LINEAMENTI GEOPOLITICI 2.1. Lineamenti geografici e geopolitici
2.2. Aspetti demografici
2.2.3. Sicurezza fisica e demografica
La creazione della barriera di sicurezza nella pianificazione israeliana doveva garantire la sicurezza fisica e creare le condizioni di sicurezza demografica, assicurando la maggioranza ebraica nelle aree delineate dalla divisione fisica.
La sicurezza fisica ha rappresentato, fuori di ogni dubbio, il fattore cardine nella costruzione della separazione, consentendo, tra l‘altro, di proteggere dagli attacchi suicidi la popolazione civile, con una riduzione del numero dei civili deceduti a causa di attentati dai 450 morti del 2002 ai 117 decessi del 2004 (60 % in meno)76.
La diminuzione delle vittime, assicurata dal posizionamento, per ora parziale, della recinzione di sicurezza, è stato considerato un dato ingannevole giacché, velatamente, contestato proprio dal servizio di sicurezza interno (Shin Bet), che ha evidenziato, invece, il forte impatto sulla
76 Duffy Toft Monica, Demography and National Security: Population Shifts in Israel and the Implications for Policy, p. 26;
riduzione degli attentati, della tregua raggiunta con le fazioni palestinesi, nel periodo oggetto di disamina.77
Va considerata, inoltre, la scarsa utilità della barriera nel controllare le aree di probabile infiltrazione terroristica palestinese e, soprattutto, nel contenere la minaccia missilistica a corto raggio, proveniente dalla West Bank; in tal senso si è evidenziato come l‘andamento della separazione fisica dovrebbe essere più orientale, spostandosi ad est per diversi kilometri.
Le figure sottostanti, infatti, possono meglio rendere evidente questo aspetto:
77 Harel Amos, Shin Bet: Palestinian Truce Main Cause for Reduced Terror, in ―Ha‘aretz‖, February 1, 2008 da www.haaretz.com;
Fig. 40 - Aree di lancio di missili a corta gittata nella West Bank.
Fonte: Steinitz Yuval, Defensible Borders
for a Lasting Peace, Jerusalem Center for
Public Affairs, Jerusalem, 2008, Map 4
Fig. 41 - Minacce alle aree strategiche e vitali israeliane provenienti da zone poste oltre la barriera di sicurezza nella West Bank.
Fonte: Steinitz Yuval, Defensible Borders for a
Dalla visione delle mappe appena riportate, si evince chiaramente come la barriera di sicurezza non abbia una funzione di difesa strategica complessiva ma, piuttosto, debba essere valutata in termini geopolitici più generali.
La separazione andrebbe stimata nella dislocazione e nella tempistica di costruzione ed espansione; fermare gli attentatori suicidi ed i missili a breve raggio, infatti, non sembra essere l‘unica e vera giustificazione della realizzazione, in tal caso, infatti, si sarebbe dovuto seguire, un percorso diverso, rispetto a quello del manufatto sin qui edificato78.
Ipotizzando, invece, come scopo (non dichiarato) quello del controllo delle risorse idriche, altra questione geopoliticamente rilevante ed attinente alla sicurezza nazionale, il tragitto sarebbe dovuto essere ulteriormente differente79.
Correlare la costruzione della barriera semplicemente alla sicurezza demografica, d‘altro canto, implicherebbe un ulteriore e ben diverso andamento dell‘opera in realizzazione.
Sorge il dubbio, quindi, che la barriera di sicurezza rappresenti il tentativo, almeno teorico e notevolmente complicato, di cercare di soddisfare tutte e tre le esigenze di sicurezza (fisica, demografica ed idrica), cui va aggiunta l‘esigenza di bloccare immigrazione illegale palestinese in Israele80, con un unico percorso della recinzione.
78 Molti israeliani accettano come un assioma che la sicurezza fornita dalla barriera di sicurezza sia permanente; secondo un sondaggio realizzato nel 2004, l‘84% degli israeliani ebrei approvava la barriera. Pochi sembravano considerare che la sicurezza fisica garantita dalla recinzione sarebbe stata a breve termine, proteggendo gli ebrei a discapito degli arabi palestinesi ed intensificando, quindi, la rabbia e la frustrazione. Prima o poi un eventuale suicida troverà il modo di aggirare la barriera, realizzando un attentato ancor più grave di quelli già occorsi. Sul punto Duffy Toft Monica, Demography and National Security: Population Shifts in Israel and the Implications for Policy, p. 26;
79 Il problema dell‘acqua è molto sentito ed è un fattore importante. In alcuni luoghi la barriera divisoria sembra posta per escludere i palestinesi dall‘accesso alle risorse idriche e non ha altra utilità ovvia.
80 The Herzliya Conference on the Balance of National Strength and Security in Israel, in ―Journal of Palestine Studies‖, Vol. 31, n. 1, Autumn 2001, p. 53
Fig. 42 - Minacce alle aree strategiche militari provenienti dalla West Bank.
Fonte: Steinitz Yuval, Defensible Borders for a
Altri indicatori emergono, comunque, dall‘andamento della recinzione di sicurezza, in alcuni casi, l‘utilizzo della barriera per assicurare i diritti sull‘acqua sembra essere una prima traccia dell‘accettazione del fatto che la divisione rappresenti de facto un confine fra Israele e il nuovo Stato palestinese, anche senza ricorrere ad alcuna negoziazione81, come sembra nebulosamente aspirare il Primo Ministro Benjamin Netanyahu, che considera il posizionamento strategico della recinzione come un modo per stabilire unilateralmente i futuri confini.
La sicurezza demografica che, come abbiamo visto, ha influenzato notevolmente l‘andamento della barriera di separazione, è stata per il Primo Ministro Ariel Sharon la preoccupazione principale che, di fatto, ha condizionato fondamentalmente la sua decisione di procedere alla costruzione della separazione fisica ed alla sua sistemazione82.
La visione demografica di Sharon è stata assolutamente cruciale nel definire l‘area di ubicazione e la cronologia della costruzione, determinando il netto cambio, quasi epocale, di opinione ed atteggiamento di un politico che aveva costruito la sua carriera sulle rivendicazioni del movimento dei coloni, quale loro più autorevole rappresentante83.
I piani d‘insediamento e le mappe relative alla disposizione delle colonie elaborati da Sharon si basavano, infatti, sulla preoccupazione strategica di controllare, in tutto il territorio, la
81 Duffy Toft Monica, Demography and National Security: Population Shifts in Israel and the Implications for Policy, p. 36.
82 In un‘intervista l‘allora PM Ariel Sharon, testualmente riportò: ―Avessimo voluto costruire il recinto di sicurezza sul confine della zona di sicurezza, conosciuta oggi come Area C, la barriera sarebbe stata più ad est; ma tale mossa avrebbe lasciato indietro centinaia di migliaia di palestinesi all‘interno di Israele e questi avrebbero potuto unire le loro forze con gli arabi israeliani, e questo sarebbe stato certamente un grosso problema". Sul punto Benn Aluf and Verter Yossi, PM: I can withstand pressure for another disengagement plan, in Ha‘aretz, April 21 2005; da www.haaretz.com;
83 Quale Ministro delle Infrastrutture era coinvolto nelle politiche di insediamento.
Fig. 43 . – Andamento della barriera di sicurezza in Cisgiordania.
Fonte M. Emiliani, La terra di chi? Geografia del conflitto
arabo-israeliano-palestinese, Casa editrice il Ponte,
popolazione araba ed erano essenzialmente considerati, ulteriori, strumenti di dissuasione nei confronti degli stati arabi confinanti, in quanto avamposti strategici.
La barriera ed il contemporaneo disimpegno dalle enclave arabe, sembrano essere l‘unica alternativa idonea e funzionale per evitare gli squilibri demografici.
Il disimpegno da Gaza nel 2005 pare essere un‘evidente indicazione delle preoccupazioni demografiche israeliane, nella considerazione che l‘immigrazione ebraica non rappresenta più una valida soluzione all‘incremento della percentuale di popolazione non ebraica.
Vi è, in questa fase storica, un cambiamento delle politiche ufficiali, col passaggio dall‘idea della diaspora ebraica come tradizionale serbatoio umano (per prevenire la creazione di una maggioranza palestinese in Israele)84, alla constatazione della inderogabile necessità di una progressiva contrazione dei territori occupati da Israele verso aree a minor concentrazione araba85. Non più quindi ―land for peace‖, ma piuttosto ―land for jewishness‖.
L‘immigrazione, d‘altro canto, non riesce più ad alimentare, come nel passato, la crescita demografica,86 poiché la diaspora ebraica mondiale, con i suoi bassi tassi di fertilità, difficilmente potrebbe invertire l‘attuale tendenza demografica.87
Le politiche per l‘incremento della natalità si sono dimostrate fallimentari; gli sforzi sionisti non sono riusciti, ad esempio, a convincere gli ebrei sefarditi, emigrati dall‘Asia e dal Nord Africa, a mantenere il loro tradizionale alto tasso di natalità, anche nel nuovo stato d‘Israele.88
Il lato positivo, se così si può considerare, del processo demografico in corso, comunque, va ricercato nel progressivo convincimento delle èlite e del popolo israeliano circa la necessità di cercare una soluzione al problema palestinese, attraverso la creazione di uno Stato indipendente, se non altro quale logica risposta alla minaccia demografica.
84 Duffy Toft Monica, Demography and National Security: Population Shifts in Israel and the Implications for Policy, p.42.
85 Ravid Barak, Deputy PM: Israel must cede land to remain Jewish and democratic, in ―Ha'aretz‖, 15 November, 2010; da www.haaretz.com;
86 Friedlander and Goldscheider, Peace and the Demographic Future of Israel, p. 485
87 Sebbene popolazioni ebraiche continuino ad esistere in Russia, Nord America ed Europa occidentale, queste, eccezion fatta per la Russia, godono di standard di vita sicuramente migliori rispetto a quelli che potrebbero beneficiare in Israele. Vi sono pochi incentivi economici per gli ebrei della diaspora che possano invogliare ad un esodo massiccio in Israele. Nel corso della più volte citata conferenza di Herzliya, comunque, è emerso un ulteriore dato interessante ovvero il fatto che l‘assimilazione della popolazione ebraica negli stati in cui risiede è tale per cui la successiva migrazione in Israele appare non alettante. Una grande sfida deriva dal fatto che vi è un progressivo e lento abbandono dell‘identità ebraica nelle comunità diasporiche, in ragione del fatto che i genitori non trasmettono l‘identità ebraica ai figli. Il risultato dei fenomeni indicati appare ovvio, nel progressivo invecchiamento demografico, vi è un saldo negativo fra tassi di nascita e tassi di decesso nelle comunità ebraiche. Sul punto Duffy Toft Monica, Demography and National Security: Population Shifts in Israel and the Implications for Policy, p. 43.
Il nesso fra conflittualità e demografia, rilevato nella teoria della ―youth bulge‖89, evidentemente, suggerirebbe l‘opportunità di utilizzare la tematica demografica per giungere, nel contesto del processo di pace e di separazione dei due Stati, alla soluzione di questioni connesse allo sfruttamento delle risorse, alla reciproca percezione fra comunità ed alla definizione del ruolo di Israele nella regione.90
La creazione di due entità statali, d‘altro canto, potrebbe risolvere concretamente la crisi demografica nel breve-medio periodo, giacché Israele sposterebbe una parte della componente araba della sua popolazione, in futuro, ad un altro Stato.
La coesistenza, in tal caso, dovrebbe sostituire il tentativo di cambiare i tassi di natalità91.
La soluzione divisoria, in ogni caso, sarebbe temporanea, se osservata nel suo sviluppo di lungo periodo, poiché con gli attuali tassi di natalità della popolazione araba di cittadinanza israeliana92, nell‘arco di una generazione un quarto del totale della popolazione israeliana sarebbe comunque di etnia araba, con le ovvie e successive ricadute in termini di politiche sociali, demografiche e d‘impatto elettorale.93
Il problema demografico in Israele, pertanto, è divenuto una questione centrale nel policymaking concernente la sicurezza nazionale. La demografia si è cristallizzata in una questione di sicurezza nazionale a causa della crescente importanza attribuita alla bilancia demografica, stante il rischio di diluizione della maggioranza ebraica in Israele.
89 La ―Youth bulge‖ è una teoria demografica della Guerra e del terrorismo, quale risultato della rapida crescita della popolazione. Il termine, che si riferisce ai grafici relativi alle percentuali di popolazione in riferimento alle fasce d‘età, avviene quando il 30-40% della popolazione maschile è compresa fra i 15 ed i 29 anni d‘età. Considerando anche il caso in cui questi giovani uomini siano ben nutriti, alloggiati ed istruiti, il loro numero è superiore alle opportunità sociali e lavorative che un‘economia può fornir loro. Molti di loro non troveranno né un lavoro né un posto nella società. Quando così tanti giovani uomini competono per i pochi posti disponibili, diventano frustrati, arrabbiati e violenti. Sono perciò facilmente reclutati in gruppi radicali ed organizzazioni terroristiche. Sul punto Heinsohn Gunnar, Söhne und Weltmacht, Orell&Füssli Zurich, 2006, pp. 59-71
90 Friedlander and Goldscheider, Peace and the Demographic Future of Israel, p. 486
91 Duffy Toft Monica, Demography and National Security: Population Shifts in Israel and the Implications for Policy, p. 46.
92 I tassi di natalità sono in tendenziale calo fra gli arabi israeliani aventi più alto livello economico, ma comunque superiori a quelli ebraici mentre, fra la popolazione beduina rimangono ancora particolarmente elevati (6,61). Dati precisi sui beduini sono difficilmente discernibili in quanto conteggiati unitamente agli altri arabi israeliani. Il Ministero degli Esteri israeliano pone il loro numero sui 140.000, per la maggior parte ubicati nell‘area de Negev. Sul punto http://www.mfa.gov.il/MFA/MFAArchive/2000_2009/2001/8/Arab%20Israelis and Statistical Abstract of Israel, 2008
93 Duffy Toft Monica, Demography and National Security: Population Shifts in Israel and the Implications for Policy, p. 46.