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Il dibattito fra convenzionalisti e nuclearisti

LINEAMENTI GEOPOLITICI 2.1. Lineamenti geografici e geopolitici

LINEAMENTI STRATEGICI

3.5. L’evoluzione della strategia israeliana nel tempo

3.5.2 Il dibattito fra convenzionalisti e nuclearisti

Delineatasi la concezione strategica favorevole alla deterrenza, generale o specifica che sia, l‘evoluzione dottrinaria successiva alla Guerra del 1956, con la progressiva realizzazione della centrale nucleare di Dimona (propedeutica allo sviluppo della capacità nucleare israeliana), s‘incentrò in merito agli strumenti militari necessari al mantenimento della deterrenza e, quindi, a dello status quo esistente nel conflitto arabo-israeliano.

Dagli anni ‘50, infatti, la ricerca costante di adesione ad un patto difensivo con una grande potenza o ad una alleanza collettiva di sicurezza, per trovare una valida soluzione ai problemi strategici e geopolitici, risultò vana.

L‘oggettiva impossibilità di accedere ad un accordo di difesa con gli Stati Uniti determinò un cambiamento dell‘approccio strategico, non più fondato su una intesa formale ma improntato al concetto di self- reliance (autonomia strategica e militare) connesso a relazioni particolari con una grande potenza, cui affidarsi per il supporto diplomatico alle Nazioni Unite ed il sostegno economico e militare.

La strategia di Ben Gurion, anche attraverso il lavoro diplomatico del giovane direttore Generale del Ministero della Difesa Shimon Peres, determinò, infatti, la conclusione di accordi militari, di intelligence e commerciali con la Francia e la definizione di uno schema economico di riparazioni con la Repubblica Federale di Germania (premessa indispensabile dal punto di vista finanziario per l‘acquisto di armamenti)120, spostando il modello geopolitico relazionale ebraico, da uno schema di tipo persiano classico (ricerca del patronage e dell‘accordo con gli Stati Uniti), ad un modello sempre di tipo persiano però in senso più lato (quasi davidico), in cui le caratteristiche e le potenzialità francesi, avrebbero permesso ad Israele ampia autonomia e pochi vincoli, stante l‘assenza di una struttura formale e formalizzata di difesa.

L‘accordo con la Francia, dopo le vicende di Suez del 1956, determinò il concreto avvio dell‘opzione nucleare, innescando, col progressivo avanzamento del programma, un serrato e controverso dibattito interno, in merito alla concezione della deterrenza e degli strumenti per

120 L‘impatto delle riparazioni tedesche fu determinante nella situazione economica dello Stato ebraico e delle famiglie israeliane, consentendo un aumento del PIL e del benessere della popolazione. Il dibattito interno nel merito fu acceso con Ben Gurion favorevole a ricevere aiuti dall‘altra Germania (la nuova entità nata dopo la fine del III Reich, guidata dal Cancelliere Konrad Adenauer e non collegata al passato nazista) e le frange del partito Herut, capeggiato da Begin, assolutamente contrarie a qualsiasi accordo e contatto coi tedeschi. Sul punto Cohen Avner, Israel and the Bomb, p. 13-14; Barnavi Eli, Storia d'Israele. Dalla nascita dello Stato all'assassinio di Rabin, Bompiani, 2001, pp. 243-244; Segev Tom, Il settimo milione. Come l‘Olocausto ha segnato la Storia di Israele, Mondadori, Milano, 2001, pp. 175-184;

mantenerla, tra fautori di una strategia esclusivamente convenzionale ed i sostenitori dello sviluppo e della produzione di armi atomiche.121

La disputa, avviatasi verso l‘inizio degli anni ‘60, venne incardinata dalle divergenti posizioni strategiche di Ben-Gurion rispetto a quelle del generale (e principale stratega) Yigal Allon, e durò un paio di anni.

Ben Gurion (sostenuto in tale contesa da Moshe Dayan) riteneva che lo sviluppo di armamenti non convenzionali avrebbe avvantaggiato Israele, politicamente e militarmente, dimostrando agli Stati arabi l‘inutilità della strategia di prolungamento del conflitto, in ragione del possesso dell‘arma atomica e, eventualmente, con l‘acquisizione araba di tale armamento, con l‘instaurazione dell‘equilibrio del terrore fra le due parti.

Ulteriore elemento di sostegno alla posizione nuclearista era il timore di Moshe Dayan, condiviso da Ben-Gurion, che Israele non avrebbe potuto mantenere il ritmo di acquisizione imposto dalla corsa agli armamenti convenzionali, determinata dagli approvvigionamenti sovietici di armi tecnologicamente avanzate ad Egitto e Siria, a causa dei noti fattori geografici, demografici ed economici; il ricorso all‘arma nucleare, pertanto, avrebbe rappresentato una valida soluzione, consentendo di disporre di uno strumento per fronteggiare il massiccio riarmo arabo e mantenere la deterrenza generale122.

La strategia a lungo termine elaborata da Ben-Gurion, quindi, poneva in relazione i due concetti di deterrenza e di risoluzione del conflitto, in quanto il possesso dell‘armamento atomico avrebbe reso impossibile l‘obiettivo arabo di distruzione dell‘entità ebraica.

La posizione del Primo Ministro contrastava con le tesi avanzate da Yigal Allon, e da gran parte dello Stato Maggiore delle IDF, che propugnava una strategia caratterizzata dalla deterrenza convenzionale e dalla compellence123, derivanti dalla superiorità strategica, dottrinaria e di armamenti da parte di Israele.

121 Aronson Shlomo, Brosh Oded., The Politics and Strategy of Nuclear Weapons in the Middle East: Opacity, Theory, and Reality, 1960–1990—An Israeli Perspective, State University of New York Press, Albany, 1992, pp 455-463 ;

122 Ibid. p. 466;

123 La deterrenza generale è mantenuta dal semplice possesso di armi nucleari, il termine deterrenza specifica si riferisce alla minaccia di rappresaglia portata contro uno sfidante che viola uno specifico aspetto dello status quo, rischiando un attacco totale da parte del difensore; caso tipico è quello della violazione di uno dei casus belli o red lines, in precedenza indicate. La parola compellence afferisce alla politica di uso della forza, limitata, con cui si tenta di indurre un opponente od uno sfidante ad interrompere delle azioni che sta conducendo. Una politica di compellence può essere utilizzata per forzare un opponente a fare qualcosa che non intendeva e che il compeller vuole sia fatto. Sul punto Aronson Shlomo, Brosh Oded., The Politics and Strategy of Nuclear Weapons in the Middle East: Opacity, Theory, and Reality, 1960–1990—An Israeli Perspective, p. 214; Schelling, Thomas C., The Strategy of Conflict, Harvard University Press, Cambridge MA, 1960, p.4; Alexander L. George and Simmons William, The Limits of Coercive Diplomacy, Westview Press, Boulder CO, 1994, p. XX;.

Lo Stato Maggiore delle IDF reputava che, se Israele avesse iniziato una corsa regionale all‘armamento nucleare, per l‘asimmetria di risorse, avrebbe sicuramente perso la sfida124. La convinzione dell‘establishment militare e di Allon, in particolare, era fondata su una peculiare valutazione storico-culturale del mondo arabo, in cui si riteneva che l‘equilibrio del terrore, ottenuto tra le due superpotenze, non fosse replicabile nel contesto mediorientale, con l‘introduzione del fattore nucleare, per la difformità di valori etici.

Lo stratega israeliano, infatti, considerava che il sistema valoriale arabo, in quanto attribuente meno valore alla vita umana ed alle perdite, avrebbe autorizzato gli Stati della regione ad intraprendere un attacco nucleare contro Israele, sopportando un numero elevato di vittime, nella considerazione che Israele sarebbe stata distrutta125.

In questo modo si sarebbe vanificata la capacità di deterrenza israeliana e lo Stato ebraico avrebbe rischiato l‘annientamento.

Allon valutava che, nel momento in cui Israele avesse ottenuto l‘atomica, l‘Egitto avrebbe cercato di acquisire un analogo armamento, con l‘alta probabilità che gli strumenti acquisiti sarebbero stati utilizzati contro Israele, le cui ridotte dimensioni avrebbero impedito una capacità di secondo colpo126.

In entrambe le concezioni strategiche, comunque, Israele doveva prepararsi ad un lungo conflitto ma, secondo i convenzionalisti di Allon, doveva essere evitata la deterrenza basata solamente sulle armi nucleari, eventualmente da ricercare come ultima risorsa, nel caso gli Stati arabi avessero intrapreso la strada dell‘armamento non convenzionale127.

La dottrina strategica proposta da Allon e dai vertici delle IDF, quindi, s‘imperniava sul mantenimento della superiorità militare convenzionale, sul miglioramento delle aree conquistate per scopi di sicurezza e sulla capacità di scambiare il territorio non utile, in termini di profondità difensiva, in cambio di accordi di pace.

Non veniva reputato che Israele sarebbe stato capace di soverchiare gli Stati arabi, con una guerra decisiva, per l‘asimmetria nelle risorse materiali fra i due schieramenti; la vittoria andava ricercata, quindi, con una strategia di lungo termine, di protrazione, basata su una deterrenza

124 Analogamente ad altre nazioni che hanno intrapreso lo sviluppo di un arsenale atomico, quali l‘India, i vertici militari hanno sempre velatamente osteggiato il nucleare per paura di perdita di potere, riduzione delle truppe e quindi riduzione di posti ai vertici. Sul punto Cohen Avner, Israel and the Bomb, p. 149-151;

125 Ibid. pp. 148-151

126 Capacità di secondo colpo o second strike capability è la capacità di un determinato Stato di poter incassare un attacco nucleare e mantenere, comunque, la possibilità di rispondere all‘offesa con un attacco nucleare altrettanto distruttivo.

prolungata128, sino a far giungere alla rassegnazione degli Stati arabi e, quindi, all‘accettazione definitiva di Israele ed alla pace129.

La posizione delle IDF (in particolare del Capo di Stato Maggiore Yitzhak Rabin) rappresentò il fondamento teorico e strategico per la conquista e l‘annessione israeliana di territori, oltre a quelli definiti dalla linea di armistizio del 1949, rappresentando la giustificazione militare allo sviluppo di una strategia di incremento dello scontro, che porterà al conflitto del giugno 1967, con l‘acquisizione di aree appartenenti agli Stati arabi.

Alla fine del dibattito strategico la posizione convenzionalista prevalse, e Ben-Gurion venne persuaso130.

Nel 1962, quindi, venne stabilito che il programma nucleare subisse delle limitazioni ed un rallentamento (per altro derivante dall‘inizio delle pressioni statunitensi)131, disponendo nel contempo, l‘incremento della componente convenzionale delle IDF132, un compromesso fra le diverse posizioni strategiche con la costruzione, non dichiarata, di un arsenale nucleare e l‘accrescimento delle forze convenzionali.133

Ben-Gurion ed il suo successore, Levi Eskhol, pertanto, privilegiarono una politica nucleare opaca, procedendo allo sviluppo delle armi e dei relativi sistemi di lancio, lasciando, però, sospesa la loro produzione e militarizzazione (inserimento negli arsenali, definizione di procedure di lancio e di controllo), scegliendo l‘opzione della bomba in essere o bomba in the basement (in cantina), senza l‘elaborazione di una compiuta (e pubblica) dottrina di warfighting (impiego operativo)134.

L‘opacità nucleare comportava che Israele non avrebbe apertamente minacciato gli Stati Arabi di attacco nucleare, per evitarne l‘umiliazione e, soprattutto, per non accelerare lo sviluppo di un analogo arsenale, ritenuto comunque inevitabile nel lungo periodo.