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La Guerra dell’Ottobre 1973 - Yom Kippur

1.3 Le guerre arabo-israeliane e l’espansione territoriale

1.3.4. La Guerra dell’Ottobre 1973 - Yom Kippur

Il conflitto del 1967 non generò affatto la fine delle ostilità fra arabi ed israeliani, anzi, con l‘avvio di un periodo di stallo conflittuale - no war, no peace -, saranno poste le basi per la successiva ripresa del confronto bellico, nel 1973.

L‘Unione Sovietica intervene immediatamente con un massiccio riarmo di Egitto e Siria, salvando le leadership politiche dall‘umiliazione e dal rischio di perdita del potere, consentendo, quindi, grazie all‘appoggio di una potenza esterna, la continuazione della lotta da parte araba, nonostante le gravi perdite subite100.

Il rischio d‘intervento dell‘Unione Sovietica a fianco dei paesi arabi, modificò l‘equazione strategica israeliana, ora più attenta al rischio di un confronto con l‘Armata Rossa101.

La convergenza di questi fattori salvò il fronte arabo dall‘impotenza e dal fatto di dover trattare sotto condizioni altamente sfavorevoli, sollevando, però, interrogativi circa la possibilità di sopportare la perdita di territori nazionali, di continuare con una guerra prolungata e di valutare i costi ed i benefici di una strategia volta alla pacificazione.

a. La strategia araba

In considerazione delle gravi perdite umane, materiali ed economiche patite durante la Guerra, l‘Egitto doveva scegliere fra concludere la pace con Israele o proseguire con forme di coercizione. L‘opzione coercitiva includeva una guerra di attrito lungo il Canale di Suez, il supporto alla guerriglia palestinese ed una guerra convenzionale limitata (come avverrà poi nel 1973) per favorire il processo di pace.

L‘Egitto non poteva tollerare un‘occupazione indefinita del Sinai, accompagnata dalla chiusura del Canale di Suez così come l‘evacuazione prolungata delle città industriali, lungo la riva occidentale del canale stesso102.

La Siria, d‘altro canto, non solo era fortemente impegnata dal punto di vista ideologico nel pan-arabismo e nella causa palestinese, ma non poteva sopportare la perdita delle Alture del Golan, tuttavia, perseguì una strada diversa dall‘Egitto, sostenendo lo status quo ―no war, no peace‖, col sostegno finanziario, diplomatico e militare dall‘Unione Sovietica.

100 Reiser Stewart, The Arab-Israeli Wars. A Conflict of Strategic Attrition, p.86;

101 Le conseguenze delle velate minacce sovietiche accelerarono il programma nucleare israeliano con conseguenze nel confronto fra i blocchi giacché Israele, proseguendo nella costruzione del suo deterrente giunse a minacciare il sud dell‘Unione Sovietica, con i suoi missili e la sua aviazione, minacciando altresì forme di terrorismo nucleare da parte del Mossad, con valigette fatte giungere clandestinamente nel territorio sovietico. Sul punto Hersch Seymour M., The Samson Option: Israel's Nuclear Arsenal and American Foreign Policy, Random House, New York, 1991, pp. 216-220;

La Giordania occupava una posizione intermedia rispetto a quella dei due principali oppositori di Israele, nonostante le perdite materiali ed economiche giordane fossero proporzionalmente più elevate di quelle egiziane, l‘impulso a cercare di riconquistare il territorio occupato dallo Stato ebraico con un approccio diplomatico, di fatto, veniva bloccato da considerazioni di natura geopolitica e demografica, relative al divario demografico esistente fra la popolazione originaria dell‘East Bank e la sempre più rilevante minoranza palestinese presente nel regno, minoranza che avrebbe avuto il sopravvento con l‘eventuale unificazioni dei territori a cavallo del fiume Giordano.

La spaccatura demografica s‘intensificò, poi, con il riaffiorare della questione nazionale palestinese.

Dalla guerra dei Sei Giorni, pertanto, scaturiranno cambiamenti fondamentali dello scenario strategico; in primo luogo le conquiste israeliane di territori appartenenti a Stati arabi, consentiva allo Stato ebraico di avere la possibilità negoziale di scambiare territori in cambio di accordi di pace.

Nel contempo, proprio, il fatto che, dopo due decenni di latenza, la questione palestinese (una questione nazionale più che di rifugiati) fosse riapparsa in forma più virulenta, impedì qualsiasi forma di soluzione pacifica103.

Un ulteriore fattore di complicazione delle possibilità risolutive del conflitto, derivò dal fatto che l‘OLP, acquisito il ruolo di unico rappresentante del popolo palestinese, di fatto rese impossibile lo scambio di territori fra Giordania ed Israele, come in seguito avverrà fra lo stato ebraico e l‘Egitto.

L‘occupazione della West Bank e di Gaza furono di stimolo alla crescita delle frange sioniste più revisioniste e religiose, intimamente legate all‘aspirazione della Grande Israele biblica, che, nonostante l‘avviso contrario di rare voci fra i politici israeliani (Moshe Sharret, Yigal Allon e lo stesso Ben Gurion, che intravedevano i notevoli rischi derivanti dal controllo di territori popolati da un numero elevato di arabi palestinesi) resero impossibile il ritorno ai confini ante guerra. Per tale motivo, tensioni internazionali, regionali ed interne agli Stati arabi in conflitto, portarono ad un cambio dello status quo, con la contemporanea ricerca di soluzioni del conflitto da un lato (Egitto e Giordania) e la protrazione della guerra dall‘altro (Siria).

Nel periodo post 1967 l‘Egitto non poteva continuare nella situazione di stallo, la presenza di situazioni contrastanti, infatti, rendeva lo Stato arabo in bilico fra la pace e la guerra.

Da un lato gli egiziani iniziarono una Guerra di Attrito (scontri a bassa intensità prolungati nel tempo) lungo la linea di cessate il fuoco, supportando, nel contempo, le azioni dei fedayeen palestinesi, sviluppate a partire dalla Giordania, segno evidente di una strategia asimmetrica nei confronti di Israele.

Dall‘altro lato, l‘Egitto avviò una massiccia campagna di riarmo, con materiale sovietico, accogliendo decine di migliaia di istruttori militari russi nel suo territorio.

Nella Guerra di Attrito, dal 1969 al 1970, l‘Egitto utilizzò il suo grande esercito stanziale e l‘artiglieria a lungo raggio, di costruzione sovietica, per battere il lato israeliano del canale di Suez, al fine di infliggere un livello intollerabile di perdite alle Forze di Difesa Israeliane, e forzare quindi Israele a posizioni più propense alla riconsegna del Sinai

Israele, invece, faceva affidamento su un piccolo esercito effettivo, in quanto la mobilitazione delle riserve (pressappoco dell‘intera popolazione maschile) era possibile solamente in tempo di crisi e l‘economia israeliana non poteva sopportare frequenti interruzioni produttive, dovendo rispondere agli attacchi egiziani (avendo meno pezzi di artiglieria), utilizzò la sua aviazione, con frequenti bombardamenti nelle zone più interne dell‘Egitto.

Le incursioni israeliane, giunsero ad un livello di penetrazione territoriale tale da minacciare il sostegno popolare verso il regime, richiedendo il diretto intervento sovietico, con aerei, piloti e sistemi d‘arma contraerei104.

Le escalation militari dei due contendenti erano giunte ad un livello tale da condurre una guerra limitata, verso un conflitto di livello più elevato.105

Quello che era iniziato come strategia di progressivo e limitato confronto, rischiava di portare verso uno scontro regionale se non, addirittura, internazionale, a partire dal 1970.

Lo stesso ciclo di escalation si verificò con i raid delle organizzazioni palestinesi, portati contro Israele, dalle basi giordane.

Israele inizio a colpire i giordani e le basi palestinesi per forzare il regno hascemita a bloccare le incursioni terroristiche106.

L‘innalzamento del coinvolgimento dell‘OLP nel conflitto latente in corso, tuttavia, ebbe effetti deleteri sull‘organizzazione stessa; nel tentativo di sabotare gli sforzi diplomatici del Segretario di Stato americano Rogers, tesi a bloccare il progressivo inasprimento della Guerra d‘Attrito ed iniziare un abbozzo di processo di pace, le organizzazioni palestinesi, col sostegno siriano, dirottarono numerosi aerei di linea internazionali, facendoli atterrare ad Amman.

104 Safran Nadav, Israel: The Embattled Ally, Belknap/Harvard, Cambridge, 1982, p- 479;

105 Reiser Stewart, The Arab-Israeli Wars. A Conflict of Strategic Attrition, p.88;

Il gesto dimostrativo palestinese si trasformò in un successivo rovescio giacché il monarca giordano, preoccupato del crescente potere palestinese, decise d‘intervenire con le unità dell‘esercito giordano e della Legione Araba, contro i guerriglieri delle diverse organizzazioni palestinesi, costretti a fuggire in Libano, Guerra civile giordana del 1970.107

La catena di eventi confermò le apprensioni nasseriane, circa l‘utilità di una violenza incrementale contro Israele, quale parte di una strategia di lungo termine.

Il rais egiziano aveva resistito alle proposte siriane, in tal senso, durante gli anni ‘60, prima della Guerra dei Sei Giorni, nella considerazione che gli Arabi non avrebbero avuto controllo alcuno in merito al livello di reazione israeliano, temeva le conseguenze politiche interne di una lunga, costosa e snervante lotta con Israele.

L‘indebolimento del regime e la guerra civile giordana indicavano che le paure di Nasser erano giustificate e che, un‘altra, conseguenza negativa di uno scontro prolungato era la diffusione del conflitto nella regione e l‘inasprimento delle condizioni socio-politiche dei vari stati arabi.

Lo status quo esistente era politicamente ed economicamente intollerabile per gli egiziani e, ad un livello minore, per i siriani e i giordani.

L‘Egitto temeva che, più a lungo fosse durato il cessate il fuoco, maggiore sarebbe stata la possibilità che gli scambi internazionali oltrepassassero il Canale di Suez, con ricadute economiche per il mancato introito dei diritti di passaggio.108

I governi arabi, poi, avevano il timore che il trascorrere del tempo, abituasse la comunità internazionale al consolidamento delle conquiste territoriali israeliane del 1967, in analogia a quanto avvenuto per quelle acquisite nella guerra del 1948–49.

Dei tre stati arabi la Siria era quella che poteva meglio sopportare le conseguenze economiche della situazione di stallo, pur avendo bisogno dell‘appoggio dell‘Egitto per riprendere l‘area del Golan, per le difficoltà ad operare contro Israele in un fronte bellico ristretto.

b. La Guerra del 1973

La Guerra del 1973 fu combattuta dagli egiziani e dai siriani, per raggiungere obiettivi politici più che per il tradizionale scopo di eliminare Israele; la situazione politica egiziana era giunta al limite e richiedeva una guerra finalizzata alla rottura dello status quo.

Il conflitto iniziò il 6 ottobre 1973, durante la festività ebraica dello Yom Kippur, con un attacco di sorpresa da parte delle armate egiziane e siriane, contro le fortificazioni israeliane nel Sinai e nelle Alture del Golan, tutte agevolmente conquistate.

107 Ibid. pp. 472-474;

L‘attacco iniziale determinò un elevato numero di perdite israeliane, in termini di uomini ed equipaggiamento, gettando la leadership ebraica in uno stato di panico e costernazione, perché i sistemi di allarme ed early warning, erano stati neutralizzati dal piano offensivo arabo, impedendo, di fatto, la mobilitazione del nucleo principale delle forze armate. La velata minaccia dell‘uso di armi nucleari109, determinò un ingente ponte aereo statunitense per ripristinare le dotazioni di armi ed equipaggiamenti, dando luogo al successivo contrattacco israeliano.

Il 10 ottobre il Golan veniva riconquistato interamente, consentendo il successivo giorno 11 di distruggere il contingente irakeno di rinforzo.

Nel Sinai la fanteria egiziana occupò la linea fortificata Bar Lev in due giorni, riuscendo a bloccare i successivi contrattacchi israeliani; solo il giorno 14 ottobre, con l‘arrivo delle riserve di mobilitazione, le IDF riuscirono a bloccare l‘offensiva egiziana, incominciando il giorno 15 successivo, la controffensiva con l‘attraversamento del Canale di Suez il giorno 16 ottobre. Il conflitto terminò con l‘accerchiamento della Terza Armata egiziana, nel deserto, e la conseguente rottura del cessate il fuoco da parte delle forze ebraiche, seguito dall‘intervento delle super potenze110.

109 Moshe Dayan, allora Ministro della Difesa, nella mattinata dell‘8 ottobre, vista l‘inesorabile avanzata araba, propose fossero preparate armi nucleari per un loro eventuale uso. Golda Meir, il Primo Ministro, non accolse la proposta di Dayan in quanto la situazione non era così deteriorata da raggiungere il punto di non ritorno, rifiutando l‘armamento delle testate nucleari. In merito vennero posizionati per il lancio missili Jericho missili a Hirbat Zachariah e predisposta la preparazione degli aerei d‘attacco F-4s alla base di Tel Nof, nel caso dovesse essere disposto il loro impiego contro obiettivi siriani ed egiziani. Tutti i preparativi vennero notificati agli Stati Uniti, che alcune ore, dopo l‘informazione ricevuta, diedero avvio ad un colossale ponte aereo per rifornire Israele. Sul punto Hersch Seymour M., The Samson Option: Israel's Nuclear Arsenal and American Foreign Policy, pp. 217, 222-226;

110 Morris Benny, Vittime. Storia del conflitto Arabo-Sionista 1881-2001, pp. 516-537;

Figg. 18 -19 Fasi della Guerra del 1973 sul fronte egiziano

Fonte United States Military Academy

A parte la sterile successione degli eventi bellici, gli esiti della guerra del 1973, alterarono nuovamente il calcolo strategico dei contendenti.

Il processo di pace scaturito fra Israele ed Egitto rispecchiò diversi fattori complicati; Israele restituì completamente il Sinai, in cambio di un reciproco accordo di sicurezza.

I territori catturati nel 1967 avevano scarso significato storico e religioso per Israele, e l‘accordo di pace con l‘Egitto, permise ad Israele una maggiore libertà d‘azione nell‘area mediorientale, in quanto neutralizzava, momentaneamente, il nemico più pericoloso.

Dal punto di vista egiziano, Sadat (il leader succeduto a Nasser) aveva ottenuto la necessaria vittoria psicologica che gli consentiva, nonostante la retorica di cui erano imbevute le masse arabe, di fare le concessioni essenziali per riconquistare il territorio perso ed iniziare l‘arduo compito di recuperare la disastrata economia egiziana.111

Come vedremo in seguito, lo scambio con Israele non sarebbe stato possibile se non vi fosse stata la convinzione egiziana circa il possesso di armamento nucleare da parte israeliana, fattore che aveva convinto la leadership egiziana dell‘impossibilità di una vittoria totale sullo stato ebraico112.

L‘elemento nucleare scavò un solco fra Sadat ed i leader arabi più militanti; allo steso tempo, anche senza considerare il possibile nucleare di Israele, il processo sarebbe comunque andato avanti per il livello senza precedenti di coinvolgimento diplomatico degli Stati Uniti.

111 Reiser Stewart, The Arab-Israeli Wars. A Conflict of Strategic Attrition, p.92;

112 Il particolare significato dell‘arma nucleare israeliana nel contesto degli accordi di Pace e nella precedente guerra del 1973 è ancora oggetto di controversia fra gli studiosi israeliani.

Figg. 20 -21 Fasi della Guerra del 1973 sul fronte siriano Fonte United States Military Academy

Il ritiro egiziano dal conflitto alterò nuovamente la bilancia degli incentivi dei rimanenti stati arabi. Ad ogni modo la combinazione di sforzi americani, difficoltà economiche arabe e deterrente nucleare israeliano (per opaco fosse), cambiò la bilancia regionale di potere, ma non fu abbastanza forte da far proseguire il processo di pace.

I fattori che sembravano rinforzare gli incentivi alla pace erano contrastati da un insieme, imponente, di forze contrarie, prima fra tutte quelle legate alla posizione dei partiti della destra israeliana, contrari a qualsiasi cessione dei rimanenti Territori Occupati, con cui il legame ideologico e storico era molto più radicato e con un‘importanza strategica ben maggiore rispetto a quella del Sinai.

Vi erano, inoltre, un complesso di forze politiche a livello interarabo, contrarie al riconoscimento di Israele, fra cui primeggiavano la Siria e le fazioni più radicali dell‘OLP.; la continua assistenza finanziaria e militare sovietica, quindi, consentì a Siria ed OLP di preservare lo status quo, anche senza un confronto diretto con Israele.

Sotto certi aspetti la situazione appariva analoga a quella precedente la Guerra del 1973, con la fondamentale differenza che l‘opzione bellica relativa alla distruzione di Israele era, oramai, impossibile.

La conseguenza più importante della Guerra dello Yom Kippur, pertanto, oltre ai successivi accordi di pace fra Israele ed Egitto, sarà l‘assunzione di un ruolo sempre più centrale degli Stati Uniti nello scacchiere mediorientale.

Figg. 22 Confini israeliani dopo la Guerra del 1973. Fonte Perry Castaneda Library Map Collection

A partire dal 1973, a causa della crescente dipendenza economica di Israele113 ed Egitto dall‘aiuto finanziario e militare di Washington, ogni ipotesi di pace e composizione del conflitto arabo-israeliano, per forza di cose, doveva essere sponsorizzata dall‘Amministrazione Statunitense.