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La necessaria presa d’atto della mancata previsione dell’isti-

2. La “gerarchizzazione” dei criteri solutori: gli indici di stam-

2.6. La necessaria presa d’atto della mancata previsione dell’isti-

gazione alla corruzione in atti giudiziari quale precipitato della qualificazione come fattispecie autonoma e le possibili soluzioni

Da tutto quanto precede emerge nitidamente come, sempre in una prospettiva di carattere generale relativa ai rapporti tra istigazione alla corruzione e tentativo di corruzione, si profila, come già accennato, la seguente alternativa: a) o si considera l’art. 322 c.p. una norma speciale e, per così dire, esclusiva in tema di tentativo, nel senso che ogni forma di offerta o promessa di denaro o altra utilità proveniente dal privato, da

131 Si ricordi, infatti, come sia frutto di un equivoco concettuale l’identificazio- ne tra tipicità della condotta e sua illiceità, perché è tipico ogni elemento necessa- rio all’integrazione della fattispecie, che può essere anche implicito (si pensi al- l’atto di disposizione patrimoniale nella truffa) o assolutamente lecito o comunque giuridicamente tollerato (si pensi, nel primo caso, allo stesso atto di disposizione patrimoniale nella truffa e, nel secondo, al suicidio nell’istigazione al suicidio).

un lato o di sollecitazione da parte del pubblico ufficiale avente ad og- getto la promessa o la dazione di denaro o altra utilità, dall’altro – siano esse frutto di una condotta unilaterale o, al contrario, della condivisione di un proposito criminoso manifestatosi tra le parti ma poi non concre- tizzatosi – troverebbe in questa sola disposizione la sua disciplina, ri- manendo contestualmente precluso il ricorso a clausole generali di in- criminazione suppletiva, come, appunto, l’art. 56 c.p.; b) oppure si ritie- ne al contrario che, stante l’irriducibile diversità tra tentativo unilaterale e tentativo bilaterale, l’art. 322 c.p. si riferisca soltanto al primo, non es- sendovi ostacoli a che trovino applicazione le regole generali dell’art. 56 c.p. nella ipotesi di esecuzione parziale del reato a concorso necessario.

In altri termini, la riconosciuta natura di fattispecie autonoma del- l’art. 322 c.p., costruita come reato a consumazione anticipata rispetto alla figura della corruzione, può assumere un significato “massimo” di sottrazione, in subiecta materia, di ogni ipotesi di “accordo non defini- to” alla generale disciplina del tentativo132; o piuttosto un significato

“minimo”, circoscritto alle condotte aventi rilievo esclusivamente uni- laterale, ben potendosi ricorrere all’art. 56 c.p. per sanzionare la tratta- tiva intercorsa tra i coagenti, l’uno pertanto “istigatore” dell’altro, che non abbia comunque avuto esito, sebbene sviluppatasi attraverso un susseguirsi di proposte e di controproposte da ambo le parti133.

Una certa dose di ambiguità dell’enunciato normativo, unitamente alle oggettive difficoltà di giustificare un trattamento sanzionatorio non privo di incoerenza, inibiscono una soluzione che si presenti come in- fallibile: se, infatti, non possono trarsi indicazioni univoche dalla lettera della norma (offerta “non accettata” può essere indifferentemente inte- so come non accettata tout court o anche come rifiutata nonostante una trattativa), vi è chi, a sostegno della piena autonomia dell’art. 322 c.p., ha segnalato, come poc’anzi già evidenziato, la contraddittorietà di punire, ai sensi dell’art. 56-319 c.p., meno severamente il tentativo bila- terale rispetto a quello unilaterale, per quanto sia indiscutibile che si tratti di fatto in grado di manifestare una più accentuata gravità.

Si è tuttavia, in proposito, obiettato come la punibilità del solo sog- getto che assume l’iniziativa, nonostante la fattiva (anche se improdut- tiva) compartecipazione dell’altro, risulti inspiegabile sia da un punto di vista logico che di politica criminale, riservandosi a questi un trat- tamento di favore privo di ragionevole giustificazione. In sintesi, sem- brerebbe preferibile sanzionare in qualche modo una condotta che pre-

132 In questo senso G. F

ORNASARI,Delitti di corruzione, in A. BONDI-A. DI MARTI- NO-G. FORNASARI, Reati contro la pubblica amministrazione, cit., p. 223.

133 M. R

senta le stigmate della tipicità piuttosto che incomprensibilmente re- legarla nell’area dell’indifferente penale134.

Ciò doverosamente precisato, è agevole apprezzarne le conseguen- ze con più specifico riferimento alla corruzione in atti giudiziari.

Il mancato richiamo da parte dell’art. 322 c.p. al disposto dell’art. 319 ter c.p. ha costretto la dottrina, tendenzialmente concorde nel ri- conoscere a quest’ultima natura di fattispecie autonoma, a prodigarsi nel tentativo di colmare la lacuna altrimenti determinatasi, prospet- tando le due seguenti possibilità interpretative.

La prima, già suggerita all’indomani del vuoto “sanzionatorio”, poi emendato, derivante dalla non menzione, nel corpo dell’art. 321 c.p., dell’art. 319 ter c.p.135, si fonda sull’idea del rinvio c.d. implicito o doppio

rinvio, attuato attraverso l’espresso richiamo al complesso sistema nor- mativo rappresentato dagli artt. 318 e 319 c.p., nel quale dovrebbe ri- comprendersi anche l’art. 319 ter c.p., in quanto quest’ultimo, a sua vol- ta, per descrivere la condotta incriminata, vi fa esplicito riferimento136.

La seconda invece ipotizza il ricorso al combinato disposto degli artt. 56 e 319 ter c.p., se ed in quanto i fatti corruttivi integrino gli estremi del tentativo di corruzione in atti giudiziari.

Si tratta di due opzioni esegetico-ricostruttive, a nostro avviso, del tutto impraticabili.

La tesi del rinvio implicito, comunque la si voglia riguardare, urta ine- sorabilmente con il principio di legalità, perché non si traduce in niente di diverso da un’estensione analogica in malam partem occulta, contrab- bandata sotto forma di pseudo-interpretazione estensiva “detassativiz- zante”, senz’altro funzionale a colmare una lacuna imputabile alla ina- deguatezza del legislatore ma non per questo da ritenersi ammissibile in un sistema dominato, almeno in linea astratta, dal principio di deter- minatezza137.

134 Ancora M. R

OMANO,I delitti contro la pubblica amministrazione, cit., p. 267. 135 Già di per sé sufficiente a comprovare l’inanità dello sforzo di un’interpreta- zione ortopedica che lo stesso legislatore ha mostrato di ritenere destituita di fon- damento, tanto da essere stato “costretto” ad intervenire direttamente per ovviare alla colpevole dimenticanza.

136 Di questo avviso F.C.P

ALAZZO,La riforma dei delitti dei pubblici ufficiali, cit., p. 826; C.F.GROSSO,Commento agli artt. 318-322 c.p., in T. PADOVANI(a cura di), I delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, Torino, 1996, p. 219; A.PAGLIARO-M. PARODI GIUSINO,Principi di diritto penale, Parte speciale, I, cit., p. 242 ss. Nonché, in giurisprudenza, Sez. un., 27 giugno 2013, n. 43384, in www. penalecontemporaneo.it, 11 dicembre 2013.

137 Concordano con questa impostazione M. D

ELGAUDIO,Corruzione, cit., p. 176,

La tesi dell’applicabilità della norma generale sul tentativo, così co- me formulata, non può essere accolta, perché, prospettando un’alter- nativa tra art. 322 c.p., da un lato, ed artt. 56-319 ter c.p., dall’altro, fi- nisce per sovrapporre due istituti tra loro diversi e senz’altro non coin- cidenti. Rimanendo, infatti, ancorati allo schema del reato unitario ne- cessariamente plurisoggettivo proprio, il tentativo di corruzione in atti giudiziari disciplinato dagli artt. 56-319 ter c.p., ammesso che sia con- figurabile, non può certo prescindere, come già ampiamente rilevato, dall’apporto di entrambi i coagenti necessari, distinguendosi dall’art. 322 c.p. proprio per la bilateralità del contributo e per la indiscrimi- nata punibilità dei partecipi138.

Dunque, qualora si ritenga di condividere l’impostazione di chi con- sidera l’istigazione alla corruzione come esclusivamente riferibile al ten- tativo unilaterale, al combinato disposto degli artt. 56-319 ter c.p. potrà riconoscersi una funzione al più incriminatrice-integratrice della previ- sione dell’art. 322 c.p. ma giammai sostitutiva, come sarebbe invece se, in difetto di un espresso richiamo all’art. 319 ter c.p., quest’ultima non delineasse un assetto disciplinare polarizzato sulla punibilità, a seconda del fatto concretamente verificatosi, di uno soltanto tra extraneus ed

intraneus139.

atti giudiziari, diversa ed ulteriore rispetto a quelle tipiche delle ipotesi “ordinarie”, non potrebbe essere ricompresa nel generico rinvio che l’art. 322 fa agli artt. 318 e 319 c.p.; M. ROMANO,I delitti contro la pubblica amministrazione, cit., pp. 267-268; G. FORNASARI,Delitti di corruzione, in A. BONDI-A. DI MARTINO-G. FORNASARI, Reati

contro la pubblica amministrazione, cit., p. 224. Anche G. FIANDACA-E.MUSCO,Di- ritto penale, Parte speciale, I, cit., pp. 240-241, che pur condividendo le motivazioni sistematiche che stanno alla base della prospettata interpretazione correttiva, non possono fare a meno di segnalarne la difficile convivenza con il principio di legali- tà. Si noti, peraltro, come, nell’enunciare la tesi che, con le riserve qui segnalate, sembrano comunque accogliere, essi si riferiscono al rinvio che l’art. 322 c.p. ope- ra ai “fatti-base di corruzione di cui agli artt. 318 e 319”, con espressione evocati- va, almeno sul piano squisitamente letterale, di un reato semplice a fronte di un reato circostanziato piuttosto che di una fattispecie autonoma.

138 Sembra propendere per questa soluzione la giurisprudenza, senza tuttavia distinguere tra tentativo c.d. unilaterale, come detto necessariamente ed esclusiva- mente riconducibile al disposto dell’art. 322 c.p., e tentativo bilaterale, attivabile ricorrendo alla combinazione con l’art. 56 c.p., che dunque finirebbe per assolvere ad una inopinata funzione di “soccorso integrativo” dell’art. 322 c.p. per i reati da questo non espressamente richiamati. Cfr. Sez. VI, 6 febbraio 2007, n. 12409, cit. Concorda Sez. V, 17 dicembre 2013, n. 8426, cit., che esclude che alla corruzione in atti giudiziari possa applicarsi l’art. 322 c.p.

139 Sottolineano l’incongruenza di elevare a reato autonomo l’istigazione alle cor- ruzione ordinarie e non anche l’istigazione alla corruzione in atti giudiziari, nono- stante la maggiore gravità di quest’ultima, G. FIANDACA-E.MUSCO,Diritto penale, Parte speciale, I, cit., p. 240, i quali tuttavia, così obiettando, sembrano condividere

Pertanto, stante la manifesta impossibilità di intraprendere percorsi ermeneutici interni di tipo ortopedico, non si può che constatare che una delle inevitabili conseguenze di tipo sistematico dell’ascrizione dell’art. 319 ter c.p. tra le fattispecie autonome di reato è rappresenta- ta dalla punibilità dell’istigazione alla corruzione in atti giudiziari sol- tanto nei limiti e con le sanzioni previste dalla istigazione alla corruzio- ne propria, senza alcun aggravamento di pena che tenga conto della pe- culiarità della funzione giudiziaria.

Per chi poi è dell’avviso che l’art. 322 c.p. esaurisca ogni possibile forma di repressione del reato di corruzione non giunto a consuma- zione, il trattamento sanzionatorio ivi previsto si estenderà anche al tentativo bilaterale di corruzione in atti giudiziari, senza che vi sia spazio per le pene previste dagli artt. 56-319 ter c.p.

Sia che l’effetto sia unico, sia che esso sia duplice, l’incongruenza sotto il profilo sanzionatorio è comunque chiaramente percepibile140

e, come detto, non emendabile per via interpretativa se non abbando- nando l’idea che la corruzione in atti giudiziari sia una fattispecie au- tonoma, per accogliere l’opposta tesi che si tratti di una circostanza aggravante141.

Se, infatti, si optasse per la natura circostanziale, il rinvio alle ipote- si-base sarebbe senz’altro sufficiente a ricomprendere anche l’istigazio- ne alla corruzione aggravata dal fatto che questa abbia ad oggetto prov- vedimenti giudiziari142; quanto, poi, al tentativo bilaterale, di cui si po-

l’assunto, a nostro avviso erroneo, di una possibile riconducibilità dell’istigazione alla corruzione in atti giudiziari, quale tentativo avente rilievo unilaterale, entro il disposto degli artt. 56-319 ter c.p.

140 Si applicherebbe infatti la pena della corruzione ordinaria ridotta di un ter- zo anziché la pena della corruzione in atti giudiziari (sempre ridotta di un terzo) nell’ipotesi in cui si consideri l’istigazione alla corruzione quale norma incrimina- trice esaustiva della punibilità di ogni forma di tentativo; ove, invece, si ritenesse che la tentata corruzione in atti giudiziari conservi un suo autonomo spazio appli- cativo estraneo a quello dell’art. 322 c.p., la pena per il tentativo bilaterale, essendo ancora più lieve di quella dell’istigazione alla corruzione “ordinaria”, risulterebbe ancora minore e perciò non meno irragionevole.

141 Aveva, nella sostanza, optato per la natura circostanziale in forza di tale de- cisivo argomento Trib. Messina, Trib. Messina, 21 novembre 1990, in Giur. merito, 1991, II, p. 696, con note critiche di G.MINUTOLI,Spunti problematici in tema di punibilità del corruttore in atti giudiziari; e di G.VERZERA,L’art. 319 ter: una nuova figura di illecito.

142 Concorda con la conclusione (provvisoria) qui rassegnata, pur muovendo dall’assunto che la corruzione in atti giudiziari sia una fattispecie autonoma, F. CIN- GARI,La corruzione in atti giudiziari, in F.PALAZZO(a cura di), Trattato di diritto pena- le, Parte speciale. Delitti contro la pubblica amministrazione, Napoli, 2011, p. 236.

stuli una persistente autonomia rispetto al fatto di istigazione, sarem- mo dinanzi, da un punto di vista strutturale, ad un tentativo di delitto circostanziato, rientrando comunque la circostanza nel proposito cri- minoso dell’agente e sulla cui ammissibilità, come già visto143, la giuri-

sprudenza è da tempo concorde.

Una volta evidenziata la prima “anomalia sistematica” prodotta dal- la tesi assolutamente prevalente, l’interrogativo si sposta necessaria- mente su come ed in quale misura essa incida sulla qualificazione del- la norma in esame, perché non è mancato chi ha tenuto a precisare come il vuoto di disciplina in materia di istigazione alla corruzione in atti giudiziari, per quanto apprezzabile, non sia in grado di convalida- re, “quale conseguenza necessaria”144, la tesi della natura circostan-

ziale della fattispecie.

Posta in questi termini, è affermazione senz’altro condivisibile ma non per questo risolutiva. Ormai infatti dovrebbe esser chiaro che, nella materia che ci occupa, la gran parte dei quesiti formulati in ter- mini “condizionalistici” è destinata a ricevere risposta negativa, stante la premessa del ragionamento che ci si sta senz’altro confrontando con fattispecie “ostinatamente dubbie”.

L’indagine dovrà pertanto ulteriormente svilupparsi in una valuta- zione comparativa tra divergenti parametri a valenza meramente in- diziante, al fine di individuare il peso specifico di ognuno, in un giudi- zio di “bilanciamento” qualitativamente orientato, ancorché privo di elementi determinanti se autonomamente considerati.