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Capitolo I "I diritti dei detenuti"

3. I diritti dei detenuti previsti nella legge ordinaria e la loro evoluzione

3.4. Dalla Gozzini ad oggi

Gli anni '90 e 2000, successivi alla legge Gozzini, fanno parte della nostra storia più recente.

Gli interventi che si sono avuti in questi anni dal punto di vista normativo in materia penitenziaria possono essere essenzialmente divisi in due tipologie.

Da una parte abbiamo assistito a una serie di provvedimenti per così dire "settoriali", riguardanti aspetti specifici del trattamento penitenziario o particolari categorie di detenuti. Dall'altra parte, invece, grazie al D.P.R. 230/2000 c'è stato un intervento più complessivo, organico della materia.

66 MARGARA S., Il "carcere utile". Il senso di un impegno, in Questione Giustizia, 2000, n. 3, 405 - 407.

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Nel primo senso possiamo ricordare, in seguito agli attacchi e agli attentati da parte della criminalità organizzata, l'introduzione nel 1992 del regime del c.d. "carcere duro", attraverso l'art. 41 - bis2, sulla cui compatibilità con i diritti dei detenuti dedicheremo particolare attenzione in una parte successiva del nostro lavoro.

In una prospettiva di decarcerizzazione per alcune tipologie di detenuti troviamo la legge Simeoni del 1998, che puntava a favorire l'affidamento in prova al servizio sociale per le pene non superiori a 3 anni, e la legge 231/99, che stabilisce l'incompatibilità carceraria per i malati di AIDS o di altre gravi malattie, a causa del forte rischio di contagio all'interno degli istituti penitenziari; sul fronte del lavoro carcerario interviene la legge Smuraglia del 2000, che ha introdotto alcune disposizioni volte a favorire il lavoro all'esterno delle carceri.

Altro provvedimento degno di menzione è la legge 40/2001, che si occupa delle detenute madri, concedendo misure alternative al carcere che favoriscano il mantenimento del rapporto madre-figlio.67

Un intervento più organico della disciplina penitenziaria, che perciò merita una considerazione maggiore nella nostra ricostruzione, si è avuto con l'adozione del nuovo regolamento di esecuzione dell'ordinamento penitenziario, il D.P.R. 230/2000, che adegua la disciplina esecutiva carceraria alle modifiche legislative avvenute nel tempo e che rappresenta la più importante realizzazione del movimento riformatore di questi anni.

Con il D.P.R. 230 si abroga integralmente il precedente regolamento penitenziario del 1976, che aveva subìto negli anni vari interventi di revisione; questo non ci deve far pensare che si tratti solo di un'opera di riordino della materia esecutiva in ambito penitenziario, perché con tale regolamento si cerca anche di dare una vera applicazione a quelle riforme carcerarie mai attuate.

Ancora una volta il nostro sistema è alla ricerca di un difficile equilibrio fra le esigenze di sicurezza e di difesa sociale chieste dalla collettività e i diritti fondamentali che devono essere riconosciuti e garantiti ai condannati, fra cui

67 Per una ricostruzione degli interventi legislativi nella XIII e XIV legislatura v. RUOTOLO M.,

Diritti dei detenuti e Costituzione, cit., 32 - 36, e MARGARA S., Sorvegliare e punire: storia di 50 anni di carcere, in Questione Giustizia, 2009, n. 5, 97 - 99.

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spicca il diritto ad un trattamento che non sia solo retributivo, ma anche e soprattutto rieducativo.

Gli obbiettivi che il D.P.R. 230 si pone sono molteplici: il primo è un aggiornamento della materia, derivante dalla costante evoluzione della normativa penitenziaria, che come abbiamo visto negli anni è stata sottoposta a numerose modifiche ed integrazioni; il secondo è quello di adeguare la normativa italiana alle indicazioni date dagli organismi internazionali che si sono occupati della tematica penitenziaria e dei diritti dei detenuti, ad esempio introducendo disposizioni volte a raggiungere gli standards richiesti dalle fonti internazionali in materia di locali di detenzione o di igiene.

Oltre all'esigenza di razionalizzazione dell'ordinamento e di individuazione di regole che unifichino le prassi applicative, la riforma ha colto anche la necessità di dare nuova efficacia e applicazione al trattamento penitenziario; parte rilevante dell'intervento riformatore ha riguardato l'introduzione di alcune modifiche migliorative del sistema penitenziario, proprio in virtù di un nuovo rispetto e di una maggiore sensibilità verso le persone recluse.68

Così, ad esempio, al fine di prevenire il dramma crescente dei suicidi in carcere, si prevede che un esperto dell'osservazione e del trattamento effettui un colloquio con il detenuto nel momento del suo ingresso nel penitenziario "per verificare se,

ed eventualmente con quali cautele, possa affrontare adeguatamente lo stato di restrizione"; per aiutare i detenuti ad affrontare i primi difficili giorni di

detenzione si stabilisce di informarli sulla normativa che regola la vita in istituto, e sulle possibilità e le modalità di fruizione dei vari benefici e delle misure alternative.

Si cerca poi di assistere quei detenuti che potrebbero essere messi in difficoltà dalla loro cittadinanza straniera, prevedendo che si debba "tener conto delle loro

difficoltà linguistiche e delle differenze culturali", avvalendosi anche di operatori

di mediazione culturale, e comunque cercando di mantenere i contatti con le autorità del loro paese di origine.

68 V. il commento di CANEVELLI P., in LA GRECA G., (a cura di), Emanato il regolamento

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Grande importanza, inoltre, viene data dal regolamento alla tutela dei rapporti familiari e delle relazioni affettive; la ratio è sempre quella di contemperare i diritti più intimi della persona con le caratteristiche del trattamento penitenziario. In questo senso si prevede che si debba dedicare una particolare attenzione "ad

affrontare la crisi conseguente all'allontanamento del soggetto dal nucleo familiare, a rendere possibile il mantenimento di un valido rapporto con i figli, specie in età minore, e a preparare la famiglia, gli ambienti prossimi di vita e il soggetto stesso al rientro nel contesto sociale" (art. 61); a questo fine il direttore

dell'istituto potrà concedere ulteriori colloqui e visite.

In materia di mantenimento dei rapporti familiari è opportuno ricordare che lo schema originario del regolamento prevedeva una particolare forma di permesso, di competenza del direttore, che avrebbe concesso ai detenuti di trascorrere fino a 24 ore continuative con la propria famiglia all'interno dell'istituto, in apposite unità abitative, da realizzarsi all'interno dei penitenziari.

Si trattava di una novità di grande rilievo, che è stata però bloccata dal parere negativo della Sezione Consultiva del Consiglio di Stato, dove si rilevava che tali scelte non potevano essere lasciate alla sede regolamentare, ma dovevano essere oggetto di un intervento del legislatore.69

Infine, dobbiamo precisare che riguardo alle misure alternative alla detenzione, il regolamento ha provveduto ad un'uniformazione della materia e di quelle prassi applicative che si erano sviluppate nel corso degli anni.70

Tirando le fila possiamo dire che il regolamento del 2000 si configura come un testo con luci e qualche ombra, ma che nel complesso risulta ricco di affermazioni di principio e di prospettive importanti per la tutela dei diritti dei detenuti.

Ancora una volta, però, dobbiamo riscontrare come queste affermazioni di principio non trovino un'attuazione pratica nella realtà degli istituti carcerari.

69 Il Consiglio di Stato, nel parere espresso sullo schema di regolamento il 17 aprile 2000, aveva rilevato come le scelte che il regolamento si accingeva a compiere non potessero essere legittimamente effettuate in sede regolamentare attuativa o esecutiva, senza una precedente previsione di legge, in quanto "postulano piuttosto il responsabile intervento del legislatore, al

quale solo spetta il potere di adeguare sul punto una normativa penitenziaria che sembra diversamente orientata": v. il commento di CANEVELLI P., cit., 1321.

70 Sul regolamento 230/2000 v. ancora il commento di CANEVELLI P., cit., 1318 ss, e VAUDANO M., Per direttori e magistrati di sorveglianza è l'ora di attendere la concreta

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Quello che è successo dopo il regolamento è storia recente: nell'ultimo decennio gli interventi del legislatore a favore dei detenuti sono stati scarsi, e, anzi, si è assistito ad una politica penale severa e repressiva che, come vedremo meglio nel prosieguo di questo lavoro, è sfociata in quelle che sono state definite come "leggi riempicarceri".

Così, gli anni del nuovo millennio sono stati gli anni in cui il sovraffollamento è diventato "il problema" del carcere: una questione che ha finito col concentrare su di sé tutti gli sforzi legislativi e col far divenire, sempre più spesso, il nostro paese oggetto di attenzione e di condanne da parte degli organismi internazionali. Ma di tutto questo avremo modo di parlare con maggiore accuratezza più avanti.