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VEGETALI COLTIVATE FUORI SUOLO

3.5.1.3 I substrati Inorganic

Perlite, pomice e lapillo

Sono materiali lapidei di origine vulcanica, frutto di processi che ne determinano l’elevata porosità di origine naturale, nel caso di pomice e lapillo o artificiale nel caso della perlite.

Estremamente diffusi come substrati di coltura fuori suolo in serra, questi materiali hanno trovato largo impiego nel settore vivaistico in orticultura, sotto forma di racchi contenenti perlite al 100% o miscele con fibre di cocco al 50%, ed in floricoltura dove generalmente viene impiegata sfusa in vasi o in cabalette opportunamente miscelata a fibra di cocco.

L’impiego all’interno di soluzioni per la coltura di verde verticale per questo materiale avviene generalmente attraverso l’ultima delle modalità sopra descritte, inserito all’interno di appositi contenitori come nel caso del

sistema messo a punto e commercializzato in Italia dall’azienda Daku10

Le caratteristiche principali dei substrati inorganici di origine naturale sono le seguenti:

• Capacità di ritenzione idrica piuttosto moderata, specie se paragonata a quella delle torbe di sfagno, o delle fibre naturali. Per questo nelle applicazioni in verticale si presta particolarmente bene ad ospitare piante dalle limitate esigenze di apporti nutritivi o particolarmente sensibili alla formazione nel substrato ristagni idrici come le xerofite negli altri casi occorre provvedere ad integrarle attraverso l’impiego di materiali meno drenanti come torbe o fibre vegetali.

• Elevata porosità, in linea con i altri materiali di origine naturale come torbe e fibre, e di conseguenza buona capacità di ossigenazione degli apparati radicali delle piante.

• Materiali di origine naturale, ma che si caratterizzano per consumi di energia primaria estremamente diversificati tra loro. Nei casi di pomice e lapillo, l’origine interamente naturale dei materiali fa si che questo parametro risulti addirittura più baso rispetto a quelli visti

10 Si veda a tal proposito la scheda relativa

a tale prodotto all’interno del V° capitolo del presente studio

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per le fibre naturali, mentre i processi artificiali che danno origine alla porosità della perlite, incrementano di tanto i consumi energetici necessari a generarla, rendendola decisamente meno competitiva di altri materiali sul piano della sostenibilità ambientale.

• Facile reperibilità sul mercato. Non a caso tra i sistemi di rivestimento parietale risultano essere i materiali maggiormente impiegati (eguagliati solo dalla fibra di cocco) per la produzione di substrati di coltura in quota.

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Dettaglio di un campione di perlite (fonte Da:Dimauro B., Incrocci L., Malorgio F., Paradossi A., op. cit.)

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Dettaglio di un campione di pomice (fonte Da:Dimauro B., Incrocci L., Malorgio F., Paradossi A., op. cit.)

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3.5.1.4 Il Feltro

Il feltro non rientra propriamente tra quelli che i botanici sono soliti considerare materiali per la produzione di substrati di coltura, malgrado questo però la fortuna delle pareti vegetali create dall’estro e dalla sapienza di Blanc, hanno fatto si che un gran numero di produttori li prendessero in considerazione inserendolo di fatto all’interno dei loro sistemi di facciata. Il feltro sintetico presente infatti le caratteristiche ottimali per la coltivazione in quota delle piante epifite e semi-epifite impiegate dal botanico francese in contesti climatici secchi e caldi, non particolarmente adatti a queste specie:

• il feltro si distingue in primo luogo per l’elevato livello di ritenzione idrica, questo fa si che una volta imbevuto artificialmente d’acqua questo materiale generi una base umida indispensabile alla sopravvivenza delle specie epifite.

• La superficie e la consistenza fibrosa di questo materiale, fanno si che gli apparati radicali aerei delle specie epifite o eventualmente di

alcune piante tappezzanti11 possano farvi presa ed assicurarsi alla

parete verticale, come farebbero a ridosso di un albero nelle foreste pluviali di cui in molti casi sono originarie.

11 degli aspetti relativi alla scelta delle

componenti vegetali, si parlerà più approfonditamente nel corso del prossimo paragrafo del presente capitolo

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Tabella riassuntiva delle principali caratteristiche fisico-chimiche dei substrati più comunemente impiegati nelle tecniche di coltura fuori suolo.

(fonte Da:Dimauro B., Incrocci L., Malorgio F., Paradossi A., op. cit.)

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3.5.2 La scelta della componente vegetale

3.5.2.1 Definizione e classificazione

Nella pareti verdi continue, la componente vegetale coltivata in quota non gioca come nel caso dei rivestimenti eseguiti attraverso l’uso di piante rampicanti il ruolo di protagonista assoluto ai fini della buona riuscita dell’inverdimento, ma di fatto si trasforma nella finitura di una serie di sistemi di facciata stratificati.

La complessità dei processi di coltivazione fuori suolo richiede infatti grande cura nella selezione da parte dell’uomo delle tecnologie più appropriate alla costruzione di substrati di coltura artificiali e la progettazione di tali componenti esercita quindi un grande peso nel determinare le caratteristiche dei prodotti per l’inverdimento parietale ad oggi presenti sul mercato, ivi comprese quelle più utili al controllo microclimatico degli spazi costruiti, come del resto avremo modo di vedere più dettagliatamente nel corso dei prossimi capitoli.

L’introduzione di tecniche di coltura su substrato nella produzione di pareti naturalizzate, non ha comunque inciso minimamente sulla centralità formale e simbolica dalla componente vegetale nell’orientare la diffusione e lo sviluppo di tali tecnologie, la prospettiva di poter arricchire gli spazi costruiti ed abitati dall’uomo attraverso l’eccezionale varietà di forme, colori, ed odori propria degli organismi vegetali, continua inevitabilmente ad essere l’obiettivo principale per chi decide di investire nel rivestimento vegetale di un involucro edilizio, ed in quest’ottica gli scenari aperti dalla coltivazione in quota introducendo la possibilità di scegliere tra un’enorme varietà di specie di piante da impiegare nel rivestimento, non fanno che aumentarne l’importanza.

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Come nel caso delle pareti verdi coltivate in terra, le specie impiegate nel rivestimento dell’involucro edilizio devono offrire all’utenza garanzie di durata e resistenza alle azioni atmosferiche, sufficienti a ridurre al minimo la necessità di interventi di manutenzione, dovendo per di più rispondere ad una serie di requisiti decisamente nuovi, rispetto a quelli che storicamente hanno determinato la diffusione delle specie rampicanti nell’ambito del rivestimento parietale e dettati proprio dalla particolarità della condizioni in cui tali piante sono chiamate a sopravvivere e svilupparsi.

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Varietà di erbacee tappezzanti che caratterizzano le pareti di Blanc

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Volendo tentare una sintesi tra le caratteristiche che influiscono sulla scelta delle specie che ad oggi si trovano maggiormente impiegate all’interno delle pareti verdi continue, si può parlare di:

• Caratteristiche finalizzate alla resa estetica della parete

• Caratteristiche finalizzate a ridurre la necessità di cure e manutenzione della parete

• Caratteristiche finalizzate all’integrazione con le componenti artificiali della parete

Per quanto riguarda la resa estetica della parete, le piante impiegate dovrebbero possedere le caratteristiche di seguito elencate.

• Capacità di costituire superfici continue e compatte. Requisito funzionale a nascondete verso l’esterno della parete tutto l’insieme degli elementi artificiali finalizzati al sostegno ed al nutrimento (impianti di fertirricazione e substrato di coltura) spesso assai antiestetici ed ingombranti.

• Foglie perenni o sempreverdi. Se il manto vegetale deve costituire una finitura per l’involucro edilizio, è importante che mantenga quanto più inalterata nel corso del tempo la sua consistenza, in questo senso il fenomeno della perdita stagionale del manto fogliare costituisce una notevole criticità, senza contare che contrariamente a quanto visto per l’applicazione di specie rampicanti, la perdita delle foglie durante i mesi più freddi non comporterebbe in questo caso alcun effetto positivo sul piano dei guadagni termini per gli edifici rivestiti, dal momento che la presenza del substrato di coltura in quota continuerebbe a funzionare da filtro alle radiazioni solari. • Varietà di forme e colori. La ricchezza cromatica delle pareti

idroponiche create da Blanc è un fattore fondamentale al loro enorme successo mediatico e per questo la grande maggioranza dei produttori oggi attivi sul mercato dei sistemi per la costruzione di pareti verdi, hanno puntato sulla selezione di specie adatte a garantire una buona varietà di forme e colori. L’impatto estetico della parete può inoltre essere arricchito aggiungendo all’articolazione volumetrica gia di per se propria degli organismi

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vegetale anche la variabile della quarta dimensione (il tempo), attraverso lo sfruttamento dei processi stagionali di inflorescenza. A causa della difficoltà di accesso alle diverse parti delle superfici verdi applicate agli involucri degli edifici, in ragione del loro sviluppo lungo il piano verticale di facciata, è molto importante che (specialmente nel caso di superfici di notevole estensione) le piante scelte per l’inverdimento possiedano caratteristiche tali da limitare al massimo il carico di interventi manutentivi richiesti all’utenza per il loro mantenimento.

In particolare le caratteristiche emerse dall’analisi delle offerte ad oggi presenti sul mercato si possono articolare secondo i seguenti punti.

• Buona resistenza allo stress idrico. È importante che le piante impiegate lungo le pareti, se coltivate direttamente su substrati in quota possano resistere per periodi più o meno brevi in assenza di apporti idrici. Se infatti il substrato di coltura si trova direttamente applicato assieme alla pianta a ridosso delle chiusure verticali degli edifici si rende necessario il ricorso a sistemi di irrigazione automatizzati, e dunque solo fino ad un certo punto controllabili direttamente dagli utenti, diventa dunque necessario che la componente vegetale di facciata sia in grado di resistere a momentanee disfunzioni o guasti del sistema di irrigazione senza venirne eccessivamente danneggiata.

• Crescita contenuta degli apparati aerei. Foglie e getti delle specie impiegate su pareti verdi continue dovrebbero richiedere all’utenza una frequenza quanto più bassa possibile degli interventi di potatura, per via della difficoltà di eseguirli e dell’onerosità di dover

ricorrere all’acquisto o all’affitto di appositi macchinari13.

• Elevata resistenza al freddo. La crescita sul piano verticale delle specie in questione rende di fatto assai difficile il ricorso a dispositivi atti a garantirne la protezione dagli agenti atmosferici durante i mesi più freddi dell’anno ed è pertanto necessario garantire che tali piante siano in grado di adattarsi senza difficoltà al clima invernale del sito in cui ci si trovi ad operare.

12 ovvero alla prolungata scarsità di risorse

idriche a disposizione dell’apparato radicale

13 Per facciate sviluppate in alteza si

dovrebbe infatti ricorrere alla predisposizione di appositi sistemi di cavi e carrucole per il sostegno e la movimentazione sul piano di facciata del personale addetto alla manutenzione, se non ricorrere all’affitto mezzi dotati di bracci meccanici per assolvere allo stesso scopo come avviene comunemente per la manutenzione di facciate continue in vetro

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L’integrazione tra componenti vegetali e componenti artificiali rappresenta il nodo più delicato da risolvere nella progettazione dei sistemi di inverdimento parietale, fondati sul principio di coltivazione in quota.

La scelta oculata di materiali e soluzioni tecnologiche relative alla costruzione dei substrati gioca senza dubbio un ruolo di primaria importanza in questo senso, ma altrettanto fondamentale risulta la selezione di specie vegetali in grado di garantire le caratteristiche qui riportate.

• Peso ridotto. È molto importante nella selezione delle specie da coltivare sul piano di facciata che data la scarsa profondità dei substrati le piante presentino, a fronte di un discreto sviluppo della chioma sul piano di appoggio, una scarsa profondità del manto (generalmente contenuto tra 10 e 40 cm) ed una bassa incidenza degli apparati legnosi, allo scopo di non destabilizzare alla fine dello sviluppo, la stabilità statica del sistema a causa dell’eccessivo peso proprio.

• Crescita contenuta dell’apparato radicale. A causa dell’esigua quantità di spazio che caratterizza i substrati di coltura in quota è bene che le radici delle piante selezionate presentino uno sviluppo il più possibile contenuto in profondità. Tale caratteristica oltre che

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Foglie e fioritura di Sedum Acre, uno dei più diffusi in Italia, particolarmente apprezzato per il suo valore decorativo

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funzionale al buon adattamento della pianta alle stressanti condizioni proprie dalla coltura fuori suolo, serve a prevenire l’eventualità di interferenze tra apparato radicale ed involucro edilizio.

• Capacità di costituire in quota una superficie coesa e solidale alle strutture di sostegno. Se come abbiamo visto risulta sconsigliabile l’impiego in verticale di piante dall’apparato radicale troppo sviluppato, è invece assolutamente necessario che le radici delle specie selezionate, tendano a svilupparsi parallelamente al piano di coltura, attraverso l’impiego di organi come gli stoloni *(nota) comuni a tutte quelle specie dal portamento cespuglioso o strisciante comunemente impiegate per il rivestimento di estese superfici orizzontali (come prati o tappezzanti). L’importanza di questa caratteristica ai fini della stabilità dei sistemi verdi di facciata si deve al fatto che dall’inviluppo degli stoloni appartenenti a diverse piante che la compongono, nasce un piano vegetale unico e coeso, capace di resistere senza problemi, per quanto posto in verticale, alle sollecitazioni dovute all’azione degli agenti atmosferici ed al peso proprio. In alcuni prodotti attualmente disponibili sul mercato, la tenuta statica di manto e substrato di coltura (composto in questo caso da materiali non troppo coerenti come torba e fibra di cocco) risulta di fatto interamente delegata al fitto intreccio di apparati ipogei dei rivestimenti vegetali.

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In questa immagine si puo vedere l’estesione degli stoloni che determinano lo sviluppo e la diffusione dei tappeti erbosi, in questo caso in particolare si riporta un esemplare di Cynodon dactylon

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La necessità di fornire attraverso i propri prodotti manti vegetali, che possedessero almeno una parte delle suddette caratteristiche, ha orientato negli ultimi anni le scelte di un gran numero di produttori e vivaisti su alcune particolari categorie di piante.

Attraverso un’analisi delle specie proposte o suggerite dalle diverse aziende del settore è stato possibile individuare quattro categorie di specie vegetali.

Le piante all’interno di ciascuna delle suddette categorie presentano caratteristiche sufficientemente omogenee da poter essere trattate congiuntamente. Tale semplificazione è resa in questa sede indispensabile dato il numero potenzialmente elevatissimi di piante impiegabili nella costruzione di pareti vegetali continue (si pensi alle 177 diverse specie impiegare da Patrick Blanc in poche decine di metri quadrati di parete idroponica, realizzata per il Caffè Trussardi di Milano).

Le categorie individuate attraverso la presente ricerca, le cui principali caratteristiche e potenzialità verranno brevemente illustrate nel corso delle prossime pagine, si possono elencare come di seguito.

• Piante epifite

• Piante xerofite

• Piante tappezzanti

• Tappeti erbosi

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Parete verde composta da diverse specie di tappeti ermosi ed erbacee tappezzanti (fonte Olivieri M.)

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