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CANONI STORICI CONTEMPORANEI:

NAZIONALISMO, CONTRO-NARRATIVA E REPUBBLICANESIMO

1.1.1 La « NUOVA EPOCA » dalle Conventions alle strade

CANONI STORICI CONTEMPORANEI:

NAZIONALISMO, CONTRO-NARRATIVA E REPUBBLICANESIMO

1.1.1 La «

NUOVA EPOCA

» dalle Conventions alle strade

Le foederal processions furono una modalità diffusa di festeggiare il nuovo governo nel corso del 1788: scorrendo le pagine della Pennsylvania Gazette si trovano notizie di manifestazioni in diversi Stati e il senso dei festeggiamenti iniziò a crescere una volta che si ebbe la ratifica da parte del New Hampshire, “THE NINTH PILLAR”, che rendeva la Costituzione legge nei primi nove Stati.

Siamo così informati che quando la notizia arriva a Poughkeepsie, città lungo le rive del fiume Hudson a nord di New York, fervono i preparativi per una grande processione «in conseguenza dell’Adozione della Costituzione Federale da parte di Nove Stati»1. Nello stesso articolo si celebra la Virginia, “THE TENTH PILLAR”, e si

annuncia che la processione del 4 luglio a New York sarà anche «Federale». Altre parate sono segnalate a Newport (Rhode Island), Providence e Trenton, dove il reverendo Armstrong recitò un sermone nel quale un passo tratto dal capitolo dodici dell’Esodo assumeva un diverso significato, calato nella «nuova EPOCA»

1 The Pennsylvania Gazette, July 2, 1788. Un articolo del 20 febbraio riporta della processione, presumibilmente in una città del Massachusetts, che aveva ratificato due settimane prima, organizzata da un comitato di ‘tradesmen’, con la partecipazione richiesta degli artigiani e dei ‘mechanics’ «per testimoniare la loro approvazione della ratifica della costituzione federale, da parte della convention di questo commonwealth»; il 7 maggio viene data notizia di una “Foederal Procession” a Baltimore il primo maggio; l’11 giugno viene descritta la processione «con il proposito di celebrare l’adozione (da parte della convention di questo Stato) della proposta Costituzione Federale», che vide secondo un membro della convention la partecipazione di 28.000 persone. L’analisi più completa di cui siamo a conoscenza sulla tradizione delle parate e processioni che fa da corollario alle foederal processions del 1788 è in David Waldstreicher, In the Midst of Perpetual Fetes. The making of American Nationalism, 1776-1820, Chapel Hill – London, University of North Carolina Press, 1997, in particolare per il periodo in questione alle pp. 12-107. La tesi di Waldstreicher, che condividiamo, è quella di considerare il ruolo delle foederal processions come parte integrante dello scontro sulla Costituzione e della dinamica di piazza della politica americana. si tratta di un contesto complesso, nel quale vediamo all’opera sia i tentativi federalisti di costruire un immaginario nazionale (si veda in ibid., pp. 108-173), sia diverse modalità di partecipazione alla politica di piazza. Per un’efficace sintesi del ruolo delle feste nella definizione di un immaginario nazionale e in chiave comparativa si veda l’introduzione a Ilaria Porciani, La festa della nazione: rappresentazione dello Stato e spazi sociali nell’Italia unita, Bologna, il Mulino, 1997, pp. 11-20. In un passaggio che dedica ad un confronto con la situazione statunitense Porciani osserva, in relazione alle commemorazioni pubbliche di eventi storici, che «Commemorare non significa soltanto ricordare [..] ma è un processo attivo nel corso del quale si modifica il sistema di rappresentazione del passato e dunque la percezione del presente». Confermando una tendenza che è riscontrabile già nelle cronache delle prime parate federali Porciani aggiunge che «Negli Stati Uniti la commemorazione della dichiarazione dell’indipendenza aveva evitato accuratamente di far posto a drammatiche rivendicazioni di diritti per concentrarsi piuttosto sulla costruzione simbolica della figura del nuovo eroe, George Washington»; ibid., p. 26.

appena apertasi: «E che questo giorno sia tra di voi come ricordo; e che voi lo manteniate

per festeggiare il Signore, attraverso le future generazioni; voi dovete mantenerlo come una festa per sempre»2.

L’entusiasmo descritto nel prologo attraversava queste manifestazioni, ma come abbiamo visto esso era velato dall’inquietudine di un processo ancora aperto. Le processioni avevano così uno scopo pedagogico, per infondere attraverso la rappresentazione quell’unità che era in realtà mancata tra le

constituency nei diversi Stati3: esse, man mano che il dibattito sulla ratifica della costituzione si spegneva, iniziarono ad attivare quel dispositivo nazionalista che aveva come scopo la sintesi delle diverse energie liberate nel continente dalla dichiarazione d’Indipendenza intorno alla Costituzione. Se nel dibattito, infatti, erano state espresse tutte le interpretazioni possibili sui recenti eventi, queste erano nondimeno intrise di spirito di parte, in una contesa con tratti aspri, che per molti poteva mettere a rischio gli esiti stessi della rivoluzione. Il problema che i sostenitori della Costituzione si trovarono di fronte fu quello di sottrarre il documento ad una lettura contingente, per includerlo all’interno di una narrazione unitaria degli eventi che condussero alla cancellazione degli Articoli della Confederazione. Per fare questo, però, era necessario qualcosa che era mancato nelle dispute dei mesi precedenti: serviva una storia capace di narrare in un continuum le tumultuose convulsioni che condussero tredici pacifiche colonie a dichiararsi indipendenti, e poi ad adottare una Costituzione che, di fatto, sanciva la nascita di un nuovo Stato e, cosa ancor più rilevante, dichiarava al mondo l’esistenza di un nuovo popolo4.

2 The Pennsylvania Gazette, July 16, 1788.

3 L’argomento verrà affrontato più approfonditamente in seguito, qui basti annotare il voto con un margine molto ristretto in alcuni importanti Stati, la necessità di introdurre i ‘recommendatory amendments’ per ottenere la ratifica del Massachusetts e di altri Stati, e il fatto, dimostrato da diversi studi, che il sentimento popolare fosse in realtà molto più contrario alla nuova Costituzione di quanto non fossero i voti finali delle convention, nelle quali gli eletti potevano votare liberamente indipendentemente dal mandato ricevuto. Per un’analisi complessiva del voto rimane fondamentale lo studio di G. Libby, The Geographical Distribution of the Vote of the Thirteenm States on the Federal Constitution, 1787-8, Madison, 1894; per una rilettura del voto che rileva le incongruenze tra inclinazioni delle constituency e risultato elettorale a partire dalla sovrarappresentanza o sottorappresentanza dei distretti elettorali si veda C. W. Roll, Jr., WE, SOME OF THE POPLE: APPORTIONMENT IN THE THIRTEEN STATE CONVENTIONS RATIFYNG THE CONSTITUTION, JAH, Vol. 56,

No. 1, Jun. 1969, pp. 21-40.

4 I passaggi tra questi diversi stadi sono sintetizzati dal modo in cui i tre documenti chiave del periodo fanno riferimento alla comunità politica alla quale intendono dare voce: la Dichiarazione d’Indipendenza (approvata dal Congresso Continentale il 4 luglio 1776), gli Articoli della Confederazione (emanati dal Congresso Continentale il 15 novembre 1777, ed in vigore dopo la ratifica del Maryland il primo marzo 1781) e la Costituzione degli Stati Uniti d’America. Il soggetto della Dichiarazione è «We, [..] the Representatives of the united States of America, in General Congress, Assembled», e dichiara, «appealing to the Supreme Judge of the world», il diritto ad essere «Free and Independent States». Vale la pena segnalare che la bozza preparata da Jefferson non titolava “Dichiarazione d’Indipendenza”, ma A Declaration by the Representatives of the United States of America, in General Congress assembled, poi modificata ed infine approvata dal Congresso Continentale come The Unanimous Declaration by the thirteen Representatives of the United States of America. Formalmente infatti l’Indipendenza è dichiarata dal Congresso Continentale con una risoluzione il 2 luglio, mentre la Dichiarazione è un documento rivolto in primo luogo all’esterno,

Fu David Ramsay a compiere questo lavoro. Ramsay era un uomo politico di primo rango: aveva preso parte al dibattito sulla ratifica nello Stato del South Carolina, per conto del quale era stato a lungo delegato al Congresso Continentale, ed era in contatto con il gotha del mondo politico statunitense. Da convinto sostenitore del piano per il nuovo governo, Ramsay aveva espresso la sua visione, che legava direttamente la Rivoluzione al testo in discussione, scrivendo che «la Rivoluzione non può dirsi finita finché [la Costituzione], o qualcosa di equivalente non viene istituiti»5.

1.1.2 Il canone nazionalista della nuova storia: David Ramsay e la prima