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La sirena nel racconto: Omero e Lampedusa

Capitolo III. Tomasi di Lampedusa e la sirena: Lighea e l’inversione dell’epos

2. Lighea: nome di una sirena

2.2 La sirena nel racconto: Omero e Lampedusa

Abbiamo visto come la presenza delle sirene sia prima introdotta dalla maga Circe, quindi ribadita da Odisseo ai suoi compagni e quindi esse entrino

direttamente nella storia, comparendo ai vv. 165-205 del libro XII e cercando di irretire l’eroe; in questo caso, come riportato nel capitolo I, abbiamo diversi narratori impiegati nella storia: Omero, narratore onnisciente, che narra di come Odisseo, in qualità di narratore di secondo grado, racconti ai Feaci le sue

disavventure presso le sirene; nei primi due casi invece, in cui la presenza delle sirene è solamente annunciata nella storia, dobbiamo anche considerare che Circe e l’Odisseo personaggio all’interno del racconto di Odisseo divengono narratori di terzo grado. Nel caso dell’Odissea le sirene divengono esclusivamente gli

argomenti del discorso di qualcuno, e la loro presenza viene relegata al passato

dell’eroe, senza che vi sia una loro manifestazione nel tempo del racconto al di fuori del segmento in analessi dei libri IX-XII.27

Una situazione analoga si ritrova nel racconto di Lampedusa, nel momento in cui l’incontro con la sirena è collocato in un tempo passato rispetto alla linea

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temporale principale: La Ciura ricorda quel che accadde in un giorno di Agosto di cinquant’anni prima, e così facendo crea un distacco tra la presenza della sirena e le azioni dei due protagonisti nel presente della storia.28 La decisione di

far entrare in scena la sirena con un ingresso ritardato (Lighea compare soltanto dopo ventisei pagine, a p. 61) sottostà alle medesime condizioni del libro XII, in cui le sirene compaiono dopo essere state annunciate in modo esplicito, dopo che il protagonista sa in che modo scansare il loro pericolo e le loro caratteristiche sono già state definite in modo da creare una suspense riguardo al come la vicenda si concluderà: la principale differenza a livello di costruzione della vicenda in Lampedusa sta nel fatto che il professor La Ciura non parla mai, apertamente, di una sirena, ma ne prepara comunque la comparsa con alcuni indizi più o meno espliciti da ritrovarsi nei suoi dialoghi con Corbera. Va considerato il fatto che la comparsa della sirena nella storia trova una sua

spiegazione soprattutto nel giustificare l’insieme di comportamenti di La Ciura (i continui sputi motivati dal suo rifiuto per l’umanità, la stigmatizzazione dei rapporti sessuali occasionali di Corbera alla luce dello spregio di qualsiasi rapporto sessuale, la negazione dello studio sterile della lingua greca da parte degli accademici), nel momento in cui le sue idiosincrasie apparentemente folli ed antisociali trovano un loro senso nel rifugio in una dimensione non umana, ma totalmente divina. A lato di questa considerazione, per la quale la comparsa di Lighea diventa strettamente necessaria per equilibrare le azioni del protagonista che senza questa apparizione mitica risulterebbe unicamente un folle, il testo propone comunque degli elementi utili per anticipare la presenza della sirena: li andremo ad elencare dividendoli in riferimenti testuali e riferimenti artistici e

letterari.29

28Si consideri anche la differenza di narratori attraverso cui Lampedusa struttura il racconto

rispetto all’Odissea; nel caso di Lighea abbiamo un narratore in prima persona, Corbera, che rievoca gli avvenimenti occorsi anni prima a Torino nel 1938; nel momento in cui La Ciura rievoca gli avvenimenti di cinquant’anni prima abbiamo Corbera, come narratore di primo grado, che introduce la Ciura come narratore di secondo grado in prima persona.

29Nel suo saggio La semiotica interpretativa e La Sirena, Giovanni Manetti dà il nome di esche

agli indizi disseminati nella storia che possono portare il Lettore Modello (lettore che si pone in una condizione di interpretazione del testo) ad una comprensione di quelle che sono le regole attraverso cui si dipana la storia, mentre invece prendono il nome di inganni gli elementi della

133 Riferimenti testuali:

-p. 54, in la conoscenza La Ciura contrappone gli oggetti regalati tra amanti con perle e coralli del mare, «Bella generosità quella loro di andare a pesca di bigliettucci di banca untuosi nelle tasche dell’amante invece di regalare a lui, come fanno le altre, perle rosate e rami di corallo».

-p. 58, ne l’invito a casa La Ciura utilizza come immagine del suo rifiuto per i discorsi dei colleghi grecisti l’atto di Odisseo di spalmare con la cera le orecchie dei compagni per non sentire il canto delle sirene, «Come Odisseo mi turerò le orecchie per non sentire le fandonie di quei minorati, e saranno belle giornate di navigazione: sole, azzurro, odor di mare».

-p. 61, poco prima dell’inizio del racconto il sopraggiungere della primavera ricorda a La Ciura le stagioni passate in Sicilia, «Laggiù il sole brucia di già, le alghe fioriscono; i pesci affiorano a pelo d’acqua nelle notti di luna e

s’intravedono guizzi di corpi tra le onde luminose».

-p. 50, l’ultima volta che La Ciura era stato in Sicilia, per discutere con un

altro grecista dei semicori nelle rappresentazioni classiche, viene portato da Catania a Siracusa in macchina; l’anziano professore dice di avere accettato «solo quando ho appreso che ad Augusta la strada passa lontano dal mare, mentre la ferrovia è sul litorale».

L’insieme di elementi vanno dalla semplice anticipazione della presenza della sirena, con l’idea che vi siano «corpi che guizzano tra le onde», al preavviso di fatti più specifici del racconto, come il corallo che Lighea dona a La Ciura e che successivamente viene venduto dalla governante del professore; in aggiunta a questo vi sono elementi che rimandano direttamente al mito classico, e accenni a luoghi che risulteranno decisivi nella storia. L’insieme di questi elementi è

trama che per l’ambiguità con cui ci vengono presentati possono portare il Lettore Empirico (colui che si limita a compiere l’atto della lettura di un testo) a considerare sviluppi non in linea con la storia. Vedi G.Manetti, “La semiotica interpretativa e La Sirena di Giuseppe Tomasi di Lampedusa” in AA. VV., Le sirene: analisi semiotiche intorno ad un racconto di Tomasi di

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ovviamente collegabile alle tematiche generali del racconto, per cui l’idea di passare lontano dal litorale di Augusta rassicura La Ciura, nella misura in cui non deve affacciarsi sul mare che ha rifiutato in passato, rinunciando all’immortalità proposta da Lighea; ugualmente, l’accettazione del corallo, in netta

contrapposizione con gli indumenti delle ragazze amate e raggirate da Corbera, rinvia ad una contrapposizione già esplorata nel paragrafo 2.1 tra amore mortale ed amore immortale, tra l’idea di perpetrare la propria umanità oppure usare il rapporto con la sirena per annullare la propria umanità e distaccarsi dal mondo. Nel testo sono allo stesso tempo presenti rimandi più espliciti alla risoluzione del racconto, nel momento in cui Corbera e La Ciura hanno modo di parlare dei propri interessi comuni e il professore invita il giovane nella sua casa, di seguito elencati.

Riferimenti artistici e letterari:

-p. 43, ne l’incontro, quando Corbera incontra per la prima volta nel bar di via Po La Ciura, il vecchio sfoglia alcune delle riviste con cui solitamente vince la noia, «ma una volta che in una delle sue riviste si imbatté nella fotografia di una statua greca arcaica, di quelle con gli occhi lontani e il sorriso ambiguo, (…) i suoi deformi polpastrelli accarezzavano l’immagine con una delicatezza addirittura regale»30

-p. 57, l’invito a casa, La Ciura rifiuta di mostrare la sua collezione di libri, ma accompagna nello studio Corbera, e lì il giovane vede «Il teatro di Tirso da Molina, la Undine di Lamotte-Fouqué, il dramma omonimo di Giraudoux e, con mia sorpresa, le opere di H.G. Wells».

-sempre nella stessa sequenza, le pareti dello studio sono tappezzate di

fotografie di statue greche a grandezza naturale, «non le solite fotografie che noi tutti possiamo procurarci ma esemplari stupendi evidentemente richiesti con

30E’ il caso di uno degli inganni a cui si riferisce Manetti: da questi dati forniti nella prima scena

del racconto potremmo essere portati a credere che il professor La Ciura sia omosessuale, quando in realtà il motivo per cui guarda con nostalgia la figura della statua antica risiede nella perfezione immutabile che essa rispecchia, e che nella realtà appartiene a Lighea.

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autorità ed inviati con devozione dai musei di tutto il mondo». Tra queste

spiccano «Il cavaliere del Louvre, la Dea seduta di Taranto, il Guerriero di Delfi, la Coré dell’Acropoli, l’Apollo di Piombino, la Donna Lapita, il Febo d’Olimpia, il celeberrimo Auriga». Sul caminetto sta poi il già citato cratere con raffigurato il suicidio delle sirene.

-p. 59, sempre ne l’invito, quando Corbera incontra nuovamente il professore e gli mostra il suo appartamento, La Ciura si interessa delle sue letture, tra le quali spiccano le opere di William Shakespeare, «“A sea change into something rich and strange” “What potions have I drunk of Syren tears?”»31

Anche in questo caso i vari riferimenti artistici sono utili per tracciare un percorso che porta poi all’effettiva comparsa della sirena nella storia; allo stesso tempo le immagini di statue greche rinviano alla tradizione a cui si rifà

Lampedusa, all’alveo in cui inserire la sua sirena, figlia di Omero e della cultura

31 Per la prima citazione vedi WILLIAM SHAKESPEARE, La tempesta, trad. ita. di Giuseppe

Gargano, note e introduzione di Guido Ferrando, Firenze, Sansoni, 1946;

Full fathom five thy father lies;/ Of his bones are coral made;/ Those are pearls that were his eyes:/ Nothing of him that doth fade/ But doth suffer a sea-change/ into something rich and strange./ Sea-nymphs hourly ring his knell/ Burthen Ding-dong/ Hark! now I hear them -Ding-dong, bell.

Ne La Tempesta il mago Prospero, reietto su un’isola del Mediterraneo insieme alla figlia Miranda, ha come unico aiutante lo spirito dell’aria Ariel; dopo che Prospero ha invocato una tempesta per far naufragare la nave del fratello, Ferdinando, figlio del re di Napoli, è convinto che il padre sia morto, e a conferma della sua falsa idea gli giunge il canto di Ariel.

Per il testo completo del sonetto shakespeariano vedi WILLIAM SHAKESPEARE, Sonetti, trad. ita. di Roberto Piumini, Milano, Bompiani, 2002.

“What potions have I drunk of syren tears/ distilled from limbecks foul as hell within/ applying fears to hopes and hopes to fears/ still losing when I saw myself to win!/ What wretched errors hath my heart commited/ whilst it hath thought itself so blessed never!/ How have mine eyes out of their spheres been fitted/ in the distraction of this madding fever!/ O benefit of ill! Now I found true/ that better is by evil still made better,/ and ruined love, when it is built anew/ grows fairer than at first, more strong, far greater./ So I return rebuked to my content/ and gain by ills thrice more than I have spent.”

Il sonetto segna un punto di arrivo nella composizione shakespeariana, in cui il desiderio d’amore è avvertito come una forma di febbre cui non v’è rimedio; le lacrime di sirena si riferiscono all’amata che il poeta ha abbandonato per poi tornare dal proprio signore; il male patito è benedetto dal poeta perché sulla base di quell’esperienza riesce a ricostituire una nuova condizione, più forte della precedente.

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successiva. In questo rapido excursus delle opere presenti nello studio, Lampedusa riesce brillantemente a condensare tutta la storia che vede protagonista la sirena, dal passaggio di Odisseo, rappresentato nel cratere, passando poi per esponenti della storia letteraria di altri paesi e secoli, tra cui Tirso da Molina, poeta e drammaturgo spagnolo del siglo de oro, e in particolare soffermandosi sulla già citata Undine di Lamotte-Fouqué.32 Della produzione in

possesso del professor La Ciura l’unica opera apertamente rifiutata è l’opera di H.G. Wells, autore di romanzi di fantascienza vissuto a cavallo tra il XIX e XX secolo, e qui annoverato probabilmente per l’opera minore e quasi sconosciuta in Italia The Sea Lady;33 d’altro canto invece le opere di Shakespeare, nello

specifico la scena secondo del primo atto de La Tempesta e il sonetto 119, vengono invece apprezzate dal protagonista. Specialmente nel caso di Lamotte- Fouqué e Shakespeare, l’accento è posto sull’anticipazione di alcuni temi

fondamentali che emergeranno una volta che la storia trova una sua chiusura con la comparsa di Lighea: in Undine si fa esplicito riferimento all’amore tra uomo e sirena, che finisce nel momento in cui l’idillio è spezzato dall’impossibilità di conciliare i due mondi, e il cui finale, esattamente come quello de La sirenetta e

32Per quanto concerne Undine, vedere FRIEDRICH LA MOTTE-FOUQUE’, Ondina, nota

introduttiva e traduzione di Lelio Cremonte, Torino, Einaudi 1975; la trama, molto simile a quella della Sirenetta di Andersen, ruota attorno alle vicende di una sirena che, per ottenere un’anima immortale, decide di abbandonare l’elemento acquatico e sposare un mortale. Viene ritrovata sulla costa da pescatori che la crescono come se fosse loro figlia, e in seguito riesce a trovare marito, nel momento in cui un cavaliere viene spinto alla capanna in cui Undine abita da spiriti della foresta amici della giovane. Una volta celebrato il matrimonio, Undine va a vivere con il cavaliere nel suo castello; l’amore è guastato dal presagio per cui se un fattore esterno si interporrà tra Undine e l’amato, la sirena dovrà tornare nel mare e il giovane dovrà morire per mano degli spiriti dell’acqua: nel momento in cui la precedente fidanzata del marito,

ingenuamente invitata dalla sirena nel maniero, riaccende il rapporto tra i due, Undine non può far altro che sottostare alla legge del fato. Inizialmente, durante una gita in barca sul Danubio, gli spiriti dell’acqua che tentano di uccidere il cavaliere vengono allontanati da Undine, ma in seguito, quando si rende conto che sta per giacere con la rivale, la sirena decide di ucciderlo con dei baci. Non resistendo però all’idea della morte dell’amato, e all’aver arrecato all’amato lei stessa la morte, si distrugge, sfaldandosi in una sorgente che per sempre avvolge il tumulo del cavaliere.

33Vedi G. Proni, “La divinità scrutabile” in AA. VV., Le sirene: analisi semiotiche intorno ad un

racconto di Tomasi di Lampedusa, a cura di Sandra Cavicchioli, 1997, Bologna, CLUEB, pp.

133-172. Quella di Proni è soltanto una supposizione, ma molto probabilmente corretta vista l’unica ricorrenza della sirena nel corpus dell’autore de La guerra dei mondi e La macchina del

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di Lighea, propone il topos della sirena che ritorna al suo ambiente naturale, in questo caso consumandosi e perdendo la possibilità di divenire umana.34 In

Shakespeare invece, il sonetto 119 ha ovviamente nell’enunciazione della sirena fin dal primo verso un chiaro richiamo allo sviluppo stesso della vicenda, ed allo stesso tempo evoca la fine di un amore che si tramuta, agli occhi del poeta, nella riuscita di un bene più grande; nel racconto la tematica viene anche in questo frangente ribaltata, nel momento in cui l’idillio interrotto tra la sirena e La Ciura ha come effetto non un bene maggiore, ma il precipitare il professore in

un’esistenza triste e priva di realizzazione spirituale. Nella Tempesta invece il canto del figlio dell’aria, Ariel, imprime nella mente a Ferdinando l’idea che il padre sia morto e il corpo tramutato in corallo (presente anche nel racconto, nel dono che Lighea fa a La Ciura) e perle, perciò l’uomo ha cessato di esistere e i suoi resti si sono uniti alla flora marina; l’idea, uno scherzo nella commedia shakespeariana, diventa invece una prospettiva ambita in Lighea, allorché la vita sottomarina non è sinonimo di morte, ma di continuazione e perpetuazione della vita.

Gli indizi della storia quindi riescono a creare una suspense simile a quella dell’Odissea nell’anticipare una presenza che, in questo caso, non viene però avvertita come una minaccia, ma una risoluzione per i misteri che circondano il protagonista; e l’enunciazione della sirena nelle varie opere letterarie riesce allo stesso tempo ad indicare quali saranno i grandi temi su cui ruoterà la storia: l’amore possibile/impossibile per Lighea, il tentativo di allontanarsi dall’umanità per abbracciare l’assoluto dell’immortalità, ed il successivo rifiuto di questa prospettiva di immortalità come nullificazione dell’eroe. Nel prossimo, e

34Calabrese, pp. 61-66; nel finale della storia si può scorgere uno scambio amoroso che supera

la morte di entrambi i protagonisti; nel momento in cui Undine diviene acqua che circonda la tomba, dice la Calabrese, si ricongiunge un ideale di armonia tra natura e umanità perduto nel momento in cui il cavaliere aveva cercato di rendere più umana una creatura del tutto naturale. Eppure rimane anche l’idea di un’impossibilità di congiunzione tra questi due poli in vita, nel momento in cui il cavaliere tenta di sopraffare e dominare un ambito che gli sfugge; quando la sirena lo uccide distrugge l’ambito umano, allo stesso tempo però redimendolo e riportandolo alla natura. In questo senso anche Undine, seppur in modo differente da Lighea dal momento che la sirena in Lampedusa non provoca la morte di nessuno, incarna l’idea della morte necessaria del mondo materiale, da riportare all’abbraccio totale con la natura.

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conclusivo paragrafo della trattazione, cercheremo di tirare le somme del confronto tra Omero e Lampedusa, introducendo anche l’ultimo tassello mancante del paradigma, il canto delle sirene.