Nei Racconti del ‘58, soprattutto, appare indissolubile il legame tra natura e comportamento etico, ravvisabile nei molti personaggi in cui al grado di rispetto per l’ambiente, il paesaggio, gli animali corrisponde un determinato atteggiamento verso l’umano consorzio.30
29 S. Iovino, Filosofie dell'ambiente, cit., p. 76.
30 A proposito del rapporto tra rispetto dell’uomo e degli animali, vale la pena citare una riflessione di Calvino sull’estremismo, che, come sempre, ribalta i termini della domanda che gli viene posta. “La violenza non è un elemento necessario dell'estremismo. Direi che la non-violenza è una dottrina molto più estremista più rappresentativa dell'animo estremista, esige un rigore nell a visione del mondo e nel comportamento […]. Se penso a un estremista fino in fondo penso a Tolstoj, al Tolstoj anziano, «tolstojano», o a Gandhi, penso agli obiettori di coscienza, ai vegetariani, che se sono tali per una coerente visione del mondo sono gli estremisti più estremi. Anzi ogni opposizione al mondo ingiusto e crudele, portata alle ultime conseguenze, deve arrivare al rifiuto di mangiare carni d'animali. (L’estremismo, SS, I, p. 318). In un’ottica ancora più “estremista”, nella lezione americana sulla Leggerezza, Calvino descriverà l’atteggiamento di Cyrano, che “arriva a proclamare la fraternità degli uomini con i cavoli, e così immagina la protesta d’un cavolo che sta per essere tagliato: [...] [«Mio caro fratello uomo, che cosa ho fatto per meritare la morte? (...) Mi sollevo da terra, mi schiudo, stendo le braccia, ti offro i miei figli in seme e, per ricompensa della mia cortesia, tu mi fai tagliare la testa!»] Se pensiamo che questa perorazione per una vera fraternità universale è stata sc ritta quasi centocinquant’anni prima della Rivoluzione francese, vediamo come la lentezza della coscienza umana a
Quindi, se da un lato “in ogni presenza umana Marcovaldo riconosceva tristemente un fratello, come lui inchiodato anche in tempo di ferie a quel forno di cemento cotto e polveroso, dai debiti, dal peso della famiglia, dal salario scarso”,31 dall’altro, Quinto, deciso a intraprendere la sua speculazione edilizia “non aveva nessun desiderio di sentirsi tra amici, al contrario, il vero senso dei tempi era nello stare sul chi vive, con la pistola puntata, come – appunto – tra uomini d’affari, proprietari avveduti, imprenditori”.32 E ancora: “peccato che sua madre non l’intendesse questo rapporto di spontanea reciproca diffidenza che s’era subito instaurato tra il costruttore e loro, un vero rapporto tra gente che bada ai propri interessi, tra gente che sa il fatto suo”.33 Nella seconda parte della narrazione, dopo una sorta d’introduzione sociologica alla “civiltà del turismo”,34 la situazione precipita: il mostro di cemento viene innalzato, il denaro investito tarda a rientrare, la famiglia Anfossi perde ogni capacità di dialogo e di condivisione, il fallimento incombe come l’ombra dell’edificio di Caisotti sulla vita di Quinto.
A conferma della comune radice di questioni sociali (mancanza di empatia tra esseri umani, sperequazioni economiche...) e problematiche ambientali, si può citare anche La nuvola di smog. Il protagonista, senza nome, è, come nella Speculazione edilizia, un modesto intellettuale, che in questo caso si trova a lavorare in una grande città del nord – forse trasposizione di Torino o Milano – perennemente immersa in una cappa d’inquinamento. Il presidente onorario dell’EPAUCI (Ente per la
uscire dal suo parochialism antropocentrico può essere annullata in un istante dall’invenzione poetica" (SS, I, p. 649).
31 RR, I, p. 1109.
32 RR, I, p. 801.
33 RR, I, p. 790.
Purificazione dell’Atmosfera Urbana nei Centri Industriali), l’ingegner Cordà, lo nomina redattore della relativa rivista, “Purificazione”, e gli commissiona una serie di editoriali o articoli che possano, per mezzo di equilibrismi retorici,35 dar conto dei suoi inconciliabili ideali e giustificare la sua condotta di capitano d’industria. Ideali e condotta di cui a un certo punto, di fronte alla visione dall’alto della città, il protagonista avrà una lucida consapevolezza:
perché era l’ingegner Cordà il padrone dello smog, era lui che lo soffiava ininterrottamente sulla città, e l’EPAUCI era una creatura dello smog, nata dal bisogno di dare a chi lavorava per lo smog la speranza d’una vita che non fosse solo di smog, ma nello stesso tempo per celebrarne la potenza. [...] Il presidente, trasportato da uno dei suoi slanci d’ottimismo generale, andava tracciando le linee d’una città del futuro, con quartieri giardino, fabbriche circondate da aiole e specchi d’acqua, impianti di razzi che spazzavano dal cielo il fumo delle ciminiere. E indicava di là dai vetri, nel nulla di fuori, come se le cose che lui immaginava fossero già lì; io lo stavo a sentire non so se spaventato o ammirato, scoprendo come l’abile uomo d’industria e il visionario coesistessero in lui e avessero bisogno uno dell’altro.36
Fino ad allora, l’io narrante, conformemente allo spirito del suo lavoro editoriale, cerca di non prendere posizione, di non impegnarsi in prima persona per cambiare qualcosa, e dà per buono l’inquinamento
35 Cfr. RR, I, pp. 911-912.
atmosferico come un dato di natura,37 una forza impersonale sulle cui cause inconoscibili non si può intervenire e al quale bisogna quindi adeguarsi. Allo stesso disimpegno si conformano le sue relazioni sociali:
In quel ristorante io mi ci trovavo per caso, ero un cliente occasionale, magari avrei continuato ad andarci tutti i giorni per chissà quanto tempo, ma volevo sentirmi uno di passaggio, che oggi è qua domani là, se no mi dava ai nervi. […] Evitavo di discorrere con gli altri clienti, e anche di salutare, perché le conoscenze, si sa, a cominciarle è niente ma poi si resta legati.38
Ma tutti i personaggi de La nuvola di smog reagiscono in modo insufficiente al male che affligge la città, individuando ciascuno soluzioni surrogate, che si limitano ad affrontare il problema nella misura in cui esso tocca le proprie necessità individuali: la signora Margariti, di cui il protagonista è affittuario, si contenta di tenere il suo appartamento in condizioni perfette, senza neanche viverci;39 l’ingegner Cordà si pulisce la coscienza pubblicando «Purificazione» e vaneggiando sul futuro. Persino l’operaio e sindacalista Omar Basaluzzi, che pur tenta di descrivere la situazione in modo sistemico –
37 “Non sapevo vedere che il grigio, il misero che mi circondava, e cacciarmici dentro, non tanto come se vi fossi rassegnato, ma addirittura come se mi piacesse, perché ne traevo la conferma che la vita non poteva essere diversa” (RR, I, p. 985).
38 RR, I, p. 920.
39 RR, I, p. 906: “[…] le stanze adorne e continuamente spazzolate e incerate erano una specie di opera d'arte in cui lei riversava tutti i suoi sogni di bel lezza, e per coltivare la perfezione di quelle stanze si condannava a non viverci, a non entrarci mai come padrona ma solo come donna di fatica”.
Lo smog? Sì, so che Cordà vuol essere l’industriale moderno... Purificare l’atmosfera... Lo vada a raccontare ai suoi operai! Non sarà certo lui che la purifica... È questione di struttura sociale... Se riusciamo a cambiarla, risolveremo anche il problema dello smog. Noi, non loro.40
– lo fa più per un’esigenza personale che per una reale volontà di cambiamento. Che giungesse o meno il giorno della sua rivoluzione ecologica e sociale insieme “gli importava meno di quel che si potesse credere, perché quel che contava era la condotta della sua vita, che non doveva cambiare”.41
Qualcosa di simile avviene anche ne La formica argentina, dove tutti i personaggi sono impegnati a combattere, ciascuno in una battaglia personale, o meglio, di coppia, questa manifestazione entomologica del male di vivere, che pure costituisce al contempo la loro ragione di vita.42
40 RR, I, p. 937.
41 RR, I, p. 944. Nella seconda parte del romanzo, un nemico ancora più impalpabile e remoto si associa alla nuvola di smog: le radiazioni, possibile frutto di esperimenti atomici condotti in qualche parte distante del globo. Anche qui ciascuno si illude di correre ai ripari come può: la signora Margariti “parlava scioccamente dell'atomica per avvertirmi che anche quel mattino avrei dovuto prendere l'ombrello” (RR, I, p. 948), mentre il protagonista stesso racconta: “Feci un numero de «La Purificazione» in cui non c'era articolo che non parlasse della radioattività. Neanche questa volta ebbi seccatu re. Che non fosse letto però non era vero; leggere, leggevano, ma ormai per queste cose era nata una specie d'assuefazione, e anche se c'era scritto che la fine del genere umano era vicina, nessuno ci badava” (ibid.).
42 Cfr. RR, I, p. 458: “I nostri vicini usavano casa e giardino come un campo di battaglia […]. A uccidere le formiche pareva – se avevano mai tentato – che avessero ormai rinunciato, visto che i tentativi erano inutili: cercavano solo di sbarrar loro certi passaggi, di deviarle, di spaventarle o di tenerle a bada: era un labirinto sempre nuovo tracciato con disegni di sostanze diverse che essi preparavano giorno per giorno, un gioco in cui le formiche erano un elemento necessario”.
Essa ha gli stessi caratteri di cieco meccanicismo, di inarrestabile auto-organizzazione della nuvola di smog del racconto del ‘58, infatti gli insetti che imperversano sul paese dello zio Augusto non sono gli stessi esserini che la spietatezza fanciullesca di Pin nel Sentiero dei nidi di ragno o della sorella di Cosimo nel Barone rampante sottopongono a torture e supplizi, e Calvino si premura di informare i lettori che gli avvenimenti narrati non vanno inquadrati in una dinamica di crudeltà contro gli animali:
Davvero, se ora mi facevo tornare in mente le formiche dei paesi donde provenivamo, le vedevo come bestie ragguardevoli, creature di quelle che si possono toccare, smuovere, come i gatti, i conigli. Qui avevamo di fronte un nemico come la nebbia o la sabbia, contro cui la forza non vale.43
La formica argentina e la Nuvola di smog si concludono entrambe con un temporaneo sollievo, con una fugace immagine di pulizia, di un paesaggio naturale e antropico privo di insetti e di inquinamento, secondo la consueta dinamica della ricerca di ciò che non è inferno. Nel testo del ‘52, la coppia trasferitasi nel paesino funestato dalle formiche riesce per un istante a percepire l’ambiente investendolo di tutti i significati positivi che aveva per lo zio Augusto. Si dirige al porto, al mare, “Qui non c’è formiche”, “Si sta bene”;
L’acqua era calma, con appena uno scambiarsi continuo di colori, azzurro e nero, sempre più fitto quanto lontano. Io pensavo alle distanze d’acqua così, agli infiniti granelli di
43 RR, I, p. 456.
sabbia sottile giù nel fondo, dove la corrente posa gusci bianchi di conchiglie puliti dalle onde.44
Ne La nuvola di smog, anticipando una dinamica che diventerà quasi la regola nelle Cosmicomiche, è la controparte femminile, Claudia, ad mostrare al protagonista la possibilità di una modalità percettiva opposta alla sua,45 che gli consentirà, alla fine della narrazione, di intravvedere uno spiraglio di utopia – senza che il giudizio razionale glielo censuri – nel lavoro dei lavandai: “Mi rendevo conto che per la città quella era una specie di festa, perché tutti erano felici di dare via i panni segnati dal fumo e di riavere il candore del lino addosso, fosse pure per poco”;46 e ancora: “Non era molto, ma a me che non cercavo altro che immagini da tenere negli occhi, forse bastava”.47
Una certa parte della problematica ecologica nella letteratura calviniana – sicuramente i Racconti del ‘58, le Cosmicomiche e Palomar – si configura come ricerca di una possibile conciliazione o equilibrio tra estetica soggettivistica e oggettivistica dell’ambiente. Scrive Iovino:
L’estetica ambientale riconosce due principali orientamenti: quello soggettivistico e quello oggettivistico. L’orientamento soggettivistico, detto anche «engagement approach», è fondato sul coinvolgimento psicologico; esso esalta il contatto immediato, la partecipazione emotiva, il
44 RR, I, p. 482.
45 “Eravamo lì affacciati al muretto, io cingendole la vita, guardando i molteplici aspetti del paesaggio, subito preso da un bisogno di analisi, già scontento di me perché non disponevo d'una sufficiente nomenclatura dei luoghi e dei fenomeni naturali, lei pronta invece a trasformare le sensazioni in moti improvvisi d'umore, in espansioni, in cose dette che non c'entravano niente” (RR, I, p. 296).
46 RR, I, p. 950
piacere della reciproca fusione tra sentire umano e bellezza naturale[...]. L’orientamento oggettivistico è anche detto «cognitive approach» (cognitivismo): l’apprezzamento del valore estetico della natura deve essere guidato dalla conoscenza dell’oggetto esperito, dalle sue proprietà, origini, caratteristiche (ad esempio nella valutazione estetica di un ambiente alpino, è utile sapere che le ridotte dimensioni della flora rappresentano un adattamento alle condizioni climatiche e all’altitudine); ciò ci permette, perciò, di essere più sensibili alle qualità specifiche di quel tipo di paesaggio.48
Anche un’altra chiave di lettura dell’ecologia letteraria calviniana si sviluppa attorno a termini antitetici, coniati questi da Gregory Bateson in tempi non molto distanti da quelli in cui scriveva Calvino: si tratta di “saggezza sistemica” e “finalità cosciente”.
La prima consiste nel considerare ogni organismo vivente e ogni ambiente naturale come un sistema complesso, come una “vita ultraindividuale”,49 in modo, appunto, ecologico. La prospettiva sistemica
48 Iovino, Filosofie dell’ambiente, cit., p. 135
49 Tale è la definizione che Calvino dà alla ‘natura’, in opposizione alla finitezza della coscienza, in Natura e storia nel romanzo, saggio del 1958, SS, I, p. 30. Nelle stesse pagine, Calvino difende la sua scelta di mettere in evidenza il termine natura, per “correggere una limitazione di giudizio critico molto diffusa oggi, quella cioè che porta a definire la narrativa dell’Ottocento tout-court come romanzo sociale, che ha per tema la lotta o comunque i rapporti tra l’individuo e la società”, relegando così il rapporto io -natura alla poesia lirica (SS, I, p. 34). Si tratta questa di un’autentica operazione di ecologia letteraria, che ha tra i suoi obiettivi quello di “ricostruire, sulla base dei testi, l'immagine culturale della natura o del rapporto umanità/natura che l'autore traduce nella sua opera, conformandosi all'ideologia dominante del periodo storico in cui vive o distaccandosi da essa” (Iovino, Ecologia letteraria, cit., p. 17).
considera l’evoluzione (biologica o culturale) come l’adattamento di una specie all’ambiente in cui vive, in modo che ogni mutazione sia un co-adattamento di diverse specie e di queste alle condizioni ambientali e alle loro fisiologiche variazioni.
Quando si affida alla sola finalità cosciente, o coscienza finalizzata, l’essere umano – perché solo esso può farlo, ed è questo che lo distingue dagli altri animali – proietta sul mondo i rapporti logici di mera causalità concepiti dalla sua mente (rapporti che non sono mai una descrizione convincente di ciò che accade in natura) al fine di conseguire uno scopo. Si vede “come un autocrate dotato di potere assoluto su un universo fatto di fisica e chimica”, vuole indirizzare “i fenomeni biologici […] come i processi sperimentali in una provetta” e l’evoluzione gli appare come l’accumulo di “stratagemmi sempre più numerosi per controllare l’ambiente” ed egli stesso prevale su tutto ciò che è altro da sé, escogitando gli stratagemmi migliori.50
50 Cfr. G. Bateson, Finalità cosciente e natura, in Id., Steps to an ecology of mind, University of Chicago Press, Chicago 1972, tr. it. di G. Longo, Verso un'ecologia della mente, Adelphi, Milano 2013 (I ed. 1977), pp. 467-479. Bateson è, tra l’altro, uno dei precursori della memetica, quando si chiede, alcuni anni prima di Dawkins: “Come interagiscono le idee? Esiste una sorta di selezione naturale che determina la sopravvivenza di certe idee e l’estinzione o la morte di certe altre? Che tipo di legge economica limita il moltiplicarsi delle idee in una data regione della mente? Quali sono le condizioni necessarie per la stabilità (o la sopravvivenza) di sistemi o sottosistemi siffatti? Alcuni di questi problemi sono sfiorati in questi saggi, ma l'intento principale del libro è quello di sgombrare la strada affinché porre tali problemi acquisti significato” (La scienza della mente e
dell'ordine, in G. Bateson, Op. cit., p. 19). Lo stesso Bateson, infine, nel saggio Stile, grazia e informazione nell'arte primitiva, imposta solidamente una discussione critica su come
un’opera d’arte possa contribuire a rafforzare un memeplesso: “creando o contemplando quest'opera d'arte, quali miglioramenti in direzione della saggezza sistemica si potrebbero realizzare?” (p. 191). Cfr. anche Iovino, Ecologia letteraria, cit., p. 61.