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Studi e ricerche sul mercato dell’arte

Nel documento Investimenti in Arte Contemporanea (pagine 69-74)

Investire in arte: un approccio analitico

1. Studi e ricerche sul mercato dell’arte

All’interno della cosiddetta economia dell’arte è possibile trovare numerosi contributi teorici e applicativi, che mirano ad analizzarne il mercato, con particolare riferimento alla capacità delle opere d’arte di generare rendimenti confrontabili con quelli dei tradizionali strumenti finanziari. Gli studi reperibili provengono sia dalla storia del pensiero economico, sia da diverse ricerche più recenti di esperti del settore artistico. È possibile suddividere i filoni di ricerca riguardanti il mercato dell’arte visiva da una prospettiva finanziaria secondo quattro categorie principali53:

1. Studi sul mercato privato dell’arte, con un’attenzione specifica all’analisi delle quotazioni e delle opere d’arte, alla formazione del valore e alla valutazione della redditività;

2. Analisi sulle varie relazioni esistenti tra il mercato dell’arte e i mercati finanziari;

3. Ricerche sul collezionismo delle istituzioni finanziarie e sulle possibili soluzioni per impostare i servizi di art advisory nell’ambito del wealth management; 4. Studi sulla definizione e sul calcolo di numeri indice sul mercato dell’arte.                                                                                                                

52  Questa  citazione  mi  ha  colpito  appena  l’ho  letta.  È  stata  tratta  da  alcune  slide  di  Econometria  del  

professor  Christian  Schluter,  uno  dei  miei  docenti  durante  un  semestre  di  studi  presso  l’Université   de  la  Mediterranée  Aix-­‐Marseille  II.  

53  ZORLONI  ALESSIA,  L’arte  della  finanza.  Il  settore  delle  arti  visive  come  opportunità  di  investimento.  

In  “Banca  Impresa  Società”  /  a.  XXXII,  2013,  n.1  

Quali sono i rendimenti che un investimento in arte può offrire? Questa è la domanda che ha attirato un numero sempre maggiore di studiosi negli ultimi quarant’anni. Una delle ragioni che suscitava tale interesse era la convinzione che i rendimenti ottenibili da un investimento in arte fossero largamente superiori rispetto a quelli dei tradizionali strumenti finanziari. Tale convinzione era significativamente rafforzata dalle cifre record pagate negli anni ’80 per i dipinti di famosi artisti come Van Gogh, Picasso e Renoir. Ad esempio, i “Girasoli” di Van Gogh nel marzo del 1987 furono venduti all’asta per $39,9 milioni e, nel novembre dello stesso anno, un altro dipinto dell’artista olandese, “Iris”, superò di gran lunga tale cifra e venne venduto per un ammontare di $53,9 milioni. Nel maggio 1989 un’opera dell’artista spagnolo Picasso fu venduta a $47,8 milioni. Nel maggio 1990 ancora un’opera di Van Gogh raggiunse un prezzo elevatissimo e il “Ritratto del dottor Gachet” fu venduto per $82,5 milioni; nello stesso mese il “Bal au Moulin de la Galette” dell’artista francese Renoir, uno dei massimi esponenti dell’Impressionismo, venne venduto per $78,1 milioni54.

Fin dagli anni ’70 gli economisti hanno dunque cominciato ad interessarsi al mercato dell’arte, ma già gli economisti classici, come Adam Smith, David Ricardo, Stanley Jevons e Alfred Marshall, avevano compiuto alcuni preliminari studi sull’argomento, e concordarono tutti sul fatto che non esistesse una spiegazione sistematica per il prezzo di beni rari e irriproducibili, quali le opere d’arte55.

Uno dei primissimi studi economici che tentò di indagare i prezzi e i possibili rendimenti generabili nel mercato dell’arte fu quello di Wagenfür del 1965, che però venne pressoché trascurato dalla letteratura accademica, molto probabilmente perché scritto in tedesco. Più conosciuti sono certamente i lavori di Anderson del 1974 e di Stein del 1977, nei quali venivano calcolati i tassi di rendimento finanziari dei dipinti venduti alle aste. Entrambi gli autori pervennero alla stessa conclusione: il taso di rendimento delle opere d’arte era inferiore rispetto a quello degli investimenti alternativi56.

Anderson calcolò un rendimento nominale del 3,3% per i dipinti appartenenti al periodo 1810-1970. Questo tasso risultò al di sotto del rendimento del 6,6% ottenibile dalle                                                                                                                

54  FREY  BRUNO  S.,  Arts  &  Economics,  Analysis  &  Cultural  Policy,  Springer,  2000  

55  VELTHUIS  OLAV,  Talking  Prices,  Symbolic  Meanings  of  Prices  on  the  Market  for  Contemporary  Art,  

azioni. Stein trovò invece un rendimento nominale del 10,5 % per i dipinti del periodo 1946-1968, comunque inferiore se paragonato al 14,3% prodotto dagli stock.

Ma tra i primi studi dedicati ad analizzare il mercato dell’arte di fondamentale importanza furono quelli che vennero effettuati da Baumol nel 1986, e da Frey e Pommerehne nel 1988. Tali studi vertevano sulla cessione ripetuta di una stessa opera in vendita al pubblico, e avevano come obiettivo quello di paragonare il tasso di rendimento reale ottenuto dalla vendita delle opere con il tasso di rendimento reale delle obbligazioni di Stato, utilizzate come valore di riferimento per le attività finanziarie. Nel 1986 William J. Baumol pubblico un paper57 che diede inizio ad una moltitudine di

studi su questo argomento, che non sorprendentemente avvenne negli stessi anni in cui si registrò un boom nei prezzi dell’arte. Baumol con il suo studio dimostrò che il rendimento reale dei dipinti venduti all’asta, per il periodo 1652-1961, era in media dello 0,55%, confrontato con il 2,5% dei titoli di stato del governo inglese. Nel 1989 questo studio fu esteso e migliorato da altri due economisti, Bruno S. Frey e Werner W. Pommerehne, che assieme tentarono di superare alcune limitazioni del precedente studio di Baumol, ad esempio tenendo in considerazione le tasse pagate nelle aste. Essi scoprirono che il rendimento reale sui dipinti era in media dell’1,5% per il periodo intercorrente tra il 1652 e il 1987, confrontato con il 3% ottenibile mediante l’investimento in titoli di stato.

Come risultato, entrambe le analisi riscontrarono una debole redditività delle opere d’arte osservata sul lungo termine, di molto inferiore al rendimento delle obbligazioni di Stato. Inoltre tali tassi mostravano una forte dispersione e una volatilità maggiore a quella delle attività finanziarie analizzate. Tale differenziale, tra redditività artistica da una parte e finanziaria dall’altra, venne interpretato come il prezzo del godimento estetico del bene d’arte.

In alcuni studi effettuati successivamente da Chanel et alii (1991) vennero ottenuti dei risultati sensibilmente discostanti sia da quelli di Baumol che da quelli di Frey e Pommerehne. Attraverso tali studi venne costruito un indice dei prezzi con la tecnica delle variazioni edonistiche. In questo caso i tassi di rendimento delle opere artistiche risultarono superiori a quelli degli investimenti finanziari rischiosi e venne inoltre                                                                                                                

57  BAUMOL  WILLIAM  J.,  Unnatural  Value:  or  Art  Investment  as  Floating  Crap  Game,  in  American  

Economic  Review,  vol.76,  1986,  pp.10-­‐14  

riscontrato che il mercato dei titoli finanziari agisce sul mercato dell’arte con un ritardo di quasi un anno.

Tale diversità di risultati fa supporre che essi varino sensibilmente in ragione delle varie tecniche utilizzate, come i metodi di campionamento, la numerosità delle informazioni, la modalità con cui è stato costruito l’indice dei prezzi e l’aggiustamento in ragione del tempo58.

Anche Goetzman nel 1993 calcolò il rendimento reale sui dipinti (2%), che risultò al di sotto del rendimento reale sulle azioni finanziarie (3,3%, tasso della Banca d’Inghilterra) per il periodo 1715-1986. Buelens e Ginsburgh nello stesso anno calcolarono il tasso reale di rendimento, che risultò assai basso, pari allo 0,9% per il periodo dal 1700 al 1961. In seguito questi ultimi autori dimostrarono che il periodo 1912-50 fu un periodo particolarmente povero per gli investimenti in arte, mentre quello dal 1950 al 1961 fu più favorevole, se confrontati con gli investimenti alternativi59. Molte opere appartenenti alla ricerca sul mercato dell’arte si basano sullo studio in tre volumi di Gerald Reitlinger, “The Economics of Taste” 1760-1970, sul mercato delle aste delle opere d’arte di Londra, pubblicato per la prima volta nel 196160.

Uno degli studi più recenti e influenti è sicuramente costituito dal paper di Mei e Moses “Art as an investment and the underperformance of masterpieces” del 2002, nel quale i due autori presentano una metodologia di calcolo di un indice dei prezzi per le opere d’arte.

Nei prossimi paragrafi verranno presentati approfonditamente tre dei più importanti studi, quello di Baumol, quello di Frey e Pommerehne e quello di Mei e Moses.

                                                                                                               

58  MOULIN  RAYMONDE,  Le  Marché  de  l’Art,  Modalisation  et  nouvelles  technologies,  Dominos  

Flammarion,  2000  

59  FREY  BRUNO  S.,  Arts  &  Economics,  Analysis  &  Cultural  Policy,  Springer,  2000  

  I  Girasoli  –  Vincent  van  Gogh

Questo è un esempio di quadro che avrebbe fruttato molto se fosse stato acquistato mentre l’autore era ancora in vita…

Nel documento Investimenti in Arte Contemporanea (pagine 69-74)