vedere inquella grotta. Il.mistero plato-nico senza che io aspiegarvelora’ aliati-chi giàda per voi comprendete osignori L’animaèl’
uomo
;lagrottaè la corpo-ralitàelamateria:lecreature,sono1’ om-bre, allequali1’animanelcorpostarivol-, ta.Le
cose,chele'passanodietro,sonol’idee,sonolecose intelligibilie spiritua-lieimmateriali, sono Iddio;lequalied ilquale ravviserà,
quaudo
ellaoin que-stavita pervia dimorte spiritualesi se-pareràda questecreature e aDio
si vol-gerà,oalloraperfettamente,quando
sciol-tada’legamidel <?orpo,che la trattengo-no, volerànella’sua propria beataregione.Ahi
,diràallora, quantoeraioscioccae semplicettaed ingannata!
come
sapevaio nulla! che immersa nell’ombre non
ri-guardava la verità, riputava cosa* stabile esodaciò,. che andava in- volta rapito continuamentedal fiumeeda’ vortici del-lagenerazione,eappenami
poteva imma-ginareche cifossealtro, ilquale,eter-no
esempre d’una manierastàjjdo,sipo-w chiamare c fosseveraceunicoesoloii4
essere. L’anima immersa nella‘materia perdelealisue, le qualiagran penae con
un
doloremisto al diletto, alcaldo de’ bei desii va rimettendoper rivelare,
donde
discese•,come
inmanierasublimee da par suo va discendendonel'Fedro
il gran Socrate.11conoscereadunque
la na-turadell’animarazionale,la qualesecon-do
Platoneè tutta1’essenza deli’uomo
, e checosaper conseguentelesi convenga è malagevolissimostatosempre,ene possono fareampia
fede le variee tra lorodiscor**dantiopinioni de’filosofi,chechi nella
ma-teriachi nell’acqùiT chi* nell’ aere chinel d*fuocochi nellamisturade’quattro elementi
l’hapostaequalenell’armoniaeconsonan»
zamusicale;eviebbechi^perdisegnarla trovò
un nuovo
vocabolo,cioè entelechia o endelechia,
cioècontinuo
moto,
o atto compiuto.£
perisquisitamenteconoscerla ladi mestieri,come
osserva Ciceronenel libro V.de
ftnibus,l’entrare colpensiero nellanaturadell’universo,e deesivedere’
a
fondo ciò, che essa natura addoman-di;altramente conoscerenon
possiamo noiDigilizedbyCoogle
4
stessi.
Non
fiadunque
maravigliao si-gnor!sequel mollo tanto famosodel co-noscitestessoattribuitoda alcuniaSolo-ne
ateniese daaltri a Chilone spartano Platoneattribuivaaquello iddiomedesi-mo
,nelricettoovestibolodel tempio del qualeinuna
colonnascolpilo eglisi leg-geva, cioè d*Apollo iddio niusico c sa-piente; qualificandolo per forinola e ma-nieradi favellaredivina»mentrelo fa es-sere ilsalutopropriodiPio
agliuomini: nhe, dove questi 1’un
1’altro salutandosi tìdicono godete,stateallegra-mente
;IddiodicayvwOt««utsv; conosce-tevi j e lointerpetrachesia lostessoche ildireowjjpovst,cioèsiate sobriisiatemo*
deratisiate temperantiosservate prudenza guardate senno,Bel saluto,colquale ac-coglieIddiochi lovienea visitare alsuo tempio e col quale altresì licenzia chi appressofattelepreghiere^si parte;
quod praeceptum
(dice Tullionelluogo soprac-citato )quiamaius
erat,quatnab
homi-ne videretur,idcircoassignatumestDeo\
enoq, spttteaza d’
uomo
ituaoracolo divioo>
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mcriievolmenrefiìriputalòj ({oasi (joestil parola pienadicosi allo sentimento
non
fosseda
esseremessainmaizo, dicliiamd cosi,ed
incombuttocollealWedegli an-tichi savidiGrecia* che si misefoinsie-me
,contribuendo ciaschedunoilsuo mot-tomorale,ma
appartengaaDio
medesi-mo
soloe vero savio. In ordine a che Giuvenalenella satira ii. la fa discende-redal cielo elapredica,come
cosa,di-remmo
noi,venutadiparadiso...E
coelo dcscendityvsòOiffjavrivFii’cndum,etme-mori
Iractandum pectore,sireConiugium
quaeras,vel sacriinpartesenatusEsse
velis ...E
poco appresso..teconsule:die tibi quissis.
E
di questoconoscimento disemedesimo
Solone presso Ausonio:Labor
molestus iste fructi est optimi:Quid
ferrepossis,quidvenon
, dignosce-re.Noctu diuquequae
geras, qiiae gesse-ris,Adusque
puncti tennis-instar quae-rere,. L’ esaminare le sue azioni e tutto sestesso riconoscere adun
puntinonon
è impresa leggera nè ordinaria.E
l’a-Bior^proprio onuchcra molto le ^ose eDigitizedbyGoogle
ilisingandocicitradisce ec’Inganna.Ilche
non
avvienenella cognizione degli altri}clic
,quantunquegliuominisisienofatta famigliareedomestica, anzi connaturale, una certasimulazione, pureachibenevi fìssa'I’occhioegliriguarda,
non
sonoco*sìincognitinecosì oscuri} clapraticae
r
osservazione ce gli discuoprc.E
noi chesì corto veggiamo nelle cose nostre, neglialtruifattiene’pensieriancora pos*segghiarao
un
occhiocervieroescorghiamo acutissimamente. Finodaicennidaimoti dall’andareedalgovernareedellavitae degliocchiindoviniamosoventel’interno;efacendo, censoriaccortissimi,sulle
ma*
nicreesuiportamentidel
compagno
per cosìdirecontinuamenteilprocesso,diamo
soprailsuo carattere dicostume esopra laqualitàdell’uomo
, oalmeno possiamo dare, assai aggiustata sentenza} laddove noi, chemai danoi medesimi noncial*lunghiamo,siamo,
come un lume
nelle tenebre, col qualesivede ciò, eh’è al-l’intorno e lontano,ma
chiloharestaal buie.È
curiosa, quantoesser
può mai
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