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Guardini attraverso il discorso sul concreto vivente si riallaccia alla filosofia della vita. Con tale espressione non si intende alcuna scuola filosofica, bensì una sensibilità speculativa volta a privilegiare un pensiero vicino all’esistenza concreta. L’esperienza vissuta, l’Erlebnis, è ciò a cui i filosofi della vita intendono dar spazio. La vita basta a se stessa, essa nella sua misteriosità ineffabile non può essere spiegata

357 R. Guardini, Der Engel in Dantes Göttlicher Komödie. Dantestudien, vol. I, Grünewald/Schöningh,

Mainz-Paderborn 1995; tr. it., Dante, Morcelliana, Brescia 1999, p. 370.

358 Guardini con il termine “formazione” (Bildung) designa in primo luogo un «“sapere universale,

distinto da quello settoriale di una specifica disciplina”, sapere orientato all’acquisizione di una visione d’insieme della realtà» (A. Ascenzi, Lo spirito dell’educazione: saggio sulla pedagogia di Romano Guardini, Vita e Pensiero, Milano 2003, p. 129).

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razionalmente poiché essa solo può in sé comprendersi. La teoria al contrario è spesso sentita mortificante e astratta secondo i celebri versi di Goethe: «Grigia […] è ogni teoria/ e verde è l’aureo albero della vita»359. Già filosofi come Seneca, Marco

Aurelio, Agostino, Machiavelli, Montaigne e Pascal, seppur con notevoli differenze, si accostano filosoficamente alla vita umana cercando di comprenderla nella sua problematicità esistentiva, nella concretezza alla quale il singolo è vincolato. Il romanticismo dà uno spazio importante alla filosofia della vita, Rousseau e Herder ne sono gli ispiratori per mezzo della loro polemica antilluministica. Le quindici lezioni che Friedrich Schlegel tiene a Vienna nel 1827 costituiscono una prima risposta alle domande della filosofia della vita. Schlegel si schiera contro ogni tipo di sistematica filosofica opponendo a ciò «una unità del sentire» come «la conseguenza interiore di un modo di pensare, che nella vita come nel sistema e nelle idee filosofiche ci fa sempre una grande e profonda impressione»360. Friedrich

Schleiermacher in polemica col razionalismo kantiano pone al centro della sua filosofia della religione l’«l’intuizione» e il «sentimento» come modi di esperire Dio. La capacità primaria del conoscere per i romantici non è la ragione, ma il sentimento. La vita non si comprende per mezzo di un ragionamento che la dispiega e la viviseziona, tale atteggiamento mortifica e insterilisce, l’intuizione artistica è il vero mezzo attraverso cui l’uomo conosce, su questo si fonda il valore essenziale che i romantici attribuiscono all’arte. Il romanticismo si rifiuta di afferrare logicamente la vita, poiché essa può essere solo mostrata ma non compresa. Filosofia e vita sono concepite in stretta relazione al punto da confondersi, Novalis scrive: «chi sa cosa sia filosofare sa anche cos’è la vita e viceversa»361. I semi gettati dal romanticismo

359 «Grau […] ist alle Theorie,/ Und grün des Lebens goldner Baum», J. W. Goethe, Faust e

Urfaust I, testo originale a fronte, Feltrinelli, Milano 2004, pp. 98-99. La traduzione è stata leggermente modificata da me.

360F. Schlegel, cit. in J. Ritter, K. Gründer, Historisches Wörterbuch der Philosophie, vol. V, Schwabe

& Co.Ag, Basel-Stuttgart 1980, p. 138. La traduzione è mia.

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maturano nel pensiero di Schopenhauer e di Nietzsche in una celebrazione della vita in chiave volontaristica, prerazionale e antirazionale, che per il primo si risolve in un’ascetica della negazione del Wille zum Leben. Per Nietzsche non è possibile in alcun modo giudicare la vita e ogni tentativo di comprensione sistematica da parte dei filosofi non fa che inaridirla362. La vita è causa e fine ed è vano ogni tentativo di

cercarne un senso o una morale fuori di essa, in una dimensione trascendente. Per Nietzsche la vita è il valore primo al di là di ogni morale e di ogni distinzione tra vero e falso. In Germania con il termine Lebensphilosophie si intende una corrente di pensiero sorta alla fine del XIX secolo in polemica col positivismo e con l’intellettualismo, essa si rifà soprattutto a Wilhelm Dilthey e Henri Bergson. Il primo riconosce alla scuola storiografica un grave limite nel non essersi occupata dei fatti singolari e avverte pertanto la necessità che l’esperienza individuale sia concepita unitariamente a un’esperienza vissuta collettiva. Per Dilthey c’è una corrispondenza analogica tra l’esperienza vissuta individuale e quella altrui e la «ragione storica» colleziona tali esperienze, conservando in questo modo la ricchezza del fluire vitale. La comprensione del mondo storico è la comprensione della serie di oggettività relazionate di cui è costituito. Tali oggettività non sono altro che prodotti storici che si comprendono alla luce del periodo in cui sono sorti. Per il filosofo tedesco i fenomeni storici si comprendono come oggettivazione delle nostre esperienze personali, comprendiamo ad esempio la vita degli uomini del

362 «Che cosa significa, per Nietzsche, che la vita è l’ingiudicabile? Che cosa deve intendersi con la

parola ‘vita’ (das Leben)? […] Essa indica l’insieme degli enti, e quindi tutto ciò che è, ma precisamente in quanto tutto. Vita è l’insieme totale di ciò che è, è stato e sarà. Il termine non sembra indicare alcuna pretesa classicamente ontologica, come se con esso Nietzsche pensi il ‘che cos’è’ dell’ente. Più semplicemente la vita indica il ‘che è’ di ciò che misteriosamente è. Il concetto di vita cui giunge Nietzsche sembra volutamente impreciso, tanto che […] può sovrapporsi per intero a quello di Essere […]. L’Essere è certo ingiudicabile […] nel senso della impossibile determinazione dell’‘oggetto-Essere’ sotto il punto di vista del vero e del falso logico» (S. Peverada, Nietzsche e il naufragio della verità. Critica, nichilismo, volontà di potenza, Mimesis, Milano 2003, p. 209.Il corsivo è nel testo).

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passato in quanto oggettivazione della nostra vita individuale. In questo modo, argomenta Dilthey, la vita non è alcunché di separato dalla storia e, in quanto questa ha a che fare con me, non possiede nulla di distaccato nel tempo, essa raggiunge il singolo in quanto forza vitale. Per Bergson la vita è la manifestazione di uno «slancio vitale»(élan vital), con questa espressione il filosofo francese intende una energia vivificante con la quale spiega l’evoluzione dell’universo in polemica con l’evoluzionismo. Bergson col suo concetto di «slancio vitale» intende superare la dialettica tra meccanicismo e finalismo. Max Scheler utilizza l’intuizione come atto empatico «immediato» per una comprensione viva che si distingue dal pensiero morto della ragione.

La Lebensphilosophie influenza in maniera rilevante l’opera guardiniana sugli opposti. Tuttavia tali concezioni sono giudicate da Guardini troppo irrazionali, egli non può condividere l’idea relativistica della Lebensphilosophie per la quale la vita è il valore supremo a cui tutto il resto deve sottoporsi.

Per la Lebensphilosophie – scrive Guardini – i valori della verità, del bene, del giusto, del bello sono forme previe e irradiazioni della realtà autentica, della vita. Tutti i valori in ordine ad essa si relativizzano. Un pronunciamento filosofico è vero, modo di agire è moralmente buono, un’opera d’arte è bella, un ordine sociale è giusto, se e in quanto essi rendono la vita, la personalità vivente, più ricca, forte, libera. […] Qui non esiste più una norma oggettiva. […] L’unica norma è la misura del potenziamento della vita, che con esperienza autentica perviene alla coscienza e si esprime in parole e in opere degne di fede […] Pensiamo al fatto che il più forte profeta del primato della vita, Friedrich Nietzsche, ha predicato la potenza come valore massimo che giustifica ogni altro valore, definendolo la chiave della comprensione dell’esistenza363.

363 R. Guardini, Sorge um den Menschen, cit. in S. Zucal, Romano Guardini e la metamorfosi del

«religioso» tra moderno e post-moderno. Un approccio ermeneutico a Hölderlin, Dostoevskij e Nietzsche, Quattroventi, Urbino 1990, p. 360.

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Così se Guardini si pone in polemica con il razionalismo moderno non intende schierarsi a favore dell’intuizionismo, sebbene egli condivida molte delle critiche che questo muove al razionalismo.

Che cosa intende il nostro autore quando parla di «vita» (Leben)? Nel dibattito a lui contemporaneo il tema della vita è certamente molto attuale. Guardini è innanzitutto debitore a Hans Driesch (1867-1941), il cui libro Philosophie des Organischen (Filosofia di ciò che è organico,1909) all’epoca ha avuto una certa notorietà accendendo un importante dibattito364. Driesch, biologo e filosofo, sostiene che alla

base dell’evoluzione biologica ci sia l’esistenza di un principio immanente non meccanicistico ma finalistico, in questo modo egli riutilizza il concetto aristotelico di entelechia.

La risposta guardiniana alla domanda su cosa sia la vita si articola su più livelli. Innanzitutto c’è la vita «bio-psichica». In essa l’uomo «si sente inserito nel rapporto della “vita”, che – dipanandosi a partire da lui stesso si costituisce nella sfera dell’uno dopo l’altro e in quella dell’uno accanto all’altro»365. In questo livello il singolo

«afferma se stesso spontaneamente», dà spazio alle proprie pulsioni e ai propri istinti. Si tratta del livello più elementare di vita nel quale «affermare “io sono” equivale ad affermare “la vita è”»366. In questa sfera l’uomo si trova schiavo delle

proprie pulsioni e in uno stato di oscillazione «tra orrore e attrazione, tra bisogno e paura, tra naturalità e vergogna»367. Tali sono i caratteri di un’esistenza puramente

finita, la cui celebrazione è un carattere che Guardini definisce nietzscheanamente dionisiaco. In un’esistenza assolutamente finita Dioniso esalta l’immediatezza e la spontaneità come l’unica gioia possibile ed è vano cercare qualsiasi soddisfazione che

364 Cfr. H.-B. Gerl-Falkovitz, Introduzione,in R. Guardini, Opera omnia, vol. I, op. cit., pp. 30-31. 365 R. Guardini, Der Mensch, op. cit.; tr. it., p. 169

366Ibidem. 367Ibidem.

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trascenda la vita terrena, da qui l’appello di Zarathustra alla «fedeltà alla terra»368.

Guardini pone in evidenza l’ambiguità del dionisiaco, diviso tra l’esaltazione trionfalistica della vita nella sua chiusa finitudine e la coscienza che tale vita non è degna di essere esaltata. Questa doppia faccia del concetto nietzscheano ha come esito la malinconia. Dioniso, dopo aver esaltato lo splendore della bellezza e la gioia dei sensi, è un dio triste.

Il fondamento più amaro della malinconia è la comprensione che “la vita” è meschina, comprensione che si verifica proprio nel momento in cui si fa di essa il senso dell’esserci369.

Andando oltre lo strato più superficiale, quello «bio-psichico», la vita si manifesta sempre più come «ciò che noi esperiamo quando diventiamo consapevoli della nostra esistenza. Il fatto che noi viviamo, e che cosa viviamo»370. Negli strati

più profondi la vita diviene sempre più consapevole di sé e del suo destino. Nel livello «culturale» l’uomo prende coscienza del mondo dei valori e del conoscere che ha come esito l’arte, la scienza, la politica, il linguaggio e la tecnica. Nella «sfera

368Zarathustra esorta: «Io vi scongiuro, fratelli miei, restate fedeli alla terra e non prestate fede a

coloro che vi parlano di speranze ultraterrene! Sono avvelenatori, lo sappiano o no. Spregiatori della vita sono, moribondi e loro stessi avvelenati, di cui la terra è stanca: vadano dove vogliono! Un tempo il sacrilegio contro Dio era il maggiore dei sacrilegi, ma Dio è morto e con essi sono morti anche questi sacrilegi. Un sacrilegio contro la terra è ora la cosa più terribile, e venerare le viscere dell’imperscrutabile più del senso della terra! Un tempo l’anima guardava con disprezzo al corpo: e allora questo disprezzo era la cosa più alta: - essa lo voleva magro, orrendo, famelico. Così pensava di sfuggire al corpo e alla terra!» (F. W. Nietzsche, Also sprach Zarathustra. Ein Buch für Alle und Keinen, in F. W. Nietzsche,Werke. Kritische Gesamtausgabe, vol. VI1, Walter de Gruyter,

Berlin 1968, p. 9; tr. it., Così parlò Zarathustra. Un libro per tutti e per nessuno, Newton, Roma 1990, p. 6. Il corsivo è nel testo).

369 R. Guardini, Der Mensch, op. cit.; tr. it., p. 170. 370 R. Guardini, Der Gegensatz, op. cit., p. 33; tr. it., p. 93.

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specifica della storia» l’uomo familiarizza con il destino, la categoria dell’incontro, benché già presente nel livello precedente, appartiene nella fattispecie a questa sfera.

L’incontro – sostiene Guardini – non è una necessità derivabile da altro ma un factum. Questo factum crea però immediatamente un senso di legame, in cui io permango e che coincide con il senso del destino. [L’incontro] poteva non accadere ma – dopo che è accaduto – esso è irrevocabile […]. Se è avvenuto un vero incontro, un incontro nel senso pieno del termine, le molteplici relazioni che formano l’esserci si radunano in un quadro unitario che “vale” a partire da se stesso – a un punto tale da far nascere l’impressione che esso esistesse sin da prima e che abbia esercitato la sua potenza per far avvenire l’incontro (“Era scritto da sempre”)371.

La vita umana non è semplicemente l’esito di antecedenti biologici, l’unione di un uomo con una donna, che ha dato origine alla vita, è l’esito dell’«evento dell’incontro».

La vita umana è anche ricerca di un bene, essa lo cerca e lo persegue, questa è la sfera «etica» che, dopo quella «religiosa», rappresenta il livello più profondo della vita umana372.

Questi livelli vitali non sono isolati tra loro ma formano una totalità ben integrata nell’unità dell’uomo. Una sfera influenza l’altra al punto tale che gli stessi confini tra i livelli sono difficilmente tracciabili. Guardini analizza cinque strati ma, a rigore, il primo ne comprende due, quello biologico e quello psichico. Si tratta

371R. Guardini, Der Mensch, op. cit.; tr. it., p. 170.

372 Guardini individua dunque cinque strati nei quali la vita si dispiega: «bio-psichico»,

«culturale», «storico» o destinale, «etico» e «religioso». Quest’ultimo, il più profondo, è la sfera nella quale l’uomo cerca un rapporto con l’Assoluto. Tratterò la sfera religiosa nell’ultimo capitolo, essa è essenziale al discorso interpretativo sull’opera dostoevskijana.

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pertanto di una pluralità di strati che compongono la struttura della persona umana, «ogni distinzione ha un semplice valore metodico»373.

La vita per il filosofo ha la capacità di correggere sia il razionalismo sia l’intuizionismo come atteggiamenti estremi e unidirezionali374. Se l’intuizione unisce

e la riflessione divide Guardini si chiede: «È possibile che conoscenza razionale e intuitiva, a ben guardare, non si escludano a vicenda? O che forse addirittura e in qualche modo si presuppongano e si implichino reciprocamente?»375. Per il nostro

autore queste domande trovano risposta in pensiero capace di abbracciare la ricchezza del reale nella sua totalità e questa è la filosofia dell’opposizione polare.

Allontanandosi dalla vita la cultura filosofica moderna ha smarrito la totalità e ha condotto il concetto sempre più dal guardare al pensare. Guardini interpreta la

373 R. Guardini, Freiheit – Gnade – Schicksal. Drei Kapitel zur Deutung des Daseins,

Grünewald/Schöningh, Mainz-Paderborn 1994, p. 13; tr. it., Libertà, grazia, destino, Morcelliana, Brescia 2000, p. 9. L’analisi guardiniana sulla struttura pluristratificata della vita umana si avvicina alle ricerche fenomenologichedi Edith Stein. La fenomenologa articola le riflessioni sulla persona umana procedendo husserlianamente per stratificazioni. Le sue analisi sulla soggettività partono dai problemi più infimi, la materialità del corpo umano, per giungere a quelli più elevati qualil’anima e lo spirito. Qualche anno prima delle lezioni di antropologia, che Guardini tiene negli anni ’30, la Stein scrive: «La psiche con tutte le sue qualità, così come il corpo (in quanto vivente) è qualcosa che si sviluppa. Possiede le sue qualità, non dall’inizio della sua esistenza, piuttosto le acquisisce nel corso della sua “vita”; questa vita è la serie degli stati che essa attraversa o espresso diversamente: la continua trasformazione della forza vitale negli stati attuali psichici». (E. Stein, Einführung in die Philosophie, in E. Stein, Gesamtausgabe,vol. VIII, Herder, Freiburg im Br. 2004, p. 126; tr. it., Introduzione alla filosofia, Città Nuova, Roma 1998, p. 173). Grazie alla struttura pluristratificata della persona umana per la Stein è possibile «che un vissuto, che all’inizio era periferico, “penetri” gradualmente, aggredisca gli strati più profondi (immer tiefere Schichten angreift), riproducendosi in ognuno» (ibidem, p. 138; tr. it., p. 185), tuttavia «tanto la vita psichica attuale, l’insieme degli stati mutevoli della persona, quanto le sue qualità perduranti si manifestano nel corpo» (ibidem, p. 141; tr. it., p. 188).

374Cfr. H.-B. Gerl-Falkovitz, «Introduzione»,in R. Guardini, Opera omnia, op. cit., p. 31. 375Ibidem, p. 20; tr. it., p. 79.

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sua responsabilità intellettuale nel percorrere il cammino inverso. Il compito per il filosofo consiste nell’abbracciare con lo sguardo il mondo secondo la totalità dei fattori, includendo anche la soggettività di chi osserva.

Noi dobbiamo vedere nella nostra situazione conoscitiva il risultato di una vicenda storica che è piena di colpa e che domanda resipiscenza. Noi dobbiamo cambiare questa situazione facendola finita con i suoi presupposti. La metànoia che domandano le parole di Cristo (Matt. 4, 17) si riferisce non solo ai nostri costumi, ma anche alla nostra conoscenza. La critica cristiana della conoscenza non è solo teoretica, ma anche pratica. Essa esige un restauro dei fondamenti. Ma anche la svolta della filosofia, o per meglio dire, dell’atteggiamento gnoseologico dell’età moderna verso l’epoca che viene si attua forse con uno spostamento del centro di gravità dal pensare al vedere; dal settore intermedio così stranamente automatizzato dei concetti a quello delle cose376.

Non si tratta di tornare all’antichità o al medioevo, periodi nei quali spesso l’unità tra gli ambiti del sapere era acritica. Guardini intende invece superare l’età moderna in cui «la separazione si è trasformata in disgregazione: la moderna autonomia degli ambiti del pensiero. Il nostro compito è ora quello di proseguire andando oltre, verso una nuova unità, garantita però criticamente»377. Così se la

modernità ha operato la «separazione critica», l’epoca che segue dovrà caratterizzarsi per l’«unità critica»378.

Guardini realizza questa «unità critica» servendosi dell’opposizione. L’idea di fondo del metodo oppositivo è la considerazione che il concreto non è «unilaterale», di conseguenza la filosofia del concreto vivente deve assumere l’oggetto nella sua

376 R. Guardini, Die Sinne und die religiöse Erkenntnis. Drei Versuche, Würzburg 1958, pp. 33-34; tr.

it., La funzione della sensibilità nella conoscenza religiosa, in R. Guardini, Scritti filosofici, Fabbri, Milano 1967, vol. II, p. 154. Il corsivo è mio.

377 R. Guardini, Der Gegensatz, op. cit., p. 22, nota 2; tr. it., p. 82, nota 28. 378 Cfr. ibidem, p. 36, nota 8; tr. it., p. 96, nota 55.

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totalità «multilaterale». Il carattere peculiare della teoria degli opposti è quello di «una dottrina scientifica del concreto»379.

Prima di analizzare l’opposizione secondo Guardini facciamo una digressione sulla dialettica hegeliana. In questo modo potremo far emergere nel metodo guardiniano i punti di contatto e l’originalità rispetto al filosofo idealista.