2. L’autonomia procedurale degli Stati membri: fondamento normativo e recent
2.1. Segue: i confini dell’autonomia procedurale degli Stati membri sub specie
2.1.1. Segue: la definitività del provvedimento amministrativo in contrasto con
giudicato.
Uno dei primi filoni giurisprudenziali che è necessario analizzare concerne il potere di riesame della pubblica amministrazione del provvedimento amministrativo definitivo oggetto di sentenza passata in giudicato. Tale questione implica, sia pur indirettamente, una presa di posizione anche sui poteri del giudice nazionale di tornare ad occuparsi, in sede di sindacato sull’esercizio del potere di riesame, di questioni di diritto già definite con la sentenza resa nel giudizio impugnatorio.
La sentenza Kühne & Heitz58 è il caso che ha fatto da apripista in materia. All’origine della vertenza che contrapponeva la Kühne & Heitz alle autorità doganali olandesi vi era la controversa qualificazione di alcuni pezzi
56 Caso C-234/04, Kapferer, EU:C:2006:178, par. 20. Nello stesso senso, ex multis, caso C-
40/08, Asturcom Telecomunicaciones, EU:C:2009:615, parr. 35 s.; caso C-213/13, Impresa
Pizzarotti, EU:C:2014:2067, par. 58; caso C-69/14, Târșia, EU:C:2015:662, par. 28.
57 Contenuta, ad esempio, nei casi Eco Swiss, cit., par. 47; Kapferer, cit., par. 21; Asturcom,
cit., par. 37; Pizzarotti, cit., par. 59; Târșia, cit., par. 29.
di pollame59. Adite le competenti autorità giudiziarie, la società soccombeva nei due gradi di giudizio succedutisi, senza che fosse sollevata, né ad istanza di parte, né ex officio, una questione pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 TFUE. La sentenza definitiva veniva resa nel 1991. Tre anni più tardi, con il caso Voogd Vleesimport en –expor60, la Corte di giustizia interpretava la sottovoce tariffaria relativa alle cosce di pollame includendovi anche la “coscia alla quale rimanga attaccato un pezzo di dorso […] se detto pezzo di dorso non è sufficientemente grande da conferire al prodotto il suo carattere essenziale”61. A quel punto, la Kühne & Heitz presentava alle autorità doganali una richiesta di pagamento delle restituzioni che, alla luce della sopravvenuta sentenza, riteneva esserle state illegittimamente negate. A fronte del diniego delle autorità di procedere in tal senso, la società adiva nuovamente il giudice, che sollevava una questione pregiudiziale innanzi la Corte di giustizia.
Nell’affrontare la questione sottopostale, la Corte muove dall’importanza della certezza del diritto, cui riconduce anche “il carattere definitivo di una decisione amministrativa, acquisito alla scadenza di termini ragionevoli di ricorso o in seguito all’esaurimento dei mezzi di tutela giurisdizionale”. Il diritto dell’Unione, spiega la Corte, “non esige che un organo amministrativo sia, in linea di principio, obbligato a riesaminare una decisione amministrativa che ha acquisito tale carattere definitivo”. Tuttavia, nel caso di specie, il giudice del rinvio aveva precisato che, “in diritto olandese, un organo amministrativo ha sempre il potere di ritornare su una decisione amministrativa definitiva, purché non siano lesi gli interessi di terzi […] anche se tale diritto non esige che l’organo competente ritorni sistematicamente su decisioni amministrative definitive per conformarsi ad una giurisprudenza successiva ad essa”62. La questione pregiudiziale è quindi volta a chiarire se un siffatto obbligo derivi dal diritto dell’Unione. La Corte
59 Per la società, si trattava di “cosce”, in quanto tali meritevoli delle restituzioni
all’esportazione previste per la relativa sottovoce tariffaria. L’autorità, invece, riteneva trattarsi di “altro”, per cui aveva chiesto il rimborso delle restituzioni prima facie concesse.
60 Caso C-151/93, Voogd Vleesimport en –export, EU:C:1994:365. 61 Caso Voogd Vleesimport en –export, cit., par. 20.
dà risposta positiva, ma solo al ricorrere delle seguenti condizioni cumulative: i) il diritto nazionale deve riconoscere all’organo amministrativo la possibilità di ritornare sulla decisione divenuta definitiva; ii) tale decisione deve aver acquisito il suo carattere definitivo solo in seguito alla sentenza di un giudice nazionale le cui decisioni non siano suscettibili di un ricorso giurisdizionale; iii) tale sentenza deve essersi fondata su un’interpretazione del diritto UE che, alla luce di una sentenza successiva della Corte, si è rivelata errata ed era stata adottata senza che la Corte stessa fosse adita in via pregiudiziale; iv) l’interessato deve essersi rivolto all’organo amministrativo immediatamente dopo essere stata informata di tale sentenza della Corte. Da una lettura complessiva della sentenza si ricava che la Corte individua in realtà anche una quinta condizione, ovvero che il riesame dell’atto definitivo avvenga “senza ledere gli interessi di terzi”63.
La sentenza ha destato le reazioni più diverse da parte della dottrina. E’ stato anzitutto posto in rilievo, valorizzando la condizione sub i), che il riesame dell’atto illegittimo è imposto soltanto nella limitata misura in cui tale possibilità sia prevista dal diritto nazionale64. La sentenza si caratterizzerebbe quindi per la funzionalizzazione da parte della Corte delle norme procedurali interne al fine di assicurare una migliore attuazione del
63 Caso Kühne & Heitz, cit., par. 27.
64 A. TIZZANO,B.GENCARELLI, Droit de l’Union et decisions nationales définitives dans la
jurisprudence récente de la Cour de Justice, in Il Diritto dell’Unione europea, 2010, 795;
nello stesso senso anche E. RINALDI, Miracoli dei polli olandesi: la primauté del diritto
comunitario va “oltre” il giudicato nazionale “anticomunitario”, cit., 663. A questo
proposito, X. GROUSSOT,T. MINSSEN, Res Judicata in the Court of Justice Case Law:
Balancing Legal Certainty with Legality, in European Constitutional Law Review, 2007, 401,
sostengono che, subordinando l’obbligo di riesame alla circostanza che quest’ultimo sia previsto (sia pur come facoltativo) dal diritto nazionale, la sentenza sarebbe foriera di “discrepancies in the protection of individual rights”, da ciò traendosi il giudizio che essa rifletterebbe “a lack of ambition” e sarebbe intrisa di “judicial self-restraint”. Questo giudizio non sembra però condivisibile, in quanto, a ben guardare, la sentenza si iscrive perfettamente nella giurisprudenza della Corte in materia di autonomia procedurale degli Stati membri. In carenza di una specifica norma procedurale di diritto UE, infatti, l’esistenza di sistemi procedurali parzialmente diversi a livello nazionale non costituisce una patologia, ma riflette il principio di attribuzione che regola i rapporti tra Stati membri e Unione. Lo sottolinea anche L.SEVÓN, Il giudice nazionale come giudice comunitario: il principio dell’autonomia
procedurale ed i suoi limiti, cit., 51 ss. Similmente osserva B. GENCARELLI, Alcune
riflessioni conclusive sui rapporti tra diritto comunitario e atti nazionali definitivi, cit., 117,
che la circostanza che la possibilità per i singoli di ottenere il riesame o la rettifica di provvedimenti definitivi contrari al diritto comunitario possa variare a seconda del diritto processuale applicabile costituisce “una sorta di «rovescio della medaglia» inerente a una giurisprudenza […] rispettosa dell’autonomia procedurale degli Stati membri”.
diritto UE di matrice sostanziale. Tale risultato sarebbe raggiunto con lo strumento, cui si è già fatto cenno, della trasformazione di una facoltà riconosciuta dal diritto interno alle autorità nazionali in autentico obbligo imposto dal diritto UE65.
Secondo altra dottrina, la sentenza sarebbe da leggere, in connessione con altre due pronunce coeve66, come configurante una “Carta de la responsabilidad judicial”67 dei giudici nazionali a fronte delle loro possibili violazioni del diritto UE. Tra i molteplici profili individuabili nella sentenza, prevalente rispetto all’obiettivo di garantire la piena efficacia del diritto UE (sostanziale) sarebbe quello di voler creare un rimedio alla violazione da parte del giudice nazionale di ultima istanza del dovere (procedurale) di sollevare una questione pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 TFUE. In questo senso deporrebbero le condizioni individuate dalla Corte sub ii) e iii).
In effetti, entrambe le rationes sembrano presenti nella decisione della Corte: da un lato, la funzionalizzazione delle norme procedurali interne per massima attuazione del diritto UE sostanziale; dall’altro, la necessità di individuare meccanismi per porre rimedio alla violazione dell’obbligo di sollevare una questione pregiudiziale. Questa “doppia anima” della sentenza sembra trovare conferma nella giurisprudenza successiva e, in particolare, nelle sentenze i-21 Germany e Arcor68 e Kempter69, entrambe relative a un sistema procedurale nazionale – quello tedesco – che riconosce a determinate condizioni la facoltà di ritiro da parte delle autorità amministrative del provvedimento illegittimo.
Nella prima, argomentando con la tecnica del distinguishing, la Corte osserva che “l’impresa Kühne & Heitz NV aveva esaurito tutti i mezzi di tutela giurisdizionale a sua disposizione, mentre, nelle fattispecie presenti, i-21 e
65 Sul punto v. A. WALLERMAN, Towards an EU Law Doctrine on the Exercise of Discretion
in national Courts?, cit., 339 ss.
66 Casi C-224/01, Köbler, EU:C:2003:513, e C-129/00, Commissione c. Italia,
EU:C:2003:656, sui quali si tornerà infra rispettivamente nei capp. 5.1 e 5.2.
67 P.J. MARTÍN RODRÍGUEZ, La revisión de los actos administrativos firmes: ¿un nuevo
instrumento de garantía de la primacía y efectividad del Derecho comuniario? (A propósito de la Sentencia de 13 de enero de 2004, C-453/00, Kühne & Heitz NV), in Revista General de Derecho Europeo, 2004, 3.
68 Cause riunite C-392/04 e C-422/04, i-21 Germany e Arcor, EU:C:2006:586. 69 Caso C-2/06, Kempter, EU:C:2008:78.
Arcor non si sono avvalse del diritto di introdurre un ricorso contro gli avvisi d’imposta loro indirizzati”70. Poiché il soggetto leso non aveva esperito i rimedi giurisdizionali interni, non si poneva nel caso di specie un problema di superamento del giudicato amministrativo (e, quindi, di rimedio per la violazione dell’obbligo di sollevare una questione pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 TFUE), sicché la questione doveva essere più semplicemente risolta mediante ricorso al consolidato principio di equivalenza71.
Nella sentenza Kempter, interrogata sulla sussistenza dell’obbligo di riesame in circostanze in cui la parte non avesse fatto valere in sede contenziosa motivi di diritto UE, la Corte osserva che il sistema delineato dall’allora art. 234 TCE “istituisce una cooperazione diretta tra la Corte e i giudici nazionali attraverso un procedimento estraneo ad ogni iniziativa delle parti […] la cui proposizione si basa interamente sulla valutazione della pertinenza e della necessità del detto rinvio compiuta dal giudice nazionale”72. Pertanto, posto che il rinvio pregiudiziale opera a prescindere dall’istanza di parte, anche l’obbligo di riesame da parte dell’autorità amministrativa si configurerà a prescindere dalla circostanza che, nel corso del giudizio che ha portato alla formazione del giudicato sul provvedimento illegittimo, la parte abbia o meno proposto motivi fondati sul diritto dell’Unione73.
70 Cause riunite i-21 Germany e Arcor, cit., par. 53.
71 Cause riunite i-21 Germany e Arcor, cit., par. 53: “se le norme nazionali di ricorso
obbligano a ritirare l’atto amministrativo illegittimo per contrarietà al diritto interno, pur se ormai atto definitivo, allorché il suo mantenimento è «semplicemente insopportabile», identico obbligo deve sussistere a parità di condizioni in presenza di un atto amministrativo non conforme al diritto comunitario”.
72 Cfr. caso Kempter, cit., parr. 41 s.
73 Ciò non significa, si badi, disconoscere il principio dispositivo, in quanto la Corte precisa
essere sufficiente che “detta questione di diritto comunitario, la cui interpretazione si è
rivelata erronea alla luce di una sentenza successiva della Corte, sia stata esaminata dal giudice nazionale che statuisce in ultima istanza, oppure che essa avesse potuto essere sollevata d’ufficio da quest’ultimo” (caso Kempter, cit., par. 44). Richiamando, fra le altre,
la sent. van Schijndel, cit., la Corte ricorda che il diritto UE non impone ai giudici nazionali di sollevare d’ufficio una questione di diritto vertente sulla violazione di disposizioni dell’Unione “se l’esame di tale motivo li obbligherebbe ad esorbitare dai limiti della
controversia come è stata circoscritta dalle parti”, essendo loro richiesto soltanto, ai sensi
del principio di equivalenza, di “sollevare d’ufficio i motivi di diritto relativi ad una norma
comunitaria vincolante quando, in virtù del diritto nazionale, essi hanno l’obbligo o la facoltà di farlo con riferimento ad una norma interna di natura vincolante” (caso Kempter,
Le sentenze in commento possono allora iscriversi a pieno titolo nel filone giurisprudenziale sull’autonomia procedurale degli Stati membri, con la precisazione che, laddove emerge la necessità di riesaminare un atto amministrativo illegittimo ritualmente impugnato e divenuto definitivo a seguito di sentenza passata in giudicato, un vero e proprio obbligo di riesame (ferma restando che una siffatta facoltà sia prevista dal diritto interno) scaturisce dall’esigenza di sanzionare e trovare rimedio alla violazione dell’obbligo da parte del giudice di ultima istanza di sollevare una questione pregiudiziale.
2.1.2. Segue: la definitività del lodo arbitrale in contrasto con il