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Piste per le politiche Riflessione sulle prospettive alla base dell’azione

PARTE 3 | ESITI DELLA RICERCA E CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

7. APPRENDERE DALLA CITTÀ IN DIVENIRE Ricucire immersioni ed emersion

7.3. Piste per le politiche Riflessione sulle prospettive alla base dell’azione

Essendo il Sudafrica uno stato emergente, i meccanismi in atto per soddisfare le esigenze dei poveri sono più robusti rispetto ai paesi in via di sviluppo. A partire dalla Costituzione in poi, i quadri giuridici e politici tentano di annullare l'eredità dell'apartheid soddisfacendo i bisogni socioeconomici. Alla luce dei risultati di equità sociale, opportunità ed empowerment al momento raggiunti, l’aspettativa di giustizia sociale da parte della popolazione storicamente svantaggiata rimane alta e con limitate risposte da parte delle istituzioni. In questa direzione si muove la richiesta da parte di chi lavora sul campo di approcci che riconoscano il contributo delle comunità e il valore dello sviluppo degli insediamenti per l'empowerment.

Le politiche sull’abitare sono quelle maggiormente sentite come urgenti. La consegna di alloggi su larga scala guidata dallo Stato si è basata sull'urgente necessità di fornire alloggi adeguati dopo il ’94. Ad oggi, la consegna in massa di alloggi risulta una politica simbolica del governo

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democratico e anche una promessa irrealistica, quando fatta nella speranza di implementarla di un arco di temporale relativamente breve. Lungo questo asse tematico, quello dell’abitare, alcune politiche sono state trascurate (come può essere il caso del People's Housing Process88) e altre si presentano ancora oggi campo di discussione aperto (come il caso delle politiche di upgrading).

In Sudafrica, il sostegno statale agli sforzi dal basso è riconosciuto tramite partenariati tra Stato e organizzazioni della società civile. Questi partenariati richiedono politiche pertinenti ai bisogni e alle esigenze delle comunità. Il governo nazionale riconosce, nel National Development Plan 2030 (National Planning Commission 2012), una lacuna esistente (e la necessità) verso lo sviluppo delle capacità istituzionali per la gestione di processi incrementali per il possesso e/o per il miglioramento delle infrastrutture e degli alloggi in modo partecipativo. A livello di città, nonostante la considerevole devoluzione dei poteri (e delle decisioni) a scala metropolitana, sembra essere presente una limitata capacità di collegare i problemi locali a questioni più ampie e urbane, in termini di allocazione delle risorse e disuguaglianza strutturale. Questo è confermato dalla letteratura, che evidenzia una conflittualità di interessi, soprattutto a livello locale, dovuti alla spinta economica globale e al decentramento del potere e del processo decisionale (ibid.). Mentre le città lottano per la competitività globale e regionale, i sistemi di pianificazione e il processo decisionale a livello cittadino faticano a comprendere pienamente e restituire efficacemente le esigenze degli abitanti più poveri. Dalle osservazioni empiriche sembra essere presente sia una rigidità risalente al livello del policy design, sia inerzie sul piano attuativo. Queste problematiche sembrerebbero trasversali ai vari livelli di governo (Fieuw e Mitlin 2017).

Riguardo i processi d’implementazione delle politiche pubbliche, questi peccano di una limitata varietà di strumenti di integrazione tra le strutture di policy e gli attori che implementano le politiche. Politiche territoriali interattive come quella dell’upgrading, che si basano su modalità di costruzione di conoscenza dal basso, hanno un buon potenziale per connettere le istituzioni con la cittadinanza. Uno dei fattori dell’insuccesso è individuato in un mancato mutuo trasferimento di competenze nei processi di costruzione della casa. Il sistema di partecipazione pubblica si dimostra inefficace nel consentire l’espressione delle priorità e delle preoccupazioni dal basso, in modi che influenzano i processi di pianificazione e decisione. La stessa attenzione preponderante sulla consegna degli alloggi e sul raggiungimento degli obiettivi – senza necessariamente inquadrarla all’interno di un discorso più ampio sulle modalità dell'azione statale ai vari livelli di governo – può essere considerata un segnale di una partecipazione intesa in termini molto ristretti e strumentali. Le istituzioni dovrebbero cogliere l’occasione di creare uno spazio politico da cui apprendere e reagire in modo costruttivo ai movimenti sociali urbani (McFarlane e Silver, 2017). Per far ciò è necessario mettere in discussione il sistema decisionale

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e trovare modalità per accogliere e far valere le intuizioni qualitative che arrivano della pratica degli attori sul campo.

Quanto detto apre interrogativi storicamente riconosciuti nella pianificazione, che si posizionano nell’intersezione tra la teoria e la pratica. I limiti della pianificazione collaborativa – e di quella che è stata chiamata coproduzione avviata dallo stato (Watson, 2014) – sono stati ampiamente problematizzati dalla letteratura (Brownill e Parker 2010; Harrison 2006; Thorpe 2017; Watson 2002) e riportati nella sezione teorica di questa tesi. Da una prospettiva meridionale, si critica la limitata capacità della pianificazione collaborativa di rinegoziare gli squilibri di potere nei processi di pianificazione in contesti urbani estremamente disuguali. Inoltre, la questione della partecipazione per la pianificazione e progettazione negli insediamenti informali nel Sud del mondo presenta tensioni riguardo il riconoscimento delle vulnerabilità e il rischio di contribuire ad una loro riproduzione (Frediani 2016; Lemanski 2011). I processi di partecipazione richiedono un impegno costante – e non limitato al ciclo di vita di un progetto – con le eterogeneità delle comunità e le loro asimmetrie di potere (Frediani 2016; Frediani e Cociña 2019). Allo stesso tempo, gli apprendimenti dal campo concorrono ad affermare la necessità da parte delle istituzioni, trasversalmente ai vari livelli di competenza, di ripensare le modalità di apprendimento dai contesti problematici per le politiche, al fine di perseguire soluzioni dinamiche e contestualmente rilevanti.

Lo sviluppo e il miglioramento degli insediamenti abitativi attraverso processi guidati dalle comunità rimangono temi di attuale interesse. Questi processi richiedono ancora un impegno nella pratica, al fine di ricollegare gli sforzi dal basso con visioni più ampie a livello di città. Così come gli esempi della tesi riportano, sono in corso esperienze nelle quali una significativa mobilitazione dal basso si combina con la volontà di coinvolgere le istituzioni, producendo spazi per l'innovazione (si tenga presente il tentativo delle ONG di lavorare agli affitti sostenibili nei backyard o il caso di Ruo Emoh).

Di seguito sono sintetizzate alcune intuizioni dal campo sull’azione pubblica e la formulazione delle politiche:

a) Si ritiene incisivo un lavoro sulla valutazione delle politiche in itinere ed ex post, per raccogliere gli apprendimenti e gli out-come inattesi. In questo caso, risulta

esemplificativo l’esempio del tentativo “fallito” di upgrading in situ dell’insediamento in cui sorge il teatro. Attraverso le occasioni formative di strumenti di mappatura collettiva il processo potrebbe aver portato cambiamenti interni alla comunità che contribuirebbero a risignificare l’esperienza da un punto di vista di empowerment; b) Di conseguenza al precedente punto, una riflessione sul monitoraggio e la valutazione

è necessaria a partire dal disegno delle politiche, in merito capacità adattiva delle politiche stesse in base all’esperienza e ai risultati;

c) Una opportunità che pare ignorata dalle politiche istituzionali e che andrebbe colta è quella di operare una riflessione attenta alla posizione delle donne all’interno del

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dinamismo urbano. Dai racconti dal campo si evince come la questione di genere sia una parte importante nei processi trasformazione urbana89. Queste mettono in campo una agency significativamente influente nella costruzione di reti sociali e nel

mantenimento di queste, con ricadute a vari livelli della società. Assumere una prospettiva attenta al ruolo delle donne nelle modalità di costruzione della città, potrebbe consentire di trovare nuove sfumature di significato;

d) In termini di governance, i processi incrementali e collaborativi con le comunità richiedono un certo grado di allineamento e collaborazione tra governo locale e governo centrale. A tal fine è opportuna una rilettura teorica della collaborazione tra “razionalità conflittuali” per la costruzione di quadri teorici che guidano l’azione collettiva (Watson 2009);

e) Si ritiene necessario ripensare le modalità di sostegno ai processi guidati dalla comunità a partire dal riconoscimento del valore dalle alleanze già esistenti tra i vari attori che operano sul campo. Questo non si traduce con pratiche necessariamente alternative alle esistenti, ma attraverso azioni aggiuntive a supportare, non ostacolare o non disconoscere ciò che viene dalla comunità.

In particolare, riguardo l’implementazione delle politiche istituzionali si ritengono utili alcune indicazioni:

a) La complessità dei territori ai margini rende necessari processi di costruzione reciproca e interdipendente dei significati, dei codici e dei processi che guidano i rispettivi comportamenti sociali e le azioni trasformative. Per la costruzione di processi stabilizzati e continui nel tempo, la costruzione di quadri da parte delle politiche per l’azione sui territori dovrebbe essere condivisa e partire da

apprendimenti che si costruiscono in itinere all’interno dello svolgimento dell’implementazione della politica stessa;

b) Riguardo la capacità adattiva e la flessibilità nell’attuazione delle politiche, le ONG possono giocare un ruolo strategico per la costruzione di dispositivi istituzionali capaci di favorire coordinamento tra le diverse istituzioni, l’emersione e la tutela di spazi di conflitto e la creazione di engagement ed empowerment delle comunità a diversi livelli;

c) Vi è la necessità di riconoscere il potenziale delle comunità a basso reddito nel plasmare attivamente i flussi e le circolazioni degli investimenti. Tale potenziale è

89 si pensi alle donne intervistate nel caso dello sviluppo delle abitazioni o nei progetti educativi di Mowanbisi Park. La questione di genere è particolarmente evidente nei progetti educativi che colgono nella collaborazione con le donne (non solo le madri) la leva per la costruzione di comunità stabili nel tempo, ma è significativa la presenza delle donne nei processi di costruzione e ricerca di una casa.

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dovuto alla produzione di impatti significativi sulla riproduzione quotidiana delle famiglie e – soprattutto – la creazione di spazi per forme di apprendimento abilitanti per gli abitanti90;

d) Modalità di intervento su piccola scala possono essere utili per intercettare e sostenere le dinamiche sociali dei quartieri, l'economia locale, la mobilitazione,

nonché le opportunità abitative per particolari gruppi sociali. Questo è da considerare all’interno ad un approccio macro-strategico delle politiche di sviluppo e integrazione territoriale inclusivo rispetto le agency presenti sul territorio.

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