• Non ci sono risultati.

2. I TIPI DI FRASE PRINCIPALE

2.3. IL TIPO IUSSIVO

2.3.1. Iussive dirette

2.3.1.1. I tipi di azione richiesta

Per quanto riguarda il contenuto della richiesta d'azione espressa dalle frasi iussive dirette, i discorsi dei personaggi dei tre regni oltremondani dimostrano alcuni tratti di omogeneità. In tutte e tre le cantiche, infatti, la grande maggioranza delle iussive è rivolta a Dante e ha principalmente tre scopi da un punto di vista pragmatico: sollecitare Dante a parlare o ad ascoltare; richiamare la sua attenzione (visiva o intellettiva) su una certa realtà; esprimere inviti o ordini rispetto all'andare di Dante.105

102Borgato, Gianluigi; Salvi, Giampaolo. Il tipo iussivo. In: GGIC, vol. 3, P. 152.

103Sono state considerate iussive dirette anche quelle in cui l'esecutore designato non coincida

con il soggetto del predicato.

104Salvi, Giampaolo; Borgato, Gianluigi. Il tipo iussivo, P. 154.

105Si è detto che questi tre tipi sono molto frequenti in tutte e tre le cantiche, ma ciascuna

cantica ha il suo tipo prevalente: nell'Inferno sono più frequenti le iussive che invitano Dante a parlare o ad ascoltare; nel Purgatorio sono particolarmente numerose le iussive relative all'andare del pellegrino, mentre nel Paradiso sono prevalenti gli inviti a osservare o ad

Si prendano in esame alcuni esempi relativi alla prima tipologia: Ma perché di tal vista tu non godi,

se mai sarai di fuor da' luoghi bui, apri li orecchi al mio annunzio, e odi. (If XXIV 140-142)

«Deh, non contendere a l'asciutta scabbia che mi scolora», pregava, «la pelle, né a difetto di carne ch'io abbia; ma dimmi il ver di te, dì chi son quelle due anime che là ti fanno scorta; non rimaner che tu non mi favelle!». (Pg XXIII 49-54)

Comincia dunque; e dì ove s'appunta l'anima tua, e fa ragion che sia la vista in te smarrita e non defunta: (Pd XXVI 7-9)

Si noti che nella seconda iussiva del passo purgatoriale e in quella pronunciata da san Giovanni, il verbo dire all'imperativo ha una funzione che si potrebbe definire di introduzione;106 esso infatti non esprime un generico invito a parlare, ma funziona

piuttosto da introduttore di un atto di domanda: se si sostituisse il modulo imperativo + interrogativa indiretta con un'interrogativa diretta, il senso rimarrebbe lo stesso. Lo scopo di questa formula pare dunque quello di rafforzare l'atto di domanda, ponendo l'accento sul desiderio che il parlante ha di ricevere una risposta.107

Per quanto riguarda le iussive che hanno come scopo quello di invitare Dante ad apprendere qualcosa, con gli occhi o con la mente, esse si realizzano con predicati come vedere, guardare, sapere e affini:

In somma sappi che tutti fur cherci e litterati grandi e di gran fama, d'un peccato medesmo al mondo lerci. (If XV 106-108)

Com' ei parlava, e Sordello a sé il trasse dicendo: «Vedi là 'l nostro avversaro»; e drizzò il dito perché 'n là guardasse. (Pg VIII 94-96)

apprendere qualcosa.

106Cfr. Brambilla Ageno, Franca. Imperativo. In: ED, Appendice, P. 267.

107In entrambi i passi, tra l'altro, l'insistenza sul desiderio che Dante risponda è data anche

E 'l santo sene: «Acciò che tu assommi perfettamente», disse, «il tuo cammino, a che priego e amor santo mandommi, vola con li occhi per questo giardino;108

ché veder lui t'acconcerà lo sguardo più al montar per lo raggio divino. (Pd XXXI 94-99)

L'imperativo sappi contenuto nel primo esempio costituisce, spesso preceduto da or, un altro modulo molto utilizzato nei discorsi diretti. Anch'esso, come l'imperativo dimmi, può essere definito pleonastico109 poiché non aggiunge nulla al senso della completiva

seguente. Mi sembra dunque che possa essere inteso come una formula volta a mantenere viva l'attenzione dell'interlocutore e che sia da considerare come un espediente per conferire maggiore realismo alle parti mimetiche.110

Il terzo tipo pragmatico, quello con cui le anime danno a Dante suggerimenti o ordini relativi al suo andare, comprende inviti a sostare o a procedere nel cammino e indicazioni su come proseguire:

Venian ver' noi, e ciascuna gridava: «Sòstati tu ch'a l'abito ne sembri essere alcun di nostra terra prava». (If XVI 7-9)

com' io vidi un che dicea: «S'a voi piace montare in sù, qui si convien dar volta; quinci si va chi vuole andar per pace». (Pg XXIV 139-141)

I tre tipi di azione richiesta fin qui delineati hanno due caratteristiche in comune: innanzitutto sono strettamente legati al contesto dell'enunciazione, al momento presente dell'incontro. Inoltre sono tutti volti a richiamare Dante agli scopi principali della sua visita nell'aldilà: la comunicazione con le anime; la conoscenza dello status animarum post mortem e dell'ordine ultraterreno; il fine ultimo del viaggio, cioè la visione della perfezione divina. Sono rare le richieste d'azione immediata di altra natura rivolte a Dante:

Ma distendi oggimai in qua la mano; aprimi li occhi». E io non gliel' apersi;

108L'espressione vola con li occhi esemplifica bene la grande varietà formale con cui l'azione

del guardare è designata nel Paradiso.

109Brambilla Ageno, Franca. Imperativo, P. 267.

110Un'analoga funzione assume spesso l'imperativo vedi seguito da completiva: E io a lui: «S'i'

vegno, non rimango; // ma tu chi se', che sì se' fatto brutto?». // Rispuose: «Vedi che son un che piango». (If VIII 34-36).

e cortesia fu lui esser villano. (If XXXIII 148-150)

Ed elli a noi: «O anime che giunte siete a veder lo strazio disonesto c'ha le mie fronde sì da me disgiunte, raccoglietele al piè del tristo cesto. (If XIII 139-142)

Ci sono poi degli ordini e delle richieste che Dante è chiamato ad assolvere una volta che sarà tornato nel mondo terreno. In questo caso i comportamenti dei personaggi dei tre regni si differenziano significativamente in relazione alle diverse condizioni e alle diverse aspettative che dannati, penitenti e beati hanno. Nell'Inferno alcuni dannati chiedono a Dante di portare tra i vivi notizia dell'incontro avuto, spesso con spirito delatorio o con intento profetico:

«Va via», rispuose, «e ciò che tu vuoi conta; ma non tacer, se tu di qua entro eschi, di quel ch'ebbe or così la lingua pronta. (If XXXII 112-114)

«Or dì a fra Dolcin dunque che s'armi, tu che forse vedra' il sole in breve, s'ello non vuol qui tosto seguitarmi, (If XXVIII 55-57)

Nel Purgatorio sono molto numerosi i personaggi che chiedono a Dante di portare notizia di loro ai vivi o di ricordare ai congiunti di pregare per loro. La frequenza di tale tipo di richieste è da connettere al fatto che i penitenti sono gli unici che continuano ad avere un certo scambio con il mondo terreno: le preghiere dei vivi, infatti, possono abbreviare il loro periodo di penitenza.

Ciò ovviamente non accade nel regno della perfetta beatitudine, in cui le azioni che Dante è chiamato a compiere una volta tornato nel mondo terreno riguardano tutte il destino del poeta stesso, come nel caso della missione universale di cui Dante è investito da Cacciaguida:

Ma nondimen, rimossa ogne menzogna, tutta tua visïon fa manifesta;

e lascia pur grattar dov' è la rogna. (Pd XVII 127-129)111

Per concludere la rassegna dei tipi di azione richiesti tramite le frasi iussive, si

prendano in considerazione gli ordini, le esortazioni, le preghiere che non sono rivolte a Dante. Anche i questo caso i discorsi dei personaggi delle tre cantiche si differenziano. Nell'Inferno sono frequenti ordini che i dannati si danno l'un l'altro:

Ei chinavan li raffi e «Vuo' che 'l tocchi», diceva l'un con l'altro, «in sul groppone?». E rispondien: «Sì, fa che gliel' accocchi». (If XXI 100-102)112

oppure invocazioni e imprecazioni di vario tipo: Quel dinanzi: «Or accorri, accorri, morte!». (If XIII 118)

Nel Purgatorio le iussive non rivolte a Dante ricorrono soprattutto nelle preghiere, e dunque sono rivolte a Dio o alla Vergine:

«O Padre nostro, che ne' cieli stai, non circunscritto, ma per più amore ch'ai primi effetti di là sù tu hai, laudato sia 'l tuo nome e 'l tuo valore da ogne creatura, com' è degno di render grazie al tuo dolce vapore. (Pg XI 1-6)

ma sono anche molto frequenti negli exempla pronunciati da voci incorporee, scolpiti nel marmo delle pareti o pronunciati dagli stessi penitenti:

ultimamente ci si grida: "Crasso, dilci, che 'l sai: di che sapore è l'oro?". (Pg XX 116-117)

Nel Paradiso questo tipo di iussive si trovano nelle preghiere: Vinca tua guardia i movimenti umani:

vedi Beatrice con quanti beati

per li miei prieghi ti chiudon le mani!». (Pd XXXIII 37-39)113

oppure veicolano insegnamenti rivolti ai viventi: Non sien le genti, ancor, troppo sicure

a giudicar, sì come quei che stima

112La lingua dei diavoli, tra l'altro, è particolarmente densa di espressioni iussive, forse per

sottolineare la rozzezza e la violenza di questi personaggi.

113Ageno considera la frase come ottativa, in virtù del suo carattere di invocazione (cfr.

Brambilla Ageno, Franca. Congiuntivo, P. 235), anche se la stessa studiosa reputa spesso poco netta la distinzione tra la preghiera e l'esortazione. Qui si è deciso, concordemente con Sara Gigli, di considerarla una iussiva, poiché esprime una richiesta d'azione.

le biade in campo pria che sien mature; (Pd XIII 130-132)