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1 Introduzione

I fratelli Karamazov è il vertice della narrativa dostoevskijana. Esso è ilcapolavoro dello scrittore sia per la struttura artistica sia per la profondità dei temi presentati. In nessun’altra opera come in questo romanzo l’autoresi confronta e invita il lettore a misurarsi con gli interrogativi fondamentali della vita: Dio e l’ateismo, la lotta tra il bene e il male, la libertà dell’uomo, il peccato e la santità, la bellezza effimera e quella eterna, lo scontro tra la ragione euclidea e la via del cuore.

I fratelli Karamazov – scrive Fausto Malcovati –è uno straordinario viaggio iniziatico nei massimi problemi etici.

Ogni pagina ci parla della storia della sciagurata famiglia Karamazov e insieme ci chiede qual è per noi il senso della vita211.

Nel corso della sua esistenza l’uomo non può evitare il paragone con le questioni che Dostoevskij tratta nel suo capolavoro. È dalla posizione che si assume nei confronti degli interrogativi ultimi che dipende tutto l’assetto della persona, il valore che essa dà al tempo, agli affetti, al lavoro. Per tale ragione lo scrittore, polemizzando con chi lo accusa di non trattare temi di attualità, afferma di non conoscere «niente di più reale di questi temi»212.

211 F. Malcovati, Introduzione a Dostoevskij, op. cit., p. 130. Lo studioso scrive che non è tanto la

suspense a caratterizzare l’opera, «a questo Dostoevskij ci ha da tempo abituati. Sorprende invece, a una prima lettura e tanto più a ogni rilettura, la grandiosità e profondità del discorso morale» (ibidem).

212 F. M. Dostoevskij, Epistolario,«lettera a Nikolaj Alekseevič Ljubumov, Staraja Russa, 11 giugno

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Terminato L’adolescente, Dostoevskij riprende nel 1876 la pubblicazione del Diario di uno scrittore, non più come era accaduto a partire dal ’73 come rubrica all’interno del giornale «Il cittadino», ma come pubblicazione autonoma, di cui la moglie gestisce la contabilità e le spedizioni. Lo scopo della rivista è chiarito dall’autore in una lettera all’amico Solov’ëv:

Io non sono un cronista. Al contrario si tratta di un autentico diario, nel pieno senso della parola. Il resoconto, cioè, di ciò che mi ha personalmente interessato di più – c’è perfino del capriccio213.

Il fatto che gli argomenti trattati dal Diario seguano un criterio di preferenza personale è importante al fine di comprendere quali sono i pensieri e gli interessi che affollano la mente dello scrittore nel periodo che precede la stesura dell’ultimo romanzo. Nel Diario si trovano tante pagine dedicate ai bambini e alla loro infanzia violata, all’adolescenza, al suicidio e alle sue innumerevoli ragioni, alla difesa della Russia e alla sua ortodossia portatrice di salvezza. L’esposizione di questi temi trae continuamente spunto da fatti di cronaca. Fra questi il romanziere è particolarmente sensibile ai casi giudiziari. Tali questioni diverranno parte integrante dell’ultimo romanzo.

Nel numero di dicembre del 1877 egli annuncia ai lettori del Diario che la rivista sarà sospesa per un anno. Lo scrittore dice di volersi occupare «soltanto di un lavoro artistico che in questi due anni di pubblicazione del Diario si è andato quasi involontariamente preparando dentro di me»214.

Il 16 maggio 1879 il figlio Aleksej, colpito da una grave crisi epilettica, muore all’età di tre anni. Nell’ultimo periodo della vita di Dostoevskij assume particolare rilevanza l’amicizia con il giovane filosofo Vladimir Solov’ëv, col quale andrà in pellegrinaggio a Optina Pustyn’ a visitare lo starec Amvrosij. Egli, come ci

213Ibidem, «Pietroburgo, 11 gennaio ‘76», p. 442.

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testimonia la moglie, tornò molto pacificato da quel pellegrinaggio. Dall’incontro con lo starec egli ha tratto materiale prezioso per il suo romanzo. Nel capitolo terzo del secondo libro dal titolo «Contadine che hanno fede», Dostoevskij riporta la conversazione tra lo starec Zosima e una popolana a cui è morto il figliolo Alëša a soli tre anni.

Per la digressione sugli starcy, scritta da Aleksej Karamazov alla morte di Zosima, l’autore ha attinto dal Racconto delle peregrinazioni per la Russia, la Moldavia, la Turchia e la Terra Santa scritta dal monaco Parfenij.

Uno dei temi principali del romanzo nelle intenzioni dell’autore è esposto nella lettera del 16 marzo ’78 al pedagogo Vladimir Michajlov:

Ho ideato e presto comincerò un grande romanzo, nel quale, fra gli altri, avranno una parte notevole i bambini e precisamente quelli piccoli dai 7 ai 15 anni presso a poco. Vi saranno presentati molti bambini. Io li studio, li ho studiati tutta la vita, li amo molto e ne ho anch’io. Ma le osservazioni di un uomo come voi per me (lo capisco) saranno preziose215.

L’argomento è trattato con tutto il drammatico realismo di cui Dostoevskij è capace, come afferma egli stesso in una lettera:

Nel testo che ho mandato adesso, rappresento soltanto il carattere di uno dei personaggi principali del romanzo, che esprime le sue convinzioni fondamentali […]. Il mio eroe prende un tema, secondo me irrefutabile: l’insensatezza delle sofferenze dei bambini e ne deduce l’assurdità di tutta la realtà storica […]. Tutto ciò che dice il mio eroe, nel testo che vi ho spedito, è fondato sulla realtà. Tutti gli aneddoti relativi ai bambini, sono fatti avvenuti, stampati nei giornali e posso indicar dove – nulla è stato da me inventato216.

215 F. M. Dostoevskij, Epistolario, op. cit., p. 507.

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L’autore sostiene che gli attuali negatori di Dio hanno smesso di confutarlo a partire dalla scienza e dalla filosofia come era accaduto nel secolo precedente ai «socialisti attivi». Ora si è tesi «a negare con tutte le proprie forze la creazione divina, il mondo di Dio e il suo significato»217. Quello che il nostro autore esprime in queste

affermazioni trova corrispondenza nel pensiero di Friedrich Nietzsche. Ecco come si esprime in merito il filosofo tedesco:

L’onestà di Dio. Un Dio che sia onnisciente e onnipotente e che non si preoccupi nemmeno di far capire le sue intenzioni alle sue creature – sarebbe un Dio di bontà? Che lascia sussistere per millenni innumerevoli dubbi e perplessità, come se non fossero pregiudizievoli per la salvezza dell’umanità, e che d’altra parte fa però prevedere le conseguenze più terribili per ogni offesa recata alla verità? Non sarebbe un Dio crudele, se avesse la verità e potesse stare a guardare come l’umanità si tormenta disperatamente per essa? Ma forse è un Dio di bontà – e soltanto non si è potuto esprimere più chiaramente! Gliene mancava l’intelligenza? O l’eloquenza? Sarebbe ancora peggio! […] Non deve allora sopportare quasi le pene dell’inferno nel vedere che, per amore della conoscenza di Lui, le sue creature soffrono tanto e continueranno a soffrire ancora di più per tutta l’eternità, senza che Egli possa dare un consiglio o un aiuto, se non come un sordomuto che fa ogni sorta di segni ambigui quando sul suo figlio o sul suo cane incombe il pericolo più terribile?218

Le affermazioni di Nietzsche nel brano citato esprimono il cruccio che tormenta Ivan Karamazov. Per il filosofo tedesco l’assurdità della sofferenza umana è sufficiente ad attestare l’impossibilità dell’esistenza di Dio, la realtà è troppo assurda per essere frutto dell’intelligenza divina. Occorre invece comprendere come sia nata nell’uomo l’idea di Dio:

217Ibidem, «lettera a Konstantin Petrivič Pobedonoscev, Staraja Russa, 19 maggio 1879», p. 523.

218F. W. Nietzsche, Morgenröte, 91, in F. W. Nietzsche, Werke, vol. V3, op. cit., Berlin-New York

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Una volta si cercava di dimostrare che Dio non esiste, - oggi si mostra come è potuta nascere la credenza che Dio esista e da che cosa questa credenza ha ricevuto il suo peso e la sua importanza: con ciò una controprova della non esistenza di Dio diventa superflua219.

Ne consegue che se Dio è un impiccio inutile, l’umanità dovrà essere salvata non soltanto senza di Lui, ma essa dovrà essere difesa dalla stessa idea di Dio. L’obiezione del giovane Ivan Karamazov, secondo il quale è la stessa realtà a smentire l’idea di un Dio buono, trova una risposta nel libro sesto del romanzo, «Un monaco russo»220.

Il negatore contemporaneo – scrive Dostoevskij in una lettera -, cioè tra i più furibondi, si dichiara favorevole a ciò che consiglia il diavolo e afferma che ciò, per la felicità degli uomini, è più sicuro di Cristo221.

Sono queste le critiche che il Grande Inquisitore muove a Cristo, accusato di aver innalzato la natura umana ad un livello troppo alto rispetto alla sua reale condizione.

Per Dostoevskij invece Cristo ha svelato all’uomo la sua vera statura contro ogni violento «abbassamento dell’umanità allo stato di bestiame da gregge»222. Per

lo scrittore la verità che rende liberi chiarifica, facendo luce su aspetti profondi che altrimenti resterebbero impenetrabili223.

219Ibidem, 95; tr. it., p. 693.

220 F. M. Dostoevskij, Epistolario, «lettera a Konstantin Petrivič Pobedonoscev, Ems, 24 agosto-13

settembre ’79», op. cit., p. 539.

221Ibidem, «lettera a Nikolaj Alekseevič Ljubumov, Staraja Russa, 11 giugno ’79», p. 526. Il corsivo

è nel testo.

222Ibidem, «lettera a Nikolaj Alekseevič Ljubumov, Staraja Russa, 11 giugno ’79», p. 526.

223 Nel 1878, a proposito del nuovo romanzo, in un quaderno lo scrittore annota: «Vorrei mostrare

che Cristo è la meraviglia della storia, e che l’apparizione nell’umanità di un ideale siffatto, in questa umanità miserabile e vile, è un miracolo ancora più grande. Poi vorrei provare che di questa

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Le intenzioni dell’autore nello scrivere il romanzo vengono chiarite in una lettera:

Se mi riuscirà, farò una cosa buona: farò riconoscere che il cristiano puro, ideale, non è un’astrazione, ma una creatura concretamente reale, possibile, presente e che il cristianesimo è per la Terra Russa l’unico rifugio da tutti i suoi mali. […]. E il tema principale è tale, quale non è venuto in mente a nessuno degli attuali scrittori e poeti, vuol dire del tutto originale. Per esso è stato scritto il romanzo224.

La prima puntata dell’opera esce nel numero di gennaio 1879 sul «Messaggero russo». Col passare del tempo I fratelli Karamazov è accolto da un pubblico sempre più entusiasta. La fama di Dostoevskij cresce progressivamente fino al momento culminante in cui, l’8 giugno 1880, lo scrittore a Mosca pronuncia un discorso su Puškin in occasione dell’inaugurazione del monumento dedicato al poeta225. Al

termine dell’80 il romanzo, pubblicato in volume unico, è venduto in 1500 copie in pochi giorni. Divengono intanto sempre più precarie le condizioni di salute dello scrittore e cresce da parte sua la preoccupazione per i figli ancora piccoli. L’intenzione del romanziere, secondo quanto egli stesso esprime nella premessa al romanzo, è quella di proseguire la storia di Aleksej Karamazov in un secondo romanzo che racconti le vicende attuali dell’«eroe». Questo romanzo non è mai stato scritto. Dostoevskij è colto da morte improvvisa il 28 gennaio 1881.

figura morale di Cristo tutta l’umanità è vissuta come un albero delle sue radici, e che ne vivrà ancora per centinaia di anni»(cit. in P. Pascal, Dostoevskij: l’uomo e l’opera, op. cit., pp. 239-240).

224 F. M. Dostoevskij, Epistolario,«lettera a Nikolaj Alekseevič Ljubumov, Staraja Russa, 11 giugno

’79», op. cit., p. 527. Il corsivo è nel testo.

225La sera dello stesso giorno Dostoevskij racconta alla moglie il successo del suo discorso: «“Siete

il nostro santo, il nostro profeta!” “Profeta, profeta!” gridava la folla. Turgenev, su cui nel mio discorso ho detto una buona parola, mi si è buttato al collo con le lacrime agli occhi, Anenkov si è avvicinato per stringermi la mano e baciarmi sulla spalla: “Siete un genio, siete più che un genio!” mi hanno detto tutti e due» (ibidem, «8 giugno ’80», p. 603).

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