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STORIOGRAFIA E ANTIFEDERALISMO TRA NAZIONALISMO E RISCOPERTA

1.2.2 Ruolo e critica di Charles Beard

Sulla base della centralità che, abbiamo visto, l’opera di Beard ebbe in questi lavori sull’Anti-Federalismo, è ora necessario aprire una parentesi rispetto a An

economic Interpretation of the Constitution, testo del 1913 che inaugurò, per usare

un’espressione non ortodossa, l’attacco ‘da sinistra’ alla storiografia ottocentesca, dominata dalle tesi nazionaliste di George Bancroft, la cui History of the United

States, edita nel corso dell’800, aveva celebrato il carattere provvidenziale di tutta

la storia statunitense.36 Negli ultimi decenni del diciannovesimo secolo, in un

paese uscito dalla guerra civile, l’esperienza storica confermava, per Bancroft, la «legge morale attraverso la pratica delle nazioni». L’unità era l’elemento da celebrare, gli Stati erano gli agenti di disgregazione che avevano condotto alla catastrofe, e gli Anti-federalisti, insegnava la storia a volerla ascoltare, avevano sempre sbagliato: si erano opposti alla fondazione, ed avevano sostenuto gli Stati.

La storia di Bancroft seguiva di pochi decenni The History of the United States, nella quale Richard Hildreth aveva tratteggiato una visione evoluzionista partendo da quello che è stato definito un «materialismo federalista»:37 Hildreth

riconosceva la centralità della polarità sociale nel movimento storico, ed esprimeva chiaramente la sua preferenza per le classi dominanti. All’interno della sua narrazione, gli oppositori della Costituzione federale erano considerati dei politici dominati da una visione ristretta, portavoce delle parti più povere ed ignoranti della società e dei contadini indebitati, che pensavano così di poter venir meno ai loro obblighi. Questi «piccoli politici locali» da un lato temevano la perdita del loro potere di influenza sui legislativi statali, dall’altro erano delle specie di Donquixotte impegnati a lottare per preservare la libertà contro nemici inesistenti, e spudoratamente pronti a preferire «il disordine e la rivoluzione alla

36 Questa parte sul ruolo dell’antifederalismo nella storiografia dell’800 deve molto ad un importante articolo di Saul Cornell che diversamente da molte altre ricostruzioni storiografiche, che si concentrano sulla storiografia più recente, analizza il modo in cui gli storici dell’800 influenzarono la lettura successiva dell’antifederalismo, cfr. S. Cornell, THE CHANGING HISTORICAL

FORTUNES OF THE ANTI-FEDERALISTS, Northwestern University Law Review, vol. 84, no. 1, 1989- 1990, pp. 39-73, in particolare pp. 40-49. Un secondo credito va a Page Smith, DAVID RAMSAY AND THE CAUSES OF THE AMERICAN REVOLUTION, WMQ, 3rd. Ser., vol. 17, no. 1, jan. 1960, pp. 51-77, che si concentra soprattutto sulla diversa lettura delle cause della rottura con la Gran Bretagna. I testi cui farò riferimento sono George Bancroft, History of the United States, from the discovery of the Americas to the present, Boston, Little Brown, 1834-1876; Richard Hildreth, A History of the United States of America, from the Discovery of the Continent to the Organization of Government under the Federal Constitution, New York, Harper & Brothers, 1849; Jeddiah Morse, Annals of the American Revolution; Or a Record of the Courses and Events which Produced and Terminated in the Establishment and Independence of the American Republic interspersed with numerous appropriate documents and anecdotes : to which is prefixed a summary account of the first settlement of the country, and some of the principal Indian Wars, which have at successive periods afflicted its inhabitants : to which is added remarks on the principles and comparative advantages of the Constitution of our national government : and an appendix, containing a biography of the principal military officers, who were instrumental in achieving our independence, Hartford, 1824; e John Fiske The critical Period of American History, 1783-1789, Boston, Mifflin and company, 1888.

37 La definizione è di Richard Hofstadter. Si veda il suo lavoro sugli storici progressisti The

preservazione dell’ordine sociale». Il ruolo di «paria costituzionali» riservato agli Anti-Federalisti da Jeddiah Morse nella sua celebrazione della Costituzione come incarnazione del grande schema storico dell’autogoverno dell’uomo, veniva da Hildreth mutato in una aperta accusa: al dispositivo nazionalista di celebrazione della fondazione; si aggiunge dunque il discredito verso chi veniva considerato non più soltanto esterno ad essa, ma anche colpevolmente contrario. Bancroft, invece, tornava ad escludere gli Anti-federalisti dalla storia, interpretata come storia della crescita della democrazia e dello spirito di libertà nel continente Americano.

L’opera di Bancroft segna un punto di passaggio importante perché è considerata la prima ad applicare metodologie moderne alla narrazione storica sulle origini, anche se l’introduzione dell’approccio scientifico veniva piegato allo scopo di produrre e rafforzare il mito americano38. Di poco seguente è un altro

testo fondamentale sulla via della sedimentazione di una lettura nazionalista della storia, si tratta dell’opera di John Fiske The critical Period of American History, pubblicato nel 1888. Sebbene, come abbiamo visto, di fatto già teorizzato da Ramsay e dai Federalisti impegnati nel dibattito sulla ratifica, si deve a Fiske la definizione degli anni ’80 del ‘700 come «critical period»: con questa espressione Fiske descriveva il periodo tra la fine della guerra e la stesura della Costituzione come problematico, dominato dall’impotenza della Confederazione a far fronte alle esigenze dei nuovi Stati indipendenti, ma anche da politiche locali che mettevano seriamente a rischio, per egoismi e visioni limitate, l’indipendenza appena conquistata. È in particolare l’incapacità degli Stati Uniti a far fronte agli impegni internazionali con i loro creditori a comportare questo rischio mortale, mentre gli egoismi locali introducevano dall’interno il rischio della disunione. Questa visione segnò un passaggio ulteriore nella definizione del ruolo degli Anti- Federalisti, questa volta né paria né genericamente contrari alla fondazione, ma

responsabili dei problemi che determinarono il critical period: erano infatti le

componenti sociali e i politici che si sarebbero riconosciuti nell’Anti-Federalismo i promotori di quelle politiche. Sebbene anche questa visione contribuisse a gettare discredito sugli oppositori della ratifica, essa indirettamente riconosceva l’esistenza di visioni e politiche alternative durante gli anni della fondazione, da un certo punto di vista, dunque, specificava, ma indeboliva il dispositivo nazionalista, inserendo increspature nella visione della storia liscia e trionfale di Bancroft.39

38 Sulla storiografia dell’800 in riferimento al ruolo di Bancroft e degli altri autori qui considerati, si veda anche le osservazioni di particolare rilevanza contenute in J. Appleby, L. Hunt e M. Jacob, “History Makes a Nation” in id., Telling the Truth about History, New York-London, Norton, 1994, pp. 91-125.

39 Per una storiografia sul critical period si veda Morris, T

HE CONFEDERATION PERIOD AND THE

In questo quadro storiografico, va considerato l’irrompere della guerra civile, che sconvolse gli Stati Uniti dal 1861 al 1865. Il conflitto segnò l’autocoscienza del «popolo universale»40, e le sorti del conflitto ne segnarono irrimediabilmente non solo la storia, ma anche la storiografia negli anni a venire. Nota Saul Cornell che negli anni seguenti la fine del conflitto crebbe enormemente il ruolo delle istituzioni educative del New England, tanto che lo storico del Sud Urlich B. Philips avrebbe criticamente osservato, nei primi del ‘900, che «la storia degli Stati Uniti è stata scritta da Boston ed è ampiamente sbagliata».41 In un clima politico

che vedeva i sostenitori delle prerogative degli Stati come protagonisti in negativo della guerra, ed in particolare gli Stati del Sud come colpevoli della cruenta frantumazione dell’Unione, ben poco spazio critico rimaneva per una lettura storiografica che desse agli Anti-Federalisti un ruolo diverso da quello di coloro che furono dalla parte sbagliata. Identificati come sostenitori della centralità degli Stati, e già responsabili del critical period, gli Anti-federalisti vennero travolti da una reazione nazionalista alla guerra civile impegnata nella definizione di una narrazione unitaria di una nazione palesemente divisa.

Beard individua tre «scuole interpretative» che dominano la storia americana: la prima è quella che ha come capofila Bancroft e che si è cercato di illustrare schematicamente. Questa scuola, rileva Beard, è assolutamente «deferente» alla «classe sociale dalla quale emerge e dalle esigenze della vita pubblica nella quale giocava un ruolo»e sostanzialmente attribuisce ad un «potere superiore» il corso degli eventi che vedono come protagonista un popolo moralmente superiore. La «seconda scuola» è chiamata da Beard «Teutonica» ed è sostanzialmente di stampo razzista: i traguardi raggiunti dagli anglosassoni americani sarebbero da ascrivere alle qualità innate dei popoli di razza germanica. Per gli uni e per gli altri la Costituzione rappresenta l’apice della superiorità, morale o razziale, del popolo americano.42

La «terza scuola» è invece marcata non da una sigla, ma da un’ «assenza», ed è quella che anziché produrre un’interpretazione studia i documenti e i fatti per proporne una presentazione imparziale.43 Questa scuola ha secondo Beard due

precursori, Jackson Turner Main e O. G. Libby, che sotto la direzione di Turner Main aveva realizzato uno studio, per i canoni dell’epoca meticoloso, della distribuzione del voto durante la ratifica della Costituzione federale. Questa ricerca aveva dimostrato, secondo Turner Main,

40 T. Bonazzi, “Il «popolo universale» e il corso degli eventi umani. «Noi» e «l’altro» nella storia statunitense” in Bonazzi (a cura di), Riconoscimento ed esclusione. Forme storiche e dibattito contemporanei, Roma, Carocci, 2003, pp. 59-85.

41 Cfr. Cornell, CHANGING, cit., p. 47. 42 Beard, Economic Interpretation, cit., pp. 1-3. 43 Ibid., p. 3.

«the existence of great social and economic areas, independent of state lines, which have acted as units in political history, and which have changed their political attitude as they changed their economic organization and divided into new groups».44

Partendo da questa premessa, Beard denuncia che, invece, i fattori economici sono stati sempre ignorati negli studi storici precedenti e in quelli sul sistema di diritto pubblico e privato.45 Mentre Bancroft si premurava di dire che nella

Costituzione «l’unione di libertà con la forza e l’ordine eccelleva ogni altra conosciuta in precedenza» in quello che definì «il mattino felice della sua esistenza come una delle potenze del mondo», riferendosi al popolo americano, egli specificava anche che in nessuna parte della Costituzione, né degli scritti che la accompagnarono, veniva stabilito nulla che non fosse «uguaglianza e individualità». Nulla, cioè, che favorisse alcune classi o persone. Anzi l’esistenza stessa di classi o gruppi di interesse era direttamente negata da Bancroft, sostenendo che la Costituzione fu il frutto della «massa di pensieri individuali che si muovono come le acque dell’oceano». Questi assunti, rileva Beard, sono in realtà in contrasto con gli stessi scritti degli autori della Costituzione, dato che Madison nel Federalista numero 10 aveva largamente parlato, invece, dell’esistenza di classi e gruppi di interesse particolari e contrastanti: l’idea di un popolo guidato da forze superiori, composto da individui uguali e con un’unica anima era dunque un artefatto storico della storiografia ottocentesca.46

È dunque a partire da queste basi che va letta e interpretata l’opera di Beard, tenendo conto del fatto che lo stesso Beard in più punti denunciava di essere consapevole dei limiti della lettura economica della storia, ma come spesso accade per le ricerche che vogliono contrastare o invertire una tendenza, interesse di Beard era quello di far emergere ciò che fino a quel momento era stato invece oscurato all’ombra di grandi narrazioni celebrative. In questo modo, Beard porta alla luce interessi specifici che ebbero vantaggi immediati dalle clausole della rivoluzione.

Com’è noto, la sua analisi si basa sull’individuazione di due gruppi economici caratterizzati per il possesso di real e personal property.47 Se i primi possedevano

terra e schiavi, ed erano legati agli interessi agrari, i secondi possedevano titoli del

44 Beard cita alle pp. 5 e 6 una parte consistente dell’introduzione di Turner Main a O. G. Libby, The Geographical Distribution of the Vote of the Thirteenm States on the Federal Constitution, 1787-8, cit., che contiene questo passo.

45 Cfr. Beard, cit., p. 7. 46 Cfr. ibid., pp. 14-15.

47 Il gruppo dei «real property holders» è così caratterizzato: «the small farmers, particularly back from the sea-coast, scatterei from New Hampshire to Georgia, the manorial lords, such as we find along the banks of the Hudson, and the slaveholding planters of the south»; il gruppo dei «personal property» invece viene così descritto: «this embraced, particularly, money loaned, state and continental securities, soldiers’ scrip, and shipping». Ibid., pp. 27 e 31.

debito statale e federale o erano legati agli interessi commerciali. La definizione degli interessi in base a questa distinzione permette a Beard di individuare una forma di nazionalismo sostenuto da «interessi economici che attraversavano i confini statali». Seguendo la distinzione in real e personal property Beard sostiene che anche gli schiavisti del Sud rappresentati nella Convention, come Wlliamson della North Carolina, i Pickneys di Charleston o Pierce di Savannah, possedevano assieme alle piantagioni anche grandi somme di personal property.48 Oltre a

questo, Beard osserva però anche che

«It seems curious at the first glance that the representatives of the southern states which sold raw materials and wanted competition in shipping were willing to join in a union that subjected them to commercial regulations devised immediately in behalf of northern interests. An examination of the records shows that they were aware of this apparent incongruity, but that there were overbalancing compensations to be secured in a strong federal government».49

Inoltre, c’era una differenza che attraversava coloro che erano accomunati dalle real property: i grandi piantatori e i latifondisti della valle dell’Hudson non erano infatti nella stessa condizione dei piccoli farmer dell’inland, perché le prime due categorie erano ugualmente accomunate dalla preoccupazione di mantenere l’ordine nei confronti sia delle rivolte dei ‘debitori’, come veniva liquidata la ribellione di Shays, che di quelle degli schiavi. Queste rivolte erano più che una possibilità, dunque anche gli schiavisti

«must have felt more secure in 1789 when [they] knew that the governor of [their] state could call in the strong arm of the federal administration in case a domestic disturbance got beyond the local police and militia. The north might make discriminatory commercial regulations, byt they could be regarded as a sort of insurance against conflagrations thath might bring ruin in their train. It was obviously better to ship products under adverse legislation than to have no products to ship».50

Non mi sembra qui rilevante stabilire quanto e se l’esercito federale che la Costituzione prefigurava e permetteva fosse realmente, nell’immediato, in grado di intervenire per sedare le rivolte in ogni parte degli Stati Uniti: ciò che va invece registrato è il dato politico di una condivisione di interessi che superano già, nell’osservazione di Beard, la divisione che egli stesso individua e che poi utilizza

48 Cfr. ibid., p. 30. 49 Ibid., p. 29. 50 Ibid., p. 30.

come chiave interpretativa per leggere il comportamento dei diversi delegati alla Convention Costituzionale e l’andamento del processo di ratifica.

Questo dato rivela un interesse che non è puramente economico e non è solo immediato: si tratta della struttura e del mantenimento di un ordine politico, economico e sociale che si vedeva da più parti messo in discussione, e che aveva trovato proprio negli esiti della rivoluzione le minacce più gravi; nello stesso momento in cui sia i possessori di real property che di personal property, per rimanere a queste categorie, avevano ottenuto l’indipendenza dalla Gran Bretagna, essi si trovarono di fronte ad un doppio problema che era soprattutto politico: da un lato c’era l’esigenza di garantire un equilibrio finanziario che permettesse a chi aveva accumulato titoli del debito statale e continentale di potersi aspettare un guadagno e la riscossione della propria ricchezza51, ma d’altro

canto c’era una minaccia che coinvolgeva tutte le élite sociali ed economiche e che proveniva da un nuovo protagonismo dei ceti popolari, che in quegli anni si manifestava soprattutto nei movimenti dei regulators, ma non permetteva la sicurezza nemmeno ai grandi piantatori del Sud.

Molte critiche sono state fatte all’opera di Beard, che certamente aveva una visione riduttiva rispetto alle ricerche più avanzate che seguirono nella seconda metà del ‘900, ma troppo spesso a nostro parere queste critiche si sono caratterizzate come reazione alle dinamiche sollevate da Beard. Innanzitutto come abbiamo detto va rilevato che la lettura beardiana si confrontava con una storiografia impantanata nei caratteri trionfalistici del nazionalismo, ma va anche rilevato come buona parte della storiografia critica nei confronti di Beard abbia poi omesso di considerare con la dovuta attenzione le sue tesi, presentandole in modo semplicistico e non volendo vedere le indicazioni che da quelle tesi si potevano trarre, anche al di là delle conclusioni schematiche che egli stesso proponeva. Se consideriamo la lettura di Beard qui avanzata, risulta piuttosto limitante il tentativo di mettere in discussione la divisione tra real e personal property al quale si sono dedicati influenti studi.52 Nonostante questo, possiamo rilevare che studi

51 Su questo, occorre ricordare che i titoli vennero usati in larga scala come forma di pagamento dei soldati durante la guerra, e questo potrebbe far presupporre un interesse diffuso al loro finanziamento. Durante il periodo 1783-1787, tuttavia, la situazione di disagio economico nella quale si vennero a trovare le persone comuni che tornavano dai combattimenti costrinse molti a vendere questi titoli come unica fonte di sostentamento; gli acquirenti erano quasi sempre i ricchi proprietari, ed in questo modo la realtà della distribuzione dei titoli nel momento della stesura della Costituzione era quella di una concentrazione estrema in poche mani. Anche da questo punto di vista, siamo di fronte ad un superamento della divisione tra real e personal property.

52 Il riferimento è al testo che più di tutti si è speso, fino ad anni recenti, per confutare ‘tecnicamente’ l’opera di Beard, We the People: the Economic Origins of the Constitution, di Forrest McDonald, di cui si è dato brevemente conto in nota 34, alla quale si rimanda. Il testo provocò un’aspra polemica con Jackson Turner Main, che lo recensì su The Nation, June 13, 1959, pp. 538- 539. McDonald rispose l’anno successivo, si veda FORREST MCDONALD’S REBUTTAL, WMQ, 3rd. Ser., Vol. 17, No. 1, Jan. 1960, pp. 102-110. Nello stesso anno in cui uscì il testo di McDonald, Robert Thomas scrisse una critica a Beard basandosi sui dati della Convention della Virginia e partendo dall’osservazione che secondo Beard «i poveri erano generalmente Anti-Federalisti e i ricchi per la maggior parte Federalisti». Nel confutare Beard, Thomas rileva che nel caso della Virginia i dati da

accurati e recenti hanno dimostrato che, sebbene l’individuazione delle due semplici categorie sia una eccessiva semplificazione della situazione sociale ed economica del tempo, l’analisi di Beard pur avvalendosi di metodologie rozze e volendo aprire un campo di ricerca più che esaurirlo, era molto più aderente alla realtà di quanto i critici del secondo dopoguerra sostenessero; questi critici, inoltre, non svilupparono un modello economico in grado di poter smentire definitivamente le tesi beardiane, ma si limitarono a confutazioni parziali.53

Più importante è la critica mossa a Beard nei confronti del ruolo che egli dette allo schiavismo. Anche in questo caso, mi sembra che si possa sostenere che la grande mancanza di Beard consistette nel non riconoscere la specificità del sistema economico e sociale schiavista, che nella sua analisi veniva ad essere quasi totalmente schiacciato nella dicotomia real/personal property. Gli schiavi, al pari della terra, facevano parte per Beard della real property e così, sebbene come abbiamo visto egli avesse rilevato il comune interesse all’origine del patto costituzionale di Philadelphia, la peculiarità dello schiavismo svanisce nell’interpretazione dello scontro tra quelli che avrebbe successivamente definito «mondo agrario» e «mondo capitalista». È in un testo successivo e meno noto,

lui analizzati sono incompleti, ma «forniscono sufficienti prove che sia i leader Federalisti che Anti- Federalisti provenivano dalle stesse classi – schiavisti, grandi proprietari terrieri, ufficiali dell’esercito e ‘professional people’, in breve la gentry»; da questo Thomas conclude che «il conflitto fu esclusivamente sezionale». In realtà, i dati presentati da Thomas confermano soltanto