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Marginalità urbana, territori di emersione delle agency

PARTE 3 | ESITI DELLA RICERCA E CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

7. APPRENDERE DALLA CITTÀ IN DIVENIRE Ricucire immersioni ed emersion

7.1. Marginalità urbana, territori di emersione delle agency

Le emersioni della tesi concorrono ad ampliare il significato della marginalità urbana oltre la lettura tradizionale di esclusione dal sistema sociale, economico e politico. Le tre dimensioni esplorate (ricerca della casa, teatro informale, infrastruttura sociale) mostrano gli attori “ai margini” e come questi sono coinvolti in processi di trasformazione e attivazione di reti di azione per rispondere alle problematiche contestuali. Questo mette in evidenza come i territori della marginalità posseggano al loro interno forme di resistenza, sia in atto che in potenza (Lancione 2016b).

Sullo sfondo della tesi vi è il ruolo rilevante che giocano i territori e l’influenza che un’imposizione normativa della relazione Stato-società può avere sulla riproduzione delle disuguaglianze. Il territorio e la dimensione locale rappresentano la base materiale delle azioni collettive. L’azione statale non è stata presa come unità di analisi di questa ricerca, ma le intersezioni di questa con le dimensioni esplorate mettono in luce alcune posizioni contraddittorie che assume.

L’investimento di politiche sui territori di azione non è sempre coerente. Il lavoro empirico sugli affitti nei backyarding, ad esempio, conferma l’approccio di non intervento dello Stato su questo specifico ambito (Scheba e Turok 2020), che lascia un vuoto di politiche in un terreno di azione con elevato potenziale in termini di giustizia spaziale. Questo vuoto viene colmato in parte dal lavoro svolto dalle ONG locali. A questo quadro contribuisce una ambivalente direzione delle politiche, in tensione tra spinte economiche globali e sviluppo locale. Come evidenziano alcuni lavori accademici sulle città del Sudafrica (Lemanski 2007), la tensione generata da interventi che valorizzano la competitività su scala globale in sfavore degli

87 anche nel caso del fallimento del processo di enumerazione possiamo ipotizzare che siano influenti dinamiche di interazione tra la ONG, lo Stato e le comunità

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investimenti nei territori più svantaggiati comporta il rischio di una sperequazione nello sviluppo e un aumento delle diseguaglianze.

Nonostante le politiche abitative in Sudafrica siano state scritte con l'intenzione di sollevare dalla condizione di estrema povertà le popolazioni precedentemente emarginate, queste non hanno avuto un impatto significativo sui territori ai margini. Allo stesso tempo, vi è un’ampia vita associativa negli insediamenti informali e una mobilitazione popolare su tematiche quali alloggio, lavoro e assistenza per i poveri. Questi territori sono connotati da forme di agency e relazioni dinamiche capaci di muovere istanze, flussi economici, attivare risorse sociali e creare nuove reti. Il paradosso esposto è alimentato da vuoti di politiche, mancanza di organizzazione, stabilità e capacità di attuare politiche, sistemi burocratici rigidi ed inefficienti e un’evoluzione insufficiente nella politica abitativa post-apartheid.

È importante considerare le responsabilità politiche che l’assenza di governo comporta in merito a problematiche sfaccettate e complesse dei territori più vulnerabili. Tale assenza rende i territori marginali rispetto alle politiche e alle pratiche di pianificazione e quindi sempre più estromessi da quello che chiamiamo Città. I luoghi marginalizzati caratterizzati da deprivazione e impoverimento non sono realtà totalmente isolate, ma vivono di relazioni e scambi. Questo rende superflui i dibattiti sul dualismo tra centro e margine, in favore dell’importanza di cogliere (e agire in merito) le diseguaglianze e delle ingiustizie spaziali.

Gli attori della vita informale presentano tutti, a diversi livelli, un elevato potenziale utile per far fronte alle loro condizioni di privazione, che non si ritiene sufficiente per raggiungere la mobilità sociale e il miglioramento delle condizioni di vita. Emerge un forte e diffuso senso di sfiducia nell'altro e nello Stato che genera una forma di solitudine, rafforzata da una politica individualista e poco collaborativa (come anticipato nel paragrafo precedente in merito alle sovvenzioni delle abitazioni). Il tema della fiducia da un punto di vista relazionale apre la riflessione a domande sull’importanza (e su come) del prendersi cura e dare supporto alle relazioni urbane fragili, ovvero tutte quelle dinamiche relazionali che, come abbiamo visto, hanno un buon potenziale di azione nei territori, ma che non trovano la forza rendersi stabili e sicure.

La trama relazionale che si costituisce laddove si innescano meccanismi di azione per il miglioramento delle condizioni di vita si sostiene sul rafforzamento della fiducia, fattore che si ripropone in esperienze simili (Sekulova et al. 2017; Wong 2017). Questa permette di mantenere collaborazioni tra attori diversi – e con razionalità conflittuali – e supporta la capacità di creare relazioni complesse e multilivello delle attorialità che fungono da reti di supporto per interrompere il ciclo di servizi frammentati e non coordinati e migliorare le condizioni di vita.

Le forme di agency osservate sul campo esprimono la governance urbana contingente al governo del territorio e premono per una riflessione politica sui modi in cui l'entusiasmo sociale e la capacità organizzativa dal basso possano essere messi a lavoro per migliorare le condizioni di vita ai margini. La disparità in termini di fornitura di servizi e infrastrutture può trovare giovamento dalla presenza di agency territoriali. Si ritiene sia rilevante ampliare la comprensione

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verso le modalità per rendere inclusive le politiche di sviluppo e di integrazione territoriale nei confronti di agency territoriali.

L’esperienza empirica conferma quanto evidenziato negli studi locali, per i quali i miglioramenti fisici e la fornitura di servizi di base hanno un’inequivocabile importanza per migliorare le condizioni di vita, ma risultano limitati senza programmi statali mirati a lungo termine per affrontare la radice sottostante cause di violenza e criminalità (Brown-Luthango et al. 2017). Elevati livelli di disoccupazione e insicurezza aumentano le tensioni interne tra gli abitanti, con il conseguente riproporsi di episodi che sfidano la stabilità dei progetti di intervento. L’attivazione degli spazi attraverso la collaborazione tra attori chiave a diversi livelli di governance ha come out-come la co-creazione di quartieri più sicuri, ma le difficoltà di tale processo sono poco studiate.

Risulta rilevante investire verso la creazione di quadri teorici e metodologici per supportare e sviluppare l’agency della comunità. Approcci che promuovono la collaborazione intersettoriale generano conoscenza e migliorano l'allocazione delle risorse (Ebersöhn e Eloff 2006).

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