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Il risarcimento del danno per violazione del diritto dell’Unione

5. La responsabilità dello Stato per violazioni del diritto dell’Unione ad opera d

5.1. Il risarcimento del danno per violazione del diritto dell’Unione

La sent. Köbler ha definitivamente chiarito che il principio della responsabilità degli Stati membri275 si applica anche nei confronti delle violazioni commesse da organi giurisdizionali di ultima istanza276. Il Sig. Köbler, professore universitario di ruolo a Innsbruck, conviene in giudizio la Repubblica d’Austria, chiedendone la condanna al risarcimento del danno per violazione del diritto UE da parte di una sentenza del giudice supremo

275 Com’è noto, la giurisprudenza della Corte di giustizia ha individuato tre condizioni al

ricorrere delle quali si determina tale responsabilità: i) la norma giuridica che si assume violata deve essere preordinata a conferire diritti ai singoli; ii) deve trattarsi di violazione grave e manifesta e iii) deve sussistere un nesso causale diretto tra la violazione dell’obbligo incombente allo Stato e il danno subito dai soggetti lesi.

276 Sent. Köbler, cit. Sul punto, v. E. SCODITTI, “Francovich” presa sul serio: la

responsabilità dello Stato per violazione del diritto comunitario derivante da provvedimento giurisdizionale. Nota a CGCE 30 settembre 2003 (causa C-224/01), in Foro it., 2004, parte

IV, 4 ss. Il principio ha poi trovato conferma nella giurisprudenza successiva. In particolare, con specifico riferimento alla disciplina italiana della responsabilità civile dei magistrati, la sent. C-173/03, Traghetti del Mediterraneo, EU:C:2006:391 ha escluso che il diritto nazionale possa limitare la responsabilità dello Stato membro per i danni arrecati ai singoli a seguito di una violazione del diritto UE imputabile a un organo giurisdizionale di ultimo grado quando la violazione del diritto dell’Unione risulta dall’attività di interpretazione delle norme giuridiche o di valutazione dei fatti e delle prove. Il legislatore italiano è quindi intervenuto sulla disciplina della responsabilità civile dei magistrati con la l. n. 18 del 2015, superando la piena coincidenza oggettiva e soggettiva degli ambiti di responsabilità dello Stato e del magistrato. Su tale riforma si è espressa, da ultimo, la Corte costituzionale con la sent. n. 164 del 2017.

amministrativo277. Il Tribunale civile di Vienna domanda alla Corte di giustizia se il principio secondo cui gli Stati membri sono obbligati a risarcire i danni causati ai singoli dalle violazioni del diritto UE ad essi imputabili si applichi anche nei confronti di una decisione di un organo giurisdizionale di ultimo grado.

La Corte risponde positivamente, rilevando che, “se nell’ordinamento giuridico internazionale lo Stato la cui responsabilità sorgerebbe in caso di violazione di un impegno internazionale viene considerato nella sua unità, senza che rilevi la circostanza che la violazione da cui ha avuto origine il danno sia imputabile al potere legislativo, giudiziario o esecutivo, tale principio deve valere a maggior ragione nell’ordinamento giuridico comunitario, in quanto tutti gli organi dello Stato, ivi compreso il potere legislativo, sono tenuti, nell’espletamento dei loro compiti, all’osservanza delle prescrizioni dettate dal diritto comunitario e idonee a disciplinare direttamente la situazione dei singoli”278. La Corte dunque si accosta alla soluzione del caso con gli strumenti tipici del diritto internazionale, in una prospettiva antitetica rispetto a quella integrazionista che vorrebbe i giudici nazionali operare quali giudici dell’Unione di prima istanza.

Osserva la Corte che, in considerazione del ruolo essenziale svolto dai giudici nella tutela dei diritti riconosciuti dalle norme UE, la piena efficacia di queste ultime e la garanzia dei diritti che esse riconoscono sarebbero affievolite se fosse esclusa la risarcibilità del danno derivante da violazione del diritto dell’Unione imputabile a una decisione di un organo giurisdizionale. La Corte limita tale responsabilità alle sole pronunce dei giudici supremi. In primo luogo, infatti, queste decisioni non possono

277 Il giudizio amministrativo aveva avuto ad oggetto la spettanza di un’indennità speciale di

anzianità di servizio, alla quale il ricorrente riteneva di aver diritto, pur avendo svolto all’estero parte dell’attività lavorativa necessaria per accedere al beneficio. Il

Verwaltungsgerichtshof sollevava una questione pregiudiziale in Corte di giustizia. Tuttavia,

a seguito della lettera con cui il cancelliere della Corte gli chiedeva se ritenesse necessario mantenerla, alla luce del fatto che il giudice sovranazionale si era nel frattempo pronunciato su questione analoga, il giudice amministrativo ritirava la domanda di pronuncia pregiudiziale e respingeva il ricorso del Sig. Köbler, ritenendo che l’indennità integrasse un premio di fedeltà che, in quanto tale, sarebbe stato compatibile con la libera circolazione dei lavoratori.

normalmente costituire oggetto di impugnazione, sicché privare i singoli della possibilità di far valere la responsabilità dello Stato significherebbe escludere del tutto una tutela giuridica dei loro diritti. In secondo luogo, solo ai giudici di ultima istanza è imposto l’obbligo di sollevare una questione pregiudiziale nei casi in cui dubitino della corretta interpretazione da dare al diritto dell’Unione rilevante ai fini del loro giudizio. Ne deriva che alla violazione del diritto dell’Unione di tipo sostanziale cristallizzata nella decisione di ultimo grado si accompagna quantomeno un fraintendimento della portata (se non una vera e propria violazione) dell’obbligo di cui all’art. 267 TFUE.

In questo senso, parte della dottrina ha rinvenuto nella sentenza in esame il delinearsi di una appellate procedure, operante di fatto piuttosto che sulla base di un rapporto gerarchico formalizzato, in quanto il giudice del risarcimento sarebbe naturalmente portato a rimettere alla Corte di giustizia la questione della compatibilità della decisione del giudice di ultimo grado con il diritto dell’Unione279. Più cautamente è stato osservato che la sent. Köbler costituirebbe un avvertimento dalla Corte di giustizia rivolto ai tribunali supremi nazionali che abusino della c.d. dottrina dell’acte clair280. Ancora, si è sottolineato che la Corte avrebbe cercato, con la sentenza in esame, “nuovi espedienti per forzare i giudici a dialogare con essa tramite il rinvio pregiudiziale”281.

La limitazione alle sole decisioni dei giudici di ultima istanza non è l’unica peculiarità che vale a restringere la responsabilità dello Stato per violazione del diritto UE ad opera dei giudici nazionali rispetto a quella imputabile ad altri organi nazionali. La Corte, infatti, precisa che “occorre tener conto della specificità della funzione giurisdizionale nonché delle legittime esigenze della certezza del diritto”, sicché la responsabilità dello

279 J. KOMAREK, Federal Elements in the Community Judicial System. Building Coherence

in the Community Legal Order, in Common Market Law Review, 2005, 15 ss.

280 X. GROUSSOT,T.MINSSEN, Res Judicata in the Court of Justice Case Law: Balancing

Legal Certainty with Legality, cit., 394. La dottrina dell’acte clair, secondo cui, com’è noto,

l’obbligo di sollevare una questione pregiudiziale non sussiste se la corretta applicazione del diritto UE si impone con evidenza tale da non lasciar adito ad alcun ragionevole dubbio sulla sua soluzione, è stata per la prima volta enunciata nella sent. C-283/81, CILFIT, EU:C:1982:335, spec. par. 16.

281 G. MARTINICO, L’integrazione silente. La funzione interpretativa della Corte di giustizia

Stato può sussistere “solo nel caso eccezionale in cui il giudice abbia violato in maniera manifesta il diritto vigente”282. Al fine di determinare se questa condizione sia soddisfatta, il giudice nazionale investito di una domanda di risarcimento dei danni deve tenere conto di tutti gli elementi che caratterizzano la controversia sottoposta al suo sindacato, valutando, in particolare, “il grado di chiarezza e di precisione della norma violata, il carattere intenzionale della violazione, la scusabilità o l’inescusabilità dell’errore di diritto, la posizione adottata eventualmente da un’istituzione comunitaria nonché la mancata osservanza, da parte dell’organo giurisdizionale di cui trattasi, del suo obbligo di rinvio pregiudiziale ai sensi dell’art. 234, terzo comma, CE”283.

Ne deriva che non tutti i casi di violazione del diritto dell’Unione da parte di una decisione di un organo giurisdizionale di ultima istanza danno luogo a responsabilità dello Stato nei confronti del soggetto che da tale violazione ha subito un danno. Al contrario, il ricorrere della responsabilità è fattispecie eccezionale, subordinata alla verifica della peculiare gravità ed evidenza della violazione del diritto UE. Al di fuori di queste ipotesi, il giudicato non solo resterà efficace, ma non darà nemmeno luogo a responsabilità dello Stato nei confronti del danneggiato.

Di particolare interesse sono poi le considerazioni che la Corte offre sugli effetti del riconoscimento di una siffatta responsabilità sull’istituto del giudicato interno e, più in generale, sulla certezza del diritto. Tale questione, infatti, era stata prospettata dal Governo austriaco, oltre che dai diversi Stati intervenienti284. La Corte nega che il riconoscimento della responsabilità dello Stato si riverberi sull’autorità della cosa giudicata, in quanto il giudizio risarcitorio e quello che ha dato luogo alla violazione del diritto UE avrebbero un oggetto diverso e parti non necessariamente coincidenti. Aderendo a questa tesi, diversi commentatori hanno osservato come, tra le strade astrattamente percorribili dalla Corte per porre rimedio a gravi violazioni del

282 Sent. Köbler, cit., par. 53. 283 Sent. Köbler, cit., par. 55. 284 Cfr. sent. Köbler, cit., parr. 16 ss.

diritto UE da parte degli organi giurisdizionali, quello risarcitorio costituisca lo strumento meno invasivo dell’autorità di cosa giudicata285.

Secondo altra parte della dottrina, però, affermare che una pronuncia passata in giudicato sia fonte di un danno ingiusto significherebbe incidere sul suo valore di accertamento, che risulterebbe falsificato dalla successiva sentenza di condanna al risarcimento. La sent. Köbler restringerebbe quindi l’essenza del giudicato (e la sua salvaguardia) al mero comando e ciò costituirebbe, in realtà, un primo passo verso l’incidenza sui giudicati nazionali da parte del diritto dell’Unione286. Occorre osservare, però, che il nostro ordinamento già prevede che l’accertamento contenuto in una sentenza definitiva possa essere fonte di un danno ingiusto, e non per questo si ritiene che ne venga meno l’autorità di cosa giudicata. Anzi, la definitività della sentenza può costituire il presupposto stesso della sussistenza del danno, come avviene, ad esempio, nei casi in cui viene in rilievo la responsabilità civile dei magistrati.

Sotto altro profilo, è stato osservato che la responsabilità per violazione del diritto UE da parte di decisioni passate in giudicato mette lo Stato di fronte all’insormontabile contraddizione di dover, per un verso, assicurare l’esecuzione delle sentenze definitive e, per l’altro, guardarsi dal farlo per non incorrere in una violazione del diritto dell’Unione. In definitiva, anche ricostruendo restrittivamente la nozione di giudicato, si porrebbe comunque il problema della forza esecutiva delle decisioni definitive287. Questo problema pare emergere, in realtà, soltanto nei casi in cui le parti dei due giudizi finiscono sostanzialmente col coincidere. Non pare esservi, infatti, alcuna contraddizione tra una sentenza che ponga in capo a privati reciproci diritti e obblighi e una sentenza che consenta a una di queste parti di rivalersi

285 A. ALEMANNO,F.IPPOLITO, La responsabilità dello Stato nei confronti dei privati per le

violazioni commesse dai giudici di ultima istanza: il risarcimento dei danni causati da sentenze definitive, in F. SPITALERI (a cura di), L’incidenza del diritto comunitario e della

CEDU sugli atti nazionali definitivi, Milano, Giuffrè, 2009, 77. Similmente anche M.T

STILE, Il problema del giudicato di diritto interno in contrasto con l’ordinamento

comunitario o con la CEDU, cit., 257 s., e C. KESSEDJIAN, L’autorité de la chose jugée et

l’effectivité du droit européen, cit., 277.

286 In questo senso R. CAPONI, Corti europee e giudicati nazionali, cit., 329.

287 Z. PEERBUX–BEAUGENDRE, Autorité de la chose jugée et primauté du droit

sullo Stato del danno che per effetto della prima pronuncia ha subito. Più delicata, invece, è la fattispecie in cui fin dal primo giudizio il singolo si oppone a un’autorità nazionale, che trae vantaggio da una violazione del diritto dell’Unione riconducibile a un altro organo statale. Anche in questo caso, però, a ben vedere, l’esecuzione delle due sentenze corre su due binari paralleli, spettando in particolare al giudice dell’esecuzione trarre dalla sentenza risarcitoria le conseguenze sul piano esecutivo che il diritto interno vi collega.

A prescindere da queste considerazioni sulla falsificabilità dell’accertamento contenuto in una sentenza passata in giudicato e sulla potenziale sovrapposizione dell’esecuzione delle due sentenze, resta il fatto che la sent. Köbler chiarisce che il giudicato, come atto, non viene toccato dal diritto dell’Unione. Si afferma infatti espressamente che “il principio della responsabilità dello Stato inerente all’ordinamento giuridico comunitario richiede un tale risarcimento, ma non la revisione della decisione giurisdizionale che ha causato il danno”288. Non solo. Più recentemente è stata portata all’attenzione della Corte una norma portoghese che subordinava l’esperibilità dell’azione risarcitoria in esame al previo annullamento della sentenza lesiva in sede di revisione289. La Corte, dopo aver ricordato che il giudizio risarcitorio non ha lo stesso oggetto e non implica necessariamente le stesse parti del procedimento che ha dato luogo alla decisione che ha acquisito l’autorità della cosa definitivamente giudicata, ha escluso la compatibilità con il diritto dell’Unione di un simile aggravamento procedurale. In questo modo, la Corte ha ulteriormente rimarcato la differenza di piano in cui si colloca il principio di responsabilità dello Stato

288 Sent. Köbler, cit., par. 39.

289 Sent. C-160/14, Ferreira da Silva, EU:C:2015:565. La sentenza è interessante anche

perché la violazione del diritto UE suscettibile di dar luogo a responsabilità dello Stato è stata riscontrata proprio in riferimento alla mancata prospettazione di una questione pregiudiziale da parte di un giudice nazionale di ultima istanza, che sarebbe venuto meno all’obbligo di rinviare alla Corte di giustizia l’interpretazione della nozione di “trasferimento di uno

stabilimento”, ai sensi della direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, a fronte

di circostanze “contraddistinte al contempo da correnti giurisprudenziali contraddittorie a

livello nazionale […] e da ricorrenti difficoltà d’interpretazione di tale nozione nei vari Stati membri” (par. 44).

per violazione del diritto dell’Unione rispetto a quello dell’intangibilità della pronuncia che costituisce la fonte del danno risarcibile.