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di Rita D’Amico

7.4. I contatti sociali e i luoghi d’incontro

Nella nostra ricerca non è stata utilizzata la Scala di Berry, ma nel que- stionario da noi costruito appositamente sono state inserite delle misure in- dirette dell’atteggiamento delle donne immigrate nei confronti sia delle a- micizie, sia di un insieme di attività sociali. A titolo di esempio, vediamo così che i contatti con gli altri sono stati misurati con domande del tipo “Ha occasioni di incontro con Italiani? Con connazionali? Con le altre comunità di immigrati?”, prevedendo risposte su una scala Likert da 1 (per niente) a 5 (moltissimo). È stato chiesto, inoltre, di indicare i luoghi in cui le donne si incontrano con le persone sopra menzionate ed è stata esplorata la dispo- nibilità di amicizie, dando due possibilità di scelta per indicare la nazionali- tà degli amici. Infine, è stato chiesto di indicare la nazionalità dei vicini di casa e la qualità dei rapporti con essi.

Passiamo ora ad esaminare i risultati ottenuti a partire dalle occasioni per comunicare con gli altri, ai luoghi in cui la comunicazione avviene, fino alle amicizie e alle attività del tempo libero.

Vediamo così che circa l’83% delle donne intervistate dichiara di trova- re occasioni in cui poter comunicare con gli altri nell’ambiente in cui risie- de, mentre solo una minoranza dichiara il contrario (17%). Ma con chi si incontrano per poter comunicare? Dal confronto tra le risposte medie si e- vince che esse si incontrano di più con gli Italiani che con i connazionali, anche se la differenza è minima, ma significativa da un punto di vista stati- stico (M = 3.10 e M = 2.78)15 e si incontrano molto meno con altre comuni-

tà di immigrati (M = 1.92).

Volendo fare un paragone con gli item utilizzati da Berry per misurare l’aspetto delle attività sociali e delle amicizie, parte integrante degli atteg- giamenti verso l’acculturazione, questi risultati suggeriscono che le donne del nostro campione esprimono un atteggiamento che sta a metà tra l’assimilazione e l’integrazione, dal momento che esse sembrano preferire maggiormente i contatti con gli Italiani, ma non rifiutano affatto i contatti con i propri connazionali.

Inoltre, dai risultati ottenuti emerge che il Paese di origine non influenza la frequentazione di nessuno dei gruppi sopra menzionati, mentre gli anni di permanenza in Italia influenzano la frequentazione degli Italiani: in ac- cordo con le aspettative, più lungo è il periodo trascorso in Italia, più le

immigrate si incontrano con gli autoctoni, un risultato confermato anche dall’analisi delle correlazioni (r = .15**)16.

Dall’analisi delle correlazioni abbiamo inoltre trovato che gli anni di studio sono associati positivamente sia con la frequentazione degli Italiani (r = .22**), sia con altre comunità di immigrati (r = .13*), mentre non è sta- ta trovata alcuna correlazione significativa con le frequentazioni di conna- zionali. Ciò vuol dire che al crescere degli anni di studio, cresce anche la rete sociale delle donne intervistate. Questo risultato non sorprende se pen- siamo che il livello di istruzione favorisce una migliore integrazione dei migranti, dal momento che consente loro di comprendere maggiormente la lingua, i valori, le norme, la storia e la cultura del Paese ospitante17.

A conferma di ciò, nella nostra ricerca è emerso anche che più è elevato il titolo di studio, più le intervistate dichiarano di aver trovato affinità tra il proprio Paese e l’Italia (r = .25**). Inoltre, un buon livello di istruzione può anche favorire una migliore occupazione lavorativa, con conseguente au- mento del reddito, un maggiore facilità di accesso alle informazioni e, in generale, delle condizioni di vita migliori. Inoltre, un buon livello di istru- zione precedente all’arrivo nel Paese ospitante può rendere pronti ad af- frontare l’esperienza migratoria con un senso di maggiore sicurezza perso- nale, contribuendo così al buon esito dell’esperienza.

Tuttavia, l’analisi delle interviste qualitative in primo luogo ha eviden- ziato che molte donne non riescono ad utilizzare la laurea o il diploma con- seguiti nel Paese di provenienza; in secondo luogo, ha messo in luce tutta la delusione, la frustrazione e insoddisfazione di sé e dell’esperienza migrato- ria che si accompagna al vedersi costretta ad accettare un lavoro non adatto al proprio livello culturale e alle competenze acquisite con la propria laurea. Che difficoltà ho incontrato? Innanzitutto, che non ho mai più trovato un lavoro come dentista. Dicono che la mia laurea non basta, non è sufficiente, che qui biso- gna studiare molti più anni, che devo tornare all’università per fare integrazione, oh, ma io il mio lavoro lo so fare, è lo stesso della Romania! Mi hanno proposto di fare solo assistente alla poltrona, mi hanno fatto fare una prova e poi hanno detto che non andavo bene, che non sapevo fare niente, perché qui stanno avanti con le tecniche. Da allora ci ho rinunciato, a lavorare, anche perché devo tenere la casa e 2 bambine, la casa è in periferia e non ho la macchina, a Bucarest non ce l’ha quasi nessuno, la macchina, soprattutto le donne, perciò devo prendere la patente, non so quando succederà. Per adesso sto a casa. Devo dire che mi è dispiaciuto molto che l’Italia non riconosce la mia laurea da dentista.

16 ** p < .001; * p < .05

17 Dion K.L., Dion K.K., Pak A.W., “Personality-based hardiness as a buffer for dis-

crimination-related stress in members of Toronto’s Chinese community”, Canadian Journal of Behavioral Science, 24, 4, 1992, pp. 517-536.

No, non sono soddisfatta della mia situazione in Italia perché non lavoro con il diploma che ho preso in Costa D’Avorio e per me questo è un insuccesso.

Ritornando alle frequentazioni, notiamo che i risultati quantitativi hanno mostrato che la religione professata influenza gli incontri con altre comunità di immigrati: le donne di religione islamica, più delle altre, ma soprattutto più delle donne di religione cattolica, si incontrano con altre comunità (p = .032).

E dove si incontrano tutte le donne del campione per poter comunicare? Come si nota dal graf. 2, le istituzioni pubbliche sono frequentate media- mente un po’ di più degli altri luoghi presi in considerazione nella nostra ricerca.

Graf. 2 – Luoghi d’incontro

Se poi consideriamo il criterio dell’origine, notiamo che esso ha un’influenza significativa su tutte le frequentazioni: le donne del Nord A- frica, più delle donne dell’Europa orientale e balcanica frequentano asso- ciazioni culturali, di volontariato e sindacali, mentre le donne del Sud Ame- rica frequentano le associazioni religiose e i partiti politici più delle donne dell’Europa orientale e balcanica. Viceversa, le istituzioni pubbliche sono più frequentate dalle donne dell’Europa Balcanica relativamente alle donne di origine diversa. Gli anni di permanenza in Italia influenzano solo la fre- quentazione di associazioni culturali e di volontariato: più numerosi sono gli anni, maggiore è la frequentazione, mentre la religione professata in- fluenza solo la frequentazione di associazioni religiose: sono le donne cat- toliche a frequentarle maggiormente rispetto alle musulmane18.

Ciò che sembra emergere, dunque, è che le donne del campione hanno una rete molto meno informale di scambi e di luoghi in cui incontrarsi con gli altri. Inoltre, le interviste in profondità ci hanno aiutato a comprendere i

18 Né i valori medi, né il test dell’ANOVA sono stati riportati per non appesantire il te-

motivi sottostanti questa tendenza. Innanzitutto, la maggior parte di esse è così impegnata nelle attività lavorative che alla fine della giornata ha po- chissimo tempo libero, che, generalmente, dedica alla famiglia, mentre solo la domenica qualche volta si incontra con gli amici. Inoltre, chi ha più pro- blemi economici da risolvere ha poco tempo libero da dedicare a sé, come ha dichiarato una donna di 57 anni:

noi siamo qui per lavorare e non c’è tempo per dedicare a se stessi e agli amici, perché in casa c’è anche molto da fare; e poi, non è un periodo buono per il lavoro e allora non usciamo anche per non spendere.

Inoltre, la frequentazione di associazioni di immigrati sembra essere scoraggiata da esperienze negative fatte da amici e parenti:

Ho cinque cugini a Londra che me lo hanno sconsigliato, uno di loro è stato ar- restato perché era andato in discoteca con immigrati conosciuti nell’associazione che avevano con loro della droga, è stato tre mesi in carcere e poi rimpatriato, ora non potrà più andare a Londra dopo averci vissuto per 10 anni. Una mia cugina ha subito un furto da una giamaicana che aveva cominciato a frequentare dopo averla conosciuta sempre all’associazione di immigrati.

Diversamente, le donne più giovani, soprattutto quelle che conoscono la lingua italiana bene e che sono in Italia da più anni, frequentano associa- zioni di volontariato come ad esempio la Caritas, svolgendo un ruolo di e- norme sostegno per i nuovi immigrati provenienti non solo dal proprio Pae- se d’origine, ma anche da altri Paesi, come racconta una giovane di 23 anni proveniente dall’Albania:

I miei amici sono quasi tutti Italiani e mi vogliono bene, con gli amici Albanesi si incontrano soprattutto i miei genitori. Un po’ li frequento anch’io, insieme ad altri stranieri quando faccio il volontariato per la Caritas. Sono disperati mi si ap- piccicano perché io mi sono integrata, per loro sono un modello da seguire.

Le amicizie. Passando alle amicizie in senso stretto, le partecipanti di- chiarano di avere amici nell’89% dei casi, di questi, come prima risposta l’85% dichiara di avere amici Italiani, il 14% connazionali e il 3% di altre nazioni, come seconda risposta il 65% dichiara di avere amici della propria nazione e il 35% di altre nazioni. L’anno di permanenza in Italia, l’origine e la religione non influenzano la frequentazione di amici, né la scelta di que- sti ultimi in base alla nazionalità. A parte ciò, anche le preferenze espresse relativamente agli amici stanno ad indicare un atteggiamento che sta a ca- vallo tra l’assimilazione e l’integrazione.

Il tempo libero. Dal graf. 3 si nota che la media delle intervistate durante il tempo libero quasi per niente frequenta un’associazione, va al cinema o

sta senza far nulla, mentre sembrano preferire maggiormente rimanere a ca- sa e in compagnia dei familiari.

Graf. 3 – Tempo libero

Tra l’altro, sono le donne che risiedono in Italia più a lungo a passare molto tempo con i familiari, a stare più con gli amici e a frequentare un’associazione rispetto a quante si sono insediate in Abruzzo più recente- mente.

Inoltre, sono le donne musulmane a trascorrere più tempo con la fami- glia rispetto alle altre donne e a stare a casa. Oltre a ciò, sono le più anzia- ne, che sono per lo più anche arrivate da più anni, a trascorrere il tempo li- bero in famiglia, mentre sono le più giovani a frequentare un po’ di più il bar19. Questo risultato è confermato da quanto detto da una donna di 60 an-

ni, colombiana:

[...] io sto molto in casa, non esco quasi mai, non lo so perché, ma non ho tempo, o forse ci siamo un po’ chiusi rispetto a fuori. [...] I miei figli si che hanno amici e escono, per loro è più facile, sono amici di scuola e di lavoro. Li abbiamo fatti studia- re per imparare la lingua e trovare lavoro e così, loro hanno solo amici Italiani.

Infine, anche l’origine ha un’influenza significativa sul tempo libero tra- scorso con la famiglia: sono le donne del Nord Africa (M = 4.26) a stare maggiormente in compagnia dei familiari rispetto alle altre, soprattutto ri- spetto a quelle dell’Europa orientale (M = 2.79).

Questi ultimi risultati evocano alcune considerazioni teoriche: con l’aumentare dei flussi migratori, aumenta anche la possibilità che le donne

19 Anche in questo caso i valori medi e i test statistici non sono stati riportati per non ap-

migranti non solo interagiscano con i membri della propria famiglia, ma anche con i propri connazionali, nonché con migranti di origine diversa. In questo modo, si creano delle vere e proprie reti relazionali nel Paese ospi- tante, favorite sia dall’esperienza di migrazione, sia dalla difficoltà a man- tenere i contatti con il Paese d’origine. Alla luce di queste considerazioni, sembrerebbe che le donne del Nord Africa nel nostro campione abbiano maggiori difficoltà nei contatti con il Paese di provenienza.

Inoltre, il dato della nostra ricerca secondo cui le donne di religione i- slamica trascorrono più tempo libero con i familiari è a sostegno del fatto che nei gruppi di migranti che non professano la religione cristiana, le reti di parentela risultano particolarmente importanti, tanto è vero che il suppor- to reciproco è per essi un obbligo morale e va dalla vita quotidiana, alle questioni economiche; in più, per essi il processo migratorio non è un com- pito individuale, ma un progetto che coinvolge l’intera famiglia20.