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5. I TIPI DI FRASE SUBORDINATA

5.3. LA SUBORDINAZIONE CIRCOSTANZIALE

5.3.1. Le subordinate del gruppo causale

5.3.1.4. Ipotetiche

Il periodo ipotetico o costrutto condizionale comporta la correlazione tra due membri: una protasi (condizione) subordinata e un'apodosi (conseguenza) sovraordinata. Si può dunque affermare che questo costrutto è affine a quello causale, in quanto esprime una causa nella subordinata e un effetto nella reggente. Tuttavia, mentre nel costrutto causale generalmente entrambi i membri si collocano sul piano della realtà, i componenti del periodo ipotetico esprimono di norma fatti virtuali: un'ipotesi e un fatto il cui verificarsi è condizionato dalla realizzazione di tale ipotesi.

Nei discorsi diretti delle anime della Commedia, la deviazione rispetto a questo schema logico di base è assai rilevante. Infatti sono numerosi sia i casi in cui l'apodosi esprime volontà, intenzione, ordine o consiglio, comportando la mancanza o l'attenuazione del rapporto logico tra i due membri, sia i casi in cui la protasi all'indicativo partecipa della natura di una proposizione di altro tipo o addirittura sta invece in questa.328 Si ricordino, a questo proposito, le proposizioni causali e le frasi

completive introdotte da se.329

Riporto nella seguente tabella le occorrenze relative alle combinazioni possibili tra protasi e apodosi, in base ai modi del predicato:

Apodosi al condizionale Apodosi all'indicativo Apodosi iussiva / esclamativa / interrogativa TOT If Pg Pd If Pg Pd If Pg Pd Protasi al congiuntivo 7 11 15 3 4 3 1 2 46 Protasi all'indicativo 15 23 25 20 19 7 109 Protasi implicita 1 3 4 TOT 7 11 15 19 27 31 21 19 9 159

A proposito dell'uso dei modi nel periodo ipotetico, è necessario ricordare che

328Brambilla Ageno, Franca. Periodo ipotetico. In: ED, Appendice, P. 408-409. 329Cfr. supra §§ 5.1.1., 5.1.3, 5.3.1.1.2.

utilizzando l'opposizione tra la concordanza all'indicativo e quella al congiuntivo- condizionale all'interno di un periodo ipotetico il parlante indica i diversi gradi di «probabilità» per i contenuti proposizionali di protasi e apodosi: l'uso dell'indicativo ne segnala la «possibile verità», quello del congiuntivo-condizionale la «possibile falsità» o la «sicura falsità», nel caso dei costrutti controfattuali.330 Nel prossimo paragrafo si

avrà modo di constatare che nei discorsi delle anime dell'oltretomba dantesco solo una piccola parte delle protasi ha un valore logico propriamente condizionale o ipotetico ed esprime un atteggiamento di reale incertezza da parte del parlante.

5.3.1.4.1. Protasi all'indicativo

Come si può notare dai dati sopra esposti, la maggior parte dei costrutti condizionali presenti nel corpus ha la protasi all'indicativo. Si è già anticipato che spesso in questa forma la protasi assume, in modo più o meno marcato, altre connotazioni logiche, che di seguito esaminerò una ad una, anche se è necessario premettere che molto spesso varie sfumature di significato si sovrappongono.

Nei discorsi delle anime della Commedia è assai frequente il caso in cui la protasi all'indicativo è di tipo fraseologico. Questa tipologia si dà nelle circostanze in cui il parlante preferisce all'enunciazione diretta un giro retorico che segue lo schema 'se si considera x, bisogna necessariamente concludere y':331

Ben te ne puoi accorger per li volti e anche per le voci püerili,

se tu li guardi bene e se li ascolti. (If XXXII 46-48)

Se disïassimo esser più superne, foran discordi li nostri disiri

dal voler di colui che qui ne cerne; che vedrai non capere in questi giri, s'essere in carità è qui necesse, e se la sua natura ben rimiri. (Pd III )73-78

Come si nota dagli esempi, quando la protasi è di tipo fraseologico, entrambi i membri del costrutto hanno come predicato un verbum sentiendi, coniugato alla medesima persona. Il secondo passo è inoltre esemplificativo del fatto che questo modulo retorico è spesso utilizzato, soprattutto nei discorsi dei beati, per dimostrare verità generali. Si

330Mazzoleni, Marco. Ipotetiche, P. 756-757.

noti a questo proposito il rigore sillogistico e la complessità retorica del passo tratto dal discorso di Piccarda Donati: in primo luogo viene espressa, attraverso un costrutto controfattuale, l'impossibilità che i beati desiderino godere di una maggiore beatitudine; successivamente, il contenuto dell'apodosi del primo periodo ipotetico, di cui già si è compresa la sicura falsità, viene esplicitamente negato dall'apodosi del secondo periodo ipotetico, che a sua volta regge una protasi dal valore nettamente causale (s'essere in carità è qui necesse), il cui contenuto è sicuramente vero, e una protasi fraseologica che chiama in causa le conoscenze dell'ascoltatore, come ulteriore prova della verità del contenuto dell'apodosi.

Dagli esempi esaminati si può dedurre che la protasi di tipo fraseologico non comporta mai un rapporto propriamente ipotetico o condizionale tra i due membri del costrutto: infatti il contenuto dell'apodosi è sempre sicuramente vero, mentre la protasi esprime piuttosto un invito che il parlante rivolge all'ascoltatore (cioè quasi sempre a Dante) affinché riconosca la verità di quella realtà.

Di tipo retorico sono anche le protasi all'indicativo che, spesso rette da un'apodosi iussiva, interrogativa o esclamativa, si configurano quasi come un inciso, in cui la formula ipotetica è un espediente attenuativo, volto ad esprimere un atteggiamento di cortesia del parlante, piuttosto che una vera e propria ipotesi. Il legame logico con l’apodosi ne risulta molto affievolito:

Questo io a lui; ed elli a me: «S'io posso mostrarti un vero, a quel che tu dimandi terrai lo viso come tien lo dosso. (Pd VIII 94-96)

«O gloria di Latin», disse, «per cui mostrò ciò che potea la lingua nostra, o pregio etterno del loco ond' io fui, qual merito o qual grazia mi ti mostra? S'io son d'udir le tue parole degno,

dimmi se vien d'inferno, e di qual chiostra». (Pg VII 16-21)

Talvolta, in dipendenza da apodosi iussiva, la protasi esprime anche altri atteggiamenti, come l'ironia o la sfida:

Sol si ritorni per la folle strada: pruovi, se sa; ché tu qui rimarrai, che li ha' iscorta sì buia contrada». (If VIII 91-93)

Espressioni come questa, osserva Ageno, oscillano tra un significato preciso, più o meno importante nel contesto, e la meccanicità della formula.332

È opportuno notare che, come dimostrano i passi sopra riportati, in dipendenza di apodosi volitiva (specialmente all'imperativo) o con un predicato performativo alla prima persona del presente indicativo, manca per lo più un legame logico rigoroso ed evidente tra protasi e apodosi. Infatti un ordine o un'azione verbale sono già un fatto nel momento stesso in cui sono pronunciati e dunque sono una realtà che non ammette condizioni sul suo verificarsi.

Frequentemente la protasi all'indicativo assume anche un valore causale, quando il se potrebbe essere parafrasato con poiché, siccome:

e dir: «Se tu se' sire de la villa del cui nome ne' dèi fu tanta lite, e onde ogne scïenza disfavilla, vendica te di quelle braccia ardite ch'abbracciar nostra figlia, o Pisistràto». (Pg XV 97-101)

«Se la veduta etterna li dislego», rispuose Stazio, «là dove tu sie, discolpi me non potert' io far nego». (Pg XXV 31-33)

Si noti nuovamente che spesso, come accade negli esempi citati, la protasi non esprime una possibile verità, ma una sicura verità: nel primo passo, infatti, Pisistrato è certamente il signore di Atene e l'uso del costrutto ipotetico, invece di quello causale, sembra indice di un atteggiamento di sfida; anche nel secondo passo il contenuto della protasi è certamente vero, poiché esprime proprio ciò che Stazio si sta accingendo a fare, e la preferenza della formula ipotetica ha fini attenuativi e di cortesia.

Talvolta la protasi, nei discorsi dei penitenti e dei beati, assume un valore temporale e l'introduttore se è parafrasabile con quando, ogni volta che:

Oh vana gloria de l'umane posse! com' poco verde in su la cima dura, se non è giunta da l'etati grosse! (Pg XI 91-93)

Non per lo mondo, per cui mo s'affanna di retro ad Ostïense e a Taddeo, ma per amor de la verace manna

in picciol tempo gran dottor si feo; tal che si mise a circüir la vigna che tosto imbianca, se 'l vignaio è reo. (Pd XII 82-87)

Come si deduce dagli esempi, questa formula esprime una concatenazione di fatti che 'suole' verificarsi, che ha luogo tutte le volte che si verifica l'ipotesi333 ed è per questo

particolarmente indicata per esprimere sentenze di carattere generale.

La presenza della negazione spesso comporta un valore eccettuativo. In passi come i seguenti, infatti, è possibile parafrasare il se come a meno che non:

Quando s'appressano o son, tutto è vano nostro intelletto; e s'altri non ci apporta, nulla sapem di vostro stato umano. (If X 103-105)

Ed elli: «Or va; che 'l sol non si ricorca sette volte nel letto che 'l Montone con tutti e quattro i piè cuopre e inforca, che cotesta cortese oppinïone

ti fia chiavata in mezzo de la testa con maggior chiovi che d'altrui sermone, se corso di giudicio non s'arresta». (Pg VIII 133-139)

I due passi esemplificano due modalità di realizzazione della protasi eccettuativa: nel primo caso l'uso di una formula con doppia negazione (non ci apporta/nulla sapem) è funzionale a sottolineare l'eccezionalità del fatto espresso nella protasi. Si mantiene tuttavia intatto lo schema logico condizione-conseguenza. Nel secondo passo, invece, in cui solo la protasi è negativa, il valore eccettuativo è più marcato, poiché la protasi esprime una circostanza che, se realizzata, impedirebbe la realizzazione del fatto espresso nell'apodosi.

Un altro valore, assai raro nel corpus, assunto dalla protasi all’indicativo è quello concessivo. Questo si ha per effetto della negazione nell’apodosi,334 quando la

subordinata esprime un fatto, il cui verificarsi è considerato poco probabile, nonostante il quale il parlante vuole che si verifichi quanto espresso nella sovraordinata:

Faccian le bestie fiesolane strame di lor medesme, e non tocchin la pianta, s'alcuna surge ancora in lor letame,

333Brambilla Ageno, Franca. Periodo ipotetico, P. 409. 334Ibidem.

in cui riviva la sementa santa

di que' Roman che vi rimaser quando fu fatto il nido di malizia tanta». (If XV 73-78)

Anche in questo caso, ciò che è rilevante non è tanto il grado di probabilità che il parlante attribuisce alla realizzazione del contenuto della protasi: la forma concessiva- ipotetica ha prioritariamente lo scopo retorico di esprimere l'atteggiamento polemico del parlante.

Infine la protasi all'indicativo può assumere un valore propriamente ipotetico (quando il se è parafrasabile con se è vero che) o condizionale (quando il se è parafrasabile con a condizione che). Riporto di seguito due esempi rispettivamente del primo e del secondo tipo:

Ma se donna del ciel ti move e regge, come tu di', non c'è mestier lusinghe: bastisi ben che per lei mi richegge. (Pg I 91-93)

Oh beata Ungheria, se non si lascia più malmenare! e beata Navarra, se s'armasse del monte che la fascia! (Pd XIX 142-144)

In questi casi, la presenza dell'indicativo indica che il parlante ritiene probabile il verificarsi del fatto espresso nella protasi. Ciò risulta ben evidente dal secondo passo, in cui si trovano due frasi con una struttura analoga, ad eccezione del modo del predicato della protasi; tale struttura è funzionale a sottolineare la diversità dei destini che l'aquila immagina probabili (e i fatti le daranno ragione) per l'Ungheria e per la Navarra: per la prima, si ritiene probabile che non si lasc(i) più malmenare, mentre per la seconda si ritiene poco probabile che si arm(i) del monte che la fascia.

Come si è già avuto modo di notare in questo paragrafo, spesso i parlanti esprimono in forma ipotetica fatti sulla cui realizzazione non esiste una reale incertezza. Ciò accade spesso quando la protasi assume altre sfumature circostanziali, ma può accadere anche quando essa ha un valore più propriamente ipotetico o condizionale. Si osservi ad esempio il seguente passo in cui il se potrebbe essere parafrasato con a condizione che:

La quinta luce, ch'è tra noi più bella, spira di tale amor, che tutto 'l mondo là giù ne gola di saper novella:

entro v'è l'alta mente u' sì profondo saver fu messo, che, se 'l vero è vero, a veder tanto non surse il secondo. (Pd X 109-114)

La tautologia, che gioca sulla polisemia della parola vero, in quanto il Vero per antonomasia è la Scrittura, non lascia ombra di dubbio sul fatto che il contenuto della protasi sia dato per certo dal parlante.

All'interno del corpus, i costrutti ipotetici mediante i quali il parlante manifesta un reale atteggiamento epistemico di incertezza, non a caso, riguardano Dante e il suo viaggio oltremondano e compaiono, quasi senza eccezione, nei discorsi dei dannati e dei penitenti, mentre sono rarissimi in quelli dei beati. Se ne vedano alcuni esempi:

E cheggioti, per quel che tu più brami, se mai calchi la terra di Toscana, che a' miei propinqui tu ben mi rinfami. (Pg XIII 148-150)

Se tu pur mo in questo mondo cieco caduto se' di quella dolce terra latina ond' io mia colpa tutta reco,

dimmi se Romagnuoli han pace o guerra; (If XXVII 25-27)

E quelli: «Ei son tra l'anime più nere; diverse colpe giù li grava al fondo: se tanto scendi, là i potrai vedere. (If VI 85-87)

Ed elli a me: «Se tu segui tua stella, non puoi fallire a glorïoso porto, se ben m'accorsi ne la vita bella; (If XV 55-57)

I passi riportati sono esempio di una tipologia di periodo ipotetico abbastanza diffusa nel corpus, in particolare nei discorsi dei dannati, in cui la protasi ha un predicato alla seconda persona e i due membri del costrutto sono collocati nel presente immediato o nel futuro.

La varia fenomenologia dei costrutti ipotetici mi sembra uno dei punti più significativi in cui la sintassi dei discorsi diretti riflette la particolare condizione dei parlanti: la vita terrena è ormai un ciclo concluso e nell’oltretomba c’è ben poco spazio per le incertezze poiché tutto è già stato stabilito da una legge rigida e immutabile. Persino il futuro costituisce raramente occasione di ipotesi: infatti nei discorsi delle anime

dell'aldilà il futuro compare sempre nell’ambito di profezie che si danno per certe. L’unico adito all’incertezza è dato dall’agire di una creatura ancora vivente, la quale, pur nei limiti che il disegno provvidenziale ha tracciato, ha ancora un certo arbitrio, che rende i suoi pensieri e i suoi atteggiamenti ancora imprevedibili.

5.3.1.4.2. Protasi al congiuntivo

Dei 46 costrutti ipotetici che hanno il congiuntivo nella protasi, in 10 il predicato è al congiuntivo piuccheperfetto. In questi casi il periodo ipotetico è sempre da considerarsi come controfattuale o dell'irrealtà: infatti la protasi esprime una circostanza che, collocata nel passato, non si è realizzata. Tramite questo costrutto, dunque, le anime immaginano un passato (terreno) diverso da quello che si è effettivamente verificato, compiendo un percorso logico più complesso rispetto alle ipotesi formulate sul presente o, soprattutto, sul futuro, che per loro natura si collocano nell'ambito dell'incertezza. Questo costrutto è utilizzato in contesti in cui i parlanti commentano vicende politiche e storiche o relative al proprio vissuto, immaginando diverse circostanze e diversi esiti rispetto a quelli reali. Mi sembra significativo che tale abilità cognitiva sia propria solamente dei beati e dei penitenti, mentre tra i dannati solo un magnanimo come Brunetto Latini la possiede.

Si osservino alcuni esempi: e se re dopo lui fosse rimaso lo giovanetto che retro a lui siede, ben andava il valor di vaso in vaso, (Pg VII 115-117)

e s'io non fossi sì per tempo morto, veggendo il cielo a te così benigno, dato t'avrei a l'opera conforto. (If XV 58-60)

La protasi al congiuntivo piuccheperfetto è generalmente retta da un'apodosi al condizionale composto ma non mancano casi in cui, come nel primo esempio, la reggente è all'indicativo imperfetto335 oppure al futuro:

Così fatta, mi disse: «Il mondo m'ebbe giù poco tempo; e se più fosse stato, molto sarà di mal, che non sarebbe. (Pd VIII 49-51)

In 32 casi la protasi al congiuntivo è all'imperfetto ed è quasi sempre accompagnata

da un'apodosi al condizionale semplice336. In questa forma, la controfattualità del

periodo ipotetico al congiuntivo-condizionale non è automatica: la sicura falsità dei contenuti proposizionali dei due membri, infatti, si dà solamente quando all'indicazione morfosintattica di «possibile falsità» si aggiungono altre indicazioni di falsità, provenienti in genere dal confronto fra contenuto proposizionale espresso e contesto extralinguistico,337 o, aggiungerei, dal contesto linguistico. Di seguito riporto tre passi

che esemplificano, nell'ordine, due periodi ipotetici in cui i contenuti dei due componenti sono sicuramente falsi e uno i cui membri sono probabilmente falsi:

Se fosse a punto la cera dedutta e fosse il cielo in sua virtù supprema, la luce del suggel parrebbe tutta; ma la natura la dà sempre scema, similemente operando a l'artista ch'a l'abito de l'arte ha man che trema. (Pd XIII 73-78)

E se 'l mondo là giù ponesse mente al fondamento che natura pone, seguendo lui, avria buona la gente. Ma voi torcete a la religïone tal che fia nato a cignersi la spada, e fate re di tal ch'è da sermone; (Pd VIII 142-147)

Ma s'io vedessi qui l'anima trista di Guido o d'Alessandro o di lor frate, per Fonte Branda non darei la vista. (If XXX 76-78)

Nei primi due passi, entrambi i costrutti possono essere interpretati come controfattuali, in virtù di due indizi di sicura falsità collocati nel contesto linguistico: nel primo, una coordinata avversativa nega espressamente il contenuto proposizionale dell'apodosi; nel secondo, invece, la frase principale del periodo che segue il costrutto ipotetico ne nega la protasi. Si noti tuttavia che a livello logico esiste una differenza tra i due costrutti: infatti, se la frase ma la natura la dà sempre scema implica che il nesso condizione-conseguenza espresso dal costrutto ipotetico non si realizza mai, la frase

336Le rare eccezioni sono costituite da apodosi all'indicativo imperfetto e da apodosi al presente

in costrutti come questo: indi partissi povero e vetusto; // e se 'l mondo sapesse il cor ch'elli ebbe // mendicando sua vita a frusto a frusto, //assai lo loda, e più lo loderebbe (Pd VI 139- 142).

Ma voi torcete ecc. implica che il contenuto proposizionale dei due membri del costrutto ipotetico è sicuramente falso al momento dell'enunciazione, o che è abitualmente falso, non che non sarà mai vero. È questa la differenza che intercorre tra la dimensione ultraterrena, per cui esistono solo le categorie del necessariamente vero e del necessariamente falso e quella terrena, per cui vero e falso sono, quando si tratta del libero arbitrio dell'uomo, contingenti.

Per quanto riguarda il terzo costrutto ipotetico riportato, mi sembra che in esso l'uso dei modi e dei tempi verbali segnali semplicemente la possibile falsità del contenuto proposizionale dei due membri del costrutto, perché non ci sono altri indicatori della loro falsità, né nel contesto linguistico, né in quello extralinguistico (infatti, i conti di Romena, che maestro Adamo vorrebbe vedere puniti nella sua stessa bolgia, sono falsatori come lui e dunque, a meno che non sopraggiunga un pentimento, il suo desiderio potrebbe realizzarsi).

Nei discorsi diretti in esame solo 8 costrutti ipotetici con protasi al congiuntivo imperfetto indicano la possibile falsità dei due membri, mentre i restanti 24 sono nettamente controfattuali. Anche in questo caso, l'atteggiamento di incertezza del parlante si ha solo relativamente a fatti che, seppur ritenuti poco probabili, sono comunque resi imprevedibili, poiché condizionati dal libero arbitrio dell'uomo.

Per concludere la rassegna dei periodi ipotetici con apodosi al congiuntivo, è necessario menzionare le 4 occorrenze in cui la protasi è al congiuntivo presente. In tre casi l'uso del congiuntivo al posto dell'indicativo è determinato dalla congiunzione pur che:

E uno incominciò: «Ciascun si fida del beneficio tuo sanza giurarlo, pur che 'l voler nonpossa non ricida. (Pg V 64-66)

Nel passo seguente, invece, la preferenza del congiuntivo all'indicativo sembra rivelare un atteggiamento particolarmente dubbioso del parlante nei confronti della verità del contenuto proposizionale della protasi:

«Va via», rispuose, «e ciò che tu vuoi conta; ma non tacer, se tu di qua entro eschi, di quel ch'ebbe or così la lingua pronta. (If XXXII 112-114)

5.3.1.4.3. Protasi implicita

Nel corpus si riscontrano solo 4 occorrenze di periodo ipotetico con protasi implicita, di cui 3 al gerundio e 1 al participio. Per il valore subordinante generico assunto da questi modi e perché l'apodosi è sempre all'indicativo, i costrutti con protasi implicita assumono sempre valori circostanziali di altro tipo, come quello concessivo:

«O fronda mia in che io compiacemmi pur aspettando, io fui la tua radice»: cotal principio, rispondendo, femmi.