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CAPITOLO I L’economia della conoscenza

1.3 La Knwoledge Based Economy

1.3.3 I Knowledge Workers

I protagonisti del nuovo scenario appena descritto sono i Knowledge Workers35 o lavoratori della conoscenza, una nuova classe sociale dotata di elevate competenze specifiche ed una forte esperienza professionale, in continua formazione e aggiornamento. I Knowledge Workers sono i lavoratori che operano convertendo le informazioni in sapere, producendo conoscenza a mezzo di conoscenza, usando le proprie competenze e interagendo con i vari specialisti, aumentandone, non solo il valore sociale ma anche quello economico e intrinseco.

Questa nuova categoria si sviluppa insieme al proliferare delle aziende ad alto contenuto di conoscenza, laddove l’innovazione e la velocità di risposta diventano elementi caratterizzanti della produzione. Questo spostamento della domanda di lavoro ha generato due fenomeni: da un lato ad un aumento della stessa nei confronti dei lavoratori specializzati; dall’altro, crescenti diseguaglianze salariali nei confronti dei lavoratori meno qualificati i quali hanno visto ridurre i loro compensi in favore dei Knwoledge Workers.

Tuttavia essi sono anche la categoria di individui più difficile da definire e da dirigere e richiedono modalità di gestione differenti rispetto alla classe lavorativa tradizionale, i c.d. blue collar, dai quali si distinguono per obiettivi e prospettive differenti. Come afferma Drucker “il loro mestiere è quello di pensare, il che implica una complessità e una responsabilità mai riscontrati prima” ripresentandosi il problema relativo alla difficoltà di misurazione e valutazione circa i risultati prodotti. Questa situazione rappresenta proprio il loro punto debole.

Dal punto di vista organizzativo, ricoprono ruoli poco definiti ma detengono elevata autonomia nello svolgimento dei loro compiti, al fine di meglio fronteggiare le complessità delle varie situazioni elaborando soluzioni ad hoc. Producono output intangibili, quali servizi, innovazione, soluzioni e consulenze.

Possiamo raggrupparli principalmente in due categorie: i manager professionali e i tecnici.

35 Tale termine fu coniato da Drucker negli anni ’50 per descrivere l’emergere di una nuova classe di lavoratori. I lavoratori della conoscenza, a differenza di quanto accadeva nel periodo fordista, operano sui processi immateriali, l’input e output del processo produttivo è rappresentato proprio dalla conoscenza.

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I primi, sono figure con un alto livello formativo, svolgono ruoli di responsabilità e si occupano di trasmettere all’interno dell’organizzazione, le conoscenze e l’esperienza necessarie al raggiungimento degli obiettivi. Si tratta di imprenditori che, non solo gestiscono i processi innovativi ma immettono conoscenze rilevanti ed esperienza nelle strutture operative presidiandone il raggiungimento dei risultati, assumendosi responsabilità professionali verso l'organizzazione e verso la clientela. I secondi, invece, posseggono una formazione media a fronte di un’elevata esperienza pratica che gli consente di intervenire tempestivamente nella risoluzione delle problematiche anche attraverso l'uso di una specifica strumentazione. I knowledge workers posseggono competenze trasversali inerenti ai contesti nel quale si sviluppano, alle tecnologie utilizzate, alla natura dei processi di lavoro trattati e al modello di divisione del lavoro.

Emerge pertanto, l’unicità e il carattere multidisciplinare, non predicibile e non ripetitivo di ogni lavoratore, poiché fa riferimento alla creatività, alle idee, all’esperienza sia personale che acquisita. I compiti che vengono assegnati loro hanno degli obiettivi di lungo termine e data la complessità richiedono una collaborazione e comunicazione continua sia per incrementare le proprie conoscenze, il proprio set di competenze, sia per individuare le differenti soluzioni o opzioni ad un dato problema (Palmer, Todd, 2000).

La qualità della vita di questa enorme massa di lavoratori è molto variabile: retribuzione, orari di lavoro, sviluppo professionale e integrità psicologica sono spesso molto differenziati. In ogni caso essi vivono condizioni di lavoro nuove e in continuo cambiamento. L’identità professionale di molti di questi lavoratori è incerta: ha luogo per loro quella corrosion of character, quel depauperamento della personalità di cui parla Sennet: laureati sottoccupati, professional e tecnici precari, manager dalla situazione occupazionale instabile e oscillante fra professione e appartenenze.

Proprio a testimonianza della difficoltà gestionale di questa nuova figura lavorativa, O’Reilly & Pfeffer, notano che il tasso di abbandono dei top manager varia dal 40 all’80%. L’elevato turnover che caratterizza i knowledge worker si spiega in seguito principalmente all’incapacità di gestire il conflitto tra l’organizzazione e la professione ovvero tra la conoscenza, su cui l’azienda vorrebbe ottenere la proprietà esclusiva, e l’operato del soggetto in questione. Una ricerca del Chartered Institute of Personnel and Development36, ha mostrato che:

36Wagner W. G., Pfeffer J., O'Reilly C. A., (1984) “Organizational Demography and Turnover in Top- Management Group”, III Administrative Science Quarterly Vol. 29, No. 1, p.p. 74-92.

34 “le organizzazioni vorrebbero fare propria la conoscenza dei loro dipendenti e trasformarla in prodotti e servizi che generino profitti mentre i lavoratori della conoscenza vorrebbero tenerla per sé stessi per poterla scambiare anche in futuro” […] I datori di lavoro hanno l’esigenza di sviluppare conoscenze “organization-specific” mentre gli individui desiderano acquisire skill più facilmente trasferibili (CIPD, 2006)”.

Sempre secondo il CIPD per poter affrontare questo dilemma le aziende dovrebbero adottare un approccio che vada al di là del mero scambio economico (soldi in cambio di conoscenze specialistiche) e che sia volto a soddisfare le diverse identità di un lavoratore della conoscenza: quella professionale, quella organizzativa, quella di team e quella generata dal rapporto con i clienti.

Il knowledge worker è quindi un lavoratore indipendente che genera valore attraverso le idee, l’analisi continua delle esperienze passate, l’applicazione di conoscenze esperte e specialistiche alle differenti problematiche emergenti (Dove, 1998) e per raggiungere il suo obiettivo è immerso in una rete di relazioni: relazioni tra le organizzazioni, tra le persone che agiscono nelle diverse organizzazioni e i rapporti tra i propri desideri e gli obiettivi dell’organizzazione. Il network ideale del knowledge worker deve essere flessibile per certi aspetti e mostrare elementi di rigidità per altri. La fiducia è essenziale e permette di lavorare in maniera autonoma e indipendente, ma allo stesso tempo è necessario prendere in considerazione anche l’attività svolta dagli altri; l’atteggiamento deve essere improntato sia al soddisfacimento degli interessi personali, ma anche bilanciare e andare in contro alle esigenze dei membri della rete cui si appartiene. Possiamo riassumere quanto detto affermando che bisogna lavorare in comune per raggiungere obiettivi comuni.