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Governance urbana sudafricana per il riconoscimento di urbanismi emergent

PARTE 3 | ESITI DELLA RICERCA E CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

7. APPRENDERE DALLA CITTÀ IN DIVENIRE Ricucire immersioni ed emersion

7.2. Governance urbana sudafricana per il riconoscimento di urbanismi emergent

La frammentazione socio-spaziale urbana è una questione complessa che attraversa trasversalmente varie scale, dal livello di città a quello di comunità fino ad arrivare alla singola dimora. Nel contesto sudafricano, questa è una caratteristica strutturale che continua ad essere riprodotta. I territori che dovrebbero essere il fulcro per articolare e discutere in maniera significativa il senso democratico – alla luce della memoria e del passato – sono proprio i territori marginali e, in particolar modo, gli insediamenti informali. Tuttavia, in questi luoghi non si registra un impegno politico sempre coerente.

Il lavoro empirico in questi territori “frammentati” e marginali ha portato all’emersione di temi che rientrano nell'ambito della governance urbana. Questo lavoro cerca di esaminare problematiche che sono punti chiave della governance, indagando chi dà forma alla città contemporanea, quali interessi o fini orientano all’azione e in che modo queste relazioni vengono riprodotte. Come sostenuto da Myers (2011:194) vi è bisogno di un’analisi concreta della governance sul campo, che cerchi esplicitamente di affrontare le preoccupazioni sia teoriche che pratiche. Le sfide per gli studi urbani africani non risiedono più semplicemente o unicamente nel prestare maggiore attenzione teorica agli ambienti marginali informali, invisibili, o ordinari, ma anche alle pratiche che li modellano, nel tentativo di articolare processi che potrebbero contribuire agli sforzi per migliorare la qualità della vita degli abitanti di questi luoghi (Myers 2011:14).

86 Le associazioni e ONG incontrate durante la mia esperienza sul campo che promuovono e contribuiscono al tema sono: Isandla Institute, Violence Prevention through Urban Upgrading, Community Organization Resource Center, Federation of Urban Poor, Development Action Group, People’s Environmental Planning and Social Justice Coalition.

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In questo lavoro, i casi di studio sono spesso utilizzati per illustrare le modalità con cui vengono esclusi i residenti informali, come le istituzioni tentano di regolamentare le informalità, nonché le pratiche di auto-organizzazione di coloro che lavorano o vivono in modo informale. Una linea di lavoro incidente all'ambito della ricerca sulla governance urbana africana coinvolge l'interfaccia in evoluzione tra i sistemi di governance formale e informale. Gli accordi temporanei e informali che gli abitanti del Sudafrica sono capaci di negoziare con l’amministrazione locale portano a mutui apprendimenti tra il governo e gli abitanti. Tuttavia, la situazione di illegalità cui versa parte della popolazione crea relazioni sbilanciate tra il governo e gli abitanti informali. Dinamiche di potere sbilanciate hanno come conseguenza la messa in atto di alcune forme di relazione perverse note tre Stato-cittadini, come clientelismo, mercificazione del voto, corruzione.

Le interviste e le osservazioni dal campo hanno avuto come outcome l’emersione di attori chiave abili nel intrecciare relazioni a più livelli (sia verso le istituzioni statali, sia verso la comunità dell’insediamento). Questo mette in luce la questione della governance non statale non pienamente riconosciuta dalle istituzioni come parte influente sulle dinamiche pubbliche. In questi contesti, i processi che interessano la governance urbana sono frammentati ed evidenziano una certa ambiguità e asimmetria di potere. Come già detto, la maggior parte della popolazione vive e usa gli spazi con modalità differenziate, che vanno dall’illegittimità, la violazione di regole e la negoziazione con le municipalità. Questo mostra un’azione di governo selettiva, non univoca e a tratti incoerente.

Una politica non organizzata e individualista viene confermata dall’attesa nella ricerca di una casa che genera un aumento dell’insicurezza della collettività. L’attesa costringe a vivere una condizione di solitudine in una relazione unidirezionale tra lo Stato e il cittadino in lista di attesa. Il lavoro sull’attesa come elemento analitico (Oldfield e Greyling 2015) mette in luce un altro paradosso delle politiche sudafricane. Cittadini considerati legittimi dallo Stato e quindi in lista di attesa di una dimora, sono costretti ad agire in maniera controversa e spesso fuori dalla legge. Questo genera un terreno di azione in tensione tra il legittimo e il contenzioso, tra illegale e legale, che dà forma all’incontro tra lo Stato e gli abitanti. L’attesa può anche essere il terreno nel quale nascono progetti che hanno una rilevanza politica e che, nell’attesa, riallocano risorse e costruiscono reti abili (si prenda ad esempio il caso di Ruo Emoh), oppure lo spazio temporale e di azione per creare percorsi di empowerment (Barella 2020).

In questo scenario, giocano un ruolo chiave le ONG e le organizzazioni di comunità (CBO), che costituiscono un link tra le pratiche urbane e il livello delle politiche. Le ONG sembrano rappresentare un link indispensabile tra lo Stato e i cittadini, tra il livello politico della città e le pratiche urbane. Non solo per l’implementazione delle politiche, ma come ridefinizione e rappresentazione delle istanze dal basso. Emergono varie intersezioni tra lo Stato, gli intermediari come le ONG e i cittadini che rendono interessante leggere le mutevoli relazioni di potere configurate dalle materialità di questi spazi urbani.

Le organizzazioni che operano nelle aree povere hanno una tradizione storica nell’assetto di governance in era democratica. Molte ONG sudafricane si sono particolarmente distinte durante la lotta per la democrazia soprattutto negli anni ‘80 (Pieterse 1997). Il loro ruolo e la loro

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postura seguono logiche progressiste che si scontrano con le razionalità della pluralità di attori presenti nella realtà urbana. Alcuni lavori accademici mettono in relazione le trazioni verso una privatizzazione e le difficoltà di muoversi nella scena urbana da parte delle ONG (Habib e Taylor 1999; Pieterse 1997; Xaba 2015).

Nelle storie raccontate è possibile ipotizzare un atteggiamento ambivalente delle ONG con le istituzioni. Queste sono chiamate a collaborare (si prenda il caso dell’upgrading in situ), in altri casi agiscono contro i governi87 (DAG si fa portavoce e attore agente contro le rimozioni forzate o i progetti di speculazione edilizia), o ancora, organizzano la domanda proveniente dalla città proponendo tentativi di azione (si prenda ad esempio il caso degli affitti sostenibili). Queste hanno il potenziale di agire in maniera influente sulle comunità verso una giustizia spaziale a scala di città. Un esempio è la proposta di un quadro di azione per gli affitti sostenibili, che incoraggia i micro-sviluppatori a trasferire del valore alla comunità e, dall’altro lato fa pressioni alle istituzioni per l’azione sui territori.

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