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VEGETALI COLTIVATE FUORI SUOLO

3.5.2.2 Le piante epifite

Note anche come piante aeree, sono diffuse soprattutto all’interno di foreste tropicali o subtrpicali e presentano la caratteristica (estremamente interessante ai fini della costruzione di un muro vegetale) di vivere e crescere completamente svincolate dal suolo.

Il termine epifita riferito alle specie vegetali in questione, deriva dal greco

epi sopra e phyton pianta, è infatti comune per tali specie, di cui fanno

parte anche felci, licheni e muschi svilupparsi a ridosso di altre piante, sfruttandone la struttura legnosa come supporto alla propria crescita, ma senza di fatto trarre da queste alcun tipo di nutrimento (non sono piante parassite).

Le piante epifite presentano un funzionamento organico assolutamente peculiare, utilizzando le radici aeree di cui sono munite principalmente per ancorarsi alla pianta o alle superfici che le sostengono senza però impiegarle (salvo rari casi come i muschi) per nutrirsi.

La captazione dei nutrienti necessari alla sopravvivenza delle piante, avviene invece direttamente attraverso lo sfruttamento dell’umidità ambientale (pioggia, rugiada, nebbia), per mezzo di appositi apparati

assorbenti, i tricomi14 , presenti sulla superficie delle foglie, ed è

convinzione diffusa che lo sviluppo di tale modalità di nutrimento sia dovuta alla necessità di captare una quantità di luce necessaria alla sopravvivenza delle piante, all’interno di contesti estremamente ombreggiati come nel caso della fitta vegetazione delle foreste pluviali tropicali.

L’impiego di specie epifite, o semi epifite, è divenuto piuttosto frequente soprattutto nel campo della sperimentazione d’avanguardia architettonica, come nel caso delle ricche composizioni di specie tropicali che caratterizzano le pareti progettate da Blanc, o di altri interessanti esperimenti condotti ad esempio attraverso l’impiego di felci, come nella casa R&Sie(n) recentemente realizzata in Francia da una equipe di giovani architetti (Roche,Lavaux e Navarro).

14 Tricomi o peli. Comprendono tutte le

strutture costituite da una o più cellule che si proiettano al di fuori del piano dell'epidermide; possono avere funzione protettiva (peli di rivestimento) oppure produrre sostanze di vario tipo

Dottorato di ricerca in Tecnologia dell’Architettura – XXII° Ciclo Michele Olivieri

Nonostante l’interesse suscitato da tali sperimentazioni però, la maggior parte dei produttori ha scelto di optare per l’impiego gi specie diverse, dotate di apparati radicali parzialmente ipogei (dotate di stoloni). Secondo i dati ed i pareri raccolti nel corso del presente lavoro si può affermare che l’origine del moderato utilizzo di specie epifite tra i prodotti disponibili per l’inverdimento parietale risiede almeno in due fattori:

• Il fatto che molti produttori di superfici verdi verticale vengano da esperienze legate alla produzione di giardini pensili ed abbiano generalmente tentato di trasferire sul piano di facciata specie vegetali e tecnologie derivate dalla produzione di coperture verdi estensive, come nel caso dell’impiego di sedum e manti erbosi. • Le difficoltà riscontrate nel corso di alcune esperienze progettuali

nell’adattamento al nostro clima temperato di alcune specie epifite di origine tropicale. Queste piante infatti necessitano di condizioni ambientali non sempre facili da riprodurre sul nostro territorio, necessitando di un’elevata temperatura dell’aria (sempre al di sopra dei 10°C) e di un alto tasso di umidità ambientale, oltre ad una buona quantità di luce, risultando sofferenti rispetto al clima estivo caldo e secco di molte delle nostre città.

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Parete verde realizzata da Patrick Blanc a Milano per la vetrina del Caffè Trussardi (fonte Olivieri M.)

Variabili tecnologiche delle superfici vegetali applicate all’involucro edilizio – Coltivazione fuori suolo

Va inoltre ricordato in questa sede che le specie epifite, traendo il nutrimento ad esse necessario direttamente dall’aria, risultano estremamente sensibili alle condizioni di inquinamento atmosferico del contesto all’interno in cui vengono inserite, tanto da venire spesso impiegate come bioindicatori dei cambiamenti apportati dai fattori inquinanti ai loro ecosistemi di appartenenza.

Dal punto di vista dei vantaggi che l’impiego di tali specie può comportare sul piano del controllo di edifici e spazi aperti, va rivelato che:

• I sistemi che prevedono l’impiego di specie epifite, pur necessitando della creazione di un piano di substrato continuo a ridosso della facciata (generalmente costituito da tasche ricavate all’interno di fogli di feltro), l’esiguo spessore del suddetto substrato, ne limita l’efficacia nel moderare l’entità de flussi di calore in entrata ed in uscita dalla parete, con ripercussioni che ci si può attendere essere maggiormente evidenti durante il periodo invernale, per via della minore inerzia termica del substrato (che tra l’altro ha bisogno di essere mantenuto umido anche nei mesi più freddi).

• L’esigenza di un elevato tasso di umidità ambientale, che richiede

per altro un importante dispendio idrico15 fa si che l’impiego di

specie epifite, specie se combinato alla creazione di filtri vegetale per l’ombreggiamento del suolo, presenti ottime potenzialità in termini di controllo della temperatura e dell’umidità dell’aria in regime estivo, anche se come gia accennato occorre avere cura in caso di esposizione in pieno sole in zone dal clima caldo e secco, che ad aumenti di temperatura corrispondano anche incrementi dell’umidità ambientale, se necessario sottoponendo le piante a periodiche spruzzature di acqua nebulizzata, o mantenendo

costantemente bagnato il substrato di coltura

.

15 per molte specie epifite è necessario

annaffiare almeno una volta al giorno durante il periodo vegetativo (anche due se fa molto caldo), utilizzando se possibile acqua non calcarea, meglio se piovana; in inverno è sufficiente tenere appena umido il substrato

Dottorato di ricerca in Tecnologia dell’Architettura – XXII° Ciclo Michele Olivieri