• Non ci sono risultati.

5. Analisi delle interviste

6.1 Gli aspetti strutturali del lavoro in rete

La collaborazione, in un’ottica di lavoro di rete tra professionisti come l’assistente sociale, il curatore e l’ARP, può essere essere influenzata da molteplici fattori, in parte non controllabili direttamente dagli interessati. Per comodità questi componenti sono stati raggruppati sotto il cappello di aspetti strutturali e includono tutti i vincoli definiti dalla cultura, dalle leggi, e dall’appartenenza ad un’organizzazione all’interno della quale ci sono visioni, ruoli, e metodi di lavoro più o meno codificati e definiti.

Il primo ostacolo ad un lavoro di rete efficace si riferisce al ruolo dell’assistente sociale, che può essere vissuto non solo come un aiuto ma anche come un controllo, sia da parte dell’utente che del curatore. Infatti l’assistente sociale è investito dalla società non soltanto di funzioni di aiuto ma anche di controllo. “Con questo termine si intende la responsabilità, più o meno precisata sul piano formale, di osservare, monitorare e riferire, nelle sedi e nei modi idonei, circa la condizione di rischio personale o di pericolosità sociale di particolari persone segnalate, oppure genericamente di persone non a priori determinabili residenti in una determinata area geografia assegnata all’operatore.” Sta all’assistente sociale riuscire a 87

mediare tra queste due anime del suo ruolo così da poter accogliere le persone in difficoltà con un attitudine di vero interesse e senza pregiudizi.

L’organizzazione del servizio sociale comunale è un altro fattore che può inficiare la buona collaborazione con tutti gli attori della rete. È stato infatti rilevato sia dagli assistenti sociali che dai curatori come la presenza a tempo parziale degli assistenti nei vari Comuni può impedire uno scambio diretto e veloce tra le due figure. In parte ciò viene ovviato dalle assistenti sociali cercando di controllare frequentemente le email di tutti i servizi sociali nei quali lavorano e rimanendo disponibili a livello telefonico. A riguardo si può aggiungere che una possibile soluzione al problema potrebbe essere quella di creare un servizio sociale intercomunale centralizzato, in assenza di percentuali lavorative maggiori in ogni Comune. Ciò permetterebbe agli assistenti sociali di gestire con maggiore flessibilità il flusso di lavoro senza limitazioni di carattere logistico (doversi spostare da una sede all’altra, dossier cartacei e elettronici separati, ecc.).

Un altro vincolo strutturale alla collaborazione è insito nei mandati d’autorità emanati dalle ARP. È stato confermato da tutte e tre le figure che in essi non sono presenti indicazioni precise a favore di una collaborazione tra curatori e altri servizi sociali ma solo indicazioni

Folgheraiter Fabio (1998), Teoria e metodologia del servizio sociale, La prospettiva di rete (pag.

87

generiche. Da parte dell’ARP pare che ci sia l’aspettativa, a volte dichiarata a voce, che il curatore privato mantenga la collaborazione con la rete attiva intorno ad un utente/curatelato, tra cui può essere presente anche il servizio sociale comunale, ma la dichiarazione contrasta con la convinzione, sempre espressa dall’ARP, per la quale dopo il passaggio del dossier tra assistente sociale e curatore i servizi sociali dovrebbero saper “lasciare il caso”. In sostanza il curatore può fare quello che vuole, ciò che ha portato gli assistenti sociali ad auspicare che l’ARP dichiari esplicitamente nei mandati la necessità di collaborare. Ciò potrebbe favorire una maggiore presa di coscienza nei curatori dell’importanza di lavorare in rete. È interessante notare come i curatori ritengano che il tipo di curatela (di sostegno, di rappresentanza con amministrazione dei beni, generale, educativa) abbia un’influenza diretta sull’intensità della relazione con i servizi sociali comunali e, in generale, sulla propensione al lavoro in rete. Essa aumenta di pari passo con l’aumentare dei compiti assegnati ai curatori, segnale chiaro della consapevolezza che accentrare tutti i bisogni d’aiuto del curatelato solo su di loro è deleterio.

Un altro aspetto riconducibile all’insieme dei fattori strutturali sono i vincoli legati al ruolo del curatore. Primo fra tutti è il limite di tempo, e quindi di indennizzo monetario, stabilito per ogni mandato. Questo ammontare di ore spesso sottostima il lavoro amministrativo da compiere e non concepisce la possibilità che un curatore debba spendere del tempo per lavorare efficacemente in rete. Ancora una volta viene lasciata al curatore la scelta di investire del tempo extra in compiti che il buon senso ritiene fondamentali alla buona riuscita della curatela ma che il limite del tempo, nonché quello finanziario, frustrano. È positivo che esista la possibilità per i curatori di richiedere in ARP un monte ore aggiuntivo, ma questo limite sottolinea come le richieste ufficiali dell’ARP e bisogni effettivi dei curatori siano spesso diversi.

Per quanto riguarda l’ARP, i vincoli strutturali sono parecchi e si sviluppano a causa del suo carattere di organo amministrativo facente parte del sistema giudiziario Ticinese che gli impedisce di porsi in un ruolo simmetrico, alla pari, con i diversi attori sociali presenti nelle reti degli utenti. Questo implica una serie di vincoli, che rendono molto codificati, formali e rigidi anche tutti i tentativi di collaborazione tra ARP e gli altri interlocutori. I vincoli principali che sono emersi sono: l’impossibilità di condividere informazioni (segreto d’ufficio) con i servizi sociali; le tempistiche decisionali molto lunghe per emanare una decisione ufficiale; le procedure giuridiche da rispettare; la considerevole mole di lavoro a fronte di una presenza solo parziale dei suoi membri (presidente, vice-presidente membro permanente) in ARP. I possibili miglioramenti, come suggerito dalle assistenti sociali, implicherebbero un potenziamento delle ARP o addirittura una loro riforma. Effettivamente è dall’introduzione delle ultime modifiche del codice civile in materia di protezione dell’adulto e del minore nel 2013 che a livello cantonale ticinese si sta discutendo su come riorganizzare il settore delle ARP. Dopo un primo studio della Divisione della giustizia il Consiglio di stato aveva prediletto l’approccio alla “cantonalizzazione” delle ARP mantenendone il carattere amministrativo. Le modifiche dovevano essere implementate in un primo momento entro il 31.5.2018 ma il termine era slittato al 31.5.2020. Recentemente è stata informata la popolazione che “la 88

proposta presentata al Consiglio di Stato [dal Gruppo di progetto nato nel novembre 2017] prevede in particolare l’istituzione di una nuova autorità giudiziaria specializzata nel diritto di protezione, che costituirà l’evoluzione delle attuali Autorità regionali di protezione (ARP) di

Frida Andreotti, Riorganizzazione del settore della protezione del minore e dell’adulto: stato dei

88

lavori e prossimi passi, Repubblica e Cantone Ticino, Divisione della giustizia, presentazione slide del

natura amministrativa comunale/inter-comunale.” 89 Questi cambiamenti sicuramente avranno un’influenza su questi aspetti organizzativi/strutturali. Sarà quindi interessante analizzare fra qualche anno come si sono modificate le relazioni tra le tre figure al centro di questa ricerca.

Outline

Documenti correlati