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La History of the Rise, Progress and Termination of the American Revolution di Marcy Otis Warren, un canone repubblicano

1.1.3 «The Wolf in sheeps cloathing»: storia e contro-narrativa in Abraham Yates

1.1.4 La History of the Rise, Progress and Termination of the American Revolution di Marcy Otis Warren, un canone repubblicano

Marcy Otis Warren scrisse la History of the Rise, Progress and Termination of the

American Revolution poco dopo la stesura della storia di Ramsay, ma la sua

impostazione e la lettura del periodo che stava vivendo sono molto diversi. Insicura degli esiti della rivoluzione, Otis Warren accompagna all’analisi politica considerazioni di carattere antropologico seguendo le quali lo scontro tra libertà e potere arbitrario si accompagna alla contrapposizione tra virtù ed avarizia e tra ragione e passione. Schematicamente, dunque, si può definire un conflitto che vede da un lato la libertà politica, sostenuta dalla virtù e dalla ragione, combattere il potere arbitrario, guidato dall’avarizia e preda della passione. L’ideale politico repubblicano di Warren è costruito così intorno alla definizione dell’individuo virtuoso, che deve essere industrioso, semplice e amante della libertà: basandosi

su queste caratteristiche individuali, le repubbliche sono deboli perché devono costantemente fare i conti con la tendenza alla corruttibilità del potere e all’irrazionalità. L’individuo virtuoso è in Otis Warren sostenuto da un self- interest repubblicano, che lo porta a sostenere la repubblica per realizzare il proprio bene, un principio che vedeva minacciato nei primi anni della repubblica, dove invece la divisione e litigiosità delle fazioni, ed in particolar modo l’azione del governo a guida federalista, parevano aver piegato gli ideali a visioni di parte.59

La scopo educativo primario di Otis Warren non è dunque finalizzato ad esaltare la forma politica uscita dai travagliati anni successivi alla rivoluzione, quanto piuttosto a mostrare i vizi e le virtù di una repubblica, per ricordare quali fossero i principi sui quali essa si fondava e che sembravano invece dimenticati; troppo veloce e tumultuosa era stata la rivoluzione per permettere di sedimentare quei valori che avevano condotto gli avi a cercare riparo in America, tanto che l’ambizione sembrava ora aver preso il posto dell’austerità che aveva invece caratterizzato i primi insediamenti sul continente:

«The progress of the American Revolution has been so rapid, and such the alteration of manners, the blending of characters, and the new train of ideas that almost universally prevail, that the principles which animated to the noblest exertions have been nearly annihilated. Many who first stepped forth in vindication of the rights of human nature are forgotten, and the causes which involved the thirteen colonies in confusion and blood are scarcely known, amidst the rage of accumulation and the taste for expensive pleasures that have since prevailed; a taste that has abolished that mediocrity which once satisfied, and that contentment which long smiled in every countenance. Luxury, the companion of young acquired wealth, is usually the consequence of opposition to, or close connexion with, opulent commercial states».60

Il recupero della memoria serviva allora per contrapporre all’avanzare della «luxury» che sembrava accompagnarsi inevitabilmente alla civilizzazione un ideale diverso, quello del piccolo settler, semplice, ma virtuoso, poiché

«It was the prevalence of them that drove the first settlers of America from elegant habitations and affluent circumstances, to seek an asylum in the cold and uncultivated regions of the western world. Oppressed in Britain by despotic kings, and persecuted by prelatic fury, they fled to a distant

59 Marcy Otis Warren, History of the Rise, Progress and Termination of the America Revolution, ed. by Lester H. Cohen, Indianapolis, In., Liberty Fund, 1989, 2 Voll.; Introduzione, Vol. 1, p. xviii.

country, where the desires of men were bounded by the wants of nature; where civilization had not created those artificial cravings which too frequently break over every moral and religious tie for their gratification».61

Mentre il presente pareva essere caratterizzato da un senso di decadenza i cui protagonisti non potevano che essere i leader della nuova nazione, perché erano stati loro ad aver imposto l’accelerazione verso l’accumulazione denunciata da Otis Warren, questa immagine restituisce centralità non solo morale ma anche

politica alla moltitudine di volonterosi colonizzatori che hanno saputo rinunciare

agli agi per costruire le fondamenta della libertà americana. Sono loro che, prima della rottura con la Gran Bretagna, seppero raggiungere l’equilibrio tra la «ferocia di uno stato di natura» e «il più alto stadio di civilizzazione e raffinatezza, che allo stesso tempo corrompe i cuori e toglie la linfa vitale alle fondamenta della felicità». Ma quali erano gli elementi di questo idillio raggiunto? Otis Warren li individua in modo preciso, e si tratta di un insieme di caratteri morali ed individuali e di istituzioni pubbliche, gli uni indispensabili alle altre e viceversa:

«The sobriety of their manners and the purity of their morals were exemplary; their piety and hospitality engaging; and the equal and lenient administration of their government secured authority, subordination, justice, regularity and peace. A well-informed yeomanry and an enlightened peasantry evinced the early attention of the first settlers to domestic education. Public schools were established in every town, particularly in the eastern provinces, and as early as one thousand six hundred and thirty-eight, Harvard College was founded at Cambridge».62

Accomunati da queste virtù, gli americani non erano però uniformi, è anzi un errore metodologico ed è irragionevole, secondo Otis Warren, pretendere che vi sia assoluta comunione di visione e condotta tra gli uomini. Le differenze ci sono, invece, e coinvolgono anche la prima di ogni virtù, lo spirito di libertà. Esisteva infatti questo spirito sia tra i piccoli coltivatori del Nord che tra gli schiavisti del Sud, ma in questo ultimo caso si trattava di uno spirito che colpisce ed offende i «diritti comuni degli uomini», perché mentre fa crescere, tra i padroni, il senso della loro indipendenza, coltiva un senso di superiorità che non conduce alla democrazia, ma all’aristocrazia. Riecheggiando il discorso repubblicano condiviso durante il dibattito sulla ratifica, spesso utilizzato come argomento polemico contro le derive aristocratiche dei federalisti, Otis Warren sottolinea come l’uguaglianza sia invece il fondamento dei principi democratici, un termine questo

61 Ibid., p. 5. 62 Ibid., p. 14.

la cui circolazione fu travagliata e poco utilizzato da Ramsay. Per Otis Warren, invece, c’era quasi un’equivalenza tra i democratic principles e quell’uguaglianza che durante il dibattito era posta come precondizione per un governo libero:

«Democratic principles are the results of equality of condition. A superfluity of wealth, and a train of domestic slaves, naturally banish a sense of general liberty, and nourish the seeds of that kind of independence that usually terminates in aristocracy».63

È dunque a partire dalla constatazione di queste differenze non soltanto morali, ma politiche, che Otis Warren ripercorre lo scontro che si ebbe durante il percorso di ratifica della Costituzione, quando furono i sentimenti democratici ed antimonarchici a costituire la base dei sospetti sul progetto di governo. Il conflitto contro la Gran Bretagna aveva spinto a «farsi avanti» una parte consistente di persone che si erano nutrite di questi sentimenti e non erano disposte a farsi ora da parte, perché

«They thought that after America had ecountered the power, and obtained a release from foreign bondage, and had recently overcome domestic difficulties and discontents, and even quieted the spirit of insurrection in their own states; that the republican system for which they had fought, should not be hazarded by vesting any man or body of men with powers that might militate with the principles, which had been cherished with fond enthusiasm, by a large majority of the inhabitants throughout the union».64

Le «domestic insurrection» e «difficulties» non appena superate erano ovviamente i movimenti dei regulators della ribellione di Shays, insorgenze che sebbene avessero avuto nel Massachusetts il loro momento di maggior drammatizzazione erano estese anche ad altri Stati come il New Hapshire, Rhode Island e Connecticut. Questi movimenti erano secondo Otis Warren generati da sentimenti autentici ed in particolare dalle mancanze dei governi e del congresso, incapaci di rimediare alle sofferenze della gente comune ed intenti, invece, a finanziare l’esercito. Le popolazioni coinvolte si erano trovate nella situazione di subire la pressione di un debito e di tasse «oltre le loro capacità di pagamento», ed era dunque comprensibile la loro insofferenza, ma furono i sostenitori di un governo forte a soffiare strumentalmente sul fuoco della rivolta per giustificare i loro piani.

63 Ibid., p. 14.

La drammatizzazione della situazione nel New England aveva però portato queste popolazioni, da una comprensibile rivendicazione, a scontrarsi apertamente con governi che avevano loro stessi stabilito: la Rivoluzione aveva avuto degli esiti politici rilevanti ed aveva cambiato, eliminando la dipendenza dal governo inglese, la relazione tra governanti e governati. Mentre prima solo la rimozione del peso politico dell’assoggettamento avrebbe garantito l’istituzione di governi liberi, in questa nuova situazione essi non capirono il carattere temporaneo della loro situazione e sapendo che era stata portata a termine un’opposizione vittoriosa alle autorità Britanniche cedettero di poter fare lo stesso perché erano «too ignorant to distinguish between an opposition to regal dispotism, and a resistance to a government recently established by themselves».65

Essi non seppero cioè cogliere il diverso tempo storico che si era aperto dopo la Rivoluzione, un tempo nel quale, secondo l’ottica di Otis Warren, la qualità politica dell’ingiustizia era determinata dalla sua durata potenzialmente limitata. Questa volta non sarebbe stato necessario, come gli shaysti avevano programmato, andare all’attacco del governo di Boston, ma la risposta alle loro domande si sarebbe potuta e dovuta trovare all’interno delle istituzioni repubblicane. Il nuovo sistema, «recentemente istituito da loro stessi», non era dunque da valutare esclusivamente sulla base delle politiche effettivamente messe in pratica, ma a partire dalle potenzialità di cambiare queste politiche che erano garantite, in linea teorica, dal nuovo principio del governo.

Con il progetto della nuova costituzione si presentava un rischio enormemente maggiore, perché questa volta ad essere in pericolo era proprio quel principio che aveva garantito da un lato il repubblicanesimo, dall’altro l’indipendenza. Come aveva scritto Yates nella sua storia rimasta nascosta, un gruppo definito di persone, e tra questi spiccavano i Cincinnati, attraverso provvedimenti concreti aveva dato l’impressione di lavorare per l’instaurazione di una nuova specie di aristocrazia che si basava sull’ineguaglianza ed era dunque capace di annichilire le conquiste della Rivoluzione:

« The people were generally dissatisfied with the high pretensions of the officers of the army, whose equality of condition previous to the war, was, with few exceptions, on the same grade with themselves. The assumption of an appropriate rank was disgusting, in a set of men, who had most of them been taken from mechanic employments, or the sober occupations of agriculture. Thus jealousies were diffused, with regard to the officers of the old army, the Cincinnati, and several other classes of men, whom they suspected as cherishing hopes and expectations of erecting a government too splendid for the taste and professions of

Americans. They saw a number of young gentlemen coming forward, ardent and sanguine in the support of the principles of monarchy and aristocracy. They saw a number of professional characters too ready to relinquish former opinions, and adopt new ones more congenial to the policy of courts, than to the maxims of a free people. They saw some apostate whigs in public employments, and symptoms of declension in others, which threatened the annihilation of the darling opinion, that the whole sovereignty in the republican system is in the people: “that the people have a right to amend and alter, or annul their constitution and frame a new one, whenever they shall think it will better promote their own welfare and happiness to do it”».66

Questo rischio concreto fece emergere un gran numero di obiezioni alla Costituzione proposta, questa volta non più frutto dell’ignoranza ed avanzate anche dagli uomini più illustri di molti Stati che, diversamente dagli shaysti, erano consapevoli del valore dell’obbedienza alla legge, unico argine all’anarchia e alla disgregazione. Queste persone, scrive Warren, erano in primo luogo preoccupati delle ambiguità contenute nel nuovo piano e sostenevano che ogni articolo non chiaro dovesse essere emendato prima della ratifica; altrimenti, essi temevano, sarebbero stati complici di un sistema che avrebbe condotto «loro e i loro posteri nelle catene del dispotismo», mentre essi sostenevano «le idee di una partecipazione libera ed eguale ai privilegi del repubblicanesimo puro e autentico».

Queste voci, inascoltate dentro le mura della Convention nonostante le divisioni che vi si consumarono e il ritiro di alcuni dei suoi membri, si fecero invece sentire al momento della ratifica nei diversi Stati, quando tutti si accorsero che i poteri erano confusi, intrecciati, non era prevista una carta dei diritti e nemmeno garantito il processo con giuria, considerato dai più l’unico «controllo contro le eccessive influenze degli uffici». Allo stesso tempo erano invece proposte dai sostenitori della Costituzione cose mai viste prima in America, i monopoli, la banca federale e un sistema di tassazione che passava dagli Stati al governo federale. Tutte queste cose, commenta Otis Warren, se fossero state proposte qualche anno prima sarebbero state derise «sia dai soldati che dai contadini».67

66 Ibid., pp. 657-658; il virgolettato è una citazione di Otis Warren dalla Dichiarazione d’Indipendenza.

67 Soldati e contadini, è il caso di ricordarlo, erano le fasce popolari uscite dalla guerra. Spesso le due figure erano sovrapposte e fu proprio il popolo in armi, costituito anche da molti piccoli contadini prestati alla milizia a spingere una radicalizzazione della rivoluzione. Durante la guerra, la familiarizzazione e la politicizzazione delle milizie contribuì a creare tra gli episodi più significativi di radicalismo popolare. Allo stesso tempo, la fine della guerra aveva lasciato gli ex combattenti spesso in una completa povertà, mentre ai generali venivano garantite pensioni per anni. La questione dei titoli del debito fu poi un ulteriore elemento nella presa di coscienza politica dei componenti l’esercito continentale: i soldati semplici furono spesso costretti a vendere sottoprezzo i titoli con i quali venivano pagati per il loro servizio e a guerra conclusa, tornati nelle

In conseguenza di questi fondati timori la ratifica fu combattuta ed incerta e solo sei Stati ratificarono incondizionatamente. Per altri fu necessario promettere l’adozione di emendamenti, che convinse anche i riluttanti ad appoggiare il nuovo sistema:

«it is evident that a majority of the states were convinced that the constitution, as at first proposed, endangered their liberties; that to the opposition in the federal and state conventions, are the public indebted for the amendments and amelioration of the constitution, which have united all parties in the vigorous support of it; and that in a land of freedom, sovereignty, and independence, the great and important affairs of state will be finally subject to reason, justice, and sound policy».68

Una volta assicurati gli emendamenti e reintrodotto un certo grado di razionalità e giustizia nel nuovo sistema, per Otis Warren era scampato il pericolo della sovversione dei principi repubblicani e la lotta politica tornava ad essere l’arena preposta al confronto tra le diverse opzioni, facendo salva la libertà. È però importante rilevare che cosa avesse permesso alla libertà di resistere: si trattava ancora una volta di quella situazione orizzontale, che era presente solo in America, che aveva fatto sì che lo spirito d’indipendenza e di libertà fosse diffuso sul territorio, a partire da una relativa uguaglianza nelle ricchezze. Questa condizione, se torniamo ai presupposti antropologici affrontati in precedenza, è quella che garantiva la medietà e la moderazione del popolo americano, capaci di mantenere l’equilibrio tra il rischio dell’anarchia e la minaccia del dispotismo. Si tratta in questo di un popolo repubblicano, ma non sempre virtuoso, perché era la stessa leva che lo portava a reagire ad ogni tentativo di usurpazione, fino all’eccesso come nel caso degli shaysti, a renderlo troppo egoista ed avaro per abitare una repubblica virtuosa:

«Notwithstanding the apprehensions which have pervaded the minds of many, America will probably long retain a greater share of freedom than can perhaps be found in any other part of the civilized world. This may be more the result of her local situation, than from her superior policy or moderation. From the general equality of fortune which had formerly reigned among them, it may be modestly asserted, that most of the inhabitants of America were too proud for monarchy,

campagne o nelle città, si trovarono a dover affrontare una tassazione pesante, che aveva tra i suoi principali obiettivi il finanziamento degli interessi maturati dal debito, ormai però concentrato in poche mani di grandi proprietari e finanzieri.

yet too poor for nobility, and it is to be feared, too selfish and avaricious for a virtuous republic».69

Se anche Gorge Washington, simbolo dell’unità e della virtù del popolo rivoluzionario, sarebbe venuto meno al suo stesso esempio durante gli anni della sua presidenza, si è portati a pensare che la libertà conquistata non potesse essere considerata un dato acquisito, ma che al contrario dovesse essere difesa continuamente. Washington aveva, durante il suo ritiro a Mount Vernon, incarnato l’ideale del cittadino della repubblica, capace di rendere il massimo servizio al suo paese e poi di ritirarsi a vita privata, disinteressato a ogni ulteriore gloria. Questo esempio assume però le sembianze di un’abile mossa teatrale, se lo stesso Washington divenne l’architrave di quel precario edificio che era la Costituzione, pesantemente avversata ed appesa alla promessa di emendamenti, garantendone l’equilibrio. Sebbene molti non condividessero l’attribuzione di così grandi poteri ad un presidente, nota Otis Warren, nondimeno era Washington l’individuo verso il quale essi «nutrivano la più illimitata fiducia».70

Anche Washington dunque non aveva resistito alle lusinghe della «scena luminosa del grande palco dell’azione pubblica» e sospinto da enormi aspettative le aveva deluse, eliminando dalla sua azione «ogni richiesta sociale e politica». Questo degrado personale di Washington, in quanto debole verso i richiami del potere, si riflesse secondo Otis Warren nell’indirizzo politico del suo governo che, abbandonando le sorti della gran parte della popolazione era guidato dallo «spirito della finanza» che

«accumulates woes on the hand of a people, by stripping them from the means of subsistence, and what is infinitely more to be regretted, saps the foundations of moralità, had heretofore been only the dream of some overgrown public creditor».71

69 Ibid., p. 664. 70 Ibid., p. 665.

71 Ibid., p. 665. Il severo giudizio sull’operato di Washington è ribadito anche anche in quanto osservò un «illustre gentiluomo, buon conoscitore della storia antica e della politica moderna», in una lettera all’autrice il cui autore non è stato identificato, riguardo alla sua amministrazione: «It was not expected, that those gentlemen who wished for a more perfect system of government, or some amendments to the present, would have been cut off from every social and political claim; and that only the officers of the late army, and the devotees to unconditional ratification, would have been thought worthy of confidence or place under a government that has yet the minds of a considerable part of the people to soothe, and the affections of a judicious and discerning party to conciliate. True policy should have dictated the most impartial distribution of office in the new arrangement. It is a new and untried experiment, into which many of the people think they have been precipitated, without time for due consideration. They begin to feel the weight of taxes and imposts to which they have been accustomed. They begin to inquire whether all the late