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5. I TIPI DI FRASE SUBORDINATA

5.1. LA SUBORDINAZIONE ARGOMENTALE

5.1.5. La frase interrogativa indiretta

L'interrogativa indiretta è un tipo di frase subordinata argomentale caratterizzata da una serie di proprietà grammaticali, cui corrisponde la caratterizzazione semantica della «domanda».223 Per le interrogative indirette valgono gli stessi tipi, corrispondenti

ad altrettante tipologie di atto di domanda, individuati per le interrogative dirette:224 la

seguente tabella ne riassume la distribuzione. Interrogative

indirette

INFERNO PURGATORIO PARADISO COMMEDIA

INT ALTERN 2 8 5 15 INT ALTERN RET 2 2 1 5 INT DISG 4 2 6 INT X 18 17 26 61 INT X RET 4 6 12 22 Tot 30 35 44 109

Rispetto alla distribuzione assai diseguale delle interrogative dirette, per le quali si è riscontrata una frequenza nettamente minore nei discorsi dei beati e una decisa prevalenza del tipo retorico nei discorsi dei penitenti rispetto a quelli dei dannati, le interrogative indirette si distribuiscono in modo sorprendentemente omogeneo. Inoltre,

222Nella terzina tratta dal discorso di Francesca da Polenta, inoltre, il sostantivo affetto è posto

ancora più in evidenza dalla prolessi della frase epesegetica che regge, mentre nelle parole del Conte Ugolino è l'enjambemant a porre ulteriormente enfasi sul sostantivo voglia.

223Fava, Elisabetta. Interrogative indirette. In: GGIC, vol. 2, P. 675. 224Cfr. supra § 2.2.

nei discorsi dei beati ricorre un numero maggiore di interrogative rispetto alle altre due cantiche. Si tenterà nelle pagine a seguire, analizzando modi e forme di realizzazione dell'interrogativa indiretta, di comprendere le ragioni di questa diversità.

Le subordinate interrogative possono avere come predicato reggente qualsiasi predicato (nel nostro caso esclusivamente verbale)225 riguardante la sfera intellettiva (e

dell'apprendimento in generale) e della comunicazione.226

Sempre a proposito del predicato reggente la interrogativa indiretta, esso può indicare un dubbio o un’incertezza (domando, non so, dimmi) oppure essere un verbo declarandi o sentiendi in forma affermativa (dico, so, vedo come stanno le cose): la differenza che intercorre tra le due tipologie di interrogative che reggono non è sul piano morfosintattico, ma consiste, come rileva Agostini, nella condizione soggettiva del soggetto della sovraordinata rispetto al dubbio oggettivo espresso nella subordinata: nel primo tipo i verbi come domando, non so, dimmi, indicano che il parlante non è in condizione di risolvere il dubbio; nel secondo tipo i verbi come dico, so, vedo, indicano che il parlante possiede la soluzione del dubbio. Infatti, afferma ancora Agostini, è errato identificare il dubbio con il non sapere, poiché si può esprimere in forma interrogativa tanto quello che non si sa quanto quello che si sa.227

Per quanto riguarda le 109 interrogative indirette che occorrono nei passi qui in esame, nelle sovraordinate compaiono i seguenti predicati, così distribuiti:

INFERNO PURGATORIO PARADISO

apprendere 1 comprendere 1 conoscere 3 guardare 3 2 intendere 2 leggere 1 pensare 1 2 porre mente 1

(non) portare scienza 1

provare 1 2

ricordare 1 1

225Non si riscontrano infatti occorrenze di predicati nominali o aggettivali, che pure possono

reggere un'interrogativa indiretta.

226Agostini, Francesco. Proposizioni subordinate, P. 370. 227Ibidem.

riguardare 1 3 sapere 6 3 9 (non) sapere 2 4 vedere 4 8 5 insegnare 1 interpretare 1 udire 1 1 3 SFERA INTELLETTIVA E DELL'APPRENDIMENTO 21 23 31 dire 8 9 6 dittare 2 domandare 3 esprimere 1 ragionare 2 rivelare 1 suonare 1 COMUNICAZIONE 8 12 13

Sul totale delle interrogative indirette presenti nei discorsi delle anime dell'aldilà, si riscontrano 41 occorrenze del primo tipo, cioè che esprimono un dubbio effettivo, per cui il parlante non ha una risposta: i predicati reggenti sono per la maggior parte verbi di dire all'imperativo e il predicato (non) sapere alla prima persona singolare. Dalla tabella sopra esposta si può notare che le occorrenze di quest'ultimo predicato reggente (e del suo sinonimo non porto scienza) sono tutte collocate nei discorsi dei dannati e dei penitenti, mentre non se ne riscontrano in quelli dei beati. Il non sapere infatti non può essere caratteristica di chi gode della perfetta beatitudine.

Sono invece distribuite in tutte e tre le cantiche le occorrenze di interrogativa indiretta retta da verbum dicendi all'imperativo,228 che sono le uniche ad esprimere un vero e

proprio atto di domanda, in quanto hanno lo scopo di ottenere una risposta. Per quanto riguarda sia il destinatario che l'oggetto della domanda, vengono qui confermate le osservazioni effettuate nel paragrafo dedicato alle interrogative dirette: i penitenti e i dannati desiderano quasi sempre sapere da Dante la sua identità e le motivazioni del suo viaggio nell'aldilà, oppure avere delle notizie del mondo terreno:

Se tu pur mo in questo mondo cieco caduto se' di quella dolce terra

latina ond' io mia colpa tutta reco, dimmi se Romagnuoli han pace o guerra; (If XXVII 25-28)

Ma dì s'i' veggio qui colui che fore trasse le nove rime, cominciando 'Donne ch'avete intelletto d'amore'». (Pg XXIV 49-51)

La scelta della forma indiretta rispetto a quella diretta appare determinata, in alcuni casi, da esigenze di variatio, quando vi sia un accumulo di proposizioni interrogative, ma sembra essere connessa soprattutto al tipo di personaggio parlante: sia nell'Inferno che nel Purgatorio, infatti, il costrutto indiretto ricorre nei discorsi di personaggi229 dei

quali a Dante preme porre in evidenza l'atteggiamento cortese e la statura intellettuale. Il modulo imperativo del verbum dicendi + interrogativa indiretta si trova nel Paradiso solo nei discorsi di san Pietro, san Giovanni e san Giacomo, in occasione dell'esame sulle tre virtù teologali a cui Dante è sottoposto:

sì che, veduto il ver di questa corte, la spene, che là giù bene innamora, in te e in altrui di ciò conforte, dì quel ch'ell' è, dì come se ne 'nfiora la mente tua, e dì onde a te venne». (Pd XXV 43-47)

Si noti che in passi come questo non si può certo affermare che il parlante non sia in condizione di sciogliere il dubbio che propone all'interlocutore: la domanda ha sì lo scopo di ottenere una risposta, ma allo stesso modo in cui un maestro interroga l'allievo. Confrontando, dunque, quanto detto fin qui a proposito del primo tipo di interrogativa indiretta con quanto evidenziato nel paragrafo dedicato alle interrogative principali, si può dire che i beati, mediante gli atti di domanda, non esprimono mai un dubbio reale rispetto a un determinato stato di cose.

Passando all'analisi delle subordinate interrogative rispetto alle quali il parlante possiede la soluzione del dubbio espresso, si dovrà innanzitutto notare che esse non comprendono solo le interrogative retoriche, ma anche numerose interrogative canoniche. Esse dipendono in larga parte da verbi appartenenti alla sfera intellettiva e della percezione, ma non mancano esempi in cui dipendono da verbi di dire alla forma

229Sordello, Guido del Duca, Stazio, Forese Donati, Bonagiunta da Lucca, Guido Guinizelli,

Matelda nel Purgatorio; Jacopo Rusticucci, Catalano, Loderingo, Guido da Montefeltro, Ugolino della Gherardesca nell'Inferno.

negativa o al futuro intenzionale: e però ch'io mi sia e perch' io paia più gaudïoso a te, non mi domandi, che alcun altro in questa turba gaia. (Pd XV 58-60)

Tu dei saper ch'i' fui conte Ugolino, e questi è l'arcivescovo Ruggieri: or ti dirò perché i son tal vicino. (If XXXIII 13-15)

Per quanto riguarda le interrogative indirette retoriche, esse hanno spesso un valore sovrapponibile a quello delle esclamative e il loro introduttore è quanto o parafrasabile con esso:

Mentre che tutto in lui veder m'attacco, guardommi e con le man s'aperse il petto, dicendo: «Or vedi com' io mi dilacco! vedi come storpiato è Mäometto! (If XXVIII 28-31)

Per lei assai di lieve si comprende quanto in femmina foco d'amor dura, se l'occhio o 'l tatto spesso non l'accende. (Pg VIII 76-78)

Vedrassi l'avarizia e la viltate di quei che guarda l'isola del foco, ove Anchise finì la lunga etate; e a dare ad intender quanto è poco, la sua scrittura fian lettere mozze, che noteranno molto in parvo loco. (Pd XIX 130-135)

Come si evince dagli esempi riportati, il tipo non canonico ha nella forma indiretta essenzialmente le stesse funzioni assunte nella forma diretta: nell'Inferno compare soprattutto in contesti di acceso realismo, mentre nel Purgatorio e nel Paradiso è un espediente retorico per conferire maggiore vis polemica ai passi moraleggianti.

Le interrogative indirette canoniche dipendono per una grande maggioranza da un predicato alla seconda persona coniugato, in ordine di frequenza, al presente indicativo, all'imperativo e al futuro. Se il verbo reggente è al presente, si tratta generalmente di un modulo di chiusura, con cui il parlante riassume ciò che Dante ha appreso durante la conversazione; oppure di una formula con cui il parlante invita

Dante a osservare una certa realtà o a richiamarla alla mente;230 oppure, ancora,

questa tipologia ricorre, solo nei discorsi dei beati, quando il parlante esprime un dubbio che ha letto nella mente di Dante. Si veda un esempio per ciascuna varietà:

Or sai nostri atti e di che fummo rei: (Pg XXVI 88)

Se tu riguardi Luni e Orbisaglia come sono ite, e come se ne vanno di retro ad esse Chiusi e Sinigaglia, (Pd XVI 73-75)

Tu vuo' saper di quai piante s'infiora questa ghirlanda che 'ntorno vagheggia la bella donna ch'al ciel t'avvalora. (Pd X 91-93)

Se il predicato è al futuro, l'interrogativa indiretta esprime un fatto o un evento profetizzato a Dante:

Ma non cinquanta volte fia raccesa la faccia de la donna che qui regge, che tu saprai quanto quell' arte pesa. (If X 79-81)

Come si può notare dagli esempi riportati, questa seconda tipologia di interrogativa si comporta in modo analogo alla completiva oggettiva e spesso può dipendere da una scelta stilistica che la prima venga preferita alla seconda: nella terzina di Paradiso XVI appena citata, la scelta dell'interrogativa sembra volta a porre in evidenza l'avverbio interrogativo come, che sottolinea il contrasto tra la grandezza delle città nominate e la miseria della loro decadenza. Allo stesso modo, nell'ultimo passo riportato, la presenza di quanto e non di che, enfatizza la durezza della condizione di esule conosciuta dai sodali di Farinata e ben presto sperimentata anche da Dante.

In conclusione, nonostante una distribuzione apparentemente diversa, si può dire che le interrogative indirette non modificano nella sostanza i tipi di atteggiamento interrogante individuati per dannati, beati e penitenti, a proposito delle frasi principali: infatti il tipo di richiesta che gli abitanti dei tre regni esprimono tramite l'interrogativa indiretta è analogo a quello espresso in forma diretta; inoltre l'interrogativa retorica si conferma come strumento privilegiato dello stile moraleggiante; è confermata, poi, la particolarità dell'atteggiamento richiestivo dei beati, che non rivolgono mai a Dante

230La medesima funzione si rileva quando il predicato reggente è all'imperativo: guarda com'

delle domande nel vero senso della parola, cioè dettate da un dubbio che ci si aspetta sia sciolto dall'interlocutore.

Si dovrà notare infine che l'ultima tipologia di interrogativa esaminata amplia notevolmente quel lessico della percezione, della conoscenza, dell'esperienza che si è visto essere fondamentale nei discorsi delle anime dell'aldilà.