1.3 Le guerre arabo-israeliane e l’espansione territoriale
1.3.1. La Guerra d’Indipendenza
Le ostilità con gli Stati arabi, iniziarono subito dopo la dichiarazione d‘indipendenza; sulla carta, la preponderanza delle forze arabe era schiacciante, potevano schierare, in prima linea, una forza di 160.000 uomini e 400 tra carri armati e blindati63; dal punto di vista demografico, la popolazione araba (e quindi il possibile serbatoio di manodopera militare) era 40 volte più grande dell‘esigua popolazione ebraica64.
Il divario quantitativo e, soprattutto, demografico determinò, quindi, la mobilitazione totale del potenziale umano ebraico (le donne erano sottoposte a coscrizione parimenti che gli uomini)65, plasmandosi in questo periodo la successiva e particolare struttura delle forze armate israeliane (Israeli Defence Forces – IDF -, sovente identificate con l‘acronimo ebraico Tzahal), incentrata sulla mobilitazione delle diverse classi di riservisti e l‘impiego, quasi paritario, di uomini e donne.
Il semplice e sterile dato numerico, tuttavia, risulta fuorviante poiché non tiene conto del numero degli effettivi impiegabili in combattimento, pressoché uguale fra le due parti contendenti, a causa della diversa utilizzabilità e del differente livello di addestramento delle truppe contrapposte.
Verso la fine della Guerra la bilancia delle forze risultava spostata a favore ebraico (ottobre 1948), con un numero di 90.000 effettivi pronti al combattimento rispetto ai 68.000 soldati arabi66.
Lo scontro del 1948-1949 si caratterizzò in due fasi distinte, un primo massiccio attacco arabo, con l‘assorbimento da parte ebraica dell‘urto della forza d‘invasione araba (30.000 soldati circa); un successivo contrattacco israeliano, dovuto al progressivo afflusso di volontari e di armi, con l‘occupazione finale di aree non contemplate nella risoluzione delle Nazioni Unite del 1947, con il conseguente passaggio da una guerra di sopravvivenza ad una guerra di conquista67, tesa all‘acquisizione dei vantaggi geostrategici e geopolitici (in termini di spazio e di risorse) necessari al mantenimento del nuovo Stato e dell‘affluente immigrazione.
63 Van Creveld Martin, La spada e l‘ulivo, Carocci, Roma, 2004, p. 127;
64 Nel 1948 a fronte di circa 650.000 ebrei dell‘Yishuv, vi erano 19 milioni di abitanti egiziani, circa 5 milioni di irakeni, 3 milioni di siriani, 1 milione di giordani e di libanesi. Dati tratti da Brecher Michel, The Foreign Policy System of Israel, Yale University Press, New Haven – London, 1972, p. 68;
65 Gelber Yoav, Ben-Gurion and the Establishment of the IDF, ―The Jerusalem Quarterly‖ n.50, spring 1989, pp. 62–63.
66 Van Creveld Martin, La spada e l‘ulivo, p. 128;
In termini territoriali l‘espansione ebraica permise il controllo di tutto il Negev (tagliando di fatto la continuità territoriale fra gli Stati arabi) e della Galilea. Le conquiste territoriali, ben al di là di quanto effettivamente assegnato dalla partizione dell‘ONU del 1947, tuttavia, non saranno tali da garantire un minimo di profondità strategica, costituendo tale dimensione uno degli elementi più vulnerabili dell‘assetto strategico del nuovo Stato e fonte di continua preoccupazione.
La dimensione territoriale continuerà a sussistere come elemento conduttore dei successivi scontri, in cui la ricerca di adeguato spazio da contrapporre agli attacchi arabi sarà uno degli obiettivi fondamentali della strategia israeliana.
Si deve aggiungere, poi, che il conflitto del 1948-1949, provocherà un elevato numero di caduti in Israele, non considerando le perdite fra i civili, il numero delle vittime nell‘ambito delle forze armate fu rilevante (e preoccupante)68.
68 Van Creveld Martin, La spada e l‘ulivo, p. 155;
Fig. 11 – Fasi principali della Guerra di Indipendenza israeliana. Fonte United States Military Academy al sito www.usma.edu
Fig. 12 – Confini di Israele definiti dall’Armistizio del 1949. Fonte Perry Castaneda Library Map Collection al sito
Il totale fu di 5682 soldati, un dato notevole comparato sia alle truppe impegnate (circa 90.000) sia alla popolazione totale (650.000) con un percentuale di morti pari all‘1% circa degli abitanti ebrei di Israele.
La coalizione araba sconfitta, nella realtà, era un insieme eterogeneo di Stati, perseguenti interessi difformi l‘un l‘altro, uniti solo dal proposito di distruggere Israele (la Transgiordania non condivideva questo obiettivo), ma privi di coordinamento ed unità d‘intenti.
Transgiordania ed Iraq (all‘epoca governato da un ramo della famiglia reale Hascemita), per esempio, desideravano annettere il più possibile della Palestina, anche a costo di sorvolare sulle differenze territoriali con gli israeliani69.
Siria, Egitto ed Arabia Saudita, all‘opposto, volevano stabilire uno Stato palestinese fantoccio, principalmente in funzione antihascemita.
La leadership palestinese era, nel contempo, molto sospettosa degli Stati Arabi ma, comunque, incline verso la Siria e l‘Egitto, male minore a fronte di un‘eventuale annessione alla Transgiordania.70
I diversi e conflittuali interessi, alla fine, sommati ad una pianificazione militare scoordinata fra le diverse forze armate arabe, esaltarono gli elementi geostrategici favorevoli ad Israele, determinando la sconfitta araba.
La disfatta sul campo di battaglia non condusse ad alcuna trattativa di pace fra i contendenti e (con l‘eccezione dell‘Iraq) portò ad armistizi separati con Israele, da parte dei diversi Stati arabi, senza giungere ad una vera e propria pace.
La guerra provocò un enorme problema di profughi, circa 700.000 palestinesi, che furono insediati nei vari Stati della regione, alimentando nel tempo il prolungamento del conflitto, con un notevole impatto nelle politiche interne degli Stati della regione, in modo speciale in quelli più piccoli, Libano e Giordania in primo luogo.
Politicamente il mondo arabo venne scosso dal conflitto, con cambi di regime ed il posizionamento degli Stati della regione nei due campi opposti del conflitto bipolare, allora in fase iniziale.
L‘ipotesi avanzata da qualche storico militare71 in merito all‘eventuale riconoscimento, da parte di alcuni governi arabi, dello Stato di Israele, nei primi mesi dopo la fine delle ostilità, seppure possibile e ragionevole, tuttavia, sarebbe stata comunque ininfluente nel contesto politico dell‘epoca per un semplice motivo, nella ristretta finestra di opportunità in cui l‘opzione si
69 Reiser Stewart, The Arab-Israeli Wars. A Conflict of Strategic Attrition, p.74;
70 Ibid.;
sarebbe resa fattibile, erano in atto cambiamenti storici derivanti dall‘incapacità israeliana di continuare le ostilità (nonostante l‘asserita superiorità militare), a causa degli interventi e degli avvertimenti dell‘ONU, della Gran Bretagna e degli Stati Uniti; in tale frangente, ovviamente, i governi arabi non mancarono di recepire il cambiamento, evitando pericolose aperture al nemico sionista.
In questa fase storica (fine della Guerra 1949), la situazione diplomatica ed internazionale di Israele era in corso di deterioramento; lo Stato ebraico, non avrebbe potuto continuare le ostilità e la politica di conquiste territoriali a causa della condanna internazionale, per il rischio di un possibile e minacciato intervento britannico, che avrebbe potuto seguire alla ripresa dell‘offensiva ebraica.
La situazione strategica e geopolitica, quindi, consentì ai vari governi arabi di scegliere una posizione intermedia fra la pace con Israele o la guerra (al momento non realizzabile per la sconfitta patita), optando per il mantenimento dello status quo, condizione utile per sfruttare i chiari vantaggi geopolitici, in termini di risorse umane e materiali e d‘influenza sulla scena mondiale (il fronte arabo ed islamico cominciava a formarsi e vi era il fattore petrolifero quale elemento d‘influenza).
Non vi era necessità alcuna di sottoscrivere accordi di pace con Israele, atto molto impopolare fra le masse, e riconoscerne, quindi, la legittimità, potendosi guadagnare tempo per la preparazione di un successivo conflitto.
La situazione complessiva, quindi, era quella di attesa dello scontro successivo, con uno stato dei rapporti di forza arabo-israeliani precario ed instabile.