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Trame socioculturali nella città “disorganizzata”

PARTE 1 | LA CITTÀ IN DIVENIRE METODI E QUADRI TEORICI PER LO STUDIO DEI PROCESSI DI URBANIZZAZIONE CONTEMPORANEA

5. INFORMALE, UN TEATRO DI COMUNITÀ | Anomalie (e analogie) dello spazio urbano informale

5.1. Trame socioculturali nella città “disorganizzata”

Il teatro Makukhanye Art Room sorge all’interno dell’insediamento informale S Section. In questo luogo, artisti possono accedere per svolgere prove e si esibiscono aprendo il teatro all’intera città di Cape Town. La sede è uno spazio di raccolta sempre più conosciuto per produzioni drammatiche, recital di danza, laboratori didattici, programmi di tutoraggio e incontri comunitari. Secondo il sito web e le pagine social, il teatro fornisce un pubblico sempre crescente e accoglie una rete di attori, musicisti, ballerini, scrittori, registi e artisti di Khayelitsha, che hanno difficoltà ad accedere alle infrastrutture culturali che, viceversa, esistono nel centro di Cape Town. L’incontro con il teatro è stato casuale. Durante l’ultima settimana di permanenza nel primo lavoro di campo sono stata introdotta a Sipusethu, abitante di un insediamento informale e volontario all’interno del teatro. Il primo incontro con Siphosethu è avvenuto tramite Dylan68, dipendente di DAG.

Il teatro si presenta come un elemento di rottura della prospettiva che guarda all’informale come disorganizzato – contrapposto al formale (organizzato) – e quindi la comprensione degli insediamenti (informali) come caotici, senza legge o sovversivi69. Ai miei occhi è sembrato qualcosa di simile – in parte e con le dovute differenze – ad esperienze di attivazione culturale

68 Dylan, il quale si era appassionato alle tematiche portate avanti dal teatro, mi aveva coinvolto perché conosceva il lavoro di raccolta fondi che avevo costruito per finanziare il mio primo viaggio in Sudafrica e pensava potesse essere una buona idea per aiutare il teatro a promuoversi. Essendo dottoranda senza borsa, ho deciso di avviare una campagna di finanziamento pubblico sul mio percorso di ricerca, ricevendo inaspettatamente la cifra necessaria per coprire le spese base di viaggio e alloggio. Nel presente lavoro di tesi ho deciso di non parlare specificatamente della modalità di finanziamento della prima parte della ricerca, per maggiori dettagli è possibile consultare il progetto nel sito che gli ho dedicato: https://saraurbandreamer.wixsite.com/saraaltamore/the-dream-1

69 Evidente, ad esempio, in Davis (2006), Grant (2006), Mohanty (2006), Arimah (2010), UN-Habitat (2010) e Shabane et al. (2011). Gilbert (2007) e Owusu et al. (2008) criticano la concettualizzazione di aree come socio-politicamente omogenee.

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auto-organizzata incontrate e vissute in Europa. La curiosità verso le dinamiche in esso presenti è stata dovuta proprio alla somiglianza che, in quel contesto differente, risultava per me dissonante. La presenza di un teatro di comunità, che dà spazio a pratiche non necessariamente finalizzate al sostentamento, permette di far entrare nel discorso sugli insediamenti informali una dimensione immaginativa di Città, senza trascurare gli aspetti di deprivazione materiale. L’aspetto relazionale che la tesi decide di guardare permette di esplorare parte della vita all’interno dell’insediamento di S Section e le sue logiche peculiari non evidenti a chi estraneo, ma che funzionano per coloro che occupano i luoghi. I frammenti di quotidianità che traspaiono dai racconti di Sipusethu (come l’abitudine di accompagnare i bambini dell’insediamento a scuola) delineano accordi informali necessari a supportare una molteplicità di strategie di sostentamento. Le azioni quotidiane negoziate all’interno delle comunità consentono ai residenti di sopravvivere in condizioni estremamente precarie con un supporto minimo da parte dello Stato o di altri settori della società (Massey 2013; Smit 2006).

Attraverso le storie di seguito raccontate, si riflette sui meccanismi di riproduzione dell’informale, le inerzie al cambiamento, le aspirazioni e gli immaginari dei residenti. Il teatro è letto come nodo relazionale tra attori appartenenti ad un insediamento informale e attori formali della scena urbana (organizzazioni, istituzioni locali, cittadine e sovralocali).

128 Figura 45 - Esterno del teatro. Fonte autrice, 2018

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Dylan e Siphosethu. Vite di frontiera (Agosto 2018)

Dylan ed io arriviamo in auto, la prima volta senza aver pianificato un incontro. Siphusethu, che si presenta come volontario per tenere aperto il teatro, ci accoglie all’interno di una piccola stanza con il tetto in lamiera. Sin da subito emerge la figura di Mandisi Sindo, che viene più volte citato come il fondatore del teatro e lodato per la sua formazione accademica presso UCT (University of Cape Town) e i suoi contatti internazionali, specialmente con alcuni ricercatori in America.

Durante la nostra prima conversazione, ho avuto la percezione di una poca naturalezza in certe circostanze. Spesso, discorsi sull’organizzazione del teatro erano deviati verso questioni razziali. Più volte si faceva riferimento a me come ragazza bianca e, allo stesso tempo, veniva ribadito quanto chiamarmi ragazza bianca fosse discriminatorio. Sipusethu immagina se stesso vivere nello stesso insediamento e rivendica la possibilità di costruire in quel luogo la propria vita non-apart.

“...il mio sogno è di svegliarmi un giorno qui, a casa mia, in questa stessa baraccopoli, e incontrare una ragazza bianca e bionda, come mia vicina…” (dalle note di campo, conversazione informale con Sipusethu, traduzione dell’autrice, 2018)

Dalla prima esplorazione dell’area, l’estetica e l’organizzazione spaziale del teatro mostrano alcune anomalie rispetto al resto delle abitazioni informali limitrofe. Gli spazi risultino ampi, funzionali e ben curati, lo spazio è percepito come un luogo sicuro con un’area aperta sul fronte (non scontato in un insediamento ad alta densità), lasciato libero come punto ritrovo. La struttura è frutto di diverse modifiche e adattamenti, dovuti sia ad una maggiore disponibilità economica, che ad una volontà progettuale di miglioramento.

Quando ritorno nell’area, Sipusethu mi accompagna per una visita dettagliata, presentandomi ai residenti dell’insediamento tra cui un uomo anziano che è tra i primi che ha occupato l’area. Gli abitanti più anziani hanno una conoscenza vivida della storia dell’area, ma non riesco a Figura 46 - foto esterno e interno teatro, con Siphusethu. Agosto 2018

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creare una fluida conversazione con loro, mentre è più facile parlare ai più giovani. Dalle conversazioni emerge l’entusiasmo per le attività di animazione del teatro, che vengono collegate al riscatto della propria condizione sociale e politica. Il senso di sicurezza, i sentimenti di appartenenza, riappropriazione e rivendicazione mirano a superare le immagini nagative di sé stessi e dell’insediamento.

Gli eventi promossi dal teatro a cui prendo parte mostrano la gestione delle attività e degli spazi (ad esempio, sono ben indicate le entrate, l’uscita, i bagni). Le prime esibizioni sono di esordienti indipendenti, successivamente hanno inizio gli spettacoli più strutturati gestiti dal teatro. Ciò che va in scena è manifestazione del substrato culturale presente, passato e futuro. Introrno al teatro, il tessutto urbano fitto è composto per lo più da lamiera e legno. Gli alti pali della luce che si ergono all’interno degli stretti spazi tra una baracca e un’altra sono motivo di preoccupazione, perché causano spesso di incendi difficili da domare. Uno di questi avviene poco dopo il mio rientro dal primo viaggio in Sudafrica, il 21 ottobre 2018 (Lali e GroundUp 2018). Gli abitanti perdono tutti i risparmi e il quotidiano fatto a pezzi e carbonizzato resta sepolto sotto le lamiere. In questo evento tanto drammatico quanto comune, il teatro (colpito solo in parte) offre un tetto e beni di prima necessità, attiva una rete di supporto locale e internazionale per raccogliere contributi economici per aiutare gli abitanti colpiti. Con riferimento all’insediamento in cui si inserisce il teatro, Sipusethu reclama il diritto di vivere in un luogo salubre e di qualità ed esprime la necessità di riabilitare l’immagine dell’insediamento oltre lo stigma. Girando all’interno dell’insediamento, ho la percezione di una immutabilità che contrasta con le spinte progressiste del teatro. Incendio dopo incendio – ad esempio – non vi è un effettivo cambiamento, tutto torna come prima e la vita ricomincia. Gli spazi vengono ricostruiti velocemente, lasciando elevata la densità delle abitazioni, i pali della luce tra di esse, gli stretti cunicoli e le scarse aree libere.

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All’immutabilità non solo fisica, il teatro contrappone una rete sociale che va oltre la township di Khayelitsha, arrivando a collaborazioni estere anche per il suo ampliamento futuro. Mi viene mostrata l’immagine di un progetto ideale, che quindi non tiene conto della fattibilità economica e legislativa. Questo però rappresenta un’immaginario ambito che vede il teatro come uno spazio architettonicamente avanzato e all’avanguardia.

Questa immagine è frutto di una collaborazione internazionale portata avanti da Mandisi Sindo. Al di là della fattibilità del progetto, emerge una visione del teatro che entrerà in conflitto con altre prospettive incontrate. Il network relazionale che oltrepassa i confini geografici dell’insediamento, l’apparente efficace organizzazione interna e la risonanza mediatica (diverse interviste radio, sito internet ben fatto, interviste in televisioni, giornali e media locali e internazionali) lo rendono visibile nella “città invisibile”. Eppure, il teatro risultà evulso ad alcune realtà. In particolare, l’apparente scadente conoscenza del teatro ai livelli formali della città70 risulta per me, in quel momento, un tema da approfondire.

Parlando dell’ampliamento, emerge il tema della sostenibilità economica. Gli operatori che animano e attivano il teatro agiscono nel continuo sforzo di restare indipendenti. Questo crea tensione tra possibili collaborazioni proficue e necessità di denaro. Mi viene raccontata la difficoltà di avere fondi svincolati da obblighi, sia reali che percepiti, dovuti ad aspettative conflittuali tra il donatore e i riceventi. Qualcosa di simile emerge quando viene approfondito il tema sulla possibilità o meno di ricevere fondi pubblici. In quel caso – mi viene detto – la

70 Il teatro mi viene presentato come una “scoperta” casuale da parte della ONG dovuta all’intenzione di iniziare un processo di collaborazione.

Figura 48 - immagine del progetto con la collaborazione di U-TT studio Fonte: U-TT website (http://u-tt.com, ultimo accesso luglio 2019)

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proprietà non sarebbe più in pieno possesso degli attivisti, che ne possono disporre a loro vantaggio, ma rientrerebbe a far parte di un servizio di comunità. Al fine di non limitare la proprietà o la libertà di decisione di chi lavora all’interno del teatro, dunque, non vogliono ricevere donazioni né fondi. Questo elemento potrebbe essere uno dei motivi della distanza con i livelli più alti (e lontani) di governo. La selezione dei canali di comunicazione è strategica alla sopravvivenza di alcune dinamiche interne. Al contempo tali dinamiche non risultano stabili e immutabili, ma fragili e labili.

L’immagine del teatro di comunità – quanto meno l’immagine che io avevo prima di entrare in una relazione di prossimità – entra in conflitto con quella che sembra emergere dalla conversazione con Sipusethu, che delinea un teatro in bilico tra l’imprenditoria e la costante insicurezza e sfuggevolezza del controllo della proprietà.

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Biografie mutabili e superamento del trauma

Quando ritorno un anno dopo a Makukhanye Art Room è subito evidente che il teatro ha subito dei cambiamenti sia fisici che di riorganizzazione delle dinamiche interne. Tali cambiamenti vengono giustificati da Siphusethu come conseguenti ad un conflitto interno, iniziato qualche mese addietro, tra gli attivisti del teatro e Mandisi Sindo. Quest’ultimo, che l’anno precedente non avevo conosciuto ma che sembrava uno dei fondatori determinanti per la vita del teatro, non ne è più parte, al punto che il suo ruolo viene ritrattato dagli attivisti correnti: Mandisi non è mai stato il fondatore, ma si è occupato per un periodo dello sviluppo del network.

La storia del teatro è stata approfondita parlando con Thando, attuale consigliere dell’area e co-fondatore del teatro, ed è sintetizzata di seguito sottoforma di linea temporale. Nel 2007, insieme all’attuale art director Ringo fondano un’associazione artistica (Makanza Organization) che si esibisce per le strade di Cape Town. Solo dopo un paio di anni ricevono un’area all’interno dell’insediamento informale di S Section – zona limitrofa a dove erano cresciuti e vivevano – da parte del coucilor del tempo71. La costruzione di un piccolo shack e il successivo affitto occasionale permettono di ricavare un introito. La rendita, unita ai ricavi delle esibizioni

71 Non sono a conoscenza se le modalità di accesso hanno seguito un passaggio riconosciuto o se hanno occupato l’area.

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di strada, viene utilizzata per il miglioramento e l’ampliamento della struttura. Nel 2013, si decide di chiamare Mandisi Sindo – amico dei due – per occuparsi della gestione dell’organizzazione. Mandisi, laureatosi da poco, definisce l’identità e assume una posizione cardine per i successivi sei anni.

Spusethu, che questa volta gestisce le relazioni del teatro, mi racconta delle sue visioni future sulla vita del teatro. Così come percepito dal nostro primo incontro, Sipusethu ribadisce la necessità di rivendicare il proprio modo di essere al mondo e di accettazione dell’insediamento. La questione dell’insalubrità e dell’alta densità dell’insediamento vengono messe in discussione da Sipusethu, il quale però non si sbilancia mai del tutto in merito ad una sua visione.

“…noi siamo questi, la storia del Sudafrica deve essere compresa a cominciare dalle Township. (…) Voglio che il teatro e l’insediamento diventino un luogo che racconti la nostra storia, la nostra identità a tutti, non voglio più avere vergogna.” (Siphusethu, note di campo tradotte da una conversazione informale, 2019)

Durante l’intervista semi-strutturata che si svolge il 05/09/2019, vengono esposti gli ostacoli percepiti per il miglioramento dell’insediamento e la conversazione vira verso la scarsa implementazione della Costituzione, che avrebbe spento le speranze e lasciato molti in gravi condizioni di povertà.

“our mistake was thinking that the implementation [of the Costitution] would be quick and soon (…) but the challenge now is with the implementation. Because in this democracy people are still impoverish (…). The government is not doing enough in term of delivery. (…) We need more implementation, but corruption is the problem. They are rich, and they authorities is a monopolist capitalism. The rich became richer and poor poorest.” (Siphusethu, intervista semistrutturata, 5 settembre 2019, le successive citazioni sono prese dalla stessa intervista)

Nonostante vi sia un evidente rispetto e orgoglio nei confronti della Costituzione (durante l’intervista viene più volte ripetuto il nome completo in isiXhosa di Nelson Mandela, e tutte le date comprese di giorno, mese ed anno dei vari eventi che hanno portato alla democrazia), vi è una sfiducia nei confronti dei ruoli istituzionali responsabili dell’applicazione della legge e dei politici (durante le conversazioni informali si fa riferimento allo scambio di voti e alla presenza dei politici solo con scopo di propaganda a ridosso di elezioni).

“The Constitution, and the way it was put, it doesn’t need to change anywhere, but the ones to change more are the people who are supposed to believe us (…) they need to deliver more on what they promise.”

Un altro elemento che emerge durante l’intervista è il tema della sicurezza, molto sentito dagli attivisti del teatro. La preoccupazione principale è quella di tutelare tutta la zona per permettere che il teatro possa essere usufruito dall’esterno, tutelandone al con tempo l’immagine.

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Incrociando le conversazioni con Mandisi, emerge che vengono pagati degli abitanti del luogo72 come pattuglia privata durante gli eventi. Inoltre, approfondendo la biografia di Siphusethu, viene fatto riferimento al suo passato di OG73 (old gangster) come influente per la sicurezza, sia per rispetto che per timore.

72 a volte ragazzi appartenenti a bande, per scoraggiare la criminalità occasionale dando convenienza di profitto

73 ovvero di persona con un passato all’interno delle bande. Sipusethu è stato incarcerato da minorenne insieme ad altri per la morte di un ragazzo. E da quella esperienza la scelta di trovare un’alternativa nell’arte per il sostentamento

Figura 51 - Morfologia urbana dell'insediamento informale S Section e le abitazioni formali limitrofe. La posizione del teatro è segnata con un punto rosso. Fonte: Google Earth, 2020.

Figura 52 - Insediamento ad Enkanini, dove sorge il Kasi RC., con evidente minore densità rispetto a S Section. Fonte: Google Map, 2019

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