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5. La Hightech Economy: caratteri e conseguenze delle trasformazioni digital

5.3. Il futuro del lavoro

I processi di digitalizzazione esercitano una considerevole influenza sia sulle prospettive occupazionali sia sulle competenze richieste dal mercato del lavoro. Sebbene sia difficile valutare l’impatto delle nuove tecnologie  

9 Esponenti del Dipartimento sociale di Chicago Robert E. Park (1864-1944) e E. W. Bur-

gess fondarono l’ecologia umana, da cui ha avuto inizio la sociologia urbana, il comportamen- to collettivo e i rapporti tra le diverse etnie. Al centro dei loro studi i processi d’inserimento degli immigrati nelle città e l’uso dello spazio urbano. Essi dimostrarono come tali fenomeni siano interessati da una dinamica incessante, come del resto ancora oggi è dato riscontrare nelle nostre città nei quartieri che accolgono persone provenienti da altri paesi e da altre culture.

sulla produttività e il conseguente andamento del mercato del lavoro (IMF - Group of Twenty 2018) nel corso del tempo sono state prodotte varie stime, anche divergenti tra loro, sugli effetti che il processo di digitalizzazione possa avere sui volumi occupazionali.

Un primo gruppo di opinioni è ottimista e prevede un aumento dell’oc- cupazione. Spath et al. (2013), riferendosi al caso tedesco, considerano la digitalizzazione in grado di aumentare l’occupazione. Secondo l’analisi del Boston Consulting Group, l’impatto di Industria 4.0 consentirà di far cre- scere l’occupazione in Germania del 6% entro il 2025 (BCG 2015, p. 8). In Giappone l’introduzione dell’automazione ha generato una crescita di pro- duttività, di posti di lavoro e un incremento nelle retribuzioni (Schneider et al. 2018).

Altri autori ritengono invece che le tecnologie digitali causeranno la di- soccupazione per il fatto che la digitalizzazione sostituirà la forza lavoro umana. In proposito vasta eco ha avuto lo studio di Frey e Osborne (2013). Secondo questi studiosi, in America circa la metà dei posti di lavoro attuali andrà persa a causa dell’automazione10. Anche Brynjolfsson e McAfee

(2015) si attestano su posizioni analoghe. Ancora: Hawksworth et al. (2018) stimano che nei paesi avanzati ca. il 30% degli attuali impieghi pos- sano essere sostituiti dall’automazione.

Un terzo gruppo di ricercatori considera invece la possibilità della com- pensazione professionale tra vecchi e nuovi posti di lavoro. A fronte della perdita delle vecchie occupazioni si avrà un guadagno di nuovi lavori digi- tali, alcuni dei quali al momento non ancora emersi. Il WEF (2016, p. 13) considera in generale una perdita di oltre 5 milioni di posti di lavoro. Que- sto dato è al netto della perdita totale di 7 milioni di posti di lavoro, cui su- bentra una compensazione legata a nuove occupazioni che però ammonterà solo di due milioni11.

Nel discutere della perdita ovvero della compensazione dei posti di la- voro, anziché fornire cifre generiche è opportuno considerarne la natura e i settori nei quali sono incardinati. È quello che fanno Arntz et al. (2016). Essi considerano l’impatto tecnologico sui volumi occupazionali in maniera articolata. Essi partono dal presupposto che questo tipo di valutazione si  

10 «According to our estimate, 47 percent of total US employment is in the high-risk cat-

egory, meaning that associated occupations are potentially automatable over some unspeci- fied number of years, perhaps a decade or two», Frey, Osborne 2013, p. 38; in senso critico cfr. anche Pfeiffer, Suphan 2015; Itterman et al. 2015, p. 41.

11 «Current trends could lead to a net employment impact of more than 5.1 million jobs lost

to disruptive labour market changes over the period 2015–2020, with a total loss of 7.1 million jobs — two thirds of which are concentrated in the Office and Administrative job family — and a total gain of 2 million jobs, in several smaller job families», WEF 2016, p. 13.

debba prendere in considerazione la qualità del lavoro. In altri termini, la natura e il livello della qualifica coinvolta nel processo di digitalizzazione  e il suo potenziale rischio di sostituzione con l’automazione  è rilevante. Arntz e colleghi mostrano nella loro ricerca che l’impatto più profondo si avrebbe sui lavoratori poco qualificati, poiché i compiti che essi svolgono sono facili da automatizzare. Allo stesso tempo, i lavoratori altamente qua- lificati, con un alto livello di istruzione non sarebbero a rischio di essere di- soccupati, perché i loro posti di lavoro non possono essere sostituiti da macchine. Come mostra la Figura 5.2, esiste una stretta correlazione tra li- vello di istruzione e automatizzazione dei lavori.

Sulla stessa lunghezza d’onda anche Pfeiffer e Suphan (2015). Esse ri- tengono che comprendere l’andamento dell’occupazione a seguito delle tra- sformazioni indotte da Industria 4.0 è assai complesso e che i confronti in- ternazionali sono difficili se non fuorvianti. Le autrici dimostrano che ben il 71% degli occupati in Germania svolge mansioni complesse e che l’espe- rienza del lavoratore è fondamentale. Essa funge da «risorsa dinamica» e va considerata come «capitale lavorativo personale». La duttilità dei lavorato- ri, pertanto, è la chiave per contenere la perdita di posti di lavoro. Inoltre il coinvolgimento e la partecipazione dei lavoratori facilitano il processo di transizione a Industria 4.0. Maestranze qualificate, osservano Windelband e Dworschak (2015), in campi come la manutenzione e la robotica leggera, sono l’unica possibilità per l’uomo di determinare i processi di lavoro (Siepmann 2016, p. 23), anziché ritrovarsi in una  parafrasando Weber  gabbia cyber-fisica.

A livello macroeconomico, queste argomentazioni significano che i pae- si con una forza lavoro poco professionalizzata e di difficile riqualificazio- ne potrebbero in un futuro prossimo andare incontro a un drammatico au- mento della disoccupazione e al corollario di conseguenze sociali che un tale scenario del mercato del lavoro comporta. La transizione all’economia digitale va intesa come un passaggio che sfrutta l’automazione e potenzia le capacità della forza-lavoro (from automation to augmentation), ne migliora la resa e le modalità di erogazione della prestazione12. Per questa ragione il

World Economic Forum (WEF 2018, pp. 12-14) considera fondamentale attrezzare la forza lavoro in maniera conveniente ed esorta a un reskilling

imperative, peraltro in tempi brevi, entro il 2022.

 

12 «The rise of workplace automation in its many forms has the potential to vastly im-

prove productivity and augment the work of human employees. Automation technology can help remove the burden of repetitive administrative work and enable employees to focus on solving more complex issues while reducing the risk of error, allowing them to focus on value-added tasks», WEF 2018, pp. 10ss.

Fig. 5.2 - L a vor a tori a risch io di automazione in base al tito lo d i studio Fonte : Arntz et al. 2016, p. 20.

Come già osservato fin qui, le innovazioni tecnologiche richiederanno una forza lavoro opportunamente preparata, agile e in grado di interagire con le nuove tecnologie. Questo è l’unico modo per garantire i livelli occu- pazionali e far sì che i lavoratori beneficino dell’innovazione tecnologica tanto in termini retributivi quanto sotto il profilo della qualità del lavoro svolto (Bianco 2018a).

Relativamente alle prospettive circa le professionalità richieste, il World Economic Forum (WEF 2016, p. 11) distingue le diverse famiglie di occu- pazioni, prevedendo l’andamento per ciascuna di esse. Il WEF considera in forte crescita le occupazioni legate all’ambito dell’architettura, dell’inge- gneria, dell’informatica e della matematica; un declino moderato per quelle del settore della produzione (intesa in senso lato) e un significativo calo dei ruoli generici nel comparto amministrativo. Questi andamenti si riverbere- ranno sull’occupazione nel periodo 2015-2020 con un andamento di tipo numerico che è stato variamente calcolato.

Più di recente il WEF (2018) ha stimato che le professioni emergenti en- tro il 2022 cresceranno dall’odierno 16% al 27% e che quelle che decline- ranno passeranno dall’attuale 31% al 21%. Si assisterebbe dunque ad un bilanciamento tra posti di lavoro che si perderanno e posti di lavoro nuovi che verranno creati. Queste prospettive positive, se non ottimistiche13 val-

gono soprattutto per le grandi imprese e saranno realizzabili se la forza la- voro verrà opportunamente preparata ai cambiamenti tecnologici e si adat- terà ai nuovi ruoli e alle nuove modalità di erogazione delle prestazioni la- vorative: riduzione del tempo pieno, maggior impiego di figure professio- nali specifiche, impieghi per obiettivi, basati su progetti e dunque non più legati a una sola azienda o a determinati luoghi di lavoro.

Per quanto riguarda i profili professionali, si espanderanno non solo quelli di tipo tecnico  Data Analysts e Data Scientists, sviluppatori di soft- ware e di app, specialisti in Ecommerce e di Social Media, esperti in intel- ligenza artificiale e di Machine Learning, nonché specialisti di Big Data, esperti in sicurezza informatica e in interazione uomo-macchina  ma an- che quelli caratterizzati da elevate competenze relazionali da impiegare nei servizi di vendita e assistenza clienti, nel marketing, nella formazione pro- fessionale, nell’ambito dell’innovazione.

Oltre alle occupazioni compresi i profili di alta qualificazione

,

come i manager o gli specialisti in risorse umane

,

vanno menzionate anche quelle di derivazione per così dire umanistica: si tratta di profili che consentiranno lo sviluppo delle capacità di apprendimento (WEF 2018, p. 9, tabella 3).  

13 «One of these indicates that 75 million jobs may be displaced by the above trends,

Queste ultime infatti, come ci apprestiamo a esaminare, favoriranno quelle attitudini relazionali di cui il mercato del lavoro digitale non potrà essere sprovvisto.