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La giurisprudenza successiva al caso Lucchini in materia di giudicato e

3. Il giudicato e la ripartizione delle competenze tra Stati membri e Unione

3.2. La giurisprudenza successiva al caso Lucchini in materia di giudicato e

La circostanza che la sentenza Lucchini non si esaurisca in un mero sviluppo del tradizionale filone giurisprudenziale in materia di autonomia procedurale degli Stati membri, per quanto esacerbato dalle peculiarità del caso concreto, ha trovato conferma nella successiva giurisprudenza della Corte, che è rimasta ancorata nella definizione dei limiti al giudicato derivanti dall’effetto utile ai consolidati criteri dell’equivalenza ed effettività208. La Corte, in particolare, ha espressamente escluso di poter estendere la soluzione data in Lucchini a casi che non sollevassero questioni di ripartizione delle competenze209, preferendo a un’argomentazione che facesse leva sull’inderogabilità della norma sostanziale pretesamente violata un’analisi della disciplina nazionale sul giudicato tesa a valutare la sua idoneità a garantire almeno una chance astratta di tutela giurisdizionale del diritto dell’Unione210.

Potrebbe allora sembrare che la sentenza Lucchini costituisca piuttosto un caso isolato, tutto sommato irrilevante per l’eccezionalità delle condizioni

207 Così X. GROUSSOT, T. MINSSEN, Res Judicata in the Court of Justice Case Law:

Balancing Legal Certainty with Legality, cit., 414.

208 In questo senso anche A. TIZZANO, B.GENCARELLI, Droit de l’Union et decisions

nationales définitives dans la jurisprudence récente de la Cour de Justice, cit., 801 s.

209 Cfr., ad esempio, nel caso Fallimento Olimpiclub, cit., par. 25, caso Impresa Pizzarotti,

cit., par. 61. Nello stesso senso v. anche le conclusioni dell’Avvocato generale Sharpston presentate il 17 novembre 2011 nel caso C-500/10, Ufficio IVA di Piacenza c. Belvedere

Costruzioni Srl, EU:C:2011:754, par. 45.

210 In questo senso anche B. GENCARELLI, Alcune riflessioni conclusive sui rapporti tra

al verificarsi delle quali la Corte potrebbe tornare ad applicarne la ratio decidendi. Non è però così. Anzitutto, occorre osservare che la dottrina si è spesa nell’identificazione di nuovi ambiti materiali in cui sarebbero applicabili i princìpi statuiti nella sentenza Lucchini, per la presenza di profili attinenti alla ripartizione delle competenze tra Stati membri e Unione. Così, in particolare, si è individuata la materia del controllo delle concentrazioni, rilevando che un problema di interferenza con la competenza esclusiva della Commissione ai sensi del Reg. 139/2004211 potrebbe verificarsi laddove uno Stato membro sottoponesse l’operazione di acquisizione o fusione già autorizzata dall’esecutivo dell’Unione a condizioni complementari per ragioni connesse alla difesa dell’economia nazionale o ad altre considerazioni “strategiche”212. Ancora, si è osservato che analoghi problemi di ripartizione delle competenze tra Stati membri e Unione potrebbero verificarsi nel settore dei fondi comunitari, ovvero ancora in relazione al diritto antitrust e, in particolare, all’art. 16, par. 1, del Reg. 1/03213, ai sensi del quale le decisioni adottate dalla Commissione su una determinata intesa vincolano i giudici nazionali e le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri chiamati a pronunciarsi sulla medesima214.

Quanto alla giurisprudenza della Corte, una recente pronuncia sembra confermare l’indirizzo inaugurato con la sentenza Lucchini, in quanto impone al giudice del rinvio la disapplicazione delle norme interne in materia di giudicato ben al di là di quanto sarebbe richiesto sulla scorta dei tradizionali princìpi di equivalenza ed effettività, al fine di consentire la piena efficacia

211 Regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio, del 20 gennaio 2004, relativo al controllo

delle concentrazioni tra imprese, pubblicato in GU L 24 del 29 gennaio 2004, 1 ss. Sulla competenza esclusiva della Commissione, v. spec. considerando nn. 17 e 33 e art. 4.

212 A. TIZZANO,B.GENCARELLI, Droit de l’Union et decisions nationales définitives dans la

jurisprudence récente de la Cour de Justice, cit., 799; nello stesso senso B. GENCARELLI,

Alcune riflessioni conclusive sui rapporti tra diritto comunitario e atti nazionali definitivi,

cit., 119. Ipotizza l’applicazione dei princìpi contenuti nella sentenza Lucchini al diritto delle concentrazioni anche B. CORTESE, L’incidenza del diritto comunitario sulle sentenze

nazionali definitive, cit., 51 s.

213 Regolamento (CE) n. 1/2003, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle

regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato (oggi artt. 101 e 102 TFUE), pubblicato in GU L 1 del 4 gennaio 2003, 1 ss.

214 B. CORTESE, L’incidenza del diritto comunitario sulle sentenze nazionali definitive, cit.,

delle norme di ripartizione delle competenze tra Stati membri e Unione cristallizzate nei Trattati.

Nella sentenza Klausner Holz215 la Corte si trova a statuire su una questione pregiudiziale in materia di aiuti di Stato concessi in assenza dell’autorizzazione della Commissione ai sensi dell’art. 108, par. 3, TFUE. In particolare, con sentenza civile passata in giudicato, l’impresa beneficiaria aveva ottenuto il riconoscimento della perdurante vigenza del contratto216 con cui il Land Nordrhein-Westfalen si era impegnato a fornirle legname per il periodo compreso tra il 2007 e il 2014. L’impresa adiva quindi il giudice del rinvio per chiedere, sulla base dell’accertamento contenuto nella precedente sentenza, il risarcimento dei danni derivanti dalla mancata fornitura di legname nel corso del 2009 e la condanna all’esecuzione della fornitura dei quantitativi dovuti per gli anni successivi. Senonché, nel frattempo, la Repubblica federale tedesca aveva informato la Commissione dell’esistenza di un aiuto non notificato, costituito proprio dal contratto di fornitura, mentre denunce di analogo tenore erano state presentate dai concorrenti dell’impresa beneficiaria.

Il giudice del rinvio, mostrando particolare sensibilità per le esigenze della corretta applicazione del diritto dell’Unione, indirizzava alla Commissione una richiesta di chiarimenti. La Commissione, però, rispondeva di non essere ancora in grado di formulare una posizione definitiva sull’applicazione, nel caso di specie, del diritto dell’Unione, ma che sarebbe stato necessario attendere a tale scopo la decisione di chiusura dei procedimenti. Il giudice del rinvio interpretava allora autonomamente la nozione di aiuto di cui all’art. 107, par. 1, TFUE e, ritenendola applicabile al contratto sottoposto al suo esame, concludeva che quest’ultimo non potesse comunque essere eseguito, perché posto in essere senza l’attivazione della procedura di cui all’art. 108, comma 3, TFUE. Tuttavia, l’esistenza di una sentenza passata in giudicato che ne dichiarava la permanenza in vigore non gli consentiva di impedire l’esecuzione dell’accordo. Formulava quindi la

215 Caso C-505/14, Klausner Holz Niedersachsen, EU:C:2015:742. 216 A fronte della sua pretesa risoluzione da parte del Land.

seguente questione pregiudiziale: “Se il diritto dell’Unione, in particolare gli articoli 107 TFUE e 108 TFUE nonché il principio di effettività, nell’ambito di una controversia civile vertente sull’esecuzione di un contratto di diritto civile che dispone la concessione di un aiuto di Stato, esiga la disapplicazione di una sentenza di accertamento civile passata in giudicato ed emessa nella medesima causa che conferma la permanenza in vigore del contratto di diritto civile senza procedere ad alcun esame della normativa in materia di aiuti, qualora l’esecuzione del contratto non possa essere altrimenti impedita ai sensi del diritto nazionale”217.

La Corte sottolinea che l’art. 108, par. 3, TFUE istituisce un controllo preventivo sui progetti di nuovi aiuti, che mira a far sì che venga data esecuzione solo ad aiuti compatibili. In particolare, l’attuazione di un progetto d’aiuto viene differita finché, con la decisione definitiva della Commissione, non venga dissipato il dubbio circa la sua compatibilità. Se, pertanto, la valutazione della compatibilità di misure di aiuto con il mercato interno rientra nella competenza esclusiva della Commissione, che agisce sotto il controllo dei giudici dell’Unione, spetta ai giudici nazionali provvedere “alla salvaguardia, fino alla decisione definitiva della Commissione, dei diritti dei singoli di fronte ad un’eventuale violazione, da parte delle autorità statali, del divieto previsto dall’articolo 108, paragrafo 3, TFUE”218. Conseguentemente, compito dei giudici nazionali “è adottare le misure idonee a porre rimedio all’illegittimità dell’esecuzione degli aiuti, affinché il beneficiario non conservi la libera disponibilità di questi ultimi per il tempo rimanente fino alla decisione della Commissione”219.

Chiarita la ripartizione delle competenze in materia tra organi sovranazionali e giudici interni, la Corte rileva che nell’ordinanza di rinvio il giudice lamenta “di non poter adempiere il proprio obbligo di trarre tutte le conseguenze di questa violazione, a causa del giudicato formatosi per effetto della sentenza dichiarativa dell’Oberlandesgericht Hamm (Tribunale

217 Caso Klausner Holz, cit., par. 16. 218 Caso Klausner Holz, cit., par. 21. 219 Caso Klausner Holz, cit., par. 25.

regionale superiore di Hamm) che ha confermato la permanenza in vigore dei contratti di cui trattasi”220.

Sebbene nel primo giudizio non fosse stata esaminata la compatibilità del contratto con la disciplina UE in materia di aiuti di Stato, la Corte prende atto del fatto che, ai sensi del diritto interno, nell’interpretazione datane dal giudice del rinvio, il giudicato copre non solo il dedotto, ma anche il deducibile. Per tale ragione, pur ricordando che grava sul giudice il dovere di interpretazione conforme al diritto UE, la Corte di giustizia passa ad affrontare gli effetti sul diritto interno che, una volta esclusa la percorribilità di un’interpretazione conforme, il giudice del rinvio dovrà trarre della violazione dell’art. 108, par. 3, TFUE.

Tali effetti vengono individuati nella “[dis]applicazione di una norma di diritto nazionale volta a sancire il principio dell’autorità di cosa giudicata [che] impedisca al giudice nazionale, il quale abbia rilevato che i contratti oggetto della controversia sottopostagli costituiscono un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, attuato in violazione dell’articolo 108, paragrafo 3, terza frase, TFUE, di trarre tutte le conseguenze di questa violazione a causa di una decisione giurisdizionale nazionale, divenuta definitiva, con cui, senza esaminare se tali contratti istituiscano un aiuto di Stato, è stata dichiarata la loro permanenza in vigore”221.

La motivazione addotta dalla Corte per giungere a questa conclusione è certamente meno laconica di quella contenuta nella sentenza Lucchini. Nondimeno, è identica la soluzione offerta: la disapplicazione della sentenza passata in giudicato la cui efficacia lederebbe l’esercizio delle competenze della Commissione in materia di autorizzazione alla concessione di aiuti di Stato. Vero è che, diversamente dalla sentenza Lucchini, la Corte si sforza di collocare la pronuncia nel solco della giurisprudenza sull’autonomia procedurale degli Stati, richiamando ampiamente le nozioni di equivalenza ed effettività di cui alle sentenze Fallimento Olimpiclub, Impresa Pizzarotti

220 Caso Klausner Holz, cit., par. 28. 221 Caso Klausner Holz, cit., par. 46.

e Târșia 222. Tuttavia, a un’analisi più approfondita, ci si avvede della distanza che separa queste ultime dalla pronuncia in commento.

Anzitutto la nozione di effettività posta a base della sentenza Klausner Holz non ha nulla a che vedere con la “questione se una norma processuale nazionale renda impossibile o eccessivamente difficile l’applicazione del diritto dell’Unione”223, genuinamente affrontata invece nelle sentenze sull’autonomia procedurale degli Stati membri. Infatti, la circostanza che il contratto oggetto della controversia integrasse un aiuto di Stato non autorizzato dalla Commissione224 era perfettamente (e doverosamente) rilevabile d’ufficio dal giudice al quale l’impresa beneficiaria si era in un primo momento rivolta per chiedere la dichiarazione della perdurante vigenza dell’accordo. Il fatto che ciò non sia avvenuto non è quindi imputabile a un “difetto” della disciplina procedurale nazionale, nel senso che questa avrebbe reso in ipotesi impossibile o estremamente difficile l’applicazione della normativa dell’Unione, ma è dipeso – molto più semplicemente – da un errore del primo giudice nell’individuazione del diritto applicabile e, in particolare, dalla circostanza che egli non aveva colto la riconducibilità della fattispecie sottoposta al suo esame all’art. 108, comma 3, TFUE.

Quanto precede è ulteriormente dimostrato dal confronto tra la fattispecie oggetto della sentenza in esame e quelle che hanno dato luogo alle pronunce Fallimento Olimpiclub225 e Finanmadrid226. In Fallimento

Olimpiclub il giudice del rinvio lamentava di non poter dare applicazione alla normativa UE in materia di IVA per via di una disciplina interna del giudicato che ne estendeva la forza precettiva anche a rapporti diversi da quello sul

222 Sentt. Fallimento Olimpiclub, Impresa Pizzarotti e Târșia, già citate. La sent. Lucchini,

invece, è citata soltanto in relazione a un passaggio del tutto secondario ai fini della soluzione del caso. Nel par. 31 della pronuncia, infatti, la Corte si limita a ricordare che grava sul giudice nazionale un obbligo di interpretazione conforme del diritto processuale nazionale al diritto UE.

223 A tale nozione fa invece riferimento la sentenza in esame, al par. 41.

224 Rectius: un aiuto di Stato rispetto al quale non era stata attivata la procedura di

comunicazione e controllo da parte della Commissione in violazione dell’art. 108, par. 3, TFUE.

225 Sent. Fallimento Olimpiclub, cit. 226 Sent. Finanmadrid, cit.

quale si era venuto a formare227. La motivazione della Corte era interamente costruita sull’analisi di questo particolare meccanismo procedurale, per effetto del quale la non corretta applicazione del diritto dell’Unione era destinata a riprodursi in una serie indefinita di rapporti. Diversamente, il fatto che si trattasse di violazioni del diritto dell’Unione in materia di IVA non assumeva alcuna rilevanza nell’economia dell’apparato argomentativo della sentenza, che difatti è privo di qualsiasi approfondimento sul punto.

Anche in Finanmadrid la compatibilità della normativa nazionale con il principio di effettività è valutata sulla base delle peculiarità della disciplina del procedimento d’ingiunzione spagnolo, del quale si rileva l’idoneità a dare origine a una decisione dotata di forza di giudicato in assenza di contraddittorio e senza l’invento di alcun giudice. A causa di ciò, la limitazione anche nei confronti del giudice dell’esecuzione della facoltà di controllare ex officio il rispetto delle norme dell’Unione si traduce nella concreta impossibilità di dare applicazione al regime UE di tutela del consumatore.

Questa prospettiva è capovolta nella sentenza Klausner Holz, che muove invece dalle peculiarità della disciplina dell’Unione che si assume violata. La motivazione della pronuncia si apre infatti con un’ampia ricostruzione della disciplina dell’Unione in materia di autorizzazione degli aiuti di Stato, in cui la Corte delinea puntualmente la ripartizione delle competenze tra organi sovranazionali e nazionali nell’applicazione dell’art. 108, comma 3, TFUE228. Da tale ricostruzione si evince che la norma da ultimo richiamata impone al giudice nazionale un obbligo di risultato: impedire l’esecuzione di qualsiasi aiuto che sia stato disposto senza essere notificato e, successivamente, autorizzato dalla Commissione. La Corte passa quindi ad analizzare la fattispecie concreta, rilevando che l’obbligo in capo al giudice di impedire l’esecuzione dell’aiuto di Stato trova un impedimento

227 Il giudicato si era infatti formato su giudizi aventi ad oggetto avvisi di rettifica diversi da

quelli impugnati di fronte al giudice del rinvio. Anche se tali sentenze si riferivano a periodi d’imposta differenti, gli accertamenti ivi operati nonché la soluzione adottata sarebbero diventati vincolanti nella causa principale, alla stregua dell’art. 2909 cod. civ. che sancisce il principio dell’autorità di cosa giudicata.

nell’obbligo (di diritto interno) di dare esecuzione a una sentenza passata in giudicato relativa al medesimo rapporto sostanziale dedotto in giudizio229. Il giudicato pertanto si scontra e impedisce l’effective enforcement della regola sovranazionale, a prescindere dal fatto che, nel primo giudizio, la disciplina dell’Unione in materia di aiuti di Stato ben avrebbe potuto trovare quella chance di tutela necessaria e sufficiente per ritenere soddisfatto il principio di effettività. Risulta a questo punto chiaro che, al pari della sentenza Lucchini, il caso di specie presenta un problema di pura compliance e non di verifica del rispetto dell’effetto utile230.

Il primato delle norme sovranazionali istitutive del riparto delle competenze tra Stati membri e Unione è nuovamente affermato laddove la Corte osserva che la disciplina interna sul giudicato potrebbe in casi come quello in esame consentire alle autorità statali e all’impresa beneficiaria di aggirare il divieto di cui all’art. 108, par. 3, TFUE231, ledendo la competenza esclusiva della Commissione di valutare, sotto il controllo del giudice dell’Unione, la compatibilità delle misure di aiuto con il mercato interno232. La circostanza allora che la Corte sembri limitare nel dispositivo la portata dell’accertata incompatibilità con il diritto UE alla sola norma procedurale interna che estende il giudicato anche al deducibile233 costituisce mero riflesso delle peculiarità in punto di fatto della fattispecie concreta e non parte essenziale della sua ratio decidendi234.

229 Cfr. caso Klausner Holz, cit., par. 42. Si noti che lo stesso giudice del rinvio precisa, nella

formulazione della questione pregiudiziale, che la sentenza passata in giudicato era stata “emessa nella medesima causa”; ibid., par. 16.

230 Per la distinzione tra effettività quale “effective judicial protection” ed effettività quale

“effective enforcement”, coniata da P. NEBBIA, Do the rules on State aid have a life of their

own?, cit., 435, v. più ampiamente supra al par. 3.1.

231 La materia degli aiuti di Stato, infatti, si caratterizza per l’oggettiva comunanza d’interesse

tra le parti in causa nel procedimento giudiziario nazionale, giacché lo Stato ha interesse a favorire lo sviluppo di certe sue regioni o di determinate imprese nazionali; la beneficiaria ha interesse alla percezione dell’aiuto di Stato per la massimazione del suo profitto.

232 Cfr. caso Klausner Holz, cit., parr. 43 s. Riconduce la sentenza in esame alla ratio

decidendi del caso Lucchini anche E. D’ALESSANDRO, La Corte di giustizia si esprime di

nuovo sul rapporto tra giudicato nazionale e aiuti di Stato, in Foro it., 2016, parte IV, 43 ss.

233 Nel dispositivo, in particolare, si fa riferimento alla decisione divenuta definitiva “senza

esaminare se tali contratti istituiscano un aiuto di Stato”.

234 E’ insito nello sviluppo casistico della giurisprudenza della Corte, infatti, restringere per

quanto possibile la portata dei princìpi enunciati nei propri dispositivi evitando di procedere in base a categorie astratte e predefinite che le impedirebbero, all’occorrenza, di rimodulare la soluzione offerta per meglio rispondere alle peculiarità di un caso successivo.