• Non ci sono risultati.

Gli obiettivi dell’educazione alla cittadinanza: imparare la democrazia

Premessa: le sfide dell’educazione alla cittadinanza

5. Gli obiettivi dell’educazione alla cittadinanza: imparare la democrazia

Nel corso degli ultimi anni, l’educazione alla cittadinanza ha vissuto un vero e proprio “ri-nascimento” come “educazione alla democrazia”. Attraverso i programmi scolastici, i piani di studio e diverse iniziative didattiche, l’importanza di questo settore è aumentata co-stantemente. L’obiettivo dell’educazione alla democrazia consiste nello stimolare l’inte-resse degli alunni alla partecipazione alla soluzione delle questioni sociali.

Le definizioni e le concezioni della democrazia sono cambiate nel tempo: dal vedere la de-mocrazia esclusivamente come forma di governo e sistema politico nel quale i cittadini hanno un ruolo in quanto elettori, si è passati a una visione della democrazia come forma di vita di cittadini attivi, istruiti e consapevoli. Molti educatori sottolineano che la de-mocrazia debba essere vista come una forma di convivenza. Il presupposto è che ciascuno dovrebbe poter usare attivamente determinate libertà politiche, che di tali libertà debbano ugualmente godere tutti i cittadini e che tutti i cittadini dovrebbero poter essere in grado

politica, ecc. Discorso analogo vale anche per la fondazione del partito liberale (Friedrich-Naumann-Stiftung), dei verdi (Heinrich-Böll-(Friedrich-Naumann-Stiftung), dei cristiano sociali bavaresi (Hanns-Seidel-Stiftung) e della sinistra (Rosa-Luxemburg-Stiftung). Nel complesso la formazione politica che passa attra-verso le fondazioni dei partiti tocca ogni anno ca. 400.000 persone. È difficile valutare quale sia la parte dei bilancio delle ingenti risorse a disposizione delle fondazioni politiche (nel complesso più di 2 miliardi e mezzo di Euro, in larga misura finanziate sul bilancio del governo federale) destinata all’educazione politica. Osservando il bilancio delle singole fondazioni e stimando che all’educa-zione politica sia destinato il 15% delle spese ne risulta comunque un ammontare di quasi 40 mi-lioni di Euro, tutt’altro che trascurabile.

Il panorama delle istituzioni che si occupano di educazione politica non sarebbe completo se non si ricordassero anche le fondazioni private. Tra le più di 20.000 fondazioni tedesche, alcune me-ritano di essere nominate per l’interesse che hanno manifestato sui temi dell’educazione politica (tra parentesi l’ammontare annuo delle risorse erogate per l’insieme dei progetti finanziati): Volkswagenstiftung (150 milioni di Euro), Robert Bosch-Stiftung (94 milioni), la Hertie Stiftung (26 milioni), la Hans-Böckler-Stiftung (58 milioni, emanazione del sindacato della DGB), la Körber Stif-tung (17 milioni) e la Bertelsmann StifStif-tung (62 milioni). In base ai dati dell’Associazione tra le fon-dazioni (www.stiftungen.org) le erogazioni per l’educazione e l’istruzione ammontano a ca. il 15 % di tutte le erogazioni, si può stimare quindi che le maggiori fondazioni private sostengano l’e-ducazione politica con non meno di 15 milioni di Euro all’anno.

Le informazioni e i dati raccolti, per quanto probabilmente piuttosto imprecisi e lacunosi, sono tut-tavia abbastanza eloquenti per documentare il grande impegno che in Germania lo stato federale, gli stati regionali, le scuole e il settore privato orientato al bene comune fanno per la “costruzione di cittadini democratici”. Certo, non tutti i paesi hanno avuto il nazionalsocialismo, la divisione do-vuta alla guerra fredda, il totalitarismo comunista in una parte cospicua del proprio territorio. Que-sto spiega perché il tema dell’educazione politica abbia richieQue-sto tanto impegno intellettuale, mo-rale e anche materiale. Un calcolo grossolano ci dice che l’investimento annuo complessivo non dovrebbe essere inferiore ai 300 milioni di Euro, escluso quanto rientra nel costo dell’istruzione sco-lastica.

di contribuire alla loro crescita ulteriore.

I sostenitori dei cosiddetti “approcci all’apprendimento democratico” evidenziano il fatto che non si può soltanto trattare degli aspetti legati alla cittadinanza in modo accademico, ma, piuttosto, che si debba sviluppare una nuova forma di educazione che consenta tanto ai bambini quanto agli adolescenti di affrontare questioni di vita reale. Serve un’educazione che sia rilevante per la società civile e riguardi i modi del vivere insieme. I sostenitori di questi approcci spesso partono dalla teoria pragmatica della democrazia di John Dewey in base alla quale la democrazia non è semplicemente una forma di ordinamento della so-cietà e di organizzazione istituzionale del potere, ma riguarda piuttosto i modi della con-vivenza nella vita quotidiana, nonché la cultura e il nostro stile di vita. L’educazione alla cittadinanza cerca di incoraggiare i giovani a partecipare attivamente alle questioni sociali e politiche.

Pertanto, un’educazione civica che parta da questi presupposti non può essere affrontata esclusivamente nelle singole materie scolastiche (che derivano da singole discipline acca-demiche), dal momento che è soprattutto una sfida e un’esperienza educativa che investe il sistema scolastico nel suo insieme: riguarda le lezioni, ma anche la vita scolastica e, al di fuori di questa, le comunità.

La promozione attiva della partecipazione dei cittadini alla vita pubblica si è sviluppata in un importante progetto di politica educativa a livello nazionale. Sono stati creati pro-grammi mirati a sostenere gli insegnanti e altri operatori del settore per promuovere la partecipazione attiva dei giovani. Le attività mirate all’educazione alla cittadinanza par-tecipativa nelle scuole sono promosse anche dall’Unione Europea, dal Consiglio d’Europa e da molti enti educativi statali e non. statali. I programmi per la partecipazione degli stu-denti mirano a favorire l’educazione alla cittadinanza mettendo in relazione le scuole e gli studenti con le varie comunità locali. Secondo la Risoluzione della Conferenza Permanente dei ministri dell’educazione del 6 marzo 2009, intitolata “Rafforzare l’Educazione alla De-mocrazia”, le scuole dovrebbero promuovere la partecipazione di alunni e studenti a tutti i livelli scolastici in istituzioni quali associazioni di volontariato. In base a quanto afferma la Commissione Europea, la cittadinanza deve essere promossa e sviluppata non solo nel senso giuridico del termine, ma anche incoraggiando il coinvolgimento reale delle per-sone nei processi democratici a qualsiasi livello: “L’azione nel settore dell’istruzione, della formazione e della gioventù offre un vettore privilegiato per la promozione di una partecipazione attiva alla vasta gamma di culture presenti in Europa” (Consiglio d’Eu-ropa, 2000).

Un punto di vista più critico sull’approccio della “cittadinanza attiva” evidenzia il suo ca-rattere piuttosto ambivalente. Si sostiene che soprattutto la filosofia partecipativa della UE e del Consiglio d’Europa sia basata su premesse troppo ottimistiche che presuppongono l’esistenza di un’armonia di fondo. Questo può condurre a formare democratici acritici e accomodanti, facilmente strumentalizzabili da parte dello Stato.

Come notato da alcuni critici, nell’approccio per una “cittadinanza attiva” le idee di fondo vengono spesso semplicemente date per scontate senza veri e propri fondamenti teorici. Di conseguenza, molti approcci si reggono su un terreno piuttosto instabile, fatto di

con-cezioni più o meno ambigue, e debolmente fondate. Come evidenziato da alcune voci cri-tiche, le insidie e i limiti della democrazia sono evidenti, ma non vengono tenuti in con-siderazione dai sostenitori del approccio alla cittadinanza attiva. Dopotutto, vi sono molti diversi modelli di democrazia, e tutti evidenziano problemi e dilemmi intrinseci legati alla partecipazione. Inoltre, le indagini empiriche condotte nelle democrazie euro-pee mostrano chiaramente i difetti dei regimi politici: le nuove democrazie godono di scarso sostegno politico e quelle più consolidate dell’Europa Occidentale presentano i tratti delle “post-democrazie”. In conclusione, studi teorici ed empirici evidenziano che gli in-segnanti e i ricercatori tendono a perseguire modelli di cittadinanza attiva in maniera troppo semplicistica. Gli educatori spesso parlano enfaticamente della democrazia come di una qualità positiva, giusta e armonica delle società europee.

L’impegno per promuovere la partecipazione tende a sostituirsi ad un’analisi distaccata delle nozioni base di partecipazione e democrazia, privilegiando visioni idealizzate e armoni-che della democrazia. Tuttavia, le controversie sono in realtà necessarie e costituiscono una caratteristica intrinseca della politica democratica e delle stesse prassi partecipative. Tutto ciò che è politico è per definizione controverso; la partecipazione politica può es-sere intesa come partecipazione alle controversie pubbliche, alla lotta per il potere e alle dispute sul riconoscimento o meno delle differenze. Inoltre, nell’evidenziare ciò che vi è di comune si nascondono le vere contrapposizioni politiche. La capacità di gestire conflitti di interesse, valori e orientamenti politici in modo produttivo e legittimo dovrebbe es-sere parte integrante del discorso intorno alle democrazie. La “logica” della politica de-mocratica è la competizione civile per trovare le soluzioni migliori lottando per il potere. Non si tratta di perseguire armonia e benessere, ma di fare emergere e mettere in discus-sione punti di vista impliciti, analizzandone le forze trainanti. Pertanto, l’educazione alla partecipazione nelle scuole, se trasformata in un mero progetto pedagogico senza fornire una reale comprensione dei meccanismi di potere e delle opportunità di intervento poli-tico, corre il rischio di contribuire alla banalizzazione della politica e alla spoliticizzazione dei cittadini, in particolare dei giovani. Le diverse forme di partecipazione sociale “ar-moniose” verso le quali gli studenti vengono incoraggiati potrebbero lasciare il posto al-l’analisi di “scenari più ampi” riguardanti le carenze strutturali che nelle scuole tendono invece ad essere rimosse. Il vero scopo di una reale partecipazione politica dovrebbe es-sere orientata agli interessi soggettivi dei cittadini, dovrebbe chiarire, ad esempio, “quali forme di partecipazione privilegino determinati interessi; se consentano il cambiamento; se contribuiscano all’esercizio effettivo del potere; se favoriscano la riflessione sul potere o sulla mancanza di potere che ogni cittadino sperimenta nelle diverse istituzioni e nei diversi contesti; e, ultimo, ma egualmente importante, se consentano la discussione su come il potere viene distribuito”.

Nel quadro di un approccio alla promozione del “cittadino consapevole” si deve inoltre tener conto del fatto che la soggettività degli allievi va al di là della maggior parte delle forme di partecipazione. Chi servono di fatto coloro che partecipano ai progetti di parte-cipazione?

Innanzitutto, gli studenti non vengono visti in genere come soggetti politici liberi di de-finire la propria partecipazione o non-partecipazione. Piuttosto, spesso ci si aspetta che

ac-quisiscano le conoscenze e le competenze considerate rilevanti “dall’alto”. In questo senso, la prassi educativa mira a rendere gli studenti capaci di soddisfare requisiti di par-tecipazione più o meno predefiniti e stabiliti dai portatori di interessi politici ed econo-mici (potenzialmente di parte). Raramente si trova un tipo di studente capace di assumere una posizione contraria agli obiettivi ufficiali della partecipazione politica e di formulare domande scomode relative alla distribuzione del potere e al suo impatto sulle attività par-tecipative del soggetto stesso. C’è chi vede le politiche educative in Europa come derivanti da governi insoddisfatti del livello partecipativo dei propri cittadini. Si sostiene pertanto che la responsabilità delle debolezze delle democrazie esistenti venga strategicamente ri-baltata sui cittadini. Si ritiene quindi che questo concetto di Educazione alla Cittadinanza implichi una razionalità funzionalista, in quanto i giovani vengono strumentalizzati come risorsa per il sistema politico: idealmente, si afferma, gli studenti dovrebbero essere profondamente coinvolti nell’affrontare la diversità delle opinioni e le controversie e, per-tanto, essere coinvolti personalmente nel quadro del pluralismo, nelle controversie e nelle discussioni in classe.

6. Approcci all’apprendimento: mettere lo studente al primo posto (“cittadinanza consapevole”)