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Capitolo I. Aspetto, origine, genealogia delle sirene

3. Genealogia delle sirene

Per quanto resti fuori da ogni dubbio l’identità divina delle sirene, sia per gli attributi che vengono loro riferiti nel racconto omerico, sia per i poteri di cui sono dotate, rimane insoluta la questione della discendenza, di cui non si fa menzione. Come ogni creatura appartenente al mito, la sirena assume diversi connotati e la sua storia viene rinarrata a seconda della volontà dell’autore, e così anche le sue origini e la sua discendenza variano concordemente con l’ambito narrativo e le finalità artistiche; va quindi tenuto presente che le testimonianze relative alla genealogia si presentano come molteplici, e ciascuna delle opzioni prese in considerazione va circoscritta allo specifico caso preso in esame.

La discendenza delle sirene viene menzionata nei tragici: in Sofocle vengono dette «figlie di Forco», Φόρκου κόρας, e che «cantano i canti dell’Ade»,

Θροοῦντε τοὺς Ἅιδου νόμους (Soph. fr. 861 Radt); vengono anche citate nell’Elena di Euripide, presenti tra le divinità oltremondane che la protagonista invoca durante il lamento sulla tomba del defunto Proteo, Πτεροφόροι νεάνιδες, παρθένοι Χθονὸς κόραι Σειρῆνες, qui citate come «figlie della Terra», «vergini» e «alate» (Eur. El. 167-169. In entrambi la loro presenza è associata all’ambito della morte fisica: Sofocle le rappresenta come creature dell’oltretomba, mentre Euripide le contestualizza come divinità che appaiono invocate da un inno, parallelamente al responso che la dea Persefone invia ad Elena; ad essere sottolineata è l’idea che le sirene possano essere demoni oltremondani, la cui funzione nel testo non viene specificata oltre la loro risposta concorde ai lamenti dell’eroina.31

31 Le sirene giungono da Elena portando Λίβυν λωτὸν ἢ σύριγγας ἢ φόρμιγγας, a ribadire la

dimensione del canto insieme con il loro statuto di divinità infernali; in questo caso però il canto non viene a stregare ed ammaliare, ma suona concorde con i pianti della protagonista. Ad ulteriore richiamo della vicinanza delle sirene con l’Ade, nel testo euripideo viene specificato come sopra la tomba di Proteo sia fisicamente presenti raffigurazioni di sirene musicanti; in alcuni casi statue delle sirene venivano poste sui monumenti funebri, nell’atto di imporre corona

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Nei due casi citati si fa riferimento ad uno solo dei genitori, Forco per Sofocle e la Terra (o Gaia) per Euripide; il primo è una divinità marina che viene associata con le profondità abissali, e che successivamente nella mitologia latina viene identificata con l’oltretomba e prende il nome di Orco;32 la seconda è invece uno

dei primi elementi comparsi nel cosmo greco, che nella Teogonia esiodea viene detta madre di innumerevoli creature mitologiche (genera Urano, i monti e il mare; e unendosi ad Urano dà vita ai titani; quindi i ciclopi e i centimani), tra le quali anche il già citato Forco, figlio della Terra e di Ponto (Hes. 126-153; 233- 239). Va considerato che le sirene sarebbero dunque discendenti della Terra in entrambi i casi, in uno per via indiretta (sebbene nella Teogonia non vi sia traccia delle sirene tra la progenie di Forco, Hes. 270-336), mentre nel secondo come dirette discendenti; possiamo immagine che Euripide le consideri tali in virtù della stirpe di esseri mostruosi messa al mondo dalla Terra, così come Sofocle le annovera tra la genia di mostri di Forco per lo stesso motivo.

Nelle Argonautiche di Apollonio Rodio si fa riferimento invece ad Acheloo e a Tersicore come genitori, Ἀχελωίδες…τὰς μὲν ἄρ᾽ εὐειδὴς Ἀχελωίῳ εὐνηθεῖσα γείνατο Τερψιχόρη, Μουσέων μία (Apoll. IV 893; 895-896); il padre è una divinità fluviale che compare anche nei racconti riguardanti Eracle: innamoratosi di Deianira, Acheloo sfida l’eroe assumendo le sembianze di toro, oppure di uomo con testa taurina (sebbene l’iconografia a lui legata lo rappresenti anche come tritone o centauro marino), viene sconfitto dall’eroe che gli strappa un corno, barattato poi dal dio con una delle corna della capra Amaltea;33 la madre

invece è una delle muse.34

e rami di loto sul capo dei beati, vedi EURIPIDE, Tragedie, a cura di Olimpia Musso, vol. 3, Torino, UTET 2001, p. 195, n. 25

32 Graves, p. 115

33 Per la leggenda di Acheloo, vedi K. Kerenyi, Gli dei e gli eroi della Grecia, trad. ita. di Vanda

Tedeschi, Milano, Il Saggiatore, 1963, p. 193; Soph. Tr. 10. Kerenyi riporta una delle possibili varianti del mito, secondo la quale le sirene nascono proprio dal sangue di Acheloo ferito da Eracle.

34 Tersicore è una delle nove muse, figlie di Zeus e Mnemosine; i loro nomi sono riportati da

Esiodo nella Teogonia, ai vv. 75-79; la musa Calliope è considerata la più importante di tutto il gruppo.

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Alla versione proposta da Apollonio si rifanno anche Apollodoro e Igino, che descrivono le sirene come figlie di Acheloo e di una musa, in questo caso

Melpomene, αἱ δὲ Σειρῆνες ἦσαν Ἀχελῴου καὶ Μελπομένης μιᾶς τῶν Μουσῶν θυγατέρες; Sirenes Acheloi fluminis et Melpomenes Musae35 (in parte la

Biblioteca di Apollodoro si contraddice, perché in I 7, 10, 63 le aveva dette figlie

di Acheloo, e di Sterope, figlia di Portaone36); l’idea che un’altra musa possa

essere la madre delle sirene non sposta particolarmente il significato di questa scelta da parte della tradizione, che si basa soprattutto sull’idea che il canto delle sirene abbia origine dalla madre.37 Ugualmente gli scoliasti riportano entrambe le

varianti relative ai genitori, indicandole come «figlie di Acheloo e di Sterope, figlia di Portaone, (...) di Acheloo e di Tersicore, una delle muse (…)»,

riprendendo molto probabilmente dalla precedente tradizione che vede le loro caratteristiche principali derivanti dalle peculiarità dei genitori: da un lato l’appartenenza alla sfera marina e la fisiologia ibrida tra uomo e animale

(derivata dalla capacità di mutare forma di Acheloo), dall’altra l’abilità nel canto ereditata dalle muse. Proprio sulle muse la tradizione discorda in più di un caso, perché se è vero che in buona parte delle fonti le sirene sono citate come loro figlie, molto spesso i racconti della tradizione le vedono contrapposte ad esse in gare canore, contraddicendo il rapporto genitoriale che le legherebbe: tale connessione tra sirene e muse troverà una trattazione più ampia nel corso del capitolo II.

35 Ap. Ep. 7, 18; Hyg. CXLI

36 Vedi APOLLODORO, I miti greci, trad. ita. di Maria Grazia Ciani, Verona, Fondazione Valla

Mondadori, 1996, p. 666.

Sterope nella mitologia è madre di Ippodamia, futura sposa dell’eroe Pelope, e moglie del re di Arcadia Enomao, vedi Graves, p. 360; è più facile che nel passo della Biblioteca ci si riferisca ad Asterope, una delle Pleiadi, figlie di Atlante e dell’oceanina Pleone, sorelle delle Iadi e delle Esperidi; sebbene riguardo Asterope non si faccia menzione della nascita delle sirene, è

possibile che anche in questo caso la connessione sia dettata dall’appartenenza di quest’ultima con l’ambito marino, vedi Graves, p. 128. Sempre in Graves, p. 578, viene menzionata una Asterope figlia del fiume Cebreno, ad ulteriore riproposizione della loro discendenza da divinità marine o fluviali.

37 Pizzoccaro, p. 213: a seconda della tradizione Tersicore, Melpomene e Calliope vengono

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La discendenza dal fiume Acheloo è presente anche nella cultura romana: Ovidio ne fa menzione nelle Metamorfosi, dicendole Acheloides (Ov. Met. V 552); punto centrale della menzione delle sirene nel poema epico risiede però nella trasformazione che le porta dall’essere fanciulle a mutarsi in esseri dalla doppia natura. Il poeta riferisce la storia per cui le sirene sono esseri con parte inferiore del corpo di uccello e viso di donna, ma anche che, originariamente fanciulle, avrebbero assunto queste sembianze dopo aver cercato per tutto il mondo Proserpina, rapita da Plutone; desiderose di riposare a causa della molta fatica, avrebbero pregato gli dei di potersi posare sulle acque e a quel punto avrebbero visto il loro corpo mutare, fatta eccezione per il viso (554-563). Il mito riguardante la metamorfosi delle sirene da donne in mostri ibridi già faceva parte della tradizione, essendo già citato anche in Apollonio Rodio (da cui

probabilmente Ovidio riprende anche l’appellativo di Acheloides, Ἀχελωίδες, v. 552), che riporta la versione per cui un tempo erano ragazze, compagne di Persefone, e solo in un secondo momento avrebbero assunto le sembianze di donne-uccello (V vv. 896-899); in Igino sono sempre considerate compagne di Proserpina, ma vengono invece mutate dalla loro condizione virginale a quella di mostri da Cerere, che non aveva sopportato la loro negligenza durante la

sorveglianza della figlia, (…) Proserpinae raptu aberrantes ad Apollinis terram

venerunt, ibique Cereris voluntate, quod Porserpinae auxilium non tolerant, volaticae sunt factae. (…); negli scoli infine si fa riferimento ad un’altra versione

del mito, per cui le sirene sarebbero state mutate in uccelli dopo aver rifiutato l’amore di Afrodite, ἑλόμεναι δὲ παρθενίαν ἐμισήθησαν ὑπὸ Ἀφροδίτης (…) ἀγαπησάσας τὴν παρθενίαν ἀπεστύγησεν Ἀφροδίτη καὶ ὠρνίθωσεν (v. 39). Le fonti sono pertanto concordi nell’avvalorare una mutazione da semplici fanciulle a esseri biformi, sebbene in un caso esse ricevano un dono da parte degli dei,

facilesque deos habuistis (v. 559), in Apollodoro non si fa menzione della causa

della mutazione, e in Igino e negli scoli, pur cambiando i protagonisti della vicenda, è una maledizione che si abbatte sulle sirene; particolare da tenere in considerazione poi nella versione di Ovidio è che le sirene possedevano abilità canora ben prima di cambiare forma, dato che la preservazione del viso come

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unica parte del corpo umana è preposta proprio al mantenimento della possibilità di cantare, ne tamen ille canor mulcendas natus ad aures tantaque dos oris

linguae deperderet usum, viriginei vultus et vox humana remansit (V vv. 561-

563).

Va tenuto presente che nessuna di queste variazioni della tradizione è presente nel testo omerico, così come l’evoluzione dell’identità delle sirene varia a

seconda degli episodi in cui sono coinvolte e concordemente con la funzione che ricoprono nella narrazione; ne consegue che in un compianto funebre intonato da Elena le sirene possano essere evocate dal contesto, attingendo alla tradizione che già dal periodo arcaico le voleva come esseri oltremondani, e siano associate a Persefone e alla Madre Terra; o che nella versione di Ovidio la loro identità non sia in alcun modo associata all’oltretomba, ma vengano invece designate

unicamente tramite il loro ruolo di ancelle della medesima dea.

Vi sono altri dati che possiamo tenere in considerazione, sia presupponendo che parte di questa tradizione che viene a svilupparsi posteriormente all’Odissea sia frutto di una totale innovazione o che sia invece una ripresa di racconti mitologici contemporanei alla stesura del poema, volutamente tralasciati dall’autore; in entrambi i casi dai testi presi in esame emergono una serie di caratteristiche che possono comunque dare una possibile lettura dell’identità di queste creature, e del ruolo che assumono attivamente nella narrazione.

Da un lato è legittimo pensare che il mito eziologico relativo al mutamento corporeo riportato da Apollonio, Igino e Ovidio sia da considerarsi una

giustificazione dell’aspetto da attribuire ad un periodo più tardo, ma dall’altra la loro discendenza offre numerosi collegamenti con la funzione che svolgono nell’Odissea; nel caso siano dette figlie della Terra o di Forco vengono

immediatamente associate alla sfera della morte e a quella della mostruosità, così come nel poema omerico una delle loro principali caratteristiche è quella di ammaliare i naviganti fino a causarne la morte; se sono dette figlie di Acheloo o di Sterope la loro natura è dipendente dalla capacità del padre di mutare forma e dal suo statuto di divinità fluviale (la tradizione per la quale sarebbero nate direttamente dal sangue del dio potrebbe rimandare all’episodio esiodeo della

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nascita di altri esseri mostruosi dal sangue di Urano38); la discendenza da una

delle muse implica invece la loro abilità canora, che ha discendenza divina ed è caratteristica principale del loro modus operandi, in Omero e nella tradizione successiva.

Possiamo quindi isolare una triplice identità che viene attribuita alle sirene e che investe l’antichità: esseri mostruosi in parte umani, associati alla sfera marina e a quella della morte, il cui canto è talmente potente da poter portare alla morte. Obiezioni vengono sollevate da parte della critica letteraria, per cui l’insieme della giustificazione di questi aspetti sia solamente una rielaborazione di fonti posteriori ad Omero:39 ma anche nel caso lo fossero, e si debba immaginare come

un unicum la rappresentazione priva di attributi visivi, è legittimo credere che i testi successivi all’Odissea abbiano ripreso una tradizione che intendeva

esplorare delle caratteristiche che già all’origine si riflettevano nella narrazione omerica, e che mantenevano un loro specifico valore nella storia (le sirene, pur se pensate come uccelli, stanno in un’isola in mezzo al mare, e il loro canto, o la loro presenza, è in grado di mutare i fenomeni atmosferici; il canto è l’unica cosa che le caratterizza come divine, e più volte nel corso dell’Odissea assumerà un valore preciso a seconda dei momenti della trama; sulla natura ibrida, e sul loro aspetto di uccelli, già si è detto al paragrafo 2.1).

La disamina delle fonti si rende dunque necessaria non per scavalcare l’autorità del testo omerico, ma per giustificare l’insieme di caratteristiche presenti già nel sottotesto che trovano in autori posteriori una loro esplicitazione più definita e chiara; parte degli elementi presi in esame in questo paragrafo risulteranno necessari nei successivi, così come negli argomenti del capitolo II,

38 Hes.182-187: Crono evira Urano, e mentre quest’ultimo scappa via ferito, dalle gocce di

sangue che cadono sulla Terra nascono numerosi mostri mitologici, tra cui i giganti, le ninfe melie, e soprattutto le erinni.

39 Patroni in particolare rigetta l’idea che si possano attribuire alle sirene omeriche una serie di

caratteristiche derivate da elementi comparsi in autori posteriori, che si rifanno molto

probabilmente ad un’elaborazione di altre branche della tradizione: le sirene sono da intendersi come figlie della Terra in Euripide solo perché tale divinità è genericamente identificata come progenitrice di ogni mostro mitologico; ogni spiegazione del loro aspetto è ascrivibile ad una spiegazione dotta delle loro origini; inoltre il loro ambiente, data la raffigurazione come uccelli sin dal periodo arcaico, dovrebbe essere il cielo e non il mare, pp. 328-340.

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che si proporrà di tracciare una disamina delle caratteristiche delle sirene in parallelo con la funzione che ricoprono nella trama del poema.