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Come formare insegnanti e presidi

Dovrebbe essere dedicata particolare attenzione alla formazione degli insegnanti, che in Polonia ha un orientamento più che altro accademico e non fornisce esperienza pratica di lavoro con gli alunni. Queste carenze sono ben illustrate dal confronto presentato qui di seguito.

“Nel sistema polacco, a differenza di quello tedesco, i futuri insegnanti di educazione alla cittadinanza ricevono una formazione molto inadeguata. L’attuale sistema di tirocinio in Polonia è ben lungi dall’essere soddisfacente. Il tirocinio nelle scuole è breve (alcuni mesi), non è retribuito e viene trattato come la proverbiale ruota di scorta dalle università, dai presidi e dagli stessi insegnanti che lo svolgono. Nella sua formula attuale, il programma di tirocinio non offre ai futuri insegnanti alcuna opportunità di familiarizzare con l’am-biente, la cultura e l’atmosfera scolastica, né con i problemi degli studenti. Piuttosto, l’in-segnante viene “testato” in termini di conoscenza dei metodi di insegnamento della spe-cifica materia… In Germania, il tirocinio comincia subito dopo la laurea e può durare anche fino a due anni; inoltre, il giovane insegnante gode di una notevole autonomia, deve assumersi specifiche responsabilità ed è retribuito. Tali condizioni nei programmi di ti-rocinio motivano e preparano i candidati alla professione impegnativa che sicuramente è l’insegnamento”.

Le carenze nella formazione pratica hanno gravi conseguenze, non solo in termini di edu-cazione alla cittadinanza, ma anche sulle attività di eduedu-cazione sociale e su tutte le atti-vità educative svolte quotidianamente nelle scuole.

demo-cratica all’interno degli istituti scolastici polacchi, i presidi e gli insegnanti devono essere convinti dell’idea, determinati a metterla in pratica e a sapere come questo possa essere fatto. Prepararli rimane una notevole sfida, in quanto è possibile farlo al meglio attraverso la pratica, piuttosto che la teoria. Le idee di una leadership meglio distribuita, di squa-dre di insegnanti e relativi leader, dell’aprirsi alla voce degli studenti stanno attualmente ottenendo maggiore attenzione e supporto, anche da parte delle autorità educative e dei programmi di formazione sul lavoro (ad es. “Leadership e Gestione nell’Istruzione – un progetto congiunto del Ministero dell’Istruzione e dell’Università Jagellonica).

Gli insegnanti responsabili dell’educazione sociale e alla cittadinanza necessitano di com-petenze molto specifiche, che non possono essere acquisite durante la formazione prece-dente all’impiego. Molti degli insegnanti di educazione alla cittadinanza sono storici che inconsapevolmente trasferiscono un modello adeguato all’insegnamento della storia alle lezioni di “conoscenza sulla società”, che richiedono in realtà maggiore interazione, par-tecipazione e dibattiti. Molti insegnanti polacchi (incidentalmente, non solo quelli che operano nel campo dell’educazione civica e sociale) temono di sollevare questioni difficili e controverse. Non sanno come moderare dibattiti aperti fra gli studenti, non sono inte-ressati alle pubbliche controversie e non si lasciano particolarmente coinvolgere nella vita sociale. Se le scuole devono diventare luoghi più civili e coinvolgenti, gli insegnanti do-vrebbero essere parte essenziale di questo cambiamento.

Tutti gli insegnanti hanno bisogno di un costante sostegno metodologico, che il sistema educativo polacco non fornisce, e le opportunità di formazione offerte dalle ONG non sod-disfano nemmeno una minima parte di tali bisogni.

L’educazione al fatto religioso - tradizioni e sfide

Le scuole polacche hanno una lunga tradizione di educazione religiosa. “Nel periodo fra le due guerre, nella Polonia orientale, un prete ortodosso, uno cattolico e un rabbino erano soliti giun-gere a scuola nello stesso momento; i bambini si dividevano in tre gruppi di dimensioni più o meno equivalenti e le lezioni di religione cominciavano. La scuola insegnava anche tolleranza e rispetto per le altre confessioni, le credenze dei compagni di scuola del bambino”, scrive un ex-Ministro dell’Istruzione, Katarzyna Hall.

Durante la seconda Repubblica di Polonia (1918–1939), la questione dell’educazione religiosa cattolica era regolamentata dal concordato fra la Polonia e il Vaticano del 1925. Nei primi anni della comunista Repubblica Popolare di Polonia, le lezioni di religione venivano ancora orga-nizzate, sebbene fossero state ridotte a una sola lezione a settimana e non fossero più obbli-gatorie. L’educazione religiosa venne infine eliminata dalle scuole nel 1961 – da allora, le le-zioni di religione poterono essere tenute da sacerdoti e insegnanti laici esclusivamente nelle parrocchie.

Dopo la caduta del comunismo e la conseguente trasformazione politica, la religione venne rein-trodotta nelle scuole, conformemente alle direttive emanate dal Ministro dell’Istruzione nel 1990 e successivamente confermate dal concordato fra la Polonia e il Vaticano del 1993. “Le

scuole primarie e secondarie e le scuole materne gestite dallo Stato e dalle amministrazioni lo-cali dovranno organizzare l’educazione religiosa conformemente alla volontà dei soggetti in-teressati, nell’ambito delle lezioni curriculari prescolari e scolari”.

La religione è una materia opzionale e in alternativa gli studenti possono scegliere di frequen-tare lezioni di etica; il bambino può partecipare a lezioni di religione, lezioni di etica, entrambe o nessuna delle due. Se lo studente non è maggiorenne, i genitori decidono se e quali lezioni frequenterà, mentre gli studenti già maggiorenni possono decidere autonomamente. Se-condo i dati del Ministero dell’Istruzione, le lezioni di etica sono organizzate nell’11% delle scuole; non ci sono dati sul numero degli studenti che scelgono rispettivamente le lezioni di religione e di etica. In più, non ci sono titoli specifici per i docenti di etica; nei primi gradi l’istruzione etica può essere insegnata da ogni docente e successivamente da docenti di scienze umane con un numero sufficiente di esami universitari di filosofia e di etica. E’ da notare che è il Capo d’I-stituto che decide chi tra i docenti ha i titoli migliori per insegnare etica.

L’educazione religiosa nelle mani delle autorità religiose

In base al concordato, i contenuti dell’educazione religiosa sono di esclusiva competenza della Chiesa: “Il piano di studi relativo all’educazione religiosa cattolica e i relativi libri di testo saranno redatti e scelti dalle autorità ecclesiastiche e comunicate all’autorità statale competente. Nelle questioni legate ai contenuti delle lezioni e all’educazione religiosa, gli insegnanti di religione sono soggetti ai regolamenti e alle direttive della Chiesa, in tutte le altre questioni ai regolamenti dello Stato”. (art. 12)

Il diritto all’educazione religiosa nelle scuole è inoltre sancito dall’art. 53(4) della Costituzione po-lacca: “La religione di una Chiesa o di altre associazioni religiose aventi un regolare status giu-ridico può essere materia di insegnamento scolastico, purché non vengano violate la libertà di coscienza e religione di altre persone”.

L’educazione religiosa è regolamentata nel dettaglio dall’art. 12 della Legge sul Sistema Edu-cativo. Le scuole pubbliche sono tenute a organizzare due lezioni di religione a settimana, men-tre gli istituti scolastici privati godono di una maggiore autonomia in termini di numero di ore. I sacerdoti e gli insegnanti laici o religiosi ricevono una regolare retribuzione per le lezioni da loro tenute, analogamente agli insegnanti di altre materie. I loro stipendi sono pagati dallo Stato , il che solleva proteste da parte di alcuni ambienti atei e liberali. Nell’indagine condotta da SW Re-search per la rivista Newsweek il 62% degli intervistati era contrario al finanziamento tramite il bilancio dello stato.

Il voto ottenuto in religione non è decisivo per essere ammessi alla classe successiva o agli esami finali, ma è incluso nella media dello studente (nel 2009 la Corte Costituzionale ha decretato che includerlo nel punteggio finale non viola le disposizioni della Costituzione polacca). Viene regi-strato nella pagella annuale dopo il voto in condotta, sebbene non venga specificato se lo stu-dente abbia preso parte alle lezioni di etica o a quelle di religione.

Garantire una libera scelta

IIl Comitato per i Diritti del Bambino ha denunciato nel 2002 limitate possibilità di scelta in rela-zione all’educarela-zione religiosa. La raccomandarela-zione di garantire libera scelta fra lezioni di religione

e le lezioni di etica è stata recepita con un decreto del Ministero dell’Istruzione solo nel 2014. Tale emendamento obbliga gli istituti scolastici a organizzare lezioni di etica e abroga il prece-dente requisito secondo cui dovevano esserci almeno tre studenti intenzionati a partecipare a tali lezioni. Le lezioni di etica devono essere tenute anche nel caso in cui vi sia una sola persona desiderosa di frequentarle, in ottemperanza alla sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo (caso Grzelak contro lo Stato Polacco).

La modifica alle normative renderà anche possibile organizzare lezioni di religione per studenti di confessioni e associazioni religiose minoritarie. Se meno di sette alunni desiderano frequen-tare le lezioni di religione o etica e la scuola non organizza proprie lezioni, queste potranno avere carattere interscolastico.

Il 1 Settembre 2014 è entrata in vigore un’ulteriore disposizione: i genitori (o gli studenti mag-giorenni) devono fornire una dichiarazione scritta che attesti che l’alunno frequenterà le lezioni di religione. Questa misura è stata introdotta per porre fine all’abitudine diffusa di considerare l’assenza di una dichiarazione come consenso informale. Le scuole devono anche offrire la pos-sibilità agli studenti che lo desiderano di frequentare lezioni sia di religione che di etica.

Consenso sociale e critiche

Le lezioni di religione a scuola godono di un vasto sostegno popolare. Nel 2007 (indagine CBOS), il 72% degli intervistati era a favore dell’organizzazione di lezioni di religione a scuola, mentre nel 1991 il dato corrispondente era del 50%. Nel 2007, il 24% era contrario a tale soluzione. Alla domanda quale opzione avrebbero scelto per i propri figli, il 50% dei polacchi ha risposto che i figli avrebbero frequentato le lezioni di religione, il 13% avrebbe preferito quelle di etica, men-tre il 26% ha indicato entrambe. I dati reali, tuttavia, sono differenti. Ad esempio, nel 2012, le lezioni di religione (cattolica) erano frequentate dal 98% dei bambini delle scuole primarie, il 96% di quelli delle scuole medie inferiori e il 91% degli studenti delle scuole superiori (dati forniti dalla Conferenza Episcopale). Nel 2014/2015, in seguito all’emendamento summenzionato, un mag-gior numero di studenti ha dichiarato la propria intenzione di frequentare le lezioni di etica. Le lezioni di religione a scuola sono criticate da alcuni genitori, esperti, e persino diversi intel-lettuali cattolici. Uno di questi, Andrzej Wielowieyski, ha affermato: “Sarebbe meglio che l’edu-cazione religiosa venisse fornita non nelle scuole, ma in una chiesa, in un ambiente religioso. Questo sarebbe adeguato al contenuto delle lezioni, che ha a che fare con valori, tradizione e atteggiamenti morali, mentre le scuole si concentrano sul trasferimento di conoscenza e com-petenze”.

Un punto ricorrente nei vari dibattiti è che la religione è diventata un’altra materia scolastica e che la sua scarsa qualità e la sua natura obsoleta non offrono alcuna profonda esperienza spi-rituale.

Le indagini più recenti sembrano suggerire che il diffuso sostegno sociale all’educazione religiosa nella sua forma attuale sia in declino. Nello studio condotto dall’Istituto per gli Affari Pubblici nel 2013, il 51% dei polacchi si è dichiarato a favore del mantenimento della religione nelle scuole, mentre il 43% ha sostenuto lo spostamento di tali lezioni nelle parrocchie.

Non vi sono ragioni per aspettarsi che le lezioni di religione tornino a essere svolte nelle parrocchie nel prossimo futuro; pertanto, dovremmo garantire che la libertà di coscienza e religione negli

istituti scolastici sancita dalla Costituzione venga rispettata, monitorando l’applicazione del re-golamento, che garantisce effettiva libertà di scelta agli studenti, la possibilità di frequentare le-zioni di religione e di etica e di avere a disposizione lele-zioni per piccoli gruppi di bambini di con-fessioni non cattoliche.

Cosa dovrebbero insegnare le lezioni di religione a scuola?

“La Chiesa in Polonia adempie alla sua responsabilità di predicare il Vangelo con modalità e in luo-ghi diversi”, recita la Guida catechetica della Chiesa cattolica in Polonia (2001). “Ciò può avve-nire all’interno della famiglia, in parrocchia, e anche a scuola … Tipicamente, a scuola gli studenti frequentanti dimostrano diversi gradi di interesse nei confronti del Vangelo e, di conseguenza, di-versi livelli di vita religiosa. Inoltre, molti bambini che frequentano le lezioni di religione non hanno ancora raggiunto la maturità prevista alla loro età. Questo rende difficile fare importanti scelte di vita e ostacola il lavoro degli insegnanti. Per questa ragione, l’educazione religiosa nelle scuole as-sume spesso la forma di evangelizzazione, mirata a suscitare interesse verso Gesù Cristo e la Sua Buona Novella, con meno enfasi sulla catechesi di origine cristiana”.

La Chiesa vuole che l’educazione religiosa assuma la funzione di antidoto alle “pericolose tendenze presenti nella vita culturale e sociale, diffuse dai mass media, che minano l’autorità educativa dei genitori e degli insegnanti nella formazione delle giovani generazioni e relativizzano i valori e prin-cipi tradizionali basati sul Vangelo, nonché il sistema di educazione cattolica da essi derivanti.