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Il messaggio che sale dall’intera opera raggiunge nell’epilogo l’apice del dramma. Dostoevskij scrive che nei «funerali di Iljuša […] si rifletterà il senso di

336Ibidem, p. 97. La riflessione di Ivan trova conferma in Nietzsche, il quale scrive: «Valore naturale

dell’egoismo. – L’egoismo ha tanto valore quanto ne ha, fisiologicamente, colui che lo possiede: può valere moltissimo, può essere di nessun valore spregevole. In base a ciò si può giudicare, di ogni individuo, se egli rappresenti la linea ascendente o discendente della vita. Una volta stabilito questo, si ha anche un canone di quel che vale il suo egoismo. Se egli rappresenta l’ascendere della linea, il suo valore è realmente straordinario, - e per amore della vita nella sua totalità, che con lui compie un passo avanti, dovrà essere estrema la cura per mantenere o persino creare il suo optimum di condizioni […]. Se rappresenta lo sviluppo discendente, la decadenza, la degenerazione cronica, la malattia […] non gli spetta molto valore, e la più ovvia equità vuole che porti via il meno possibile ai ben riusciti. È semplicemente il loro parassita…» (Götzen-Dämmerung, 33, inF. W. Nietzsche, Werke, vol. VI3, op. cit., Berlin 1969, p. 125-126; tr. it., Crepuscolo degli idoli, 33, Newton

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tutto il romanzo»337. Iljuša, consumato dalla malattia, muore. Il giorno del funerale

il padre, Snegirëv, è accompagnato da Alëša e da tutti i giovani amici di Iljuša. Dal cuore della tristezza di questa situazione la speranza risorge grazie agli amici di Iljuša che, guidati da Alëša, possono iniziare a scoprire il senso della vita e della morte.

Signori, presto ci separeremo – dice Alëša ai ragazzi -. Stringiamo un patto qui, presso il macigno di Iljuša: che non ci dimenticheremo prima di tutto di Iljušečka,

e poi l’uno dell’altro […]. In nessun caso dobbiamo dimenticare di come siamo stati bene un tempo qui, tutti insieme, uniti da un sentimento così nobile e buono, che ha reso anche noi, per il periodo in cui abbiamo amato il povero ragazzo, migliori forse di quello che siamo in realtà338.

Qualsiasi situazione dovranno affrontare i giovani non potranno mai dimenticare la felicità sperimentata nell’essere stati uniti nel fare il bene. Il ricordo di una buona azione nel tempo non viene meno e da quello può dipendere la nostra salvezza. I ragazzi accolgono con entusiasmo il discorso di Aleksej e la sua esortazione all’amore. Simonetta Salvestroni paragona il discorso di Alëša al commiato di Cristo del Vangelo di Giovanni339: «Questo è il mio comandamento: che

vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati»340. L’amore ha come esito essenziale

l’unità. Alëša richiama i suoi amici a restare saldi nell’unità, nonostante li separi la

337 F. M. Dostoevskij, Epistolario, «lettera a Nikolaj Alekseevič Ljubimov, Pietroburgo, 29 aprile

1880», op. cit., p. 548.

338F. M. Dostoevskij, I fratelli Karamazov, op. cit., pp. 1060-1061. Nei taccuini lo stesso messaggio

di Alëša è così espresso: «Ricordate sempre quell’attimo quando piangeste. – Questo vi rimarrà per tutta la vita […] di attimi simili non ce n’è molti, ma ci salvano, ci salvano sempre» (F. M. Dostoevskij, I fratelli Karamazov e i taccuini, op. cit., p. 1338).

339 Cfr. S. Salvestroni, Dostoevskij e la Bibbia, op. cit., pp. 255-258. 340 Gv 15, 12.

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lontananza fisica. L’ultima parola di Cristo è proprio l’unità, per la quale Egli ha pregato e sofferto:

Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato. E la gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, perché siano come noi una cosa sola. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me […] perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro341.

L’esortazione di Cristo è il messaggio essenziale che Alëša lascia ai suoi giovani amici: «voi, ora, siete nella tristezza; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno vi potrà togliere la vostra gioia»342. L’ultima parola non è la

morte ma la risurrezione, anche ne I fratelli Karamazov. Kolja, il più legato ad Alëša, chiede a quest’ultimo:

«È vero che la religione dice che noi tutti risorgeremo dai morti e torneremo a vivere e ci rivedremo l’un l’altro, tutti, anche Iljuščka?»

«Senza dubbio risorgeremo, senza dubbio ci rivedremo e in gioia e letizia ci racconteremo l’un l’altro tutto il nostro passato», rispose Alëša sorridente e estasiato.

«Ah, come sarà bello!», sfuggì a Kolja343.

Così si ricongiungono l’epigrafe al romanzo e la conclusione. L’amore e la bellezza raggiungono la loro stabilità nella dimensione dell’eterno, ma già in questa vita l’uomo può iniziare a sperimentarle. La gioia e l’amore sono realtà di questa terra, benché l’uomo le viva in maniera limitata. Nell’eternità l’uomo si compie in maniera stabile e definitiva. Dostoevskij nelle lettere e nelle opere artistiche ritorna

341Gv 17, 21-26. Il corsivo è mio. 342Gv 16, 22-23.

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spesso sul problema dell’immortalità dell’anima quale dimensione più autentica dell’esistenza umana. «Se Dio esiste, allora anch’io sono immortale!»344, afferma

Stepan Trofimovične I demoni. L’epilogo dell’opera apre a un’esistenza nella quale

tutto può essere salvato e gli amici potranno incontrare nuovamente Iljuša e fare festa con lui.

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