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2. I TIPI DI FRASE PRINCIPALE

2.3. IL TIPO IUSSIVO

2.3.2. Iussive indirette

La frase iussiva indiretta è una frase passiva, o impersonale, o una frase che descriv(e) lo stato che deve essere raggiunto con l'esecuzione dell'azione richiesta.124

123Cfr. infra, § 5.1.1.

Nel corpus in esame si rilevano solo 15 occorrenze di iussiva indiretta: 5 nell'Inferno, 1 nel Purgatorio, 8 nel Paradiso. Quando è una frase che descrive il risultato dell'azione che si richiede, l'interlocutore rimane implicito solo al livello linguistico, poiché il contesto permette di individuarlo con certezza. È questo il caso ad esempio delle iussive indirette contenute nei dialoghi tra i diavoli, dove la scelta della forma indiretta appare dettata solo da un'esigenza di variatio, data dall'altissima concentrazione di iussive nei loro interventi:

Allor li fu l'orgoglio sì caduto,

ch'e' si lasciò cascar l'uncino a' piedi, e disse a li altri: «Omai non sia feruto». (If XXI 85-87)

Le rimanenti occorrenze sono frasi con un predicato impersonale, come quelle recanti il modulo conclusivo stereotipato basti (Basti d'i miei maggiori udirne questo. Pd XVI) o quelle che esprimono precetti generali:

Molte fïate già pianser li figli

per la colpa del padre, e non si creda che Dio trasmuti l'armi per suoi gigli! (Pd VI 109-111)

2.4. Il tipo ottativo

La frase ottativa esprime un desiderio senza che compaia un verbo illocutivo del tipo di desiderare, volere, esprimere il desiderio, e simili.125 Si realizza con il congiuntivo

imperfetto, quando il desiderio è relativo al presente o al futuro, o piuccheperfetto, quando il desiderio è relativo al passato e dunque si intende non realizzato. In questi casi l'ottativa più che un desiderio esprime un rimpianto.126

Nei discorsi diretti delle anime dell'oltretomba dantesco si individuano solo 19 occorrenze del tipo ottativo in principale o coordinata a una principale. Tuttavia formule ottative ricorrono spesso in frasi parentetiche recanti formule augurali convenzionali127

e talvolta una sfumatura ottativa si può individuare nelle subordinate ipotetiche al congiuntivo.128

Limitandoci in questo paragrafo alla trattazione delle frasi ottative principali, si noti che, dal punto di vista formale, in tutte le occorrenze la frase ottativa è libera, cioè priva di

125Borgato, Gianluigi; Renzi, Lorenzo. I Il tipo iussivo. In: GGIC, vol. 3, P. 159. 126Cfr. Brambilla Ageno, Franca. Congiuntivo, P. 235.

127Per le quali cfr. infra, § 4. 128Cfr. infra, § 5.3.1.4.

introduttore, e dunque il senso di augurio si ricava solamente dall'ordine marcato delle parole (il verbo è anteposto al soggetto) e dal contesto semantico.

Le formule augurali sono quasi sempre di tipo convenzionale e dunque non hanno rilevanza sul piano del contenuto veicolato: infatti nel mondo ultraterreno, in cui tutto è certo e predefinito, le anime hanno ben poco da augurarsi per il futuro. Le ottative hanno perciò piuttosto una rilevanza stilistica. Talvolta hanno la funzione di rivelare un particolare atteggiamento del parlante, come nei seguenti esempi:

«E te sia rea la sete onde ti crepa», disse 'l Greco, «la lingua, e l'acqua marcia che 'l ventre innanzi a li occhi sì t'assiepa!». (If XXX 121-123)

«Se la veduta etterna li dislego», rispuose Stazio, «là dove tu sie, discolpi me non potert' io far nego». (Pg XXV 31-33)

Nel passo infernale, tratto dal virulento alterco tra Sinone e Maestro Adamo, la ottativa esprime un malaugurio, ed è dunque funzionale a rappresentare la violenza che caratterizza lo scontro tra i due dannati: uno scontro che sembra quasi volto, stupidamente, a stabilire quale sia la pena peggiore in un contesto in cui il contrappasso comporta per tutti i supplizi più crudi e duri.

Nella terzina purgatoriale, l'ottativa discolpi me esprime un raffinato gesto di cortesia e reverenza da parte di Stazio nei confronti di Virgilio.

Altrove le ottative sono formule augurali cristallizzate mutuate dal linguaggio della preghiera e, come tali, occorrono solamente nel Purgatorio e nel Paradiso:

Tutti cantavan: «Benedicta tue ne le figlie d'Adamo, e benedette sieno in etterno le bellezze tue!». (Pg XXIX 85-87)

'Al Padre, al Figlio, a lo Spirito Santo', cominciò, 'gloria!', tutto 'l paradiso, sì che m'inebrïava il dolce canto. (Pd XXVII 1-3)

2.5. Il tipo esclamativo

frase.129 La sua funzione prioritaria è di esprimere un concetto con una particolare

enfasi emotiva: infatti essa consiste nell'espressione concitata di un sentimento, generalmente di dolore, di timore, di gioia, di stupore, di indignazione, di desiderio.130

In conformità con la trattazione del tipo esclamativo contenuta nella Grande Grammatica, la codifica sintattica di Sara Gigli si distanzia in più punti, a mio avviso giustamente, dalle scelte effettuate da Mario Medici nell'Enciclopedia dantesca131:

infatti la semplice presenza del punto esclamativo non sempre sembra giustificare un'interpretazione della frase come esclamativa. Ad esempio, per una frase come Posa, posa Scarmiglione! (If XXI 105) mi sembra corretta l'interpretazione come iussiva diretta; oppure per l'espressione Mora, mora! (Pd VIII 75), parafrasabile come a morte, a morte!, l'interpretazione ottativa mi sembra più calzante di quella esclamativa, poiché esprime un malevolo augurio.132

La Commedia comprende una ampia gamma di esclamazioni, che corrisponde alla varietà delle situazioni rappresentate:133 dannati, penitenti e beati, in virtù delle loro

diverse condizioni, esprimono mediante l'esclamativa diversi sentimenti.

Nei discorsi dei dannati l'esclamativa esprime quasi sempre un lamento doloroso o un atteggiamento minaccioso del parlante di fronte a qualcosa di inaspettato:

Li altri due 'l riguardavano, e ciascuno gridava: «Omè, Agnel, come ti muti! Vedi che già non se' né due né uno». (If XXV 67-69)

Ed ecco verso noi venir per nave un vecchio, bianco per antico pelo, gridando: «Guai a voi, anime prave! (If III 82-84)

L'esclamativa è particolarmente ricorrente nel linguaggio aggressivo e rozzo dei diavoli:134

Quel s'attuffò, e tornò sù convolto;

ma i demon che del ponte avean coperchio, gridar: «QUI135 non ha loco il Santo Volto!

129Benincà, Paola. Il tipo esclamativo. In: GGIC, vol. 3, P. 127. 130Tateo, Francesco. Esclamazione. In: ED, vol. 2, P. 727.

131Medici, Mario. Interiezioni-esclamazioni. In:ED, Appendice, P. 365-368.

132Per un elenco dettagliato dei punti in cui ci si discosta da Medici, si veda: Gigli, Sara.

Codifica sintattica della Commedia dantesca, P. 48-49.

133Tateo, Francesco, Esclamazione, P. 727. 134Cfr. supra, § 2.3.2.

135Il maiuscolo sta a indicare il punto in cui la curva intonativa si innalza nelle esclamative

QUI si nuota altrimenti che nel Serchio! Però, se tu non vuo' di nostri graffi, non far sopra la pegola soverchio». (If XXI 46-51)

Nel Purgatorio l'esclamativa, come l'interrogativa retorica, con la quale frequentemente si accompagna,136 veicola principalmente significati morali: infatti

spesso la minaccia, l'invettiva o la riflessione morale si condensano nella forma esclamativa, in cui si esprime l'indignazione del poeta.137 Si osservino i seguenti

esempi in cui, a un innalzamento della curva intonativa e dell'enfasi emotiva, corrisponde anche un minor controllo del linguaggio che si fa più crudo e violento:

Ov' è 'l buon Lizio e Arrigo Mainardi? Pier Traversaro e Guido di Carpigna? Oh Romagnuoli tornati in bastardi! (Pg XIV 97-99)

Quanti risurgeran coi crini scemi per ignoranza, che di questa pecca toglie 'l penter vivendo e ne li stremi! (Pg XXII 46-48)

Altrove l'esclamativa compare in formule di preghiera stereotipate: senti'mi presso quasi un muover d'ala

e ventarmi nel viso e dir: 'Beati pacifici, che son sanz' ira mala!'. (Pg XVII 67-69)

A eccezione di queste formule, che tuttavia sono di tipo rituale, sono rare sia nei discorsi infernali che in quelli purgatoriali le esclamazioni che esprimano vera e propria gioia ed entusiasmo e, proprio perché così sporadiche, risultano assai significative, poiché occorrono in momenti cruciali all'interno dell'opera: nell'Inferno, l'esclamazione di Brunetto Latini Qual maraviglia! (If XV 24) introduce uno degli incontri più importanti di tutta la cantica. Nel Purgatorio, la straordinarietà dell'esclamazione di Sordello O Mantoano, io son Sordello // de la tua terra! (Pg VI 74-75) offre a Dante lo spunto per la sua amara apostrofe all'Italia, mentre le parole di Bonagiunta da Lucca («O frate, ISSA vegg' io», diss' elli, «il nodo // che 'l Notaro e Guittone e me ritenne // di qua dal dolce stil novo ch'i' odo!: Pg XXIV 55-57) sono l'occasione per una fondamentale

136Si ricordi che la frase esclamativa e la frase interrogativa retorica condividono spesso la

forza illocutoria di esprimere meraviglia, al punto che di frequente risultano indistinguibili. (cfr. Benincà, Paola. Il tipo esclamativo, P. 129).

dichiarazione di poetica.

Nel Paradiso, invece, l'entusiasmo caratterizza la maggior parte delle esclamazioni, di cui sono particolarmente ricche le narrazioni della vita di san Francesco e della vita di san Domenico:

Oh padre suo veramente Felice! oh madre sua veramente Giovanna, se, interpretata, val come si dice! (Pd XII 79-81)

Un altro stile esclamativo è, come nel Purgatorio, quello moraleggiante: Oh quali io vidi quei che son disfatti

per lor superbia! e le palle de l'oro fiorian Fiorenza in tutt' i suoi gran fatti. (Pd XVI 109-111)

In conclusione della trattazione delle frasi esclamative, vorrei soffermare l'attenzione sulla varietà formale con cui queste si realizzano: infatti, nonostante il numero relativamente ridotto di occorrenze, è particolarmente vasta la gamma degli introduttori (ahi, beato, come, ecco, guai, lasso, quanto, quale, oh). Sono inoltre esclamazioni due originalissimi inserti alloglotti:

«Pape Satàn, pape Satàn aleppe!» (If VII 1)

«Osanna, sanctus Deus sabaòth, superillustrans claritate tua felices ignes horum malacòth!». (Pd VIII 1-3)

3. Le strutture coordinate

Nella codifica sintattica di cui ci si serve per il presente lavoro, le frasi coordinate sono state classificate in tre tipi fondamentali: congiuntive, avversative e disgiuntive,138 alle

quali corrispondono i tre operatori di coordinazione più frequenti, rispettivamente, e, ma, o.139 All'interno del tipo congiuntivo sono stati individuati alcuni sottotipi

caratterizzati da particolari introduttori, che hanno tutti la peculiarità di poter essere sostituiti con e: il tipo asindetico, in cui la congiunzione e è sostituita da una pausa, segnalata dalla punteggiatura; il tipo consecutivo, in cui la frase coordinata ha come introduttore s ì o sì che, indicante una conseguenza o una conclusione;140 e il tipo

conclusivo-esplicativo, comprendente le coordinate che completano o chiariscono quanto detto nella proposizione precedente.141 Ho qui designato con l'etichetta

tradizionale di copulative le coordinate che nella codifica e nella Grande grammatica sono definite semplicemente congiuntive, cioè quelle che hanno come operatori di coordinazione e o né.

Di seguito propongo un quadro riassuntivo della distribuzione di ciascun tipo, comprendente i dati relativi alle coordinate a una principale e alle coordinate a una subordinata:

INFERNO PURGATORIO PARADISO COMMEDIA

TOT % TOT % TOT % TOT %

AVV 28 11,5% 39 10,8% 40 10,6% 107 10,90% CONG ASIND 69 28,3% 98 27,1% 58 15,3% 225 22,9% CONCL- ESPL 17 7,0% 34 9,4% 46 12,2% 97 9,9% CONS 2 0,8% 8 2,1% 10 1,0% COP142 124 50,8% 184 51,0% 223 59,0% 529 53,8% DISG 4 1,6% 6 1,7% 3 0,8% 13 1,3% TOT 244 361 378 983

Dai dati sopra esposti si può notare che il tipo congiuntivo è nettamente prevalente,

138Tali categorie sono valide anche per i sintagmi, che però qui non sono considerati. 139Scorretti, Mauro. Le strutture coordinate. In: GGIC, vol. 1, P. 243.

140Ambrosini, Riccardo. Voce «Sì». In: ED, vol. 5, P. 213. 141Cfr. infra, § 3.1.3.

142Con questa etichetta si designano tutte le frasi che Scorretti classifica semplicemente come

con circa il 90% sul totale delle occorrenze. All'interno del tipo congiuntivo, i sottotipi dominanti sono quello delle congiuntive copulative e quello delle congiuntive asindetiche. Tra i discorsi diretti delle tre cantiche non si rilevano grandi differenze, per quanto riguarda la distribuzione dei tipi coordinanti, a eccezione di due particolari caratteristiche dei discorsi dei beati: in essi è molto inferiore la frequenza delle congiuntive per asindeto a favore di quelle conclusive e di quelle copulative.

Nei paragrafi seguenti esaminerò ciascun tipo e sottotipo, in ordine di frequenza, per porre in evidenza le modalità di realizzazione e individuare le particolarità stilistiche a esso correlate. Infine prenderò in esame due fenomeni strettamente connessi alla coordinazione vera e propria, cioè la pseudocoordinazione e la cosiddetta coordinazione testuale.

3.1. Coordinazione congiuntiva

3.1.1. Copulativa

La coordinazione congiuntiva copulativa indica un semplice affiancamento143 tra frasi e

si realizza con gli operatori e o né (corrispondente a e non). Di seguito propongo una casistica degli usi che mi sembrano più significativi a livello stilistico di questa struttura coordinata.

Nei discorsi delle anime della Commedia, la coordinazione copulativa è particolarmente frequente nelle narrazioni di eventi legati alla vita terrena dei parlanti. Nel momento dell'autorappresentazione, come si è già notato a proposito dell'uso del perfetto semplice,144 il personaggio seleziona gli eventi della propria vita più funzionali a

rappresentare la propria essenza. Tali eventi sono molto spesso giustapposti, senza che vengano esplicitati i legami temporali o di causalità che li connettono: tramite la coordinazione copulativa essi vengono disposti uno dopo l'altro così come si succedono nel ricordo. Si osservi il seguente esempio:

Dal mondo, per seguirla, giovinetta fuggi'mi, e nel suo abito mi chiusi e promisi la via de la sua setta. Uomini poi, a mal più ch'a bene usi, fuor mi rapiron de la dolce chiostra: Iddio si sa qual poi mia vita fusi.

143Bonomi, Ilaria. Le strutture dell'italiano. In: Bonomi, Ilaria et alii. Elementi di linguistica

italiana. Roma, Carrocci, 2003, P. 123.

(Pd III 103-108)

Il vissuto di Piccarda Donati è sintetizzato in due terzine di andamento paratattico, in cui rapidamente si succedono quattro verbi al perfetto semplice che esprimono gli eventi salienti della sua vita: i primi tre sono alla I persona singolare e riguardano tutti la scelta monacale (fuggi’mi, mi chiusi, promisi), il quarto è alla III plurale ed esprime la drammatica violenza che ha segnato la vita della donna. L’unica subordinata presente in questa breve narrazione è la finale implicita per seguirla, la cui posizione catalettica rispetto alla sovraordinata enfatizza il nobile fine che ha animato la condotta di Piccarda.

Talvolta la congiunzione copulativa serve a giustapporre predicati che esprimono azioni o eventi immediatamente successivi l'uno all'altro o contemporanei, evitando il ricorso ad avverbi o ad altre espressioni temporali, con l'effetto di una dinamizzazione della narrazione:

Quivi perdei la vista e la parola; nel nome di Maria fini', e quivi caddi, e rimase la mia carne sola. (Pg V 100-102)

Altrove una catena di predicati coordinati con polisindeto crea un andamento incalzante e un'atmosfera angosciosa:

Già eran desti, e l'ora s'appressava che 'l cibo ne solëa essere addotto, e per suo sogno ciascun dubitava; e io senti' chiavar l'uscio di sotto a l'orribile torre; ond' io guardai

nel viso a' mie' figliuoi sanza far motto. (If XXXIII 43-48)

Un modulo tipico dei discorsi delle anime dell'aldilà è una terzina di presentazione, generalmente collocata nelle prime battute del discorso, in cui il parlante pone in primo piano, giustapponendoli, due tratti caratteriali o due eventi particolarmente rilevanti per presentare se stesso o un'altra anima:

Savia non fui, avvegna che Sapìa fossi chiamata, e fui de li altrui danni più lieta assai che di ventura mia. (Pg XIII 109-111)

In questi casi, può succedere che tramite la congiunzione copulativa siano affiancati un evento passato e uno contemporaneo al momento dell'enunciazione:

Colui che del cammin sì poco piglia dinanzi a me, Toscana sonò tutta; e ora a pena in Siena sen pispiglia, (Pg XI 109-111)

Cesare fui e son Iustinïano,

che, per voler del primo amor ch'i' sento, d'entro le leggi trassi il troppo e 'l vano. (Pd VI 10-12)

In entrambi i casi mi sembra che l'uso della coordinazione copulativa abbia una particolare rilevanza stilistica. Nella prima terzina la congiunzione e compare in luogo di una più normale congiunzione avversativa, a sottolineare che lo svanire della fama non è in contraddizione con la grandezza e il successo del personaggio, ma che è una naturale conseguenza del passare del tempo.

Nel secondo esempio, è ancora rilevante che venga scelta la coordinazione copulativa in luogo di quella avversativa: infatti il primo membro della struttura chiastica pone in evidenza la sacralità del titolo onorifico rivestito nel mondo terreno e il secondo pone allo stesso livello il nome di battesimo, con il quale tutti gli uomini sono noti a Dio. L'espressione sembra dunque volta a chiarire che non vi è nessuna perdita di prestigio connessa alla perdita del titolo terreno, tanto più perché il semplice nome di battesimo di Giustiniano ha già di per sé un significato provvidenziale.

Anche nelle profezie, così come nella narrazione degli eventi terreni, è preponderante un andamento paratattico, e in particolare è frequente la coordinazione copulativa. Si osservi la seguente terzina tratta dalla profezia di Cacciaguida:

Questo si vuole e questo già si cerca, e tosto verrà fatto a chi ciò pensa là dove Cristo tutto dì si merca. (Pd XVII 49-51)

L'intera profezia (Pd XVII 46-93) è scandita da numerosi verbi al futuro, che si susseguono giustapposti, quasi a riprodurre, a livello linguistico, quel torrente che impetuosamente trasporta un'imbarcazione, a cui Cacciaguida paragona la propria visione del futuro;145 nelle parole dell'antenato non c’è spazio per l’interpretazione dei

fatti, per l’analisi delle loro cause, dei loro fini, per qualche parola di consolazione o di consiglio per Dante: essi sono esposti proprio così come accadranno, allo stesso modo in cui la loro immagine, dipinta nel cospetto etterno, si riflette negli occhi del beato.

145La contingenza, che fuor del quaderno // de la vostra matera non si stende, // tutta è dipinta

nel cospetto etterno; //necessità però quindi non prende // se non come dal viso in che si specchia // nave che per torrente giù discende. (Pd XVII 37-42).

Vorrei infine soffermare l'attenzione su quei casi in cui tramite la coordinazione copulativa si creano parallelismi, strutture anaforiche, formule cristallizzate.146

Molto frequente, soprattutto nei lunghi discorsi dei beati, è l'anafora del modulo congiunzione copulativa + predicato a inizio terzina con funzione di enfasi espressiva:

né valse udir che la trovò sicura con Amiclate, al suon de la sua voce, colui ch'a tutto 'l mondo fé paura; né valse esser costante né feroce, sì che, dove Maria rimase giuso, ella con Cristo pianse in su la croce. (Pd XI 67-72)

Nel passo preso ad esempio, l'anafora dell'espressione né valse esprime tutta la forza dell'indignazione di Tommaso nei confronti degli uomini, dimentichi degli insegnamenti di povertà della cultura pagana e di quella cristiana.

Una struttura polisindetica caratterizza gli elenchi: «Tra'ti avante, Alichino, e Calcabrina»,

cominciò elli a dire, «e tu, Cagnazzo;

e Barbariccia guidi la decina.

Libicocco vegn' oltre e Draghignazzo, Cirïatto sannuto e Graffiacane

e Farfarello e Rubicante pazzo.

(If XXI 118-123)

Illuminato e Augustin son quici, che fuor de' primi scalzi poverelli che nel capestro a Dio si fero amici. Ugo da San Vittore è qui con elli,

e Pietro Mangiadore e Pietro Spano,

lo qual giù luce in dodici libelli; Natàn profeta e 'l metropolitano Crisostomo e Anselmo e quel Donato ch'a la prim' arte degnò porre mano. Rabano è qui, e lucemi dallato il calavrese abate Giovacchino di spirito profetico dotato. (Pd XII 130-141)

146Come sottolinea Ambrosini, la poesia dantesca è ricca di strutture ritmico-tematiche bipartite

e di distribuzioni speculari, che hanno il loro nucleo portante in e, al centro di strutture sintatticamente eguali e ritmicamente analoghe. (Ambrosini, Riccardo. Voce «E». In: ED, vol. 2, P. 615).

In entrambi gli esempi riportati, lo scopo del polisindeto è quello di porre in risalto i nomi propri: nel passo infernale l'accumulo di nomi propri sortisce un effetto comico, sia perché si tratta di nomi parlanti, che alludono ad atteggiamenti o caratteristiche fisiche grottesche di chi li porta, sia per i suoni aspri e rozzi che li caratterizzano; nel secondo passo, l'elenco ha invece un intento celebrativo e il polisindeto rallenta il ritmo della descrizione del cielo degli spiriti sapienti, creando un'atmosfera di solennità.

Spesso la congiunzione copulativa giustappone due predicati pressoché sinonimici con l'effetto di rafforzare richieste e ordini:

e tu, figliuol, che per lo mortal pondo ancor giù tornerai, apri la bocca,

e non asconder quel ch'io non ascondo». (Pd XXVII 64-66)

e disse l'uno: «O anima che fitta nel corpo ancora inver' lo ciel ten vai, per carità ne consola e ne ditta onde vieni e chi se'; ché tu ne fai (Pg XIV 10-13)

Del tutto particolare è la struttura di questa elegante formula di cortesia utilizzata da Francesca da Polenta:

Di quel che udire e che parlar vi piace, noi udiremo e parleremo a voi,

mentre che 'l vento, come fa, ci tace. (If V 94-96)

Nei nei primi due versi della terzina, a una struttura normale del tipo 'dichiarativa + relativa + soggettiva COORD dichiarativa + relativa + soggettiva' (noi udiremo di quel che vi piace parlare e parleremo di quel che vi piace udire), viene sostituita una struttura che crea un parallelismo tra le due soggettive coordinate, entrambi dipendenti dal verbo piacere, e le due dichiarative coordinate, a sottolineare la totale coincidenza tra le azioni di Francesca e il volere di Dante.

3.1.2. Asindetica

La coordinazione congiuntiva asindetica, come quella copulativa, comporta una giustapposizione di frasi. Ne consegue che essa condivida molti usi tipici con la