• Non ci sono risultati.

L’epigrafe evangelica introduce uno dei leitmotiv del romanzo.

In verità, in verità vi dico: se il granello di frumento, caduto in terra, non muore, rimane infecondo; se invece muore produce molto frutto226.

Lungo tutto l’arco dell’opera questo leitmotiv torna nelle vicende dei personaggi ed emerge nelle loro esperienze. Scoprire che il dolore e la morte hanno un significato consente di rileggere l’intera vita umana alla luce di una redenzione possibile, poter cantare anche su un letto di moribondo il proprio inno alla gioia, alla multiforme magnanimità della vita227. La posta in gioco è altissima: si tratta del

senso dell’intera esistenza, del raggiungimento definitivo e stabile della felicità oppure della più inesorabile sconfitta, «l’ultimo inganno nella lunga serie di inganni»228. Dostoevskij ci ricorda con estrema drammaticità ne I fratelli

Karamazov229 che il destino dell’uomo si gioca tra queste due opzioni. Lo starec

226 Gv 12, 24, cit. in F. M. Dostoevskij, I fratelli Karamazov, op. cit., p. 3.

227 Una consonanza con ciò che viene espresso da alcuni protagonisti nel romanzo si trova in Ada

Negri. La poetessa, ricapitolando la sua vita, nella poesia «Atto d’amore» confessa: «Or – Dio che sempre amai – t’amo sapendo/ d’amarti; e l’ineffabile certezza/ che tutto fu giustizia, anche il dolore,/ tutto fu bene anche il mio male, tutto/ per me Tu fosti e sei, mi fa tremare/ d’una gioia più grande della morte», (A. Negri, Mia giovinezza. Poesie, Bur, Milano 1995, p. 70).

228 F. M. Dostoevskij, I demoni, op. cit., p. 722.

229 Il romanzonarra le vicende di Fëdor Pavlovič Karamazov, buffone alcolizzato e lussurioso, e dei

suoi tre figli Dmitrij, Ivan e Aleksej. Il ventottenne Dmitrij è figlio della prima moglie. Alla morte di quest’ultima il piccolo Mitja viene abbandonato dal padre e inizialmente allevato dal servo Grigorij. Gli ultimi due Karamazov sono figli di secondo letto. Anche la seconda moglie di Fëdor muore prematuramente e ai bambini tocca la stessa sorte di Dmitrij: vengono dimenticati dal padre, occupato con donne di malaffare, e salvati dal servo. I figli vengono poi sottratti al servo e cresciuti da benefattori. Dmitrij, la cui madre era di origini nobili, è l’unico dei figli a poter vantare un’eredità. Egli, dopo aver trascorso una giovinezza dissoluta in cui ha scialacquato le somme di denaro fornitegli da Fëdor Pavlovič, è giunto dal padre per riscuotere tutta l’eredità materna. Ivan,

~ 108 ~

Zosima fa presente ad Ivan che il nostro cuore è fatto in maniera tale per cui «se non dovesse risolversi in senso positivo, [questo problema] non si risolverà mai neanche in senso negativo»230.

Già in apertura del romanzo la verità espressa dal versetto evangelico è trasmessa dallo starec al suo allievo. Di fronte all’incalzare delle difficoltà familiari, dovute alle dispute ereditarie e sentimentali tra Dmitrij e Fëdor Pavlovič, Zosima

chiarisce la vocazione del ventenne Alëša:

Ti do la mia benedizione perché tu renda un grande servizio al mondo. Lungo sarà il tuo pellegrinaggio […]. Dovrai sopportare tutto, fino al giorno in cui farai nuovamente ritorno qui. E ci sarà molto da fare […]. Vedrai un grave

conclusi gli studi universitari a Mosca, fa il pubblicista. Aleksej entra come novizio nel monastero della cittadina di origine. Dmitrij è sensuale e impulsivo, Ivan è intellettuale e freddo e Aleksej è semplice e puro, discepolo prediletto dello starecZosima. I tre fratelli, di indole così differente, sono accomunati dalla natura dei Karamazov la cui «essenza […] si riassume così: sensualità, cupidigia e follia» (F. M. Dostoevskij, I fratelli Karamazov, op. cit., p. 112). I Karamazov subiscono, in misura maggiore o minore, il fascino seducente dei vizi paterni. Anche un quarto personaggio è vittima delle tentazioni karamazoviane: il servo Pavel Fëdorovič Smerdjakov. Egli è nato dall’unione di

Fëdor Pavlovičcon Lizaveta Smerdjaščaja, jurodivaja. Smerdjakov è un giovane freddo e

impersonale che subisce il fascino intellettuale del razionalismo di Ivan. Dmitrij e Fëdor Pavlovič non sono soltanto in discordia per l’eredità, essi sono anche rivali in amore. Entrambi non resistono al fascino della seducente Grušen’ka, per la quale Dmitrij abbandona la bellissima Katerina Ivanovna, sua fidanzata. Se gli attriti tra il padre e il figlio maggiore sono violenti e manifesti al punto che questi arriva a picchiare il genitore in presenza dei fratelli e della servitù, tra Ivan e Fëdor Pavlovič l’odio è latente ma non meno acuto. Dmitrij aveva prestato a Katerina

quattromilacinquecento rubli per salvare il padre, in gravi difficoltà con lo stato. Ella, riconoscendo il grande gesto di gratuità da parte del giovane, se ne invaghisce. Katerina vuole salvare Dmitrij da se stesso sposandolo ad ogni costo. Se Mitja non ama Katerina, di lei è innamorato Ivan.

~ 109 ~

dolore e in quel giorno sarai felice. Ecco il mio insegnamento per te: cerca la felicità nel dolore231.

Lo starec poco prima si è inchinato davanti a Dmitrij. L’insolito gesto desta sconcerto negli astanti, mentre Mitja fugge via dalla stanza.

In realtà quello di Zosima è un segno profetico. Nello sguardo di Mitja il vecchio scorge il suo «destino intero»232. Egli spiega in privato a Alëša: «Mi sono

inchinato davanti alla grande sofferenza che gli riserva il futuro»233. Lo starec cita il

versetto giovanneo, posto in epigrafe all’opera, riferito al destino del fratello maggiore di Aleksej. Dice al novizio di stare accanto a Dmitrij: la sua missione ora è sostenere la famiglia.

Il giovane cuore di Alëša ancora non può comprendere. Le parole dello starec in questo momento sono per lui un peso insostenibile e hanno una profondità impenetrabile. Tuttavia egli può già mettersi in cammino per scoprire che nella condizione in cui l’uomo si trova non c’è mai una felicità assolutamente priva di dolore. Il dolore anzi può aprire a una felicità più autentica. Dovrà dunque imparare a cercare la felicità attraverso le difficoltà della vita. L’unica felicità possibile all’uomo, in questa vita, è quella che guarda con occhi aperti il mondo, ossia quella che fa i conti col dolore. Una felicità incontrastata non avrebbe alcun valore, se essa fosse solo pensata e non reale. L’indole profondamente buona del giovane Karamazov, il suo «affetto perfettamente spontaneo e sincero verso il padre, che lo meritava poco»234 ora sono messi a dura prova. Il novizio è preoccupato anche dalla

rivelazione dello starec circa la sua imminente morte.

231Ibidem, p. 107. 232Ibidem, p. 395. 233Ibidem, p. 394.

234Ibidem, p. 132. Tornerò su queste affermazioni dello starec commentando il capitolo «Un monaco

~ 110 ~

La quiete del monastero è più attraente delle situazioni a cui il giovane Aleksej deve far fronte, «tenebre nelle quali potrebbe perdersi e smarrirsi»235.

Nella sua ardente preghiera non chiese a Dio di fare chiarezza nel suo turbamento, egli anelava unicamente a quella gioiosa commozione […]. Quella gioia preannunciava puntualmente un sonno tranquillo236.

Alëša nella fatica della prova cerca soltanto la gioia dell’affidarsi, la letizia di chi si consegna interamente nelle mani di Dio.

Lo starec, accomiatandosi prima di morire, dà ai monaci le sue ultime disposizioni. Il momento è particolarmente solenne. I più affezionati, tra quali Alëša, iniziano a sentire il dolore del distacco.

Ciascuno di noi è senza dubbio colpevole per tutti e per tutto ciò che accade sulla terra, non solo per la comune colpa del genere umano, ma ciascuno personalmente è colpevole per tutta l’umanità e per ogni altro singolo uomo sulla terra. Questa consapevolezza è il coronamento del cammino del monaco, così come di ciascun uomo sulla terra. I monaci infatti non sono diversi dagli altri uomini, ma sono esattamente come dovrebbero essere tutti gli uomini della terra237.