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L’istituto della formazione continua del DECS offre dei corsi di formazione ai potenziali curatori o a quelli già in funzione Quanto aver frequentato questi corsi è

un elemento preso in considerazione nella scelta dei curatori?

Non è determinate nella scelta dei curatori anche se viene sempre consigliato di frequentarli. Noi forniamo i link e tutte le informazioni perché sono dei corsi molto importanti e utili, più che per l’aspetto amministrativo, specialmente per capire come contattare il curatelato, come curare l’aspetto relazionale. Una cosa che non mi stanco mai di ripetere ai curatori è che la persona che aiutano non è un loro parente, quindi deve essere trattata educatamente con il massimo rispetto ma bisogna stare attenti ad essere coinvolti affettivamente. Se succede sei finito! Deve essere un lavoro svolto con umanità, e per farlo bisogna amare il sociale. Può succedere, per esempio, che un curatelato sia dipendente dall’alcool. Il curatore non può

pensare di urlargli contro dicendo di smettere anche se deve provare ad arginare la cosa. Deve essere consapevole che non può cambiare la persona. Non è il compito del curatore fargli smettere di bere anche se è normale cercare di aiutarlo. Anche nel caso di un ragazzo giovane, il curatore non può pensare di educarlo affinché faccia quello che lui vuole. Deve continuare ad arginare la situazione ma anche se il ragazzo si ubriaca ogni sabato sera al curatore non deve fregargli niente. Se chiama la polizia, è un altro caso, ma generalmente non deve farsi coinvolgere eccessivamente. Non deve avere la pretesa di cambiare la persona. Se uno è disordinato probabilmente non riuscirà a renderlo ordinato. Il curatore deve sapere gestire questa relazione e quindi i corsi sono molto importanti. Per noi non sono però determinanti nella scelta. Noi guardiamo specialmente se non hanno condanne, quindi devono presentare l’estratto del casellario giudiziale, l’estratto dell’ufficio esecuzioni, il curriculum vitae, e questo non perché un falegname non può fare il curatore ma per capire chi abbiamo di fronte. Inoltre devono essere consapevoli che devono amare il sociale. Se già uno potenziale curatore non sopporta un tossico dipendente o altro non può farlo.

Vengono informati i curatori di questi corsi?

Si, viene fatto perché, come detto, sono dei corsi interessanti. Quando un potenziale curatore manda la candidatura, io chiedo alla persona di passare e gli spiego che ci sono dei corsi che possono scegliere e frequentare. C’è quello su come trattare con i minorenni, come allestire un inventario, ecc. Poi dipende molto dal candidato. Se è un contabile probabilmente saprà già come allestire un inventario però potrebbe aver bisogno di sviluppare le competenze relazionali.

6) Dal momento che viene nominato un curatore, l’ARP che tipo di aiuto fornisce al curatore affinché possa espletare le funzioni assegnate?

Direi, anche un po’ per ridere, che noi siamo il loro angelo custode. Se i curatori hanno bisogno e chiamano noi cerchiamo di dare il massimo sostegno per quanto riguarda la relazione con il curatelato, per le decisioni da prendere e anche per l’amministrazione. Per esempio, non sanno compilare un modulo, gli viene chiesto di provare a farlo e poi ci sono i revisori che possono controllare ed aiutare. Noi diamo un buon sostegno ai curatori perché riteniamo che sia molto importante. Questo soprattutto perché il curatore privato, non quello professionista, è da solo anche nel prendere le decisioni. È vero che alcune decisioni importanti deve farle approvare da noi ma spesso, per quelle minori, è da solo nel suo operare. Noi vogliamo che il curatore possa contare su di noi. A volte vengono qui che piangono o ridono, che sono disperati, e noi siamo sempre pronti ad accoglierli perché non hanno nessuno. Il curatore professionista invece lavora in équipe, ha la supervisione e tutta una serie di risorse che il curatore privato non ha. Per noi è molto importante gestire il curatore bene.

7) A livello di mandato dell’ARP ci sono indicazioni a favore di una collaborazione tra curatore e l’assistente sociale?

No, non ne abbiamo mai fatte. Sulla decisione ufficiale non viene mai menzionato.

Mi viene da chiedere se succede a livello più informale, per esempio se la segnalazione arriva dall’assistente sociale.

Noi consigliamo il curatore, anche in sede di udienza, dove di solito sono presenti entrambi, di chiedere all’assistente sociale tutta la documentazione in possesso del curatelato e che può magari aiutare ad introdurlo nella relazione. Dopo però questo punto ci fermiamo.

Seconda parte - problematiche della collaborazione con gli assistenti sociali comunali e i curatori

8) Come valuterebbe la collaborazione con gli assistenti sociali comunali rispetto ai seguenti elementi su di una scala da 1 a 7 (1 = inesistente, 3 = scarsa, 5 = discreta, 7 = eccellente)? Può portare degli esempi a favore della sua risposta?

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passaggio di informazioni

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definizione dei ruoli e responsabilità

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concertazione degli interventi d’autorità per l’utente Passaggio di informazioni

Lo valuterei buono, 6, perché bisogna calcolare che tutti gli assistenti sociali sono un po’ diversi ma la comunicazione funziona bene.

Definizione dei ruoli e responsabilità

A volte ci sono delle incomprensioni, quindi valuterei questo aspetto come scarso, 3. Preciso che all’inizio di una misura la collaborazione è ottima però succede che, dopo che è stato fatto il passaggio di informazioni e documenti tra l’assistente sociale e il curatore, il primo continua a tenere tutto per sé, come se fosse ancora un suo incarto. Questo ci crea diversi problemi non tanto tra noi e l’assistente sociale ma con il curatelato. Infatti, quando questo non approva una decisione del curatore, va a piangere dall’assistente sociale e qui si innesta un meccanismo come mamma e papà, buono e cattivo. L’assistente sociale inizia a scrivere a tutti, compresi noi, e ci chiede motivazioni per la tal decisione, perché è stato fatto o detto una cosa, perché non è stato informato, ecc. Inizia ad investire e investire… Prova anche ad immaginare come si sente il curatore che è messo sotto la lente perché dobbiamo iniziare a chiedergli cosa e successo con il curatelato, cosa è stato fatto e il perché nonché decidere se controllare i conti. Gli assistenti sociali ad un certo punto dovrebbero dire basta e spiegare al loro utente che ora hanno un curatore e che devono parlare con lui. Invece questo non succede. Noi in ARP riceviamo molte lettere dagli assistenti sociali richiedenti delucidazioni sull’operato dei curatori proprio perché ad ogni piccolo casino il curatelato torna a piangere da loro. In questo modo il curatore fa più fatica a svolgere il proprio lavoro. Questa direi che è l’unica pecca che vedo, cioè che l’assistente sociale non riesce a lasciare l’incarto. Non lo mette in un cassetto come incarto archiviato ma rimane sempre attivo, e questo a discapito dei curatori che hanno delle grosse difficoltà perché poi noi dobbiamo controllare il loro operato richiedendo molti documenti. Anzitempo avevo già spiegato agli avvocati dovrebbero convocare gli assistenti sociali e spiegare questa cosa. Questa sarebbe una bella discussione da fare con loro perché, oltre a questo aspetto che stride, il rapporto è molto buono.

Una riflessione che ho: mi è parso di capire che spesso gli assistenti sociali hanno sollecitato l’ARP rispetto all’operato di certi curatori. In nessun caso le loro segnalazioni sono risultate pertinenti e utili?

Si, hai ragione, alcune segnalazioni sono state molto utili. Va però detto che almeno a livello di revisione dei conti, se c’è stata una cattiva gestione delle finanze questo salta sempre fuori. I revisori non controllano solo i saldi ma anche tutta la situazione contabile. Guardano le fatture allegate e riescono a trovare le incongruenze e tramite esse possono chiedere delucidazioni ai curatori. A livello di revisione ora abbiamo tre revisori e questi problemi escono. Quando un’assistente sociale fa una segnalazione di un caso grave lo posso anche capire ma per alcuni situazioni banali no ce la faccio. Perché poi ci creano dei grossi problemi.

Non sarebbe allora utile specificare in quali casi fare una segnalazione e in quali sarebbe meglio evitare?

Se l’assistente sociale viene a sapere di un ammanco grave, per esempio, che non vengono pagate le fatture della cassa malati, ha ragione di segnalarcelo. Quello che intendo io è che spesso intervengo nel lavoro del curatore per aspetti minori. Non perdono mai di vista il loro utente anche se dovrebbero. C’è una netta differenza tra i due casi.

Concertazione degli interventi d’autorità per l’utente

Quando l’incarto è passato al curatore l’assistente sociale non viene più coinvolto quindi questo aspetto non è valutabile. Se noi autorità abbiamo bisogno chiediamo agli assistenti sociali, specialmente quando dobbiamo togliere una misura perché la situazione va discretamente bene, allora si prova a parlare con gli assistenti sociali affinché il curatelato possa tornare da loro e ricevere aiuto così. Quando però ci sono decisioni per un ricovero, un allontanamento di bambini l’assistente sociale non viene perso in considerazione, non perché non potrebbe dare un parare ma perché non è nel protocollo fare qualcosa del genere.

Anche se la persona era seguita dall’assistente sociale fino a poco tempo prima? No, neanche in quel caso perché l’accompagnamento dell’assistente sociale è finito.

9) L’organizzazione attuale dell’ARP 6 pone dei limiti alla collaborazione con gli assistenti sociali comunali? Se sì, quali?

Al momento attuale non vedo dei limiti e penso che sia il pensiero di tutti i membri dell’ARP. Come ho già detto gli assistenti sociali sono molto improntati.

10) Quali altre difficoltà vengono riscontrate nella collaborazione con gli assistenti sociali comunali?

Posso dire che collaborando spesso con le assistenti sociali della zona abbiamo imparato a conoscerle e a muoversi con loro. Con alcune c'è maggiormente la necessità di tranquillizzare e di aiutarle a non farsi eccessivamente carico della situazione dell’utente. Essendo sul fronte hanno bisogno anche loro di ricevere un po’ di sostegno pur considerando che hanno la possibilità di incontrarsi mensilmente per svolgere una supervisione.

Come detto, conoscendoli bene, poi ci sono anche quelle molto pratiche che non fanno perdere tempo e altre che hanno bisogno di essere un po’ più confortate e sostenute.

Quando si capisce come parlare con una o con l’altra poi si risolvono tutti i possibili problemi, non trovo più dei problemi.

11) Come valuterebbe l’aiuto erogato dall’ARP ai curatori rispetto ai seguenti elementi su di una scala da 1 a 7 (1 = inesistente, 3 = scarsa, 5 = discreta, 7 = eccellente)? Può portare degli esempi a favore della sua risposta?

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passaggio di informazioni

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definizione dei ruoli e responsabilità

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concertazione degli interventi d’autorità per l’utente Passaggio di informazioni

È difficile dare un giudizio perché cambia da curatore a curatore. C’è quello con il quale bisogna stare attenti a non dire cose troppo pesanti perché poi è a casa da solo a fare quello che viene richiesto poi c’è quello che gestisce molte curatele da diversi anni con il quale si può parlare in maniera chiara e dire come le cose funzionano, si ha un po' meno riguardo. Nel primo caso, quando sono curatori alle prime armi, bisogna essere un po’ protettivi perché va ricordato, sono sempre da soli a lavorare. Può succedere che chiamino anche dieci volte al mese ma pian piano le telefonate diminuiscono fino a quando entrano a capire come è il mondo del curatore. Infatti spesso non si immaginano neanche come sia il mondo del curatore. Tante volte arriva agente che vuole fare il curatore ma non sa neanche cosa è la commissione tutoria. Non è così facile fare il curatore allora aspetta un po’ a noi scremare. Adesso, quando si presentano dei potenziali curatori, visto che ho sviluppato un po’ un occhio clinico perché ho lavorato con tante persone, riesco a capire in fretta se il tal signore o la tal signora potrebbe farcela. In quel caso invito la persona a pensarci su bene e invito a riparlarne più in là nel tempo perché, se già nel presentarsi a noi si mostra troppo emotivamente fragile, è inutile provare a fare il curatore perché sicuramente questa persona incontrerà cose poco piacevoli svolgendo il suo incarico. I miei colleghi sanno quanto spesso sono qua a “confessare” i curatori tanto che, per ridere, mi dicono che potevo fare il prete! Comunque provo sempre un forte rispetto per loro perché svolgono il loro lavoro da soli, e devono prendere decisioni non facili a volte. Spesso gli dico di dare la colpa a noi, come ARP, perché alla fine noi siamo un ufficio e possiamo più facilmente soprassedere ai malumori dei curatelati. In questo modo il curatore può preservare maggiormente la relazione con il curatelato e mantenere un buon livello di fiducia perché se i due iniziano a bisticciare è finita. Il curatelato può venire anche ad urlare in ARP che tanto abbiamo le spalle larghe ma così si preserva la relazione tra i due.

Se dovesse dare un giudizio globale, alla luce delle cose dette, sul passaggio di informazioni tra ARP e curatori, cosa direbbe?

In ogni caso valuterei la comunicazione in ambo le direzioni come buona, 6.

Definizione dei ruoli e responsabilità

Premettendo che ci sono dei mandati ufficiali che i curatori ricevono sempre come valuterebbe la definizione dei ruoli e responsabilità tra ARP e curatori?

Purtroppo ci sono molti casi nei quali i curatori sembrano non riuscire a stabilire dove comincia e dove deve arrivare il loro ruolo tanto che spesso mi chiedo se abbiano letto bene la decisione emanata da noi perché e tutto spiegato bene. Un esempio, un curatore amministrativo ha un curatelato che deve traslocare e ci viene a dire che non è suo compito gestire il trasloco. Effettivamente non c’è scritto da nessuna parte che deve riempire le scatole e smontare i mobili del curatelato ma sicuramente deve organizzarlo. Deve chiamare una ditta per farsi dare un preventivo sui costi legati allo spostamento, ecc. Magari il curatore si lamenta dicendo che lui deve gestire solo i conti ma effettivamente ha ricevuto anche il mandato di rappresentare il curatelato anche per questo genere di cose. In queste occasioni spesso i curatori non capiscono il loro ruolo e allora dobbiamo intervenire. Un altro esempio, un curatelato sta cercando un posto di lavoro. Non tocca al curatore a fare le ricerche ma niente e nessuno gli impedisce di aiutare a redigere un CV ordinato, a chiedere quante ricerche sono state fatte nell’ultima settimana, ecc. Non devono fare per il curatelato ma collaborare con lui.

Ci sono quindi i due estremi. Il curatore che fa tutto lui e quello che non fa quasi niente. Un altro esempio che posso portare è molto recente. Una curatrice sta seguendo una signora con problemi psichiatrici che ad un certo punto è spartita in Francia lasciando a casa il gatto. Per un po’ di giorni la portinaia ha dato da mangiare al gatto ma poi ha chiamato la curatrice. In quel caso ho dovuto spiegarle che non era sua responsabilità accudire il gatto ma che doveva provvedere ad una sua sistemazione chiamando, per esempio, il gattile. Qualcuno è poi venuto a prendere il gatto in presenza della curatrice e della portinaia che dovevano essere presenti per aprire la porta di casa. Quando dopo tre settimane la curatelata è tornata dalla Francia e ha chiesto del gatto gli è stato spiegato che è stato sistemato in un gattile e che poteva andarlo a riprendere. In un primo momento la curatrice non voleva occuparsi del gatto non ritenendolo parte del suo ruolo ma in ogni caso lei ha il mandato di rappresentarla. Dall’altra parte ci può essere la curatrice che si porterebbe a casa il gatto accudendolo personalmente. Questo però non fa parte del ruolo del curatore. Come mai pensa che ci sono queste difficoltà a comprendere il mandato ricevuto?

Secondo me non ci sono difficoltà a comprendere il mandato ma dipende molto dalle personalità dei curatori. C’è quello che ama molto essere sempre utile, che fa tanto, che anticipa le cose per portarle a termine velocemente e che farà sempre così. Questi sono i curatori che a volte fanno fin troppo. Altri invece hanno paura di prendere una decisione, paura di avere conseguenze legali, andare in prigione o ricevere una multa e quindi non agiscono e non si prendono la responsabilità. Bisogna considerare che per l’ARP risulterebbe impossibile prendersi carico anche delle decisioni come quella di dover portare il gatto al gattile. Quando ci sono curatori di quest’ultimo genere spesso bisogna andare a rilegger insieme il mandato che dice: “rappresentare l’interessato…” adesso cerco una decisone e te la leggo. La decisone è bella ma tante volte hanno paura ad interpretarla, però è comprensibile visto che sono lasciati ad agire da soli che se non avessero il nostro sostegno sarebbero proprio abbandonati. Non so come si comportano le altre ARP ma noi, e possiamo dirlo con un po’ di orgoglio, veniamo apprezzati dai curatori per tutto il tempo che “perdiamo” per sostenerli. Ecco che ho trovato una decisione che dice: “rappresentare l’interessato nel quadro dei propri affari amministrativi in particolare nel rapporto con le autorità, i servizi amministrativi e sociali, gli istituti bancari e di credito, la posta, le assicurazioni… Gestire con diligenza il patrimonio… Vegliare al benessere sociale e

rappresentare l’interessato in tutti gli atti necessari a tal fine.” Questa frase è presente anche nella misura più semplice!

È un campo di azione abbastanza vasto, mi viene da dire.

Certo che lo è. La decisione prosegue dicendo che: “la curatrice è autorizzata ad aprire la corrispondenza inerente al proprio mandato ad esclusione di quella che appare manifestamente di carattere personale. La curatrice è autorizzata ad accedere al domicilio dell’interessato”. Quest’ultima parte cambia da caso a caso. In questa situazione era necessario. Non tutte le volte viene data questa autorizzazione. Voglio sottolineare che la frase: “vegliare al benessere sociale e rappresentare…” dice tutto! Il curatore deve rappresentare il curatelato, non fare al suo posto. Ogni tanto la paura di avere ripercussioni penali per le proprie decisioni prende il sopravvento e il curatore non agisce.

Se dovesse dare un valore a questo aspetto appena valutato, cosa darebbe?

È difficile perché c’è il curatore che fa benissimo e quello che fa troppo poco. Quello che fa il giusto darei anche un eccellente, 7. Poi c’è quello che fa troppo darei un giudizio di scarso, 3, perché non si fa. Nel caso di quelli che sono più indecisi darei una valutazione anche scarsa, 3. È vero che hanno paura ma ad un certo punto nella vita devi prendere delle decisioni. Alla fine parliamo di decisioni come quella della sistemazione del gatto, non di portare via dei figli a qualcuno, che non spetta a loro! Nell’esempio del trasloco il curatore deve collaborare, non farlo lui ma aiutare. Il nuovo padrone di casa vorrà sapere se il curatelato ha un’assicurazione di responsabilità civile, ecc. In fare questo non ci devono essere timori di incappare in conseguenze penali. Però, come ho spesso detto oggi, i curatori sono soli e quindi è comprensibile che ogni tanto abbiano dei dubbi.

Concertazione degli interventi d’autorità per l’utente

Noi chiediamo sempre un rapporto al curatore, se c’è il tempo, perché dipende cosa succede. Se non c’è il tempo perché la situazione e grave, magari abbiamo ricevuto una segnalazione medica o una legata alla condizione di un bambino, allora decidiamo subito. Non perdiamo dieci giorni ad aspettare la risposta del curatore. Dobbiamo per forza agire. In un secondo momento il curatore verrà reso partecipe della decisione. In quei casi nei quali è necessario un intervento urgente bisogna agire e basta. Il curatore non ti può fermare chiedendo di aspettare ad emettere una decisione. Se abbiamo gli elementi sufficienti per prendere una decisione grave questa viene emessa subito, non ci sono discussioni.

Nel limite del possibile viene presa in considerazione il punto di vista del curatore?

Chiaro! Quando la situazione non è grave si coinvolge molto il curatore. Poco tempo fa è

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