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In transizione Un racconto diacronico delle politiche post

PARTE 1 | LA CITTÀ IN DIVENIRE METODI E QUADRI TEORICI PER LO STUDIO DEI PROCESSI DI URBANIZZAZIONE CONTEMPORANEA

3. URBANIZZAZIONE E PLANNING NEL CONTESTO SUDAFRICANO

3.2. In transizione Un racconto diacronico delle politiche post

Per soddisfare le promesse e le aspettative di questo periodo sono stati prodotti vari atti legislativi e politiche di sviluppo urbano. Le politiche post-apartheid si sono concentrate principalmente sulla ristrutturazione delle istituzioni governative locali, la delineazione di sistemi finanziari municipali a supporto dello sviluppo locale, l’erogazione dei servizi per i più

39 Il libro Democracy and Delivery: Urban Policy in South Africa (Pillay, Tomlinson e du Toit, eds, 2006) è una raccolta di saggi di accademici ed esperti che fornisce una panoramica completa di come si evolve la politica urbana in Sudafrica, approfondendo le questioni affrontate nella fase di attuazione di queste. Figura 4 - Spazializzazione etnica a Cape Town. Fonte: dati Census 2011 elaborati da Adrian Frith e resi

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poveri e politiche per l’accesso alla casa40. Le idee emerse dal NHF sono confluite nel Programma di Ricostruzione e Sviluppo, Reconstruction and Development Programme (RDP), che rappresenta la prima la strategia chiave per affrontare le disuguaglianze sociali ed economiche dell'apartheid e agevolare la transizione verso una democrazia. Considerato utopico e ambizioso (Maharaj 2002), il programma si concentrava nello smantellamento della città dell’apartheid attraverso politiche orientate all’integrazione urbana.

Una delle prime politiche urbane che prende forma dal programma è il White Paper on housing (1994), che si configura come un impegno politico per la creazione di comunità vitali, socialmente ed economicamente integrate, situate in aree che consentano un comodo accesso alle opportunità economiche nonché alle strutture sanitarie, educative e sociali. L’agenda abitativa riconosce l’importanza della consegna dei terreni in relazione al potenziale di offerta degli alloggi per contribuire a migliorare l'integrazione razziale, economica e spaziale (Mackay 1996).

40 la consegna in massa di alloggi è stato uno degli elementi cardine del periodo subito dopo il ’94, in risposta alla totale assenza precedente

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Nel 1995, il Development Facilitation Act (DFA) viene elaborato come risposta alle critiche di pianificatori, accademici e attivisti (Todes 2006), al fine di stabilire le basi normative per guidare l'amministrazione e accelerare radicalmente i processi di gestione del territorio.

Sempre nel 1995, con l’Urban Development Strategy (UDS) è stata riconfermata come priorità l’integrazione come principio di gestione della crescita urbana. Da questo presupposto sono state definite le tre principali aree di interesse, ovvero: la pianificazione e gestione dell'uso del suolo, i sistemi di trasporto efficaci per migliorare i collegamenti e favorire una maggiore densità e la gestione ambientale41.

Nel 1996, viene emanata la Costituzione42 che include una sezione sull’edilizia abitativa (n.26) e che nomina lo Stato come responsabile principale per adempiere il diritto all’alloggio.

26 (1). Everyone has the right to have access to adequate housing.

26 (2). The state must take reasonable legislative and other measures, within its available resources, to achieve the progressive realization of this right.

26 (3). No one may be evicted from their home, or have their home demolished, without an order of court made after considering all the relevant circumstances. No legislation may permit

Articoli della Costituzione nella sezione riguardante l’edilizia

Nel 1997, viene emanato l’Housing Act che definisce le responsabilità sui contenuti del White Paper on Housing alle varie sfere del governo e fornisce un quadro finanziario per i programmi nazionali di edilizia abitativa per agevolare la trasparenza. La legge sull'edilizia abitativa è stata modificata due volte dal concepimento, una volta nel 1999 e poi nel 2000 come parte del National Housing Code.

Nel 1998, avviene l’introduzione del People’s Housing Process (PHP), come risposta alle pressioni locali per una consegna efficiente delle abitazioni. Questa politica mirava a incoraggiare le organizzazioni di comunità (CBO) a guidare il processo di sviluppo e costruire fisicamente le case stesse. Questo ha permesso alle ONG di svolgere un ruolo attivo nei processi di consegna degli alloggi, ma il quadro di senso della partecipazione all’interno del progetto non era Stato ancora chiaramente. La partecipazione da parte della comunità era limitata ai lavori di costruzione, mentre le questioni chiave come l'ubicazione erano ancora definite dallo Stato.

41 Particolare attenzione è riconosciuta alla ricostruzione delle township, alla creazione di posti di lavoro, alla fornitura di alloggi e servizi urbani, alla riduzione delle distanze di pendolarismo tra il luogo di lavoro e le aree residenziali facilitando un migliore utilizzo dei terreni sottoutilizzati o liberi e migliorando il trasporto pubblico

42 Anche dalle interviste o conversazioni informali sul campo emerge il continuo riferimento alla Costituzioni in merito al diritto per l’alloggio come simbolo democratico.

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Inoltre, tale processo è stato criticato per istituzionalizzare i processi di comunità e spostare l'onere della distribuzione degli alloggi sulla popolazione disagiata.

Dieci anni dopo, nel 2008, la politica PHP viene riformata con il Enhanced People's Housing Process (ePHP), che rappresenta il risultato di negoziati tra le ONG (ovvero DAG, Planact, DESG, USG, uTshani, FEDUP) e il livello nazionale del National Department of Housing. Le ONG hanno sostenuto il coinvolgimento degli appaltatori locali e incoraggiato la definizione della partecipazione come un processo decisionale collettivo e basato sulla comunità. Il documento ePHP tiene conto di ciò e fissa le intenzioni di responsabilizzare i beneficiari, promuovendo al contempo partenariati locali, lo sviluppo economico locale e costruendo capitale sociale. Consente agli individui o alle comunità di partecipare durante tutto il processo, dall'identificazione delle terre, alla pianificazione dell'insediamento, all'ottenimento di autorizzazioni e risorse. L'ePHP fornisce un percorso per accompagnare i progressi delle comunità che si sono organizzate in progetti abitativi. L’ePHP viene ritenuto uno dei documenti più solidi sulla politica abitativa secondo molte ONG che lavorano con queste popolazioni vulnerabili (Tissington 2011). Questa inoltre risulta la prima politica meno orientata alla consegna su larga scala in un arco di tempo limitato, ma che supporta processi di piccola scala con una visione di comunità sul lungo tempo.

Nel 2004, dieci anni dopo l'introduzione del primo programma abitativo, viene avviata una revisione completa dei risultati del programma e dei cambiamenti nel contesto socioeconomico del paese. Questa revisione ha portato al riconoscimento della necessità di un approccio diverso, attuato con l’adozione della politica del Breaking New Ground (BNG). Il BNG ha lo scopo di offrire una gamma più ampia di opzioni di possesso, ubicazione e accessibilità economica. Questa si presenta come una politica incrementale che orienta il Department of Human Settlements al fine di migliorare la consegna abitativa attraverso la fornitura di servizi socioeconomici. La politica è volta a realizzare il diritto a un alloggio adeguato, nonché a creare comunità sostenibili e di qualità.

La coerenza nelle idee politiche in questi quadri, che suggerisce una comunanza di finalità e approccio che dovrebbe migliorare le possibilità di successo della politica, non sono stati sufficienti allo scopo (Pieterse 2006b). Sono state considerate alcune contraddizioni che possono aver influito sull’insuccesso di queste politiche.

Dopo anni di formulazione e attuazione delle politiche, il governo giunse alla conclusione che molte delle sfide (spaziali) rimangono nonostante le buone intenzioni e gli interventi sofisticati. Molti studiosi si sono uniti ad analoghe conclusioni, ovvero che le politiche di sviluppo urbano volte a promuovere l'integrazione urbana hanno incontrato un successo limitato (Abbott 2017; Huchzermeyer 2001, 2004b; Khan 2003; Pieterse 2006b; Turok 2001; Turok e Watson 2001).

3.2.1. Politiche e programmi per l’urbanizzazione informale

Pochi paesi hanno sviluppato a livello nazionale politiche e programmi per insediamenti informali (Huchzermeyer e Karam 2006), tuttavia esistono progetti di miglioramento degli insediamenti informali in tutto il mondo.

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problematiche che li caratterizzano: la riqualificazione totale o lo sviluppo in situ. Il primo si traduce nella demolizione dell'intera area e nel trasferimento delle famiglie in un altro sito greenfield, ovvero vuoto. Come intuitivamente comprensibile, un approccio di questo tipo influisce negativamente sulle reti sociali ed economica (del Mistro e Hensher 2009). L’alternativa è quello dell’upgrading in situ, che rappresenta un miglioramento incrementale o progressivo della fornitura di alloggi e mira a ridurre il numero di famiglie che vengono trasferite in un altro sito. Esistono diverse modalità di implementazione e studi al riguardo sono ancora in corso e di attualità (Adegun 2018; Cirolia 2017; Klug e Vawda 2009; Memela 2017; Ntema et al. 2018). Questi partono dalla fornitura di servizi di livello primario volti a soddisfare i bisogni sanitari di base di una comunità; oppure servizi che riguardano le sfere sociali e culturali della comunità; oppure dalle abitazioni. La chiave di un intervento di miglioramento progressivo abbia successo risulta il coinvolgimento della comunità, la quale deve essere disposta a investire i propri sforzi nel progetto (Choguill 1999).

All’inizio degli anni ’90, con l’avvio dell’Independent Development Trust (IDT) (sotto pressione della Urban Foundation e un forte gruppo di pressione del settore privato), è stato avviato il primo aggiornamento su larga scala degli insediamenti informali in Sud Africa. Nel processo, sono state fornite opportunità di alloggio a circa 100.000 famiglie degli insediamenti informali. Alcuni studi (Huchzermeyer 2004a, 2004b) hanno criticato i progetti IDT perché orientati principalmente allo sviluppatore privato attraverso un approccio tecnocratico e con una partecipazione estremamente limitata della comunità. Marais e Ntema (2013) mettono in evidenza come solo il 28% erano progetti di riqualificazione, mentre il resto erano progetti greenfield. Queste critiche mettono in risalto come tali progetti non abbiano avuto impatti sulla struttura spaziale dell'apartheid.

In realtà, durante il primo periodo del governo post-apartheid, non è stata sviluppata nessuna politica sul miglioramento degli insediamenti informali, facendo affidamento sulla nuova politica abitativa del 1994 per affrontare – in automatico - la situazione dei residenti negli insediamenti informali. Con il BNG del 2004 viene data enfasi all’eradicazione della povertà, alla riduzione della vulnerabilità e alla promozione dell'inclusione sociale, contribuendo allo sviluppo di un programma informale di upgrading degli insediamenti.

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