- mento continuo delle mappe; completa il processol’individuazione di un indicatore di sostenibilità dell’identità del luogo (sustaina-

ble place identity index).

Le mappe, di facile leggibilità, costituiscono un valido strumento per la comprensione dello specifico luogo oggetto dell’analisi, ma soprattutto per la definizione di un progetto urbano frutto di un’articolazione multisfac- cettata di aspetti percettivi, esigenziali, re- lazionali e di prefigurazione. La simbologia geometrica, con legende di riferimento pun- tuali, tende a rappresentare le informazioni in modo immediato e facilitare per questo il progettista nella trasposizione in azioni fisiche delle indicazioni, estremamente det- tagliate, fornite nella mappa.

Il testo si chiude con un’ampia e articolata casistica di sperimentazioni metodologiche proposto con finalità diverse, ma sempre focalizzate al recupero o potenziamento di identità specifiche dei luoghi: conservare l’i- dentità di luoghi che hanno avuto nel tempo una forte caratterizzazione, oggi in uno stato di declino (Roma e Los Angeles); ricostruire identità di luoghi che hanno subito eventi catastrofici (Kobe e San Francisco); valorizza- re identità presenti, ma spesso sottostimate (Londra, Barcellona ed Helsinki).

Place maker è strumento interessante e utile

per capire l’identità di luoghi attraverso una procedura complessa, trasversale e multi sfaccettata, che tiene conto di dati oggettivi e soggettivi, tentando di associare a questi ultimi valori misurabili o quanto meno con- divisibili. La necessità di raccontare e rappre- sentare la città nelle sue forme di evoluzione e trasformazione trova nel metodo descritto

da Marichela un valido strumento operati- vo, attraverso il quale risulta più semplice rilevare la frammentarietà e la simultaneità di condizioni proprie della città contem- poranea. La concretizzazione dei risultati analitici nelle mappe permette una lettura immediata ed una trasposizione alla fase operativa di proposizione di soluzioni di pro- getto, che si muovono attraverso le diverse scale, dall’architettura al design dell’elemen- to di arredo, nella sfera del progetto urbano. Progetto urbano che, superando la dimen- sione estetica, si pone come strumento per il disegno di spazi che possano essere luogo di condivisione per gli abitanti o i frequentatori anche occasionali, rafforzandone un’identità locale versatile, in accordo con le mutazioni del tessuto urbano in cui sono collocati. Anche attraverso la sistematizzazione di do- dici principi per la valorizzazione e promo- zione dell’identità dei luoghi, flessibili nella loro necessità di aggiornarsi e modificarsi nel tempo parimenti alle città a cui sono rivolti, il testo si pone nel panorama della ricerca come un valido contributo alla disciplina, con intenti che paiono trasversali a diversi campi della ricerca, nel tentativo di offrire un approccio che, spingendosi oltre metodi già consolidati, come placemaking, tenta di contribuire alla definizione di un progetto urbano sostenibile.

* Recensione del libro di Marichela Sepe (2013), Planning and Place in the City. Mapping Place Identity, Routledge, London.

to di massa, che svincolava dalle tratte ob- bligate del treno e consegnava ai cittadini una nuova libertà personale di movimento. Si verificava una nuova condizione dello spostamento riconducibile alla scelta in- dividuale della destinazione, riducendo le distanze, ma dilatando gli assetti urbani: la città diviene spazio dei corpi in movimento, “che con i loro spostamenti esplorano spazi assai più vasti di un tempo” (Secchi, 2000). L’evoluzione dei trasporti è stata stretta- mente connessa all’evoluzione della città nel passato e lo sarà nel futuro, ma proba- bilmente in forma diversa (Moccia, 2012). È alla descrizione di questa “forma diversa” che tutto il contributo mira fin dal suo av- vio ed in tutto il suo sviluppo.

Le politiche e le azioni

Per inquadrare il proprio pensiero Alberti dedica gran parte del testo ad una rassegna ragionata, integrata da analisi ed approfon- dimenti, dei documenti relativi ai temi del- la sostenibilità, in generale, e della mobilità sostenibile nel dettaglio.

Gli schemi, tabelle ed immagini che corre- dano lo scritto rendono immediata la com- prensione delle analisi svolte e consentono anche una lettura più fluida del testo. Si potrebbe osservare che la parte descritti- va occupa gran parte dell’articolo, ma tale ampiezza si deve far risalire alla volontà dell’autore di tracciare un orizzonte di rife- rimento, dando conto delle teorie, azioni ed iniziative più interessanti.

Alberti coglie ed evidenzia come il rapporto città-trasporti, estendibile ad una riflessione generale sulla mobilità, sia da considerare in senso affatto diverso rispetto al passato. Come già ricordato, la mobilità urbana ha ricoperto diacronicamente vari ruoli che possono descrivere una parabola della qua- le viviamo oggi il segmento discendente: da elemento di generazione dei contesti antro- pizzati, a condizione vitale per le comunità insediate, a fattore ineludibile per lo svilup- po urbano, a causa di accelerazione della diffusione territoriale e dispersione urbana, a catalizzatore di congestione da traffico veicolare e generatore di inquinamento per il sistema città. Lo scritto sottolinea come, in presenza di tale trend di caduta, caratte- rizzato da consistenti e perduranti condi- zioni entropiche del sistema urbano sia di tipo endogeno (inquinamento, congestione,

etc.), sia di tipo esogeno (cambiamenti cli- matici, crisi energetica, etc.), si debba cer- care di invertire la tendenza ripensando un nuovo ruolo per lo spostamento urbano. In tal senso l’autore suggerisce di utilizzare la funzione mobilità come catalizzatore di un nuovo assetto sostenibile del sistema ur- bano anche attraverso forme diverse dello spostamento. Per sostenere tale posizione vengono citati e descritti alcuni documenti prodotti in campo istituzionale quali: la vi- sione di Ecocity del 2008, i principi del Green

Urbanism del 2010, etc..

In ciascun approfondimento Alberti sotto- linea i punti e le indicazioni relative alla mobilità.

La riflessione viene poi naturalmente svi- luppata attraverso la descrizione delle azioni messe in campo, in particolare dalla Commissione Europea, con una serie di do- cumenti che vanno dall’iniziale Green paper

on urban mobility, dei primi anni del 2000,

fino a quelli più recenti nei quali ricorre il tema della sostenibilità dello spostamento. Dalle approfondite analisi l’autore “estrae” una consapevolezza fondante per l’intero contributo: “…per traguardare la mobilità urbana nell’orizzonte della città sostenibile, occorre innanzitutto superare l’approccio tradizionale per settori a favore di una visio- ne complessa ed integrata della città e del territorio…”. L’interazione caratterizza l’at- tributo di complessità dei sistemi urbani. Da tale riflessione è quindi possibile coglie- re come il concetto di interazione sistemica venga traslato, nella visione di Alberti, in quello di integrazione che viene esplicitato in forme diverse che divengono, successiva- mente, le indicazioni operative e conclusive dell’autore.

L’integrazione sistemica ed il ruolo della tecnologia per la mobilità nella smart city

L’autore declina il termine: “integrazione” in varie dimensioni: nell’integrazione delle politiche della localizzazione funzionale, con un richiamo al modello della Land Use

Transport Interaction (LUTI); nell’integrazio-

ne delle diverse forme di mobilità, con un riferimento alla complementarietà, all’in- terscambio ed alla multimodalità; nell’in- tegrazione fra pianificazione e gestione dei trasporti, con una necessaria analisi costi/ benefici utile ad assicurare l’efficacia infra-

strutturale nel tempo. Queste definizioni vengono successivamente riadottate attra- verso richiami a piani operativi nelle tre dimensioni dell’interazione.

Infine Alberti, anche attrverso la riflessio- ne sulla sostenibilità urbana, giunge ad un panorama di sfondo della smart city, sottoli- neando come la mobilità innovativa, soste- nibile e tecnologicamente assistita, sia par- te fondante nel processo generativo della

smartness urbana.

Il sistema urbano evolve e si trasforma an- che utilizzando lo scambio continuo di materia, energia e informazione. Sempre di più negli assetti urbani contemporanei è possibile ritrovare un’osmosi fra materia e informazione, fra elementi fisici e flussi in- fotelematici, fra atomi e bit (Mitchell, 1997). Nella smart city queste diverse mobilità si integrano, a volte si sostituiscono, altre vol- te si accrescono mutuamente, mettendo in crisi i canonici modelli di previsione degli spostamenti nella città.

Conclusione

In conclusione è forse possibile dire che nel contributo di Alberti si possono identificare tre elementi di riferimento che ne qualifica- no la riflessione:

• la considerazione della città sistemica; • il riconoscimento del ruolo chiave della

mobilità nei futuri assetti urbani; • il ruolo della mobilità integrata per la

definizione della smartness urbana; Va sottolineata anche la possibilità di legge- re lo scritto, secondo diversi piani: un piano orizzontale, seguendo il quale si accompa- gna il pensiero dell’autore e si giunge con lui alla definizione delle indicazioni finali; un piano verticale che si snoda fra i diversi con- cetti chiave, posti in successione e coniugati fra di loro grazie all’approccio sistemico; un piano trasversale, ottimamente supportato dalle tabelle, immagini e box, utilizzando il quale si può rapidamente “attraversare” lo sviluppo delle argomentazioni.

I tre elementi richiamati collocano il contri- buto di Alberti fra quelli probabilmente utili a costruire una nuova dimensione disciplina- re, caratterizzata dalla necessità di elaborare forme innovative di governo delle trasfor- mazioni urbane e territoriali, ripensando la città come un sistema dinamico e complesso all’interno del quale le componenti interagi- scono determinandone l’evoluzione.

Queste interpretazioni della partecipazione sono state particolarmente evidenti nel conte- sto della grande e sfaccettata famiglia delle po- litiche di rigenerazione di quartieri marginali e degradati che ha visto una larga diffusione in tutta Europa negli anni Novanta e Duemila. Dove si colloca, Giovanni Laino, rispetto alle pratiche di partecipazione, così come rispet- to all’ormai vastissima letteratura nazionale e internazionale che ne racconta più o meno criticamente le vicende? Ritengo che in Co- stretti e diversi, il “posizionamento” dell’au- tore non sia immediato, che emerga in modo progressivo, rivelandosi in modo molto po- tente nelle ultime parti centrate sulla diffe- renza e sull’ineguaglianza dei “subalterni”. La partecipazione è intesa come mezzo di attiva- zione, empowerment e inclusione dei soggetti più deboli in territori difficili: un’interpreta- zione intransigente, che non si accontenta di una maggiore apertura dei processi decisiona- li o della prevenzione dei conflitti.

Già alla fine degli anni Novanta, in un generale clima di entusiasmo nel nostro paese generato dalla progressiva diffusione di approcci integra- ti e partecipati sia attraverso programmi di ma- trice europea, sia attraverso alcune reinterpre- tazioni promosse a livello nazionale, sociologi come Antonio Tosi e Ota de Leonardis avevano espresso una serie di preoccupazioni sulla ef- fettiva efficacia di queste iniziative nell’affron- tare i fenomeni di esclusione sociale. Il nodo era stato dunque chiarire cosa si intenda per esclusione sociale: un fenomeno che ha sì a che fare con la povertà, con l’emarginazione, con la marginalizzazione, ma che, più specificamente, è riconducibile al carattere multidimensionale e cumulativo dei percorsi che, nelle società con- temporanee, conducono alla marginalità (Tosi, 2004). Un’accezione che implica uno sposta- mento di attenzione dai fenomeni di depriva- zione economica a quelli che coinvolgono tutti quei fattori che possono contribuire alla fragiliz- zazione dei legami sociali: dalla precarizzazione delle condizioni lavorative, alla trasformazione dei modelli familiari, all’indebolimento della socialità locale. Prendere sul serio la nozione di esclusione sociale nell’approccio integrato alla politiche urbane significa alludere “a un esito estremo che per l’individuo è la rottura del le- game sociale; per la società l’accento è sull’in- debolimento della coesione sociale e sul rischio di frattura sociale (Tosi, 2004, p. 218)”. E ancora, sottolineava de Leonardis (2002) le azioni inte- grate sembrano fare leva su un’idea di “povero,

Partecipazione, differenze