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La letteratura e ancor più il cinema di fantascienza sono popolati da creature e costrutti d’ogni sorta, tuttavia una specie sembra aver prevalso sulle altre: il terrore entomologico, l’incubo della coscienza collettiva, il bug-eyed monster. Istituiti inizialmente da Wells112, i mostri dagli occhi d’insetto si sono moltiplicati a dismisura, hanno invaso la Terra innumerevoli volte, sono diventati uno stereotipo (tanto da meritare una sigla: BEM) e si sono insediati stabilmente nell’immaginario popolare, a vantaggio dei detrattori della fantascienza ma anche dei critici alla ricerca di principî per attribuire giudizi di valore alle opere appartenenti a questo genere letterario113. Nella space opera, melodramma western trapiantato

the Perplexed, Bloomsbury Academic, London 2014; David Seed, Science Fiction: A Very Short Introduction, Oxford University Press 2011; R. Luckhurst, Science Fiction, Polity

Press, Cambridge 2005 e il già citato M. Bould e C Miéville (a cura di), Red planets. Marxism

and Science Fiction, Pluto Press, London 2009.

108 Cfr. Dorfles, Op. cit., p. 10.

109 Cfr. U. Eco, Sulla fantascienza, in Apocalittici e integrati. Comunicazioni di massa e

teorie della cultura di massa, Bompiani, Milano 2008, p. 371-372.

110 Cfr. Ferrini, Ideologia della fantascienza, cit., p. 19.

111 Cfr. S. Solmi, Prefazione a S. Solmi e C. Fruttero (a cura di), Op. cit., pp. XIII-XV.

112 Attraverso i racconti The Empire of Ants e The Valley of Spiders. Cfr. D. Suvin, Op. cit., p. 271.

113 Anche Primo Levi è consapevole del modello entomologico della fantascienza. Nel già citato Le farfalle, sostiene: “Se a un ipotetico zoologo esperto di uccelli e mammiferi ma

nello spazio profondo, la Monument Valley si tinge di viola o di verde, i banditi sono sostituiti da umanoidi cattivi mentre i BEM fanno le veci degli indiani114. Quando si vogliono riassumere in poche parole gli aspetti deteriori della science-fiction, mosconi e formiconi vengono spesso scelti quale incarnazione della fantascienza meno originale e meno consapevole delle proprie potenzialità115; eppure questi alieni, il cui nome evoca una particolare foggia dell’occhio, segnalano alcuni dei tratti più caratteristici della letteratura fantascientifica: il moltiplicarsi di suggestioni visive, il mutamento di prospettiva, il ribaltamento repentino dei punti di vista. Tale è anche la caratteristica principale di quelli che Todorov chiama “i temi dell’io” e che nella letteratura fantastica hanno il loro correlativo oggettivo negli occhiali e nello specchio116.

La fantascienza è uno scambio di sguardi, un alternarsi, e spesso un confondersi, di occhi alieni rivolti a ciò che è umano e di occhi umani rivolti a ciò che è alieno. La Sentinella del racconto di Fredric Brown guarda con disprezzo il nemico, “l’unica altra razza intelligente della Galassia... crudeli, schifosi, ripugnanti mostri”117 e attribuisce ad esso tutta la responsabilità

ignaro di insetti, si raccontasse che esistono centinaia di migliaia di specie animali che […] vivono in società estremamente complesse, e praticano la conservazione dei cibi, il controllo delle nascite, la schiavitù, le alleanze, le guerre, l’agricoltura e l’allevamento del bestiame; ebbene, questo improbabile zoologo si rifiuterebbe di credere. Direbbe che il modello-insetto viene dalla fantascienza” (AM, pp. 751-752).

114 Cfr. Amis, Op. cit., pp. 57-58.

115 “Non tutti coloro che si pasciono di libretti da due soldi, brulicanti di mostri bug-eyed, di galassie in frantumi, di meteoriti impazzite, s’accorgono di soddisfare non solo una brama di bassa e sadica potenza ma anche un’inconscia aspirazione a l riscatto dell’umanità dall’eccessivo meccanismo e dell’eccessiva sottomissione ad una tecnologia sfrenata e ottusa”. Così in Dorfles, Op. cit., p. 228.

116 Cfr. Todorov, Op. cit., Garzanti, Milano 1983, pp. 125-127.

117 F. Brown, Sentinella, in Solmi e Fruttero (a cura di), Op. cit., p. 63. Il racconto è stato scelto da Levi per l’antologia personale La ricerca delle radici. Lo commenta così: “Questo

della guerra. Mentre l’eroe si domanda se riuscirà mai a ritornare in patria, il nemico si fa avanti strisciando, il primo spara, ne ode il verso agghiacciante e ne può infine contemplare le spoglie prive di vita, rivelando il gioco dei punti di vista: “Erano creature troppo schifose, con solo due braccia e due gambe, quella pelle d’un bianco nauseante, e senza squame”118.

Il Villaggio incantato, rifugio marziano automatizzato uscito dalla penna di Van Vogt, ospita un astronauta terrestre che non può usufruire dei suoi servigi in quanto adatti a forme di vita autoctone. Quando finalmente il protagonista riesce a ottenere un pasto caldo e una doccia a lui congeniali, inconsapevole di ciò che è accaduto al suo corpo, crede di aver sfruttato le sue capacità scientifiche e tecnologiche – vertice dell’evoluzione culturale umana – per piegare la struttura al suo volere, mentre è stata l’evoluzione biologica, facilitata dal villaggio stesso, a consentirgli la sopravvivenza: “in un’estasi voluttuosa Jenner agitò la gran coda fremente e alzò il muso oblungo, lasciando che i deliziosi getti di vapore gli mondassero i denti aguzzi dalle impurità del cibo”119.

C. S. Lewis, autore di una trilogia fantascientifica di stampo teologico120, individua diversi tipi di fantascienza, ciascuno con le sue

racconto di esemplare concisione, che dobbiamo a Fredric Brown, uno dei più noti ed operosi scrittori americani di fantascienza, contiene un super-rovesciamento, è diventata «aliena» l’intera umanità. All’infuori del gioco intellettuale, esso contiene altre sostanze: la cicatrice della seconda guerra mondiale, l’incubo della terza, l’orrore della morte in battaglia, e potrei continuare se non rischiassi di scrivere un commento più lungo del testo”. Vd. RR, II, p. 1491.

118 Brown, Op. cit., p. 64.

119 A. E. Van Vogt, Villaggio incantato, in Solmi e Fruttero (a cura di), Op. cit., p. 41.

120 Trilogia composta dai romanzi Lontano dal pianeta silenzioso, Perelandra e

Quell’orribile forza. Il protagonista è un filologo che studia le religioni sui pianeti Venere e

motivazioni originarie. Uno di questi sottogeneri si basa sulla propensione ad applicare l’immaginazione visiva alle conoscenze scientifiche:

Quando apprendiamo dalle scienze la natura probabile di posti o condizioni che nessun essere umano ha mai sperimentato, si sviluppa, negli uomini normali, un impulso a tentare di immaginarli. Esiste forse un solo uomo che sia al tal punto un ottuso zoticone da poter guardare la luna attraverso un telescopio senza chiedersi come sarebbe passeggiare tra quelle montagne sotto quel cielo nero, affollato? Gli scienziati stessi, nel momento in cui vanno al di là delle affermazioni puramente matematiche, possono difficilmente evitare di descrivere i fatti nei termini del loro probabile effetto sui sensi di un osservatore umano121.

Ed è proprio nella “lezione americana” sulla visibilità che Calvino cita esplicitamente la sua produzione cosmicomica e ne individua l’origine nel rapporto dialettico tra coscienza (umana o non umana) ed esperienze e circostanze a cui l’umanità non ha la possibilità di accedere:

Il mio intento era dimostrare come il discorso per immagini tipico del mito possa nascere da qualsiasi terreno: anche dal linguaggio più lontano da ogni immagine visuale come quello della scienza d’oggi. Anche leggendo il più tecnico libro scientifico o il più astratto libro di filosofia si può incontrare una frase che inaspettatamente fa da stimolo alla fantasia figurale122.

121 C. S. Lewis, Della fantascienza, in A. Fattori (a cura di), L’immaginazione tecnologica.

Teorie della fantascienza, Liguori, Napoli 1980, pp. 57-58.

E poco dopo puntualizza:

la scienza m’interessa proprio nel mio sforzo per uscire da una conoscenza antropomorfa; ma nello stesso tempo sono convinto che la nostra immaginazione non può che essere antropomorfa; da ciò la mia scommessa di rappresentare antropomorficamente un universo in cui l’uomo non è mai esistito, anzi dove sembra estremamente improbabile che l’uomo possa mai esistere123.

E così Calvino decide di rispondere alla domanda che riprenderà anche Levi ne La ricerca delle radici, di fronte alla quale Giobbe ammutolisce124 e per farlo crea ex nihilo Qfwfq.