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di Lara Fontanella e Simone Di Zio

5. Gli aspetti socio-anagrafic

5.6. La situazione abitativa

Quantunque la letteratura sull’argomento segnali che la dimensione abi- tativa costituisce un fattore problematico nella quotidianità degli immigrati, legata com’è sia alla difficoltà del reperimento dell’alloggio, sia alla sua onerosità30, sia a situazioni di discriminazione, il profilo abitativo delle in- tervistate appare, nella maggioranza dei casi, stabile e, comunque, non par- ticolarmente critico. Il 18,6% è infatti proprietario della propria abitazione;

26 Questa situazione viene vissuta talora anche da chi, pur essendo di fede cattolica (ma

non padroneggiando la lingua italiana), segue le funzioni religiose sporadicamente, perché ascoltarle nella propria lingua è piuttosto difficile, come ha asserito, per esempio, un’intervistata cinese.

27 Una intervistata moldava di religione ortodossa ha precisato che non frequenta la

Chiesa di rito orientale, perché la domenica è impegnata con il lavoro: perciò in alternativa si reca nelle chiese cattoliche. Un’intervistata cubana si è invece espressa così: «credo in Gesù Cristo a modo mio. In Chiesa vada quando capita, a Natale, a Pasqua. Quando torno a Cuba vado alla “Madonna del cuore”, che è la più importante da noi, porto un grande ramo di fiori e lascio 100euro e le chiedo di continuare la vita che ho, non chiedo di più».

28 Berger P., La sacra volta, (1969), SugarCo, Milano, 1984, p. 120.

29 Una curiosità: le espressioni di laicità aumentano quanto più di abbassa l’età delle in-

tervistate. Le “guardiane” della tradizione religiosa sembrano, dunque, destinate ad opaciz- zarsi e scomparire.

30 Pur senza alcun intento giustificatorio nei confronti dei locatori, va detto a proposito

dei canoni “speciali”, spesso applicati agli inquilini immigrati,che attraverso questa pratica ci si ripara sia dalla morosità (evenienza piuttosto diffusa fra gli inquilini immigrati); sia da possibili carenze di manutenzione dell’alloggio; sia dall’eventuale «coinvolgimento della proprietà in situazioni conflittuali – per esempio in controversie di carattere legale – dovute alle “incompatibilità ambientali” degli inquilini». Cfr. Agustoni A., “Abitare e insediarsi”, in ISMU, Undicesimo Rapporto sulle migrazioni 2005, cit., p. 210.

il 10,5% dispone di un alloggio popolare31; il 54,7% è conduttore di appar-

tamento in affitto e il 13,7% abita nella casa del proprio datore di lavoro32.

Sono insignificanti dal punto di vista numerico le modalità abitative in co- munità e/o in case-famiglia (2%). Su questo argomento lo 0,6% non ha for- nito alcuna risposta. Sono rilevabili così tre tendenze prevalenti: quella co- stituita dalla realtà dei proprietari dell’alloggio in cui vivono; quella di co- loro che dispongono di contratti d’affitto e quella di coloro che vivono in situazioni di vulnerabilità abitativa33.

Ulteriori elementi sulla situazione alloggiativa precisano che le abita- zioni delle intervistate nel 49,7% dei casi sono situate nelle zone centrali dei comuni in cui abitano; il 33,3% dispone invece di un alloggio in perife- ria; il 15,0% vive in frazioni e il 2% in aperta campagna. Più della metà delle immigrate, dunque, suggerisce che il loro inserimento nel mercato a- bitativo è di tipo subordinato: ossia le soluzioni più accessibili per loro, ve- rosimilmente a causa dei costi elevati di locazione degli immobili e -non è da escludere- anche per motivi di discriminazione34, si trovano nelle aree

periferiche, nelle frazioni e talora in aperta campagna e, non è da escludere, che siano al di sotto dello standard usuale. Questa situazione è vissuta in particolare dalle immigrate dai Paesi balcanici (52,1%), dall’Europa orien- tale (52,6%) e dal Nord-Africa (56,5%).

31 La presenza delle intervistate negli alloggi di edilizia residenziale pubblica testimonia

l’ingresso della popolazione immigrata nel circuito delle politiche sociali locali per quanto riguarda i servizi essenziali di base.

32 Questa soluzione, che non di rado si accompagna ad espressioni di sfruttamento, indu-

ce al desiderio di poter disporre di una casa propria, come molte delle nostre interlocutrici hanno precisato. «Vorrei tanto una casa mia, perché abito con questa famiglia e faccio tutto per loro. Loro hanno una farmacia e faccio anche più ore di lavoro» (A. proveniente dal Ko- sovo).

33 Vivere presso il proprio datore di lavoro comporta una situazione di precarietà abitati-

va permanente.

34 Per esempio, una ricerca condotta in Italia, Spagna, Francia e Germania ha precisato

che «spesso il proprietario riceve pressioni dagli altri condomini/inquilini perché non affitti ad immigrati». Cfr. Lunaria e altri, Il mondo in casa mia, dicembre 2001 in Agustoni A., op. cit., p. 210. Una recente indagine sul disagio abitativo degli immigrati nelle regioni del Sud d’Italia ha rilevato che non poche agenzie immobiliari, per espressa richiesta dei proprietari, non affittano agli immigrati comunitari. Cfr. Alisei Cooperativa Sociale-Cidis Onlus-Clpac- Cles srl-Promidea soc.coop.-Solco s.r.l., Sotto la soglia. Indagine conoscitiva sul disagio abitativo degli immigrati presenti nell’Italia meridionale, Rapporto finale 2008, citato da Caritas/Migrantes, Immigrazione. Dossier Statistico 2009, XIX Rapporto, p. 183.

Tab. 10 – Area di provenienza e collocazione abitativa. Valori percentuali

Aree di provenienza centro città periferia frazione aperta campagna Totale

Europa occidentale 50,0 -- 25,0 25,0 100,0 Europa balcanica 47,9 32,3 18,2 1,6 100,0 Europa orientale 47,4 39,5 11,8 1,3 100,0 Nord Africa 43,5 43,5 8,7 4,3 100,0 Africa sub-sahariana 66,7 11,1 22,2 -- 100,0 Asia 66,6 20,0 6,7 6,7 100,0 America Latina 60,9 34,8 4,3 -- 100,0 Totale 49,7 33,3 15,0 2,0 100,0

È d’obbligo, tuttavia, precisare che anche coloro che abitano nelle zone centrali non di rado dispongono di alloggi vetusti, in cattivo stato di con- servazione, non più appetibili dagli autoctoni. In questo caso, la presenza degli immigrati ha permesso il reingresso sul mercato di abitazioni degra- date che ne erano uscite, e costituisce «una comoda “alternativa funzionale” alla riqualificazione di una parte del patrimonio immobiliare»35. Non va ta-

ciuto, pertanto, che per molti proprietari che offrono locazioni fuori merca- to, la presenza degli immigrati si è tradotta in un affare molto redditizio che ha permesso di affittare spazi impropri (seppur cambiati nella destinazione d’uso) e abitazioni ristrutturate per l’occasione, che si accompagnano «a dosi massicce di speculazione e di sfruttamento»36.

Comunque, nel collettivo esaminato la maggioranza delle intervistate si concentra in situazioni alloggiative di livello medio, cui fanno da contralta- re due frazioni più contenute, che si dividono ai due estremi tra soluzioni instabili o precarie e case di proprietà, secondo il modello abitativo a trotto- la37. A proposito dell’interesse degli immigrati per la proprietà della casa,

va precisato che questa attenzione è legata vuoi alle difficoltà di accesso del mercato abitativo38, vuoi alla voglia di inscriversi in situazioni di stabilità e

35 Agustoni A., op. cit., p. 209. 36 Camplone T., op. cit., p. 58.

37 Blangiardo G.C., La presenza straniera in Lombardia, in Rapporto 2005. Gli immi-

grati in Lombardia. Osservatorio Regionale per l’integrazione e la multietnicità, ISMU, Mi- lano, 2006, p. 83. La figura della “trottola” rappresenta bene sia la presenza di espressioni di integrazione per così dire mature (disporre di una casa propria o di un appartamento in affit- to è sinonimo di stabilità), sia parallelamente la condizione di fragilità e di sofferenza in cui versano quote consistenti di popolazione immigrata. Nel campione, la tipologia cosiddetta “a piramide” (ovvero le forme di convivenza di più persone e/o di più nuclei familiari) che probabilmente ha accompagnato i primi anni di permanenza delle immigrate in Abruzzo non è documentabile.

38 Per inciso: anche se la maggioranza degli immigrati in Italia non è senza casa, ciò

regolarità, vuoi al desiderio di emanciparsi da situazioni discriminanti e non di rado ricattatorie, vuoi al proposito di esibire un cartellino segnaletico di successo.

Tuttavia, il passaggio dalla condizione di inquilini a quella di proprietari è costellato da non pochi nodi critici. Il primo dei quali è senz’altro «costi- tuito dal rapporto con il sistema finanziario e dei mutui»39. Il mutuo a tasso

variabile costituisce, per esempio, una trappola che può mettere in ginoc- chio chi non dispone di congrui risparmi. È già accaduto che si debba la- sciare l’alloggio per il quale si era già cominciato a pagare il mutuo: non pochi immigrati acquistano, infatti, l’abitazione «senza avere prima cumu- lato il capitale necessario e divengono proprietari solo grazie all’erogazione di mutui a copertura totale del valore dell’abitazione di durata trentenna- le»40. Il secondo nodo critico poggia, invece, su un «relativo “analfabetismo

contrattuale” che può favorire esiti disastrosi, in particolare eventuali ano- malie nella compravendita e raggiri»41. Ci si può imbattere, per esempio, in

agenzie poco oneste che orientano gli immigrati a fare rogiti senza seguire i passaggi previsti dalla legge; oppure, dopo l’acquisto, ci si può trovare di fronte ad impreviste spese condominiali, oppure alla sorpresa di aver acqui- stato un alloggio gravato da ipoteca. È evidente, già da questi cenni, la de- bolezza nella carriera abitativa del soggetto immigrato. Di qui «la necessità di fornire strumenti di accompagnamento e controllo, sotto forma di varietà delle fonti informative e di coinvolgimento dei diversi attori legati alla compravendita dell’immobile»42, se si vuol sostenere il processo d’inseri-

mento e di stabilità dei cittadini stranieri.

Infine, sul piano della caratterizzazione dei proprietari, si rileva che fra le aree geografiche di provenienza il gruppo balcanico e quello proveniente dai Paesi est-europei sono i più inseriti nel mercato abitativo autonomo e di pro- prietà, a conferma del loro orientamento alla stabilizzazione sul territorio43.

L’uno e l’altro, tuttavia, registrano anche la più alta quota di stranieri in affit- to, nonché la più alta presenza negli alloggi di edilizia residenziale pubblica. Il che segnala che gli immigrati da entrambe queste macro-aree si muovono mostra particolare sofferenza in quelle aree in cui la crisi alloggiativa, quella lavorativa, la carenza di servizi, il degrado sociale moltiplicano le situazioni di disagio.

39 Agustoni A., Alietti A., Riniolo A.V., “Processi insediativi, regole per il mercato

dell’alloggio e strategie di governance: il progetto Radici”, in Vergani A., Locatelli F., Ri- niolo V. (a cura di), Tra inserimento sociale e sostenibilità dei flussi, ISMU, Milano, 2010.

40 Ponzo I., “L’acquisto di abitazioni da parte degli immigrati”, in Zincone G. (a cura

di), Immigrazione: segnali di integrazione. Sanità, scuola e casa, il Mulino, Bologna, 2009, p. 189.

41 Agustoni A., Alietti A., “Dimmi dove abiti e ti dirò che immigrato sei”, Libertàcivili,

5, 10, 2010, p. 78.

42 Idem, p. 79.

43 Le nazionalità in cui risulta più alta la diffusione della proprietà dell’abitazione sono

all’interno di gradi di interazione economica e sociale assai differenziati. In- fine, il ricorso alle soluzioni abitative in comunità e in case famiglia si segna- la associato in particolare alle nazionalità dell’Europa dell’Est; le quali, in- sieme con quelle balcaniche, registrano pure il numero più elevato di stranie- re che alloggiano nella casa del proprio datore di lavoro.

Tab. 11 – Area di provenienza e tipologia abitativa. Valori percentuali

Area di provenienza

casa

di proprietà in affit-casa to

casa

popolare comunità/casafamiglia datore di casa del lavoro Totale Europa occidentale 6,2 - - - - 100,0 Europa balcanica 57,9 64,9 47,2 14,3 31,9 100,0 Europa orientale 20,3 15,4 22,2 71,4 44,7 100,0 Nord Africa 1,6 6,4 13,9 14,3 8,5 100,0 Africa sub-sahariana 1,6 1,6 2,8 - 8,5 100,0 Asia 6,2 5,3 - - 2,1 100,0 America Latina 6,2 6,4 13,9 - 4,3 100,0 Totale 18,7 55,0 10,5 2,0 13,8 100,0