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2.2 La funzione sociale dei sistemi format

2.2.1 Il funzionalismo tecnico

La teoria tecnico-funzionale attribuisce grande importanza all’educazione nel processo di modernizzazione e nella stratificazione sociale. Il crescente peso dell’educazione è considerato il risultato sia delle modificazioni lavorative prodotte dalla rivoluzione industriale, soprattutto nell’ambito della tecnologia e dell’automazione, sia dello sviluppo delle grandi imprese produttive. Queste trasformazioni della società, secondo la teoria tecnico-funzionale, richiederebbero sempre maggiori capacità professionali ed un numero sempre più elevato di lavoratori altamente qualificati: ecco perché le esigenze educative da parte del mondo del lavoro tenderebbero ad aumentare. In questa prospettiva, l’industrializzazione produrrebbe società più aperte e democratiche e l’educazione sarebbe un mezzo effettivo di selezione, ma anche di mobilità sociale. Esiste, quindi, una “logica dell’industrializzazione” per cui questo processo avrebbe caratteristiche universali: la mano d’opera e l’educazione subiscono modificazioni analoghe come conseguenza di un processo comune. Però, siccome spetta alla élite

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di ciascun paese condurre il processo di sviluppo, l’industrializzazione acquisirà caratteristiche diverse a seconda del gruppo dirigente32.

Si possono così sintetizzare le proposizioni teoriche di base del funzionalismo tecnico: a) il cambiamento tecnologico necessita di sempre maggiori abilità lavorative, perciò aumenta la proporzione di lavori che richiedono alti livelli di qualificazione e lo stesso livello di capacità richiesto in generale ai lavoratori si accresce; b) l’aumentato bisogno di abilità produce, da parte degli imprenditori, una maggiore domanda di educazione, per cui si verifica un prolungamento della scolarizzazione ed un aumento degli studenti; c) le maggiori esigenze educative producono il netto prevalere della acquisizione sull’ascrizione, con il realizzarsi di società basate sul merito33.

Si può dire quindi che la prospettiva tecno-funzionalista vede le moderne società occidentali caratterizzate da tre aspetti fondamentali: la meritocrazia, la competenza e la democrazia. Si tratta di una visione che ha alla base una importante, ma anche largamente criticata, concezione della stratificazione sociale: quella di Davis e Moore34. La teoria di questi due autori può essere riassunta in questo modo: a) in tutte le società vi sono delle posizioni funzionalmente più importanti delle altre che, per essere adeguatamente occupate, necessitano di particolari capacità; b) in ciascuna società solo alcuni individui possiedono tali capacità, che però poi debbono essere trasformate nelle competenze indispensabili per le posizioni più importanti; c) la trasformazione delle capacità in competenze può essere realizzata solo grazie ad un periodo di preparazione che impone, a quanti vi si sottopongono, vari tipi di sacrifici; d) per poter invogliare gli individui dotati a sostenere tali sacrifici, occorrono degli incentivi, cioè bisogna che a quelle posizioni più importanti corrispondano maggiori compensi, che possono essere di natura monetaria ma riguardano anche il prestigio e le possibilità di fruizione del

32 C. Kerr (e altri), “Industrialism and Industrial Man: The Problems of Labor and Management”, in

Economic Growth, Oxford University Press, New York 1960.

33 R. Collins, “Istruzione e stratificazione: teoria funzionalista e teoria del conflitto”, in M. Barbagli

(a cura di), Istruzione, legittimazione e conflitto, il Mulino, Bologna 1972, pp. 113-120.

34 K. Davis, W.E. Moore, “Alcuni principi della teoria della stratificazione”, in R. Bendix, S. M.

tempo libero; e) questa necessità di ricompense diversificate produce una differenziazione sociale in termini di stratificazione, per cui in tutte le società una scala sociale è inevitabile proprio perché funzionale all’efficienza della società stessa.

La concezione tecno-funzionalista coesiste facilmente, dunque, con un’ansia egualitaria: in una società basata sulla conoscenza e la competenza, per cui si presume la possibilità di un’espansione senza limiti dei sistemi formativi, le diseguaglianze di fronte all’educazione diventano inaccettabili, non solo dal punto di vista dell’equità, ma anche e soprattutto dal punto di vista della produttività sociale, perché presumono uno spreco di “risorse umane”, una mancata utilizzazione di “talenti potenziali”.

Quello che però deve essere rilevato, nel generale ottimismo di questa impostazione, è il fatto che le diseguaglianze vengono viste più come fatti residuali, che il progresso dovrebbe man mano eliminare, che come fatti funzionali, cioè necessari al buon andamento della società, o fatti strutturali, cioè caratteristiche inerenti al tipo di società. Ogni individuo infatti viene visto come portatore di determinate capacità e attitudini di origine naturale, che si pensa rimangano relativamente costanti: sono i “doni” o “talenti” del pensiero pedagogico conservatore. Di conseguenza i cambiamenti della scuola dovrebbero basarsi sulla eliminazione degli ostacoli di natura socio-culturale ed economica che impediscono lo sviluppo degli individui dotati di talento ma di origine sociale modesta.

Man mano però che le ricerche dimostrano l’insuccesso delle politiche educative rivolte a sviluppare l’uguaglianza di opportunità, come, ad esempio, il Rapporto Coleman35 negli Stati Uniti e il Rapporto Plowden36 in Gran Bretagna, si comincia ad abbandonare l’interpretazione biologistica dell’insuccesso scolastico. In

35

J. S. Coleman (et al.), Equality of Educational Opportunity, U.S. Government Printing Office, Washington 1966.

36 The Plowden Report, Children and their Primary Schools. A Report of the Central Advisory

particolare si sviluppa una linea di ricerca, denominata “aritmetica politica”37 che si preoccupa di analizzare a fondo la relazione esistente fra origine sociale e possibilità di accesso ai diversi livelli del sistema scolastico, con particolare attenzione alle probabilità di successo. Si comincia quindi a manifestare un maggior realismo, rispetto all’ottimismo meritocratico del tecno-funzionalismo, che evidenzia la situazione sistematicamente sfavorita degli individui appartenenti alle categorie sociali subordinate.