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VEGETALI COLTIVATE FUORI SUOLO

3.5.1.2 I substrati organic

La torba

Si individuano come torbe quei materiali contenenti residui vegetativi più o

meno decomposti ed un contenuto di ceneri inferiore al 10% 9 .

Le torbe sono presenti in giacimenti naturali denominati torbiere, localizzati in divese aree della superficie terrestre, tra queste quelle più profonde possono avere fino a diecimila anni, mentre quelle più recenti e più comunemente impiegate per l’estrazione di materiale destinato alle colture derivano in genere da formazioni di circa mille anni.

Tra i numerosi sistemi di classificazione delle torbe, quello che risulta essere il più funzionale all’impiego agricolo, fa riferimento al loro grado di decomposizione.Si può dunque parlare di:

• sfagno o orba bionda, nel caso di materiale meno degradato e caratterizzato da colore chiaro, granulometria piuttosto incoerente per la presenza di fibre lunghe (foglioline e branche ancora riconoscibili) ed un elevata porosità

• torba nere, di colore per l’appunto scuro ed in cui, il grado di deterioramento degli organi vegetali che le compongono risulta decisamente più marcato

Tra queste tipologie, lo sfagno risulta di gran lunga il migliore per l’impiego agricolo, ed in particolare rappresenta ad oggi il materiale di partenza più utilizzato per la realizzazione di substrati, per gli impianti in serra, ma anche (e di conseguenza) nell’ambito delle tecnologie per la creazione di pareti vegetali continue e questo per una serie di caratteristiche estremamente interessanti che ne hanno determinato nel giro di pochi anni la notevole diffusione commerciale.

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9 Da:Dimauro B., Incrocci L., Malorgio F.,

Dottorato di ricerca in Tecnologia dell’Architettura – XXII° Ciclo Michele Olivieri

In particolare le torbe bionde si distinguono per le seguenti caratteristiche fisiche e chimiche:

• relativa omogeneità e buona stabilità strutturale, che come abbiamo visto costituiscono la premessa indispensabile a che i substrati possano nel tempo conservare il più possibile inalterate le loro caratteristiche fisiche

• elevata ritenzione idrica. Il comportamento della torba in relazione all’acqua per via delle sue qualità chimiche ma soprattutto morfologiche è la principale causa della sua diffusione come materiale per la produzione di substrati di coltura.

Specialmente per la torba che risulti poco degradata infatti, foglioline e branche espletano in maniera ottimale la funzione di contenimento nei confronti dell’acqua, mentre per torbe in più avanzato stato di decomposizione aumenta anche il degrado delle strutture fogliari con il conseguente peggioramento in termini di ritenzione

• buona aerazione, caratteristica direttamente legata all’elevata porosità delle torbe, che nel caso siano di sfagno possono raggiungere valori decisamente elevati superiori al 90% ed un basso grado di restringimento. Con questo valore si indica la diminuzione di volume che avviene nella torba in seguito all’evaporazione dei liquidi in essa riversati e risulta proporzionale al suo grado di decomposizione, per cui in torbe di sfagno si aggira su valori dell’ordine del 25%, che possono arrivare invece a toccare il 45% nel caso delle torbe nere

• valore di pH attorno a 3, ma che si presta con facilità ad essere corretto e modificato a seconda delle differenti esigenze colturali • Limitato apporto di elementi nutritivi. La caratteristica di

rappresentare un ambiente chimicamente il più neutro possibile decisamente importante per quanto riguarda i substrati di coltura realizzati con materiali organici poiché in questo modo non si provoca la necessità di alterare di volta in volta i piani di concimazione prestabiliti

Variabili tecnologiche delle superfici vegetali applicate all’involucro edilizio – Coltivazione fuori suolo

Sul piano della reperibilità emerge però un’importante criticità legata all’impiego di torba in grandi quantità, poiché rappresenta una risorsa in pratica non rinnovabile (i tempi della sua formazione lo abbiamo visto all’imizio del presente paragrafo variano generalmente tra i mille ed i diecimila anni) e la cui estrazione richiede tra l’altro la devastazione di zone umide, popolate da flora e fauna selvatiche e sembra pertanto destinata ad essere fatta oggetto di norme atte a moderarne l’entità.

Tale fattore, assieme agli elevati valori di ritenzione idrica che la caratterizzano, fanno si che la torba si trovi oggi sempre più spesso miscelata con componenti come pomice o fibre di cocco per migliorarne il drenaggio e che nel tempo (specialmente per quanto riguarda le fibre di cocco come vedremo di seguito) cominciano sempre prù spesso ad esserle preferite.

Fibra di cocco o di Kenaf

Il cocco grazie alle sue naturali qualità chimiche e fisiche ed alla sua eco- compatibilità, rappresenta oggi la più valida alternativa nel campo della produzione di substrati di coltura con materiali di origine organica.

Per questo il suo utilizzo un ambito agricolo è in costante aumento e lo si ritrova spesso impiegato nella composizione; integrale o in miscela con altri materiali, di substrati per la coltivazione in verticale di manti vagatali e secondo le seguenti modalità:

• in forma di tessuto fibroso • in forma di torba di fibra

Le qualità naturali del cocco più importanti ai fini del suo successo commerciale sono:

• Eccellente bagnabilità, ovvero elevata capacità di stabilire una volta entrata in contatto con una massa liquida una situazione di equilibrio nella quale la risultante dalle interazioni molecolari tra le varie interfacce coinvolte è tale da garantire la stabilità della struttura.

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• Questa caratteristica, fondamentale per assicurare la stabilità fisica e strutturale dei substrati composti attraverso l’impiego di fibre vegetali, raggiunge nel caso della fibra di cocco, valori ancora superiori a quelli gia elevati caratteristici delle torbe bionde

• Elevata capacità di ritenzione idrica, sia pure generalmente inferiore a quella delle torbe di sfagno, ragione per la quale i due materiali si trovano sovente miscelati nella composizione di miscele finalizzate alla coltura.

• Ottima porosità, con conseguenti vantaggi in fatto di ossigenazione degli apparati radicali, anche in questo caso come per la bagnabilità le prestazioni della fibra di cocco risultano superiori a quella di numerose torbe presenti sul mercato

• Materiale al 100% organico e biodegradabile, caratteristiche destinate a rivestire nei prossimi anni una sempre maggiore importanza tanto nel settore agricolo, quanto in quello delle costruzioni, se si pensa al crescente peso della valutazione del Life

Cycle Assessment (LCA, ovvero valutazione del ciclo di vita) nella

scelta di ogni singolo componente degli edifici

• Facile reperibilità ed ecocompatibilità. Il cocco rappresenta realmente una risorsa rinnovabile, infatti contrariamente a quanto avviene per la torba che richiede come abbiamo visto una serie di operazioni di estrazione ad elevato impatto ambientale, nel caso del cocco si utilizzano dei frutti che nelle zone di provenienza come India e Sri Lanka sono disponibili in grandissima abbondanza,

generando fino a tre raccolti l’anno 10.

• Se in passato i prodotti ottenuti in questo modo potevano poi presentare l’inconveniente di un’eccessiva eterogeneità di caratteristiche fisico-chimiche perché sostanzialmente derivati dall’impiego di materiale di scarto risultato da altre lavorazioni industriali, la qualità delle fibre attualmente impiegate in molti prodotti risulta oggi decisamente migliorata potendo contare su equilibrate miscele di fibre lunghe, medie e corte che rendono stabili nel tempo le caratteristiche fisiche di questo materiale.

10 Da:Dimauro B., Incrocci L., Malorgio F.,

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Unici nei, relativi all’impiego della fibra di cocco, sono anch’essi riconducibili all’origine naturale di questo prodotto, e riguardano:

• La necessita di trattare e sterilizzare adeguatamente il materiale prima del suo impiego commerciale per tutelarsi contro la possibile presenza di elementi indesiderati come semi di piante infestanti, funghi, insetti o sostanze patogene

• La presenza di Sali solubili dovuti alla presenza di sodio

Le caratteristiche sin qui descritte si possono in linea di principi estendere in forma più o meno ridotta anche ad altre fibre naturali tra cui quella di canapa e quella di Kenaf. Quest’ultimo in particolare per le sue ottime caratteristiche di stabilità strutturale e durevolezza è sovente impiegato nella produzione di prato a zolle o a rotoli, ha trovato recentemente posto anche in alcune applicazioni destinate alla creazione di verde in verticale. il Kenaf (Hibiscus Cannabinus) appartiene alla famiglia delle Malvacee ed è una pianta annuale a crescita molto rapida, ha origini probabilmente africane ed è oggi coltivata in varie parti del mondo, tra cui Europa ed America. Si sta lentamente diffondendo anche nel nostro paese, grazie alle buone proprietà di adattamento.

Inoltre, pur essendo un “parente stretto” della più nota canapa con la quale condivide una notevole semplicità in termini di coltivazione e successiva lavorazione; non presenta varietà coltivabili per la produzione di sostanze stupefacenti, eliminando così la possibilità di spiacevoli “disavventure” a cui sono spesso andati incontro i coltivatori legali di canapa per usi industriali. Anche il ciclo vitale del kenaf è rapido e permette raccolti abbondanti (cresce mediamente di circa 4 metri in 120 giorni), rappresentando un materiale altamente rinnovabile.

Relativamente alla necessità di sviluppare miscele che integrino le migliori caratteristiche dei diversi materiali organici adatti alla costruzione di substrati di coltura per pareti verticali, esistono alcune recenti esperienze condotte anche da produttori nazionali che risultano particolarmente significative.

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È il caso di alcuni prodotti per l’applicazione parietale di manti erbosi per i quali si era in prima battuta previsto l’impiego di semplice torba per la diffusione della formula nutritiva prevista per le varie specie, mentre la stabilità strutturale del sistema si delegava al vigoroso sviluppo radicale dai manti erbosi ingabbiato da moduli congiuntamente al substrato terroso akll’interno di moduli di sostegno in plastica appositamente forato e sagomato.

Nei fatti però la fragilità dimostrata dal sistema in fase sperimentale rispetto al rischio di ipossia radicale causata in talune specie dall’eccesso di ritenzione idrica del sistema formato da sottofondo in torba ed elementi di sostegno, hanno spinto progettisti e botanici impegnati nello sviluppo dei suddetti prodotti ad optare per una miscela di torba e fibra di cocco al fine di ridurre il valore di ritenzione idrica del substrato di coltura, migliorandone allo stesso tempo il drenaggio.

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Dettaglio di un campione di torba bionda, o sfagno, si noti la presenza di fibre di grandi dimensioni

(fonte Da:Dimauro B., Incrocci L., Malorgio F., Paradossi A., op. cit.)

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Immagine 17

Dettaglio di un campione di fibra di cocco (fonte Da:Dimauro B., Incrocci L., Malorgio F., Paradossi A., op. cit.)

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