LINEAMENTI STORICI DEL PROGRAMMA NUCLEARE 4.1 Generalità
4.2 La storia del programma israeliano
L‘intera storia del progetto nucleare israeliano è ancora avvolta da un velo di segretezza, per l‘indeterminatezza che ne distingue l‘attività e per il fatto che, proprio, la vaghezza e l‘ambiguità di fondo costituiscono elementi caratteristici dell‘opacità nucleare; un fattore importante nel mantenimento della riservatezza è creato, poi, dall‘attività della censura militare che proibisce la pubblicazione di qualsiasi informazione (di provenienza israeliana) in merito al programma atomico1.
1 La legge israeliana impone a tutti i media israeliani, i giornalisti stranieri in Israele e i ricercatori accademici, che intendono pubblicare informazioni riguardanti la sicurezza dello Stato o argomenti concernenti la difesa, di essere sottoposti alla preventiva censura militare. Il censore capo, di norma un militare avente il grado di generale di brigata, per legge, è tenuto ad impedire la pubblicazione di qualsiasi articolo, pubblicazione, libro ed altro, che
172 Proprio per tale ragione, nel tempo, sono stati presentati solamente resoconti basati su frammenti di informazione e, generalmente, sotto forma di notizie stampa, non confermate, provenienti da giornali, riviste e libri non israeliani; di norma, quando un ricercatore o un giornale israeliano si riferiscono alla capacità nucleare nazionale, fanno sempre riferimento a fonti straniere (che asseriscono o riferiscono che) o riportano valutazioni di Istituti di studio o di ricerca non israeliani. Le principali fonti in merito al progetto nucleare, cronologicamente, sono state, rispettivamente, per il periodo compreso dalla formazione dello Stato ebraico al 1970, il libro di Avner Cohen, Israel and the Bomb, che rappresenta ancora oggi la ricerca più dettagliata ed oggettiva (per quantità di fonti degli archivi ufficiali e numero di interviste a funzionari e politici statunitensi e israeliani.)2, mentre le rivelazioni fatte da Mordechai Vanunu al Sunday Times di Londra (divulgate il 5 Ottobre 1986)3, in cui il tecnico israeliano (che aveva lavorato presso il Centro Ricerche Nucleari di Dimona) aveva svelato l‘ampiezza e la sofisticazione dell‘arsenale atomico di Israele4, colmano l‘arco temporale sino al 1986.
Successivi resoconti e analisi traggono, tutte, spunto dalle citate fonti, pur rimanendo nell‘indeterminatezza in merito alla reale consistenza e capacità dell‘armamentario nucleare di Gerusalemme.
Per semplicità di analisi ed esposizione si può suddividere la narrazione storica in 3 periodi distinti: 1. dal 1948 al 1962 (fase di formazione); 2. dal 1963 al 1973 (fase del consolidamento); 3. dal
1974 al 2010 (fase di ampliamento dell‘arsenale). 4.2.1 1948-1962 - la formazione del progetto
La vicenda del progetto atomico israeliano si può far risalire al periodo che va dalla fine della Seconda Guerra Mondiale all‘indipendenza di Israele; in questo intervallo maturarono le condizioni di fondo che porteranno la leadership ebraica dell‘epoca, specificatamente il Primo Ministro David
secondo il suo giudizio possa danneggiare lo Stato di Israele. Questo significa che nelle fonti israeliane in lingua inglese (o ebraica) non si troveranno mai evidenti le indicazioni di arma o armamento nucleare, riferite ad Israele, ma, diversamente, si parlerà di capacità od opzione nucleare, tutto questo in ossequio alla politica di opacità/ambiguità che da decenni è in vigore; sul punto Karpin Michael, The bomb in the basement: how Israel went Nuclear and what that means for the world, Simon & Schuster, New York, 2006, p. IX-X.
2 Quando il ricercatore Avner Cohen pubblicò, senza la preventiva approvazione censoriale, il suo libro, le autorità israeliane lo sottoposero a inchiesta formale, interrogandolo per diverso tempo, ipotizzando un procedimento penale nei suoi confronti per divulgazione di segreti militari; l‘episodio dimostra l‘estrema sensibilità dello Stato ebraico nei confronti delle ricerche storiche, condotte da israeliani in Israele, e il tentativo di scoraggiare approfondimenti nello specifico settore;
3 Sul punto Hounam Peter, Headline: Revealed - the secrets of Israel's nuclear arsenal/ Atomic technician Mordechai Vanunu reveals secret weapons production, Sunday Times, October 5, 1986, da www.timesonline.com;
4 Vanunu è stata l‘unica fonte interna sul programma atomico di Israele; le sue rivelazioni sono state considerate attendibili ed hanno permesso ad alcuni analisti di valutare la consistenza dell‘arsenale israeliano attorno alla cifra di 100-200 testate, di cui alcune anche termonucleari. Sul punto Barnaby Frank, The Invisible Bomb - The Nuclear Arms Race in the Middle East, I.B. Tauris, London, 1989;
173 Ben Gurion, ad avviare un‘impresa quasi impossibile: dotare il nuovo Stato della capacità di produrre ordigni atomici per la propria difesa.
Il conflitto mondiale, appena terminato, infatti, aveva visto l‘apparire di una nuova arma che, già dalla prima manifestazione, aveva sconvolto lo stesso concetto di guerra sino allora conosciuta. Gli esiti dell‘impiego statunitense delle due bombe nucleari, a Hiroshima e a Nagasaki, non passarono certo inosservati agli ebrei sionisti insediati in Palestina, che compresero subito alcune chiare lezioni sul significato strategico e politico della nuova arma.
Innanzitutto, la bomba atomica aveva piegato anche i più irriducibili combattenti, i soldati dell‘Impero del Sol Levante, che erano votati alla morte pur di mantenere il giuramento di fedeltà all‘Imperatore; le caratteristiche e le circostanze quasi sovrannaturali determinate dall‘attacco nucleare erano state tali da dispensare i militari nipponici dal loro impegno di fedeltà, venendo costretti alla resa proprio dal loro Sovrano che, data l‘inevitabilità della vittoria statunitense anche per il possesso della nuova arma, li aveva sollevati dal giuramento, permettendo loro di arrendersi e sopravvivere5.
L‘arma nucleare, in quel contesto, aveva svolto un ruolo militare, politico e di peacemaking piegando lo spirito guerriero dei Samurai.
Nella Palestina ebraica della fine degli anni ‘40, accerchiata dalla maggioranza araba irriducibilmente avversa, la struttura mentale (mindset) e valoriale dei Samurai appariva non tanto diversa da quella araba e islamica, per cui appare plausibile che un osservatore quale Ben-Gurion, non abbia mancato di fare un ragionamento analogo, traendo, con le debite proporzioni, un parallelismo fra la situazione nipponica e la realtà fattuale mediorientale, ipotizzando che il possesso dell‘armamento atomico avrebbe funzionato anche nel caso israeliano6, determinando la rottura del fronte e dell‘opposizione araba.
Israele poteva trovare nell‘atomica il deterrente ultimo per convincere i suoi avversari che non l‘avrebbero mai potuto sconfiggere, prospettando un moderno Olocausto come modo migliore per garantire che gli ebrei non sarebbero stati ancora le vittime.
Ben-Gurion era ossessionato dalla sicurezza ed era guidato dalla convinzione che la capacità nucleare avrebbe fornito la risposta alla difficile situazione del nuovo Stato, giacché il conflitto arabo-israeliano sarebbe stato profondo e duraturo.
La soluzione allo scontro, pertanto, sarebbe potuta arrivare solo dopo che gli Stati arabi fossero stati costretti ad accettare l‘esistenza di Israele; sino a quel momento, gli ebrei avrebbero dovuto fare
5 Aronson Shlomo, Brosh Oded., The Politics and Strategy of Nuclear Weapons in the Middle East: Opacity, Theory, and Reality, 1960–1990—An Israeli Perspective, State University of New York Press, Albany, 1992, p. 20;
174 esclusivo affidamento sulla forza militare e, in particolare, sulla tecnologia7, che avrebbe permesso loro di ovviare agli ovvi svantaggi in termini di popolazione, territorio e risorse.
Il senso e la razionalità del progetto nucleare israeliano, si possono trovare nell‘opinione di Ben Gurion che: la Scienza avrebbe potuto compensarci di quanto la Natura ci aveva negato.8
D‘altro canto, l‘impiego di armamento non convenzionale in Medio Oriente non era un fatto nuovo; i britannici avevano usato proiettili di artiglieria, caricati con armi chimiche, contro i Turchi, nella seconda battaglia di Gaza nel 1917 e continuarono a utilizzarle negli anni ‘20 e ‘30 in Iraq9.
Il convincimento del Primo Ministro, trovò il primo coinvolgimento da parte di alcuni scienziati immigrati in Palestina durante gli anni precedenti la Seconda Guerra Mondiale, tra i quali spiccava Ernst David Bergmann, che iniziarono le prime rudimentali ricerche nel 1948.
Bergmann, futuro direttore della Commissione israeliana dell‘Energia Atomica, fu il promotore del programma nucleare; amico e consigliere scientifico di Ben-Gurion, ispirò l‘idea dell‘utilizzo di tale energia per compensare le scarse risorse naturali e militari di Israele, chiarendo al Primo Ministro che non esistevano due energie nucleari ma una sola, suggerendo, quindi, che l‘opzione per la produzione di armi nucleari fosse parte del più ampio piano generale di ricerche10, affinché nel futuro gli ebrei ―non fossero ancora condotti come agnelli al macello‖, legando la prospettiva nucleare alla difesa di Israele, per evitare un nuovo Olocausto11.
Nel 1948 gli scienziati israeliani incominciarono l‘esplorazione geologica del Negev, alla ricerca di depositi di minerali di uranio, su commissione del Ministero della Difesa, trovando, nel 1950, depositi di tale minerale vicino a Beersheba; nel frattempo la ricerca nucleare portò allo studio e al brevetto di un nuovo metodo di produzione dell‘acqua pesante, bisognevole di basse potenze elettriche per la produzione, e di un brevetto per l‘arricchimento dell‘uranio low-grade.12
Nell‘ambito dell‘Istituto Weizmann della Scienza, inoltre, vennero avviati programmi di ricerca atomica nel 1949. Bergmann strettamente impegnato nel progetto nucleare, e in qualità di direttore della divisione di chimica dell‘Istituto, iniziò a scegliere e a formare gli studenti più promettenti, garantendo loro la possibilità di studiare ingegneria e fisica nucleare presso i più prestigiosi centri di ricerca esteri, a spese del governo; in tale maniera Israele, nel fare ingresso fra gli Stati impegnati nella ricerca atomica e della fisica delle particelle, iniziava la formazione del personale scientifico e tecnico, che avrebbe successivamente portato alla produzione di armi nucleari.
7 Quello che Ben Gurion definiva il cervello ebraico, unica risorsa di cui gli ebrei non mancavano. Sul punto Cohen Avner, Israel and the Bomb, Columbia University Press, New York, 1998, p. 10;
8 Peres Shimon, David‘s Sling, Weidenfeld and Nicolson, London, 1970, p. 132;
9 Karsh Efraim, Between War and Peace: Dilemmas of Israeli Security, Frank Cass, London, 1996, p. 82;
10 Cohen Avner, Israel and the Bomb, p.16;
11 Ibid. p. 18;
175 Nel 1952, venne creata segretamente la Commissione dell‘Energia Atomica, posta sotto il controllo del Ministero della Difesa13, gettando le basi effettive del programma nucleare.
Il percorso verso l‘arma atomica, richiedeva, quindi, una base scientifica (in corso di formazione) e una struttura di ricerca (la Commissione dell‘Energia Atomica), abbisognava di una congrua fonte di approvvigionamento di uranio e di una struttura per l‘arricchimento, necessitava di fondi ingenti e di un programma di ricerca nucleare civile, che consentisse di celare l‘attività di tipo militare, e, soprattutto, la gestione da parte di un manager investito di pieni poteri.
Il vero manager di tutta l‘attività nucleare venne trovato da Ben Gurion in Shimon Peres, all‘epoca Direttore Generale del Ministero della Difesa e suo stretto collaboratore.
In virtù dell‘approccio pragmatico ai problemi gestionali, Peres seppe incanalare nella giusta direzione gli sforzi israeliani, e in particolar modo riuscì a ottimizzare l‘attività dei ricercatori; piuttosto che procedere a rilento, passo dopo passo, nella formazione del background tecnico e scientifico nucleare, riuscì a velocizzare il programma evitando la ripetizione di esperimenti e ricerche già intraprese all‘estero, da utilizzare, invece, come base per le successive ricerche14; in termini molto pratici si doveva scegliere tra un approccio scientifico classico (favorito da Bergmann) e uno prettamente produttivo, finalizzato alla industrializzazione della bomba, proposto da Peres, che riuscì a prevalere nella sua visione15.
Peres riteneva essenziale, per avviare il programma, due requisiti fondamentali: 1. creare un progetto di ricerca civile, quale schermo idoneo a celare la ricerca nucleare militare; 2. trovare uno Stato che consentisse a Israele di accedere alla tecnologia atomica dei reattori, al contrario di Bergmann che propendeva alla realizzazione di un reattore tutto israeliano.
Per quanto riguarda i finanziamenti Ben Gurion attivò tutti i contatti nella diaspora ebraica mondiale, che avevano grandemente contribuito agli sforzi dell‘Agenzia Ebraica nell‘immigrazione clandestina e, dopo l‘indipendenza, a garantire il flusso monetario per gli acquisti di armi.
Il bilancio statale non venne gravato dalle spese nucleari, venne creato un bilancio parallelo con fondi privati forniti da finanziatori stranieri; decine di milioni di dollari (dell‘epoca) vennero raccolte dal Comitato dei Trenta, un gruppo di supporto finanziario, detto anche Sonnenborn Institute16, formato da eminenti milionari ebraici (Lord Rothschild, Abe Feinberg e altri) che riuscì
13 Pry Peter, Israel‘s Nuclear Arsenal, Westview Press, Boulder Co., 1984, pp. 5-6;
14 In quegli anni inizia attivamente lo spionaggio tecnologico e scientifico da parte del Mossad e del Lakam, (spionaggio estero e scientifico), che riuscirono ad accedere ad informazioni riservate sui programmi nucleari stranieri, acquisendo ingenti quantitativi di uranio da sottoporre ad arricchimento. Sul punto Morris Benny e Black Jan, Mossad. Le Guerre Segrete di Israele, Rizzoli, Milano, 2006;
15 Cohen Avner, Israel and the Bomb, p. 18-19;
16 Dal nome del miliardario Rudolf Sonnenborn, presso la cui abitazione sulla 57sima strada di New York si riunivano i vari finanziatori; Sul punto Karpin Michael, The bomb in the basement, pp. 27 e 136;.
176 a convogliare, nel progetto relativo alle armi speciali, i fondi acquisiti nelle varie comunità diasporiche, gestiti poi da Ben Gurion e Shimon Peres.17
La soluzione al primo requisito evidenziato da Peres venne nei primi mesi del 1949, François Perrin, fisico nucleare, membro della Commissione atomica francese, dopo una visita al Weizmann Institute, invitò gli scienziati israeliani a visitare il nuovo centro di ricerca nucleare a Saclay (nelle vicinanze di Parigi), stabilendo un primo passo nello sforzo di ricerca congiunto fra i due paesi. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, infatti, la ricerca nucleare francese era rimasta arretrata, pur essendo stato il paese transalpino all‘avanguardia prima del conflitto, surclassato nel settore da Stati Uniti, Unione Sovietica, Gran Bretagna e Canada.
Francia e Israele erano pressappoco allo stesso livello di conoscenza scientifica, a livello ingegneristico la Francia era più avanzata, mentre gli scienziati israeliani potevano contribuire significativamente alla ricerca francese, per le capacità nel settore del calcolo e dei computer; per tale motivo la ricerca nucleare francese e israeliana rimasero strettamente connesse durante tutti gli anni ‘50.
Nello sviluppo del programma nucleare francese, gli scienziati israeliani collaborarono alla costruzione del reattore per la produzione di plutonio G-1 ed all‘impianto di riprocessamento UP-1 a Marcoule18, mentre la Francia utilizzò i due brevetti israeliani per la produzione di acqua pesante e l‘arricchimento dell‘uranio.
Negli anni ‘50 e ‘60 la collaborazione fra i due Stati era molto stretta e si sviluppava, oltre che al programma nucleare, in settori diversi; la Francia era il principale fornitore di armi di Israele che, nel momento in cui la spinta alla decolonizzazione cominciò a propagarsi alle colonie francesi dell‘Africa settentrionale destabilizzandole, diventò la principale fonte francese di intelligence nella regione, in ragione delle informazioni acquisite dal Mossad fra gli ebrei sefarditi, ancora presenti in Algeria, Marocco e Tunisia.
Con la Guerra del 1956, la collaborazione si intensificò, infatti, dopo la chiusura degli Stretti di Tiran, nel 1953, Israele aveva iniziato lo studio e lo sviluppo di munizioni chimiche e di altre non convenzionali19, incominciando a valutare la possibilità di chiedere l‘assistenza francese per la realizzazione di un reattore per la ricerca.
Shimon Peres, nel settembre del 1956, aveva raggiunto un accordo iniziale con alcuni membri della Commissione Atomica transalpina, circa la fornitura di un reattore di ricerca, finalizzando l‘accordo
17 Hersch Seymour, The Samson Option: Israel's Nuclear Arsenal and American Foreign Policy, Random House, New York, 1991, p. 69;
18 Federation of American Scientists, Israel's Nuclear Weapons Program, December 10, 1997; da http://www.fas.org/nuke/hew/Israel/Isrhist.html;
177 in un meeting segreto a Sevres, quando erano stati messi a punto i dettagli delle operazioni di Suez20, incominciando, quindi, a porre le basi per una collaborazione più attiva in campo nucleare e militare21.
L‘accordo nucleare in sé sarebbe stato insufficiente a persuadere Ben Gurion a permettere la partecipazione israeliana all‘operazione di ispirazione francese, in quanto il vero obiettivo principale era Nasser, la cui debacle rappresentava l‘elemento fondamentale della partecipazione dello Stato ebraico.
In ogni caso, la fornitura di un reattore nucleare era sempre un forte incentivo (più che una condizione) per la partecipazione delle IDF alle operazioni.
Il reattore di Dimona seguì poco dopo, secondo fonti francesi, infatti, Peres propose che la Francia fornisse assistenza nucleare come garanzia di sicurezza, se Israele si fosse ritirato dal Sinai, proposta accettata dai transalpini, consentendo di aprire la strada alla realizzazione della bomba israeliana22.
Il conflitto del 1956 e in particolare le minacce nucleari sovietiche contro i due Stati, guerra durante, funzionarono da ulteriore catalizzatore nella collaborazione tra Francia e Israele.
Due mesi dopo la fine dell‘operazione di Suez, lo Stato ebraico iniziò a chiedere l‘assistenza francese per costruire un reattore nucleare civile, facilitata dall‘accordo, dell‘anno prima, in cui il Canada aveva concordato la costruzione di un impianto da 40 megawatt a favore dell‘India.
Gli esiti della guerra furono fatali per le ambizioni di potenza di Francia e Regno Unito, la prima iniziò a valutare l‘acquisizione di armi nucleari come strumento per fermare il declino internazionale mentre la Gran Bretagna si allineò interamente alle politiche statunitensi.
Il 7 novembre del 1956 un meeting segreto venne tenuto fra il Ministro degli Esteri israeliano Golda Meir, Shimon Peres e i Ministri degli Esteri e della Difesa francesi Christian Pineau e Maurice Bourges-Manoury, in tale contesto, considerato il fallito supporto francese ad Israele e le preoccupazioni ebraiche per le minacce nucleari sovietiche, gli accordi precedenti la guerra di Suez vennero cambiati; la Francia si impegnò ad assistere Israele nella costruzione di un deterrente nucleare e, dopo alcuni mesi di trattative, a fornire un reattore da 18 megawatt del tipo EL-3, insieme alla tecnologia per la separazione del plutonio (accordo dell‘ottobre 1957).
20 Ibid. 53-54;
21 Ziv Guy., Israel‘s Bomb: The Decision to Go Nuclear and The Policy of Nuclear Ambiguity, paper presented at International Studies Association Convention, Honolulu, Hawaii, March 1-5, 2005, p. 6;
178 L‘accordo nucleare franco-israeliano, venne siglato nella massima segretezza a Parigi il 3 ottobre 1957; i dettagli del patto sono ancora sconosciuti, ma è stato ritenuto che abbiano dato luogo a due serie di accordi23.
Il primo accordo era essenzialmente politico e stabiliva, in termini generali, le obbligazioni e i vincoli che legavano i due contraenti. Il secondo accordo era l‘accordo tecnico fra le due commissioni nucleari (israeliana e francese), e conteneva i dettagli tecnici e scientifici dell‘operazione atomica, gli aspetti più delicati della collaborazione; il vero scopo della centrale nucleare da costruire in Israele e l‘utilizzo dell‘impianto di riprocessamento del plutonio, non vennero mai formalizzati, ma rimase in termini verbali fra le Commissioni atomiche.
Successivamente, la potenza venne incrementata a 24 megawatt, sebbene le specifiche di raffreddamento fornite alle aziende francesi costruttrici fossero per una potenza nucleare tre volte superiori24.
Il reattore, non collegato a turbine a vapore per la produzione di energia, doveva fornire solamente plutonio per produrre ordigni nucleari.25
L‘interesse francese verso Israele era dettato da ragioni eminentemente strategiche: uno Stato ebraico dotato di armamento nucleare poteva essere una forza in grado di controbilanciare l‘Egitto, che stava influenzando e sostenendo la rivolta araba antifrancese in Algeria.
Lo Stato francese era sottoposto all‘embargo statunitense su determinati materiali tecnologici e di computer, necessari per i complicati calcoli relativi alle detonazioni nucleari e al mantenimento della reazione a catena nella fissione nucleare, per tale motivo Israele poteva acquisire tale tecnologia dagli Stati Uniti e poi passarla alla Francia, sotto l‘egida del programma Atoms for Peace.
L‘amministrazione Eisenhower, infatti, aveva fornito a Israele un piccolo reattore di ricerca, costruito a Naqal Soreq, ponendo le basi per il secondo requisito indicato da Peres (un programma nucleare civile di copertura), un‘ulteriore garanzia, nel caso di problemi tecnici, per il programma atomico congiunto israeliano e francese26.
23 Pean Pierre, Les Deux Bombes, pp. 95-96 ;
24 Le informazioni fornite da Mordechai Vanunu, il tecnico nucleare israeliano che nel 1986 rivelò l‘entità del programma atomico d‘Israele, indicano una potenza di 120-150 megawatt. Hounam Peter, Headline: Revealed - the secrets of Israel's nuclear arsenal/ Atomic technician Mordechai Vanunu reveals secret weapons production, Sunday Times, October 5, 1986, da www.timesonline.co.uk;
25 Cohen Avner, Israel and the Bomb, 57-59;
179 La collaborazione tecnica fra i due Stati fu così stretta che Israele collaborò con i francesi nella