• Non ci sono risultati.

nella prospettiva di un generalizzato inasprimento della ri sposta sanzionatoria punitiva

L’intervento normativo di più recente approvazione ha attinto, in misura assai significativa, anche il profilo relativo al trattamento san- zionatorio inteso in senso ampio, come ricomprensivo non soltanto del- la pena principale e delle già previste circostanze aggravanti, ma anche dell’inserimento, tra le norme di disciplina, di una nuova misura a con- tenuto essenzialmente afflittivo quale la riparazione pecuniaria e di una figura circostanziale attenuante, costruita su una condotta di coopera- zione nella fase del post factum tipica del diritto premiale, genericamen- te identificabile con la nozione di collaborazione.

Procediamo con ordine, prendendo le mosse dall’intensificazione del- la risposta sanzionatoria con riferimento alle circostanze aggravanti ed alla pena della fattispecie di cui al primo comma.

Il comma 2 dell’art. 319 ter c.p. disciplina una duplice ipotesi di cir- costanze aggravanti indipendenti, aventi natura oggettiva perché rela- tive alla gravità del danno e che trovano entrambe il loro fondamento nella elevata offensività di condotte corruttive che attingono diretta- mente la libertà personale dell’imputato. Il fatto che, come già accen- nato e come meglio preciseremo tra breve, la pena base sia stata mo- dificata al rialzo dalla L. n. 69/20015 ha comportato inevitabili riper- cussioni anche sulla pena prevista per le figure circostanziali, che oggi

oscilla tra 6 e 14 anni di reclusione, se l’accordo corruttivo ha come approdo un’ingiusta condanna alla pena della reclusione non superio- re a 5 anni; da 8 a 20 anni di reclusione se l’ingiusta condanna deter- minata dal pactum sceleris risulti superiore a 5 anni di reclusione.

Di tali aggravanti abbiamo già tratteggiato le linee strutturali, rico- struendo i rapporti tra detta previsione e quella contenuta al primo comma1; ciò che qui merita di essere precisato è che taluni, sulla base

del postulato che l’ingiusta condanna sia un evento che va ad integrare la tipicità della norma di riferimento, riconducono tali ipotesi al mo- dello dei delitti aggravati dall’evento2.

Se, per un verso, non mi pare si possa mettere seriamente in discus- sione che si tratti di un evento, per l’altro desta non poche perplessità l’affermazione secondo la quale detta puntualizzazione dogmatica rechi con sé conseguenze pratico-applicative di particolare significatività3 o

possa essere considerata l’espressione di un orientamento che si giu- stappone all’opinione della dottrina maggioritaria, che propende per la loro qualificazione come circostanze aggravanti indipendenti.

Non emerge, a mio avviso, alcuna contrapposizione di rilievo nelle due prospettazioni, stante il pacifico riconoscimento della natura circo- stanziale dell’evento ulteriore4, alla stessa stregua, peraltro, di quanto

accade in altre fattispecie, alle quali segua, quale evento indifferente-

mente voluto o non voluto5, la condanna (es.: la calunnia, ai sensi del-

l’art. 368, comma 3, c.p.; o le false informazioni al pubblico ministero,

1 V. supra, cap. I, § 2.4.

2 C.F. GROSSO,Commento all’art. 9, cit., p. 294; A. PAGLIARO-M.PARODIGIUSINO, Principi di diritto penale, Parte speciale, I, cit., p. 256; C.BENUSSI,I delitti contro la pubblica amministrazione, cit., p. 792.

3 F. C

INGARI,La corruzione in atti giudiziari, in F. PALAZZO (a cura di),Trattati di diritto penale, Parte speciale,cit., p. 237.

4 C.F. GROSSO,Commento all’art. 9, cit., p. 294.

5 È sin troppo noto come i delitti aggravati dall’evento rappresentino una catego- ria dogmatica non unitaria, fondandosi su una quadripartizione, a seconda dell’at- teggiamento psicologico dell’agente nei confronti dell’evento. Si distinguono, pertan- to: a) le fattispecie in cui l’evento non può in nessun caso essere voluto, perché con- seguenza di un fatto base colposo (es.: artt. 452-439, comma 2, c.p.); b) le fattispecie in cui l’evento non può che essere voluto, perché esso realizza il fine per cui quella condotta è stata tenuta (es.: artt. 286, comma 2; 635 ter, comma 2; 635 quinquies, comma 2, c.p.); c) le fattispecie in cui l’evento deve essere non voluto, perché altri- menti, se fosse voluto, si integrerebbe altro delitto doloso (es.: artt. 571, comma 2; 572, comma 2; 591, comma 2, c.p., rispetto ai quali le lesioni o la morte sorrette da dolo darebbero luogo ai più gravi delitti di lesioni personali ed omicidio volontari; d) le fattispecie in cui è indifferente che l’evento sia voluto o non voluto (es.: artt. 368, comma 3; 375 c.p.) Per tutti cfr. F.MANTOVANI,Diritto penale, Parte generale, cit., p. 390 ss.; F. PALAZZO,Corso di diritto penale, Parte generale, cit., p. 345.

le false dichiarazioni al difensore, la falsa testimonianza, la falsa peri- zia, la frode processuale, espressamente richiamate dall’art. 375 c.p.).

Non si comprende dunque la ragione per cui, qualora l’evento ag- gravatore non sia voluto6, il criterio di imputazione debba essere og-

gettivo, trovando viceversa applicazione l’art. 59, comma 2, c.p., nel sen- so della sufficienza di una colpevole sottovalutazione, da parte anche soltanto di uno dei due soggetti attivi7, della possibilità di verificazione

dello stesso, a prescindere da un’effettiva rappresentazione della even- tualità della condanna.

Ne consegue che lo scarto tra le due impostazioni si riduce alla va- lorizzazione della natura del fatto aggravatore, nell’un caso, e del grado di intensificazione del trattamento sanzionatorio, nell’altro.

Se, poi, con la formula “delitti aggravati dall’evento”, si volesse in- tendere che tale previsione contenga non già una circostanza bensì un elemento costitutivo e, dunque, un autonomo titolo di reato8, dovreb-

be comunque ritenersi necessario, ai fini della sua imputazione, un at- teggiamento colposo, alla luce di un’interpretazione costituzionalmente orientata, che valorizzi il principio di personalità della responsabilità penale e l’art. 45 c.p. nella sua portata sistematica, in linea con lo sche- ma tipico della preterintenzione9.

La condanna può dirsi “ingiusta” non soltanto quando sia pronuncia- ta nei confronti di un innocente ma anche qualora attinga un colpevole, che avrebbe meritato un trattamento sanzionatorio meno rigoroso10,

anche se in tal caso risulterà non poco disagevole verificare la sussi- stenza dei presupposti obiettivi della circostanza stante l’ampia discre- zionalità di cui dispone il giudice nella commisurazione della pena11.

6 Non dovendo essere necessariamente non voluto, come viceversa ritiene F. CINGARI,La corruzione in atti giudiziari, in F. PALAZZO (a cura di),Trattati di diritto penale, Parte speciale,cit., p. 237.

7 Avendo, come detto, natura oggettiva, dette circostanze si estendono anche ad eventuali concorrenti nel reato ex art. 118 c.p.

8 Cfr. S. SEMINARA,Sub art. 319 ter c.p., in A. CRESPI-G. FORTI-G. ZUCCALÀ, Commentario breve al codice penale, cit., p. 785.

9 Così M.D

ELGAUDIO,Corruzione, cit., p. 160. 10 C.F. G

ROSSO,Commento all’art. 9, cit., p. 298; M.ROMANO,I delitti contro la

pubblica amministrazione, cit., p. 227; G. FIANDACA-E.MUSCO,Diritto penale, Parte

speciale, I, cit., p. 239; A. PAGLIARO-MPARODIGIUSINO,Principi di diritto penale, Parte

speciale, I, cit., pp. 255-256; C. BENUSSI,I delitti contro la pubblica amministrazione,

cit., p. 793; G.BALBI,Idelitti di corruzione, cit., p. 281. In senso contrario A.SEGRE-

TO-G.DELUCA,I delitti dei pubblici ufficiali, cit., p. 440; F.ANTOLISEI,Manuale di diritto penale, Parte speciale, II, cit., p. 359, per i quali la condanna di un colpevole dovrebbe integrare l’ipotesi di cui al comma 1 dell’art. 319 ter c.p.

11 A.S

Non sembra viceversa configurabile l’aggravante quando, in attua- zione del pactum sceleris, il giudice abbia condannato l’imputato ad una pena inferiore rispetto a quella a cui egli avrebbe dovuto sottosta- re in assenza dell’accordo corruttivo.

Se, infatti, la ratio dell’aggravamento di pena risiede essenzialmente nella lesione, oltre che dei beni del buon andamento e dell’imparzialità nelle decisioni giurisdizionali, della libertà personale, non avrebbe sen- so ritenerlo sussistente anche quando il giudice irroghi una sanzione meno afflittiva di quella dovuta, presentandosi altresì come una solu- zione viziata da irragionevolezza, come tale lesiva dell’art. 3 Cost., giac- ché è normativamente precluso (si richiede infatti che la sentenza sia di condanna) che si dia corso all’aggravante in caso di ingiusta assolu- zione del colpevole. Si avrebbe, pertanto, un incremento sanzionatorio nell’ipotesi meno grave, nella quale cioè “il favore dell’imputato si sia ‘pudicamente’ arrestato alla soglia di diminuzione della pena a lui inflit- ta”12 e non anche in quella più grave, nella quale il giudice lo ha smac-

catamente agevolato con una sentenza di integrale assoluzione dall’ad- debito elevato a suo carico dal Pubblico Ministero13.

Anche la strutturazione unitariamente “bilaterale” degli effetti, se- condo lo schema favore-danno proprio del giudizio civile, desta non poche perplessità, perché mal si presta ad essere trasposta, tout court, al giudizio penale, nell’ipotesi in cui manchi la parte civile costituita. Non potrebbe infatti fondatamente ritenersi che una condanna ingiu- sta arrechi un “vantaggio” alla parte pubblica costituita dal Pubblico Ministero anche nel caso in cui questa si risolva in un pregiudizio per l’imputato, in quanto l’ufficio della Procura impronta la sua azione, ai sensi dell’art. 73, comma 1, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, all’“osservan- za delle leggi, alla pronta e regolare amministrazione della giustizia, alla tutela dei diritti dello Stato.”, talché qualsiasi forma di ingiustizia del provvedimento definitorio si traduce inevitabilmente in un danno per gli interessi pubblici da questi rappresentati.

Con più specifico riferimento, poi, alla nozione di “condanna” ci si è chiesti, anzitutto, se tale formula ricomprenda anche la sentenza c.d. di patteggiamento o postuli che la decisione sia l’esito di un accertamen- to dei profili responsabilità del soggetto agente.

Benché la questione relativa alla natura della sentenza che applica la pena su richiesta delle parti sia tutt’altro che priva di ombre, il fatto che il codice di rito utilizzi, all’art. 445, comma 1 bis, c.p.p. il termine “equiparata” allorquando la accosti alla sentenza di condanna induce

12 M.D

ELGAUDIO,Corruzione, cit., p. 161. 13 Dello stesso avviso anche G.B

ad escludere che si tratti di condanna in senso proprio, nonostante vi si ricolleghino i più rilevanti effetti processuali e sostanziali connessi a quest’ultima (si pensi, a titolo esemplificativo, a quanto disposto dal- l’art. 653, comma 1 bis, c.p.; all’art. 168, comma 3, c.p., quale presup- posto per la revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena precedentemente concessa da altro giudice; all’art. 629 c.p.p. quale possibile oggetto di revisione).

In altri termini, la norma-quadro che sancisce, in linea di principio, l’equiparazione ai fini della disciplina sostanziale e processuale tra le due tipologie di provvedimento definitorio e la previsione espressa delle ipotesi in cui tale enunciazione trova una sua concreta manifestazio- ne convalidano l’impressione che si tratti di istituti tra loro diversi e come tali non assimilabili per via interpretativa, peraltro nel contesto di una fattispecie incriminatrice, nella quale significativi incrementi sanzionatori discendano da un accordo corruttivo che approdi ad una condanna ingiusta, perché iniquamente ascrittiva di responsabilità.

In secondo luogo, nel silenzio della norma, ci si è posti l’interroga- tivo sulla necessità o meno che la sentenza di condanna conseguente al fatto corruttivo possegga carattere definitivo.

La dottrina si è per lo più schierata a favore dell’irrevocabilità della condanna, sulla base dell’assunto che l’’ingiustizia’, che giustifica il mag- gior rigore sanzionatorio, debba essere apprezzata all’esito di un “con- fronto definitivo con l’ordinamento”14.

In effetti, riguardando la questione da un punto di vista squisitamen- te formale, potrebbe anche privilegiarsi la soluzione opposta, stante l’as- senza di ogni esplicito riferimento all’irrevocabilità della pronunzia qua- le suo requisito costitutivo e la non decisività del richiamo alla volon- tà storica del legislatore del 1930, che, nella Relazione al Re sul Codi- ce penale, n. 6 rileva come le espressioni codicistiche “condanna” o “condannato” debbano essere sempre intese come l’approdo di sen- tenze passate in giudicato.

14 Così M.R

OMANO,I delitti contro la pubblica amministrazione, cit., p. 228. Con-

cordano con tale impostazione A. PAGLIARO-MPARODIGIUSINO,Principi di diritto pe- nale, Parte speciale, I, cit., p. 256; A.SEGRETO-G.DELUCA,I delitti dei pubblici ufficiali, cit., p. 440; C. BENUSSI,I delitti contro la pubblica amministrazione, cit., p. 793; S. VINCIGUERRA,I delitti contro la pubblica amministrazione, cit., p. 229; A.SPENA,Cor- ruzione in atti giudiziari, cit., p. 200, che muta opinione rispetto alla posizione assun- ta in precedenza, perché non si avrebbe lesione “consolidata” degli interessi del con- dannato sino a che la condanna non sia definitiva. Per l’opposta opinione F.ANTOLI- SEI,Manuale di diritto penale, Parte speciale, II, cit., p. 359; G.FIANDACA-E.MUSCO,Di-

ritto penale, Parte speciale, I, cit., p. 239; C.F. GROSSO,Commento all’art. 9, cit., p. 298; S. SEMINARA,Sub art. 319 ter c.p., in A. CRESPI-G. FORTI-G. ZUCCALÀ (a cura di), Commentario breve, cit., p. 784.

Ciò nondimeno, appare più convincente porre l’accento sulla nota di ingiustizia e di correlata afflittività che contrassegna quella condanna e che potrà compiutamente esprimersi, in senso pratico-applicativo, sol- tanto con l’ordine di esecuzione15.

Infine, ancorché l’espunzione, rispetto alla previsione originaria, del lemma “sentenza” potrebbe non escludere dalla portata applicativa del- l’aggravante anche il decreto penale di condanna, il meccanismo di con- versione in pena pecuniaria della pur possibile sanzione detentiva breve che connota l’istituto dissipa ogni dubbio sulla irriferibilità del mede- simo alla nozione di ‘condanna’ rilevante ai fini dell’aggravante in esa- me, la cui ratio, come già precisato, sta proprio nell’esigenza di offrire una tutela rafforzata alla libertà personale, in alcun modo compromes- sa dall’emissione, da parte del giudice per le indagini preliminari, di un decreto penale ai sensi degli artt. 459 e 460 c.p.

Per quanto attiene, poi, al trattamento sanzionatorio lato sensu inte- so, esso, come già accennato, è stato significativamente rivisto dalla L. n. 69/2015, che si segnala tuttavia come l’ennesima emblematica espres- sione di quella legislazione c.d. dell’espediente, che si contrassegna per offrire rimedi tipo occasionale ed a carattere esclusivamente settoria- le, funzionali ad arginare falle, che, lungi dall’essere circoscritte allo specifico ambito interessato da quell’intervento normativo, presenta- no una dimensione di sistema e che, come tali, per essere colmate, ne- cessiterebbero di una legislazione organica e di più ampio respiro, in- dicativa di una politica criminale ordinata e non perennemente sim- bolico-emergenziale.

Nella persistente latitanza di un siffatto progetto, sia pure attenua- ta da timidi segnali che lasciano intravedere una possibile, imminen- te, inversione di rotta16, ci si è limitati a riprendere in mano i delitti

dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione ed a rimodu- larne l’apparato repressivo, dando vita ad un generalizzato inasprimen- to della reazione punitiva che, con specifico riferimento alla corruzione in atti giudiziari, si articola, anzitutto, nel rimodellamento della forbi-

15 In questi termini M.D

ELGAUDIO,Corruzione, cit., p. 162, che parla di danno effettivo al bene giuridico tutelato e non già meramente potenziale; G.BALBI,Idelit- ti di corruzione, cit., p. 283.

16 Ci si riferisce alla recente approvazione del D.Lgs. 16 marzo 2015, n. 28, in tema di non punibilità per particolare tenuità del fatto ed ai D.Lgs. 15 gennaio 2016, nn. 7 e 8 in tema di abrogazione di reati ed introduzione di illeciti con san- zioni pecuniarie civili e di depenalizzazione. Per alcune riflessioni di carattere ge- nerale sulle nuove linee di tendenza dell’attuale politica criminale si veda F.PALAZZO, Nel dedalo delle riforme recenti e prossime venture (a proposito della legge n. 67/2014), in Riv. it. dir. e proc. pen., 2014, p. 1693 ss.