• Non ci sono risultati.

Gli indici aventi natura sostanziale o strutturale

2. La “gerarchizzazione” dei criteri solutori: gli indici di stam-

2.1. Gli indici aventi natura sostanziale o strutturale

In assenza di una qualificazione espressa, in un senso o nell’altro, della corruzione in atti giudiziari, l’indagine sui criteri di tipo formale ha condotto all’acquisizione di due flebili segnali, senz’altro insufficien- ti, che potrebbero orientare per l’inquadramento della fattispecie tra i titoli autonomi di reato.

Nondimeno, l’ambiguità e l’ambivalenza sia della peculiare denomi- nazione che della separata collocazione in un distinto articolo di legge impongono di spingersi oltre, per verificare se dall’analisi dei criteri a natura sostanziale o c.d. strutturali sia possibile trarre spunti decisivi per dare risposta ad un interrogativo dai contorni alquanto oscuri.

Tacendo, per ragioni di sintesi, su quelli oramai superati e tenden- zialmente abbandonati, ci pare che l’attenzione debba concentrarsi attorno a tre indici, che attengono rispettivamente al modo di determi-

nazione della pena49, alle modalità di descrizione del precetto ed all’og-

gettività giuridica tutelata.

1) Quanto al primo, esso depone senz’altro a favore della natura circostanziale della fattispecie e tra l’altro con portata risolutiva, quando si manifesti nella variante “variazione indeterminata della pe- na”, di cui si hanno chiare esemplificazioni in tutti i casi nei quali ri- corrono formule come “la pena è aumentata”50 o “la pena è diminui-

alla nota che precede; b) dall’art. 73, L. 19 febbraio 1992, n. 142; c) dall’art. 32 quater c.p.; d) dall’art. 24, D.Lgs. n. 231/2001 (alla stessa stregua, in questi ultimi due casi, dell’art. 640, comma 2, n. 1, c.p.).

48 Vi ricorre la Suprema Corte, nell’ambito dei criteri formali unitamente a quello letterale tratto dalla clausola di sussidiarietà, cui si accompagna una rico- struzione dell’intentio legis attraverso la relazione governativa di accompagnamen- to del disegno di legge di conversione n. 146/2013, per motivare la trasformazione dell’art. 73, comma 5, T.U. n. 309/1990 da circostanza a reato autonomo. Cfr. Sez. I, 8 gennaio 2014, n. 14288, in www.penalecontemporaneo.it; Sez. III, 25 febbraio 2014, n. 11110, in Guida dir., 2014, n. 13, p. 91.

49 Colloca invece tale criterio nell’ambito della più ampia categoria degli indici di tipo formale, distinguendo al suo interno tra quelli di tipo testuale e/o topografi- co e quelli, tra cui per l’appunto il modo di determinazione della pena, aventi ca- rattere più propriamente sistematico D. GUIDI,Appropriazione, distrazione ed uso

nel delitto di peculato, Milano, 2008, pp. 243-244.

50 Sempre limitandosi al codice, nelle ipotesi di cui agli artt. 241, comma 2, c.p. (sia pure con la inusuale espressione “la pena è aggravata”); 245, comma 2; 246,

ta”51 o nel rinvio esplicito alla disciplina di cui all’art. 69 c.p., anch’es-

sa inequivocabilmente evocativa del suo essere circostanza52. Come

precisato dalle stesse Sezioni unite Fedi, il fatto che il legislatore nulla dica su come procedere nella quantificazione della pena non lascia al giudice altra scelta se non quella di rifarsi ai principi generali stabiliti dagli artt. 64 e 65 c.p., con ciò dando implicitamente conto di consi- derare quella fattispecie come un reato circostanziato53.

comma 3; 266, comma 3; 270, comma 3; 270 ter, comma 2; 288, comma 2; 304, comma 2; 305, comma 4; 307, comma 2; 319 bis; 341 bis, comma 2; 343, comma 3; 346 bis, commi 3 e 4; 355, comma 2; 356, comma 2; 368, comma 2; 377, comma 4; 380, comma 2; 386, comma 3; 393, comma 3; 411, comma 2; 413, comma 2; 416, comma 5; 418, comma 2; 419, comma 2; 423 bis, comma 3; 425; 456; 495 ter, com- ma 2 (“il fatto è aggravato”); 501, comma 2; 513 bis, comma 2; 514, comma 2; 517 bis; 528, comma 4; 556, comma 2; 564, comma 3; 573, comma 2; 580, comma 2; 591, comma 4; 594, comma 4 (oggi depenalizzato dal D.Lgs. 15 gennaio 2016, n. 7); 595, comma 4; 602 ter, comma 8; 609 quinquies, comma 3; 609 octies, comma 3; 610, comma 2; 611, comma 2; 612 bis, comma 2; 622, comma 2 (ove si ricorre, di nuovo, all’inconsueta formula “la pena è aggravata”); 635 ter, comma 3; 635 qua- ter, comma 2; 635 quinquies, comma 3; 642, comma 2, ultimo periodo; 645, com- ma 2; 646, comma 2; 648 bis, comma 2; 648 ter, comma 2; 648 ter 1, comma 5; 680; 700 e 720, comma 2.

51 Agli artt. 311, 323 bis; 346 bis, comma 5; 370; 386, comma 4; 444, comma 2; 573, comma 2; 609 octies, comma 4; 648 bis, comma 3 e 648 ter, comma 3.

52 Si veda, in proposito, l’art. 280 bis, comma 5, c.p., che tuttavia già identifica le ipotesi di cui al terzo e quarto comma come “aggravanti”, con ciò rendendo questo ulteriore criterio come “sussidiario” rispetto a quello principale, rappresen- tato dalla qualificazione dell’elemento dubbio come circostanza nel testo della norma.

53 In questi termini anche R.G

UERRINI, Elementi costitutivi e circostanze del rea- to, cit., p. 36; T. PADOVANI, Circostanze del reato, cit., p. 196, che vi equipara il caso in cui la disposizione includa un esplicito riferimento alla disciplina dell’art. 69 c.p.; F. PALAZZO,Corso di diritto penale, Parte generale, cit., p. 519 ss.

Senza peraltro dimenticarsi dell’acuta puntualizzazione di F. BASILE, Reato au- tonomo o circostanza?, cit., p. 1576, che invita a verificare sempre che l’indeter- minatezza dell’aumento di pena si coniughi alla precondizione che le due fattispe- cie in confronto, una delle quali dalla incerta collocazione, siano in rapporto di specialità e non di eterogeneità o di incompatibilità, perché altrimenti la natura cir- costanziale sarebbe comunque preclusa, nonostante quella specifica modalità di determinazione della pena. Si richiamano in proposito gli artt. 440, comma 3 e 593, comma 3, c.p., limitatamente alla verificazione dell’evento lesioni personali, per la assoluta eterogeneità dell’oggetto materiale “acque o sostanze destinate all’alimen- tazione” di cui al primo comma rispetto alle “sostanze medicinali”, di cui al terzo comma, nel primo caso. E per l’alternatività-esclusione reciproca degli eventi, disci- plinando il primo comma un reato di evento di pericolo ed il terzo un reato di dan- no, nel secondo caso.

Nessuna inferenza certa può viceversa derivare dalla fissazione del- la pena in misura frazionaria rispetto alla pena prevista in altra norma incriminatrice, perché se è vero che ciò accade con una certa frequen- za quando si tratta di circostanze, non mancano tuttavia ipotesi di fat- tispecie autonome nelle quali la sanzione viene individuata per rela- tionem rispetto ad altra fattispecie autonoma (come ad esempio per l’art. 320 c.p. rispetto agli artt. 318 e 319 c.p. o per l’art. 377 c.p. ri- spetto agli artt. 371 bis, 371 ter, 372 e 373 c.p.). E rilievo ancora mino- re, per non dire del tutto insussistente, deve riconoscersi al simmetri- co contrario, ovvero alle ipotesi nelle quali la pena venga costruita au- tonomamente e non modificando la misura di altra già fissata da altra disposizione, perché si tratta di argomento che entra palesemente in rotta di collisione con la realtà, più viva che mai, delle c.d. circostanze

indipendenti o autonome54.

Non lasciando l’art. 319 ter c.p. indeterminata la variazione san- zionatoria e rendendosi dunque inapplicabile l’art. 64 c.p., tale crite- rio strutturale ad efficacia vincolante non può essere validamente in- vocato nel caso che ci occupa, che pertanto dovrà trovare altrove la sua soluzione.

2) Le modalità con le quali si descrivono gli elementi costitutivi del- la fattispecie dovrebbero rappresentare, almeno ad avviso delle Sezio- ni unite Fedi e non solo55, l’altro criterio logico-strutturale di per sé

decisivo ai fini della sussunzione della fattispecie dubbia tra i titoli autonomi di reato o piuttosto tra gli elementi accidentali. La tecnica di descrizione dell’enunciato normativo per relationem, attraverso cioè il rinvio alla tipizzazione del fatto già contenuta nella disposizione che disciplina il reato-base, sarebbe univocamente esplicativa della volon- tà del legislatore di qualificare quell’elemento come una circostanza, perché, così facendo, ciò che rimane in evidenza, per effetto di un suo

54 Per tutti A. C

ADOPPI, La distinzione fra circostanze aggravanti ed elementi co- stitutivi, cit., p. 661.

55 Convalidano la medesima impostazione, definendo il criterio strutturale del- la descrizione del precetto come l’unico in grado di distinguere tra norme che pre- vedono circostanze e norme che prevedono elementi costitutivi della fattispecie Sez. un., 27 ottobre 2011, n. 4694, in C.E.D. Cass., n. 251270, che riconoscono, per l’effetto, natura di circostanza all’accesso abusivo ad un sistema informatico o te- lematico posto in essere dai soggetti qualificati di cui all’art. 615 ter, comma 2, n. 1, c.p.; nonché Sez. I, 19 novembre 2014, n. 7941, in www.penalecontemporaneo.it, che, nel c.d. processo Eternit, qualifica la fattispecie di cui all’art. 434, comma 2, c.p. come un reato aggravato dall’evento e dunque come una circostanza proprio in virtù dell’integrale rinvio di essa alla fattispecie del primo comma, senza alcuna autonoma (ri)descrizione del fatto tipico.

costante richiamo, sarebbe per l’appunto il reato-base, a cui quella (per l’appunto) circostanza farebbe riferimento56.

Come già accennato, tale criterio è stato sin da subito oggetto, sia da parte della giurisprudenza57 che da parte della dottrina58, di criti-

che e censure, che hanno finito non solo per degradarlo, in un’astratta scala gerarchica, da “probante” a” meramente indiziante”, ma di fatto per disattenderlo, in quanto concretamente surclassato da criteri for- mali di scarsa pregnanza, quali l’intentio legis, il distinto nomen iuris o la collocazione topografica, che orienterebbero nella direzione opposta a quella viceversa suggerita dalle modalità di descrizione del precetto.

A ben vedere, taluni autori, ancor prima dell’intervento delle Sezio- ni unite, avevano attribuito alla tecnica di formulazione del precetto un significato univoco, purché declinato invertendo i termini dell’equi- valenza come invero prospettata dalla Corte regolatrice: non sarebbe la descrizione per relationem a qualificare la fattispecie dubbia in termini circostanziali ma la integrale (ri)descrizione del fatto, senza rinvii al reato base, a costituire elemento probante della natura costi-

tutiva della fattispecie59.

A me pare una distinzione convincente, sebbene sorretta da argo- mentazioni solo in parte coincidenti con quelle sin qui sostenute allo scopo di assegnare alla tipizzazione ex novo una valenza inequivoca- bilmente dimostrativa dell’inquadramento dogmatico della fattispecie, di cui sarebbe viceversa priva la norma costruita “per derivazione” da un’altra.

L’automatismo classificatorio all’interno della categoria degli ele-

56 Che attraverso una certa tecnica descrittiva del fatto si riesca a “tenere in evi- denza il reato base” è fatto indubitabile, reso ancor più immediatamente percepibi- le da tale risalente espressione di A. MORO, Unità e pluralità di reati, Padova, 1959,

p. 66, e come tale oggetto di sostanziale accordo. Cfr., sul punto, tra gli altri, R.A. FROSALI, Concorso di norme e concorso di reati, Città di Castello, 1937, p. 39 ss.; G. VASSALLI, Concorso tra circostanze eterogenee, cit., p. 16; R. GUERRINI, Elementi co- stitutivi e circostanze del reato, cit., pp. 63-64; L. CONCAS, Circostanze del reato ed elementi specializzanti costitutivi, cit., p. 380; F. COPPI, Appunti in tema di “malver-

sazione a danno dello Stato”, cit., p. 576; F. BASILE, Reato autonomo o circostanza?, cit., p. 1579.

57 Cfr. quanto detto supra alla nota 22.

58 Individua, a fondamento di tale tecnica, più ragioni di ‘economia normativa’ che manifestazioni della volontà di introdurre circostanze R. BARTOLI, Truffa ag- gravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, cit., p. 308.

59 Così L. C

ONCAS, Circostanze del reato ed elementi specializzanti costitutivi, cit.,

p. 378. Nello stesso senso R. BARTOLI, Truffa aggravata per il conseguimento di ero- gazioni pubbliche, cit., p. 308; F. PALAZZO, Corso di diritto penale, Parte generale, cit., pp. 521-522.

menti accidentali di ogni fattispecie che si avvalga, nella parte descrit- tiva, dello strumento del rinvio ad altra ipotesi di reato è essenzial- mente (ma anche esclusivamente)60 smentito da una controprova a

carattere sistematico, perché non sempre ed immancabilmente la mancata riproposizione del tipo normativo cela una circostanza, co- me è ad esempio evidente nei casi disciplinati dall’art. 609 octies c.p., dall’art. 626, nn. 2 e 3, c.p. o dall’art. 314, comma 2, c.p.61, nei quali la

60 Non mi pare, infatti, affatto persuasivo l’ulteriore argomento che denunce- rebbe un’asserita inconcludenza del criterio strutturale di derivazione del precetto da altra norma in punto di qualificazione dell’elemento ambivalente, poiché me- ramente rappresentativo della “volontà di mostrare che tra le fattispecie sussist[a] un rapporto di specialità” (così R. BARTOLI, Truffa aggravata per il conseguimento di

erogazioni pubbliche, cit., p. 308). La relazione strutturale di specialità è, come già osservato, un pre-requisito, in assenza del quale il problema che ci occupa non avrebbe ragion d’essere, dovendosi a priori optare per l’autonomia della fattispecie in raffronto. E allora non si vede quale significato abbia costruire una norma con l’obiettivo di evidenziare che questa sia speciale rispetto ad un’altra generale, quan- do, in difetto di tale rapporto, verrebbe meno il presupposto stesso da cui origina la questione della sua qualificazione in termini di circostanza o di elemento costi- tutivo. Peraltro, anche le norme contraddistinte da una tecnica descrittiva “auto- noma”, per assumere rilievo ai fini che ci interessano, debbono essere legate da un rapporto di specialità con la fattispecie di relazione, ancorché poi si concluda per la natura di autonomi titoli di reato.

61 In proposito si registra non poca confusione nell’individuazione delle ipotesi che, all’interno dell’ordinamento, si opporrebbero alla coincidenza tra formula- zione del precetto tramite rinvio e circostanza. Si tende spesso a trascurare infatti che, nella maggior parte dei casi più frequentemente evocati, la natura di elemen- to costitutivo di altra fattispecie dotata di una sua autonomia non discende affatto dalle modalità descrittive del reato quanto dal tipo di relazione strutturale che in- tercorre tra le norme, che non è quella di specialità, nelle due possibili varianti per specificazione o per aggiunta, bensì quella di incompatibilità-alternatività. Così per i reati di inadempimento colposo di contratti di fornitura in tempo di guerra di cui all’art. 251, comma 2, c.p. rispetto all’inadempimento doloso di cui all’art. 251, com- ma 1, c.p.; dei delitti colposi contro la salute pubblica, di cui all’art. 452 c.p. rispet- to alle corrispondenti fattispecie dolose di cui agli artt. 438 e 439 c.p.; nonché dell’art. 527, comma 2, c.p., che sanzionava, prima della sua depenalizzazione, la forma colposa di atti osceni in luogo pubblico, sui quali tutti si soffermano anche le Sezioni unite Fedi, obiettando circa la non decisività della censura, sia pure senza richiamare il rapporto strutturale tra fattispecie. O per il reato di cui all’art. 334, comma 2, c.p. rispetto al reato di cui all’art. 334, comma 1, c.p. (esempio citato, a nostro avviso impropriamente, a sostegno della fallacia del criterio in esame da R. BARTOLI, Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, cit., p. 308), riferendosi quest’ultimo al fatto commesso dal custode che non sia proprietario della res ed il primo dal custode che sia anche proprietario.

Si assegna, viceversa, natura autonoma al peculato d’uso, essendosi ivi valicato il limite di riconoscibilità della relazione circostanziale tra due entità criminose

descrizione del fatto per relationem si coniuga alla natura, da tutti ri- conosciuta, di titoli autonomi di reato.

Ciò non toglie tuttavia che si tratti di criterio dalla innegabile forza euristica, perché non sembra revocabile in dubbio che mutuare la ti- picità di una norma da un’altra limitrofa, alla quale deve necessaria- mente essere legata da un rapporto di specialità, non può non lasciare presagire che la prima risulti accessoria rispetto alla seconda, limi- tandosi ad assolvere ad una funzione commisurativa in via extraedit- tale della sanzione penale, senza dar vita ad una “nuova” fattispecie di reato. Permane, infatti, un vincolo, almeno in apparenza, irriducibile con l’ipotesi-base, giacché “segnalato” dalla stessa struttura della fatti- specie, che non presenta una sua autonomia ma si sostanzia nella me- ra riproposizione del fatto tipico della norma generale, con l’aggiunta, in sé o quale mera specificazione, di alcuni elementi aventi funzione specializzante.

La diversa efficacia che deve riconoscersi ad una compiuta ed esau- stiva (ri)descrizione della fattispecie tipica si deve, pertanto ed in de- finitiva, soltanto al fatto che, al di là della comune validità euristica di parametri tra loro simmetrici, soltanto questa si mostra capace di re- sistere ad una verifica intrasistematica, non conoscendo il nostro or- dinamento ipotesi circostanziali caratterizzate da una autonoma ti- pizzazione del fatto.

Dunque ed in conclusione sul punto, solo in parziale difformità

rappresentato dalla integrale continenza degli elementi dell’una nell’altra, per la chiara incompatibilità tra un uso strutturalmente e programmaticamente momen- taneo ed il fatto appropriativo, al quale deve seguire come effetto la perdita della cosa da parte dell’avente diritto. In questo senso, per tutte, Corte cost., 19 novem- bre 1991, n. 416, in Cass. pen., 1992, p. 1435; Sez. un., 20 dicembre 2012, Vattani, in Riv. pen., 2013, p. 617; nonché in Riv. it. dir. e proc. pen., 2013, p. 2052, con no- ta parzialmente critica di A.AIMI,In tema di uso e appropriazione nell’ambito dei

delitti di peculato.

In dottrina cfr. F.C. PALAZZO,Commento agli artt. 314-316 c.p., in T.PADOVANI(a cura di), I delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, Torino, 1996, p. 31; A.M. MAUGERI,Peculato per appropriazione e condotte distrattive, in Ind. pen., 1993, p. 722; P. PISA,Come interpretare il peculato d’uso di una pellicola cine- matografica, in Dir. pen. proc., 1995, p. 573 ss.; R.BARTOLI,La distinzione tra appro- priazione e distrazione e le attuali esigenze di tutela patrimoniale, ivi, 2001, p. 1142; A. SEGRETO-G.DELUCA,I delitti dei pubblici ufficiali contro la Pubblica Ammini-

strazione, Milano, 1999, p. 127. Opta per la natura circostanziale, una volta consi- derato l’uso come una specifica modalità di realizzazione dell’appropriazione, es- senzialmente alla luce della tecnica di descrizione normativa impiegata, che si li- mita a riproporre integralmente l’enunciato del peculato comune, salvo valorizzar- lo nei suoi contrassegni differenziali e nella diversa dimensione sanzionatoria, D. GUIDI,Appropriazione, distrazione ed uso, cit., p. 228 ss., in part. 233-234 e 245-246.

con quanto sostenuto dalle Sezioni unite, il criterio strutturale, che si esprime attraverso lo strumento del rinvio, risulta fortemente indiziante, anche se non necessariamente probante, della natura circostanziale dell’ipotesi scrutinata.

Avendo la corruzione in atti giudiziari, anche a seguito della ri- forma del 1990, mantenuto immutata la sua configurazione per rela- tionem rispetto alla corruzione propria ed impropria, nel prosieguo della nostra indagine dovremo inevitabilmente confrontarci con que- sto dato, “bilanciandolo” con quelli da esso divergenti, aventi pari o differente capacità di persuasione.

3) Si è detto, a proposito del criterio dell’oggettività giuridica tute- lata, come la sentenza Fedi rappresenti un vero e proprio punto di svol- ta rispetto al passato62, perché in essa si nega decisamente che possa

trarsi alcuna valida indicazione dal fatto che l’elemento specializzante comporti o meno un mutamento del bene giuridico protetto, ponen- dosi nel primo caso come elemento costitutivo e nel secondo come circostanza.

Più che alla consueta obiezione che, attraverso di esso, si realizze- rebbe un’inversione da un punto di vista logico, dando come presup- posto l’individuazione del bene giuridico tutelato e quindi la sua iden- tità o la sua modificazione, quando in realtà per far questo sarebbe necessario distinguere, all’interno della struttura del reato, gli elemen- ti essenziali da quelli accidentali, esso non riesce a sottrarsi ad altro tipo censura, che ne preclude l’utilizzabilità, almeno in via principale.

Infatti, più che di un c.d. circolo ermeneutico (vizioso), affetto dal vizio genetico di una aprioristica identificazione del bene giuridico al di là di un’attività interpretativa analitico-razionale, saremmo dinan- zi, come da tempo osservato63, al comune metodo esegetico-sperimen-

tale, che giunge all’interpretazione corretta per tentativi e verifiche critiche, in un continuo passaggio dalla formula legislativa all’oggetto della tutela e viceversa, sino a quando cioè la “prevalutazione” e la

62 Ancora R. B

ARTOLI, Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pub-

bliche, cit., p. 302, proprio in ragione del fatto che, come ricordato dalle Sezioni unite Fedi, anche in passato il massimo consesso vi aveva ricorso a più riprese, come in materia di contrabbando valutario per un valore non superiore a L. 5 mi- lioni (Sez. un., 19 giugno 1982, Greco, in Cass. pen., 1983, p. 266; in tema di “fatto di lieve entità” di cui all’art. 73, comma 5, T.U. n. 309/1990 (Sez. un., 31 maggio 1991, Parisi, ivi, 1991, p. 1945; in materia di contrabbando di tabacco lavorato estero in quantità superiore a 15 kg (Sez. un., 29 ottobre 1997, Deutsch, ivi, 1998, p. 1331). Quanto alle Sezioni semplici, in tema di rapporti tra artt. 640 e 640 bis c.p., cfr. Sez. II, 9 novembre 1998, De Vita, cit.

63 Per tutti F. M

“valutazione susseguente”, corredate da costanti precisazioni ed ag- giustamenti, finalmente coincidano.

Ma resta comunque il fatto che, messo alla prova con le fattispecie di parte speciale del codice e della legislazione complementare, si mo- stra indice privo di quella portata euristica generale che invece do- vrebbe possedere, riscontrandosi plurime ipotesi di fattispecie auto- nome che non si distinguono per l’interesse giuridico tutelato, per tut- te identico (si parla in proposito di oggetto giuridico di categoria), ma per altre note caratterizzanti, quali anzitutto il tipo di condotta non- ché ipotesi di circostanze che, anziché approfondire l’offesa tipica- base, ne aggiungono una ulteriore, con l’effetto di integrare l’oggetti- vità giuridica protetta con la lesione di altro interesse, diverso da