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Capitolo II "La lesione della dignità umana: la questione del sovraffollamento

2. La questione del sovraffollamento carcerario

2.1. Come nasce il sovraffollamento

Il problema del sovraffollamento carcerario è un problema complesso, che merita un'analisi dettagliata, anche sulle sue cause.

Le ragioni che hanno portato a tale situazione nei nostri penitenziari, infatti, sono molteplici; il sovraffollamento è il risultato di anni di scelte legislative fallimentari, dove si è dato ascolto a quelle voci che insistentemente chiedevano, in nome della tolleranza zero, una maggiore sicurezza sociale; così, si è dato vita a quella che potrebbe essere descritta come una vera e propria "caccia" ai soggetti ritenuti pericolosi, che, però, ha finito per riempire le carceri di individui ai margini della società.

Il "mito della sicurezza", cioè, ha alimentato l'adozione di politiche intransigenti, che negli anni hanno dimostrato la loro scarsa efficacia rieducativa e le loro negative ripercussioni sull'efficienza del sistema carcerario.

Tuttavia, nonostante la questione del sovraffollamento carcerario sia un problema venuto alla luce negli ultimi anni, la sua nascita risale indietro nel tempo; infatti, all'epoca della riforma penitenziaria del 1975 il carcere già ne soffre.

Con l'avvento della riforma si sperava di poter dar vita ad un'esecuzione penale diversa, ma, come abbiamo visto, le riforme del carcere, avanzate sul piano teorico, hanno sempre dimostrato la loro fragilità nella parte attuativa.

Con il passare degli anni il fenomeno si è sempre più aggravato, e si è cercato di porvi rimedio con diverse modalità: da una parte con gli strumenti dell'amnistia e dell'indulto, volti materialmente ad aprire le porte del carcere attraverso l'estinzione del reato o, del tutto o in parte, della pena; dall'altra parte attraverso

110 Queste e altre testimonianze e rapporti sono reperibili in www.insidecarceri.com, a cura dell'Associazione Antigone.

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politiche penitenziarie volte a favorire la concessione delle misure alternative alla detenzione per un numero sempre maggiore di soggetti.

In quest'ultima direzione possiamo citare gli interventi degli anni '90, come la legge Simeoni o la legge 231/99 riguardante i malati di AIDS, mentre per quanto riguarda amnistie e indulti gli ultimi provvedimenti sono il c.d. "indultino" del 2003 e l'indulto del 2006.111

Verrebbe allora da chiedersi perché, se sono stati posti in essere interventi di questo tipo, la popolazione carceraria è continuata e continua ad aumentare? Le ragioni sono più di una.

Il Rapporto sullo stato dei diritti umani negli istituti penitenziari e nei centri di

accoglienza e trattenimento per migranti in Italia, redatto dalla Commissione

straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato, e approvato il 6 marzo 2012, dedica al problema del sovraffollamento un intero paragrafo, cercando anche di individuare le ragioni che hanno portato al suo aggravamento. Il primo, importante motivo che determina l'affollamento oltre misura delle nostre carceri è la presenza enorme, tra i detenuti, di soggetti in attesa di giudizio definitivo.

I dati forniti dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, aggiornati al 31 dicembre 2013, confermano che su 62.536 detenuti ben 22.831 sono in attesa di giudizio definitivo, e di questi ultimi quasi la metà, cioè 11.108, sono in attesa di primo giudizio.112

Significa che quasi il 37% della popolazione detenuta non è stata riconosciuta colpevole da un giudice in via definitiva. Più di un detenuto su tre. La percentuale più alta d'Europa.

In precedenza la cifra è stata anche maggiore, arrivando a superare il 40%.

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L'ultima amnistia risale al 1990. Il cosiddetto “indultino” (legge 207/2003), concedeva uno sconto di pena di due anni per chi avesse già trascorso in carcere almeno metà della pena; l'indulto del 2006 (l. 241/2006) venne concesso nella misura massima di 3 anni per gli autori di reati commessi entro il 2 maggio 2006. V. TURCHETTI S., Legge "svuotacarceri" ed esecuzione della

pena presso il domicilio: ancora una variazione sul tema della detenzione domiciliare?, in www.penalecontemporaneo.it.

112 Dati forniti dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria - Ufficio per lo sviluppo e la gestione del sistema informativo automatizzato statistica ed automazione di supporto dipartimentale - Sezione Statistica, reperibili in www.giustizia.it.

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Di fronte a questi dati è evidente che il carcere, che pure secondo i principi dovrebbe esserlo, non è l'extrema ratio e che la carcerazione preventiva non è adottata, come invece dovrebbe essere, solo in via eccezionale.

Subire una permanenza in carcere nonostante la responsabilità sia tutta da accertare è inutile e dannoso anche per la società, senza dimenticare che contrasta con il principio costituzionale di presunzione di innocenza fino alla condanna definitiva.

È ovvio allora che alleggerire tale porzione della popolazione carceraria, oltre ad essere un'azione rispondente ai dettami costituzionali, sarebbe anche di grande beneficio per la questione del sovraffollamento.113

Altro fattore determinante è l'elevato turnover dei detenuti. Significa che ogni anno 90.000 persone provenienti dalla libertà transitano in carcere, la metà delle quali vi resta per periodi brevi, e il 30% circa solo per pochissimi giorni.

È quello che è stato chiamato il fenomeno delle "porte girevoli".

Come dichiarato dal Ministro Severino "evitare questo rilevante numero di

entrate e uscite, da un lato allevierebbe il lavoro del personale nelle impegnative fasi dell'accoglienza e alleggerirebbe il totale delle presenze in carcere, dall'altro eviterebbe il trauma delle pratiche di identificazione, perquisizione e inserimento carcerario per persone destinate, nella gran parte dei casi, ad essere rilasciate nel giro di pochissimi giorni".114

Si tratta, cioè, di un fenomeno che impegna risorse economiche e umane che potrebbero essere destinate alla rieducazione di chi in carcere deve invece trascorrere anni della propria vita: l'alto flusso di arrestati, infatti, diminuisce la funzionalità generale del carcere.

Infine, rilevanti nel vertiginoso aumento del sovraffollamento carcerario degli ultimi anni sono stati tre interventi legislativi: la legge sull'immigrazione (c.d.

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RANDAZZO E., Custodia in carcere e legalità costituzionale, in Non profit, 2011, fasc. 1, 46 - 47. L'autore rileva che per far fronte alle esigenze cautelari richieste dal nostro C.P.P. (inquinamento probatorio, pericolo di fuga o di reiterazione di reati della stessa specie di quello contestato) sarebbe sufficiente una struttura abitativa debitamente attrezzata, sostitutiva del carcere: delle case di permanenza provvisoria finalizzate al solo scopo di evitare che l'ospite si dilegui o comunichi illegittimamente con l'esterno.

114 Sono le parole pronunciate dal Ministro Severino il 14 febbraio 2012, in relazione al D.D.L. di conversione del D.L. sul sovraffollamento carcerario, consultabili in www.giustizia.it.

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Bossi - Fini), la legge 251/2005 (c.d. ex Cirielli) sulla recidiva e la legge 49/2006 (c.d. Fini - Giovanardi) sulle droghe.

La prima è responsabile dell'aumento degli immigrati in carcere (oggi il 35% su base nazionale, ma in alcune regioni arriva a sfiorare il 50%)115; dalla seconda deriva la permanenza in carcere dei soggetti recidivi, per i quali sono previsti aggravi di pena e l'esclusione dai benefici penitenziari; la terza ha determinato un aumento considerevole della presenza in carcere dei tossicodipendenti, "grazie" a un forte inasprimento delle pene.116

Da ultimo va menzionata anche l'introduzione, nel 2009, del reato di clandestinità; essendo prevista l'obbligatorietà dell'arresto per coloro che non abbiano ottemperato all'obbligo di espulsione dal territorio italiano, tale misura ha inciso in modo rilevante sul numero degli ingressi in carcere, aumentando ancora di più la percentuale degli stranieri detenuti.

È doveroso notare, infine, che, nonostante negli ultimi anni siano aumentati i condannati a pene detentive brevi, che potrebbero potenzialmente accedere alle misure alternative, come la detenzione domiciliare, moltissimi tra i detenuti difficilmente hanno un domicilio, trattandosi di persone straniere o con problemi economici: la maggior parte di costoro, infatti, non possiede quelle referenze sociali (come casa e lavoro) ritenute dalla legge indispensabili per poter usufruire di alcuni benefici. Questo rischia di costituire il presupposto di un'ulteriore discriminazione economica, sociale e culturale.117

Di fronte a questi dati, l'impressione che si ha oggi è di assistere a quella che potrebbe essere definita una "detenzione sociale", nel senso che, mentre le aree di criminalità rilevante rimangono sostanzialmente stabili, il sovraffollamento

115 V. SANTORO E., Il carcere non è un centro di permanenza temporanea!, in

http://dex1.tsd.unifi.it/altrodir (sito del Centro di Documentazione su carcere, devianza e

marginalità "L'altro diritto"), secondo cui la legge Bossi - Fini configura il carcere come un centro di permanenza temporanea, "un luogo in cui il migrante (anche se era regolare) soggiorna in

attesa dell'esecuzione dell'espulsione", rendendo di fatto impossibile che un immigrato una volta

"passato dal carcere possa riprendere la sua vita normale sul territorio italiano, possa reinserirsi

socialmente".

116 MARGARA S., Sorvegliare e punire: storia di 50 anni di carcere, cit., 103. Significativamente l'autore definisce queste tre leggi come "leggi riempicarceri".

117 Si tratta di dati e riflessioni che emergono dal Rapporto sullo stato dei diritti umani negli istituti

penitenziari e nei centri di accoglienza e trattenimento per migranti in Italia, redatto dalla

Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani, reperibile in

www.senato.it; cfr. anche MARGARA S., Sorvegliare e punire: storia di 50 anni di carcere, cit.,

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sembra essere determinato dall'aumento della detenzione delle persone in condizioni di "minorità sociale": stranieri, tossicodipendenti, alcool dipendenti, persone con ridotto grado di scolarità, disoccupati, altri poveri.

A tali questioni sociali si dovrebbe rispondere con interventi sociali, che, però, spesso risultano più difficili da mettere in atto rispetto al ricorso al carcere.

Tirando le somme, possiamo perciò dire che il sovraffollamento come lo conosciamo oggi nasce: dall'abuso del carcere in linea generale, di cui, in moltissimi casi, si potrebbe fare utilmente a meno; dall'abuso del carcere anche nel corso del processo, cioè dall'abuso della custodia cautelare; dall'abuso complessivo della criminalizzazione: un'alluvione penale ha invaso aree che dovrebbero vedere interventi sociali che non ci sono e, al posto dei quali, di fatto, come strumento sociale, si usa il carcere.118